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NON TOCCATE I TEDDY BOYS! - Fredda analisi storica di un fenomeno realmente accaduto
23/02/2011 (7496 letture)
La genesi e l'argomento di questo articolo sono piuttosto singolari, e non so nemmeno se possano veramente essere di vostro interesse, tuttavia credo che dalla trattazione di una argomento così inusuale si possa stimolare una discussione più generale. Apparentemente lontano nel tempo e dalla nostra cultura, in realtà l’argomento offre parecchi, anzi, troppi punti di contatto con i nostri giorni e la nostra società, fino a scoprire che forse quei tempi non sono affatto lontani, ma tristemente contemporanei.

TEDDY CHI???
Dovete sapere che il sottoscritto è uno dei quattro o cinque spettatori del canale satellitare RAI Storia (canale 805 del bouquet di SKY), e tempo fa mi sono trovato improvvisamente davanti agli occhi la sigla di una inchiesta RAI datata 1960 (!), a cura di Carlo Alberto Chiesa della serie I Giovani d'Oggi, avente come argomento i Teddy Boys. Ma chi erano i Teddy Boys? Come al solito tutto nacque in Inghilterra: negli anni 50 i figli ventenni di chi aveva partecipato alla Seconda Guerra Mondiale, dopo aver trascorso l'infanzia sotto le bombe, si trovarono improvvisamente in una società ormai composta da persone abituate a vedere le cose in modo spiccio e concreto, a loro volta figli di una generazione allevata con metodi ottocenteschi che ormai era inadeguata alla gestione delle nuove pulsioni sociali. I Teddy Boys si connotavano in Italia principalmente per l'abbigliamento a buon mercato conseguenza dell'irrompere sul mercato della produzione tessile di massa: magliette a righe e jeans americani consentivano loro di indossare una divisa che da un lato li distaccava dalle camicie, dai cravattini e dai completi ereditati dai padri e, dall'altro, li identificava come gruppo sociale. Il tutto nel nome del rifiuto dei modelli prestabiliti e della richiesta insopprimibile di più libertà. In particolare nella zona di Milano (ma il discorso è tecnicamente valido per tutte le metropoli, Roma in testa), i Teddy Boys furono il prodotto della costruzione di quartieri-dormitorio che allontanavano la classe operaia dal centro e la relegavano nelle periferie prive di strutture di coesione sociale, producendo intere macro-zone costituite da una classe sociale unica, di bassa scolarizzazione, di basso (ma costante reddito) e di scarsa coesione sociale. Una distanza territoriale che produsse nella prole di questa categoria una profonda ed immediata frattura psicologica, indotta dalla differenza tra la realtà vissuta e quella già veicolata dalla Milano ricca e culturalmente avanzata del centro. Ciò indusse questi giovani ad unirsi in bande dai comportamenti talvolta tacciabili di devianza collettiva.
I Teddy Boys non si segnalavano certo per i modi forbiti e la cultura generale: essi chiedevano solo di vivere veloce, senza ideali e, naturalmente, di divertirsi, dopo generazioni di sofferenti che non si erano resi ancora conto che adesso i margini per potersi divertire c'erano e non vi era più assoluto bisogno del solo rigore per andare avanti. Gli scontri tra bande di Teddy Boys erano frequentissimi e dopo qualche anno essi stessi si divisero sostanzialmente in due gruppi: uno più fedele ai dettami originali della moda che in parte minore costituirà serbatoio per la creazione del movimento Beat, ed uno più vicino a modelli più estremi da questo punto di vista, stile Marlon Brando di Fronte del Porto. Il primo, dedito al vestire bene con largo uso di scarpe in cuoio, blazer etc. ed utilizzatore degli scooters Lambretta, sarà serbatoio di elezione per il movimento Mods; il secondo -dal look molto più basico ed aggressivo e fanatico delle moto di grossa cilindrata- di quello dei Rockers, per molti versi considerabili come i nostri nonni putativi. A questo proposito chi di voi ha visto il film Quadrophenia sa bene di cosa parlo. Una sintesi di questi due stili -inoltre- darà vita negli anni 70 ai prodromi dal punk-look.

COME LIBERSI DEL PROBLEMA: INSETTICIDA E SCUDISCIATE
Ad ogni modo -ed al di là delle considerazioni storico/musicali che, se volete, possiamo discutere tra i commenti- non è proprio dell'excursus storico che porterà alla nascita dei "metallari" di cui voglio discutere, ma di un altro aspetto socio-culturale di quel documentario: il linguaggio usato in rapporto al soggetto trattato, e di come questo possa offrire certi punti di contatto con quello usato più tardi nei confronti di molte fenomeni sociali non-allineati, in primo luogo proprio contro i metallari. Considerando che tra voi ci sono indubbiamente molti studenti in Comunicazione e molti laureati in questo settore od in qualcuno attiguo, mi piacerebbe avere il vostro giudizio in merito.
Il documentario in questione infatti, può essere paradigmatico di un certo modo di trattare tutto ciò che esce dal consolidato schema culturale di una società come quella italiana, all'epoca fondata molto più di oggi (?) sulla saldatura chiesa-politica-perbenismo di facciata. Innanzi tutto va sottolineato l'uso del linguaggio e del mezzo televisivo, non certo raffinatamente avvezzo alla mistificazione come quello odierno, ma già dedito ad un uso dei mezzi di comunicazione molto...."particolare". Esaminiamo dapprima il conduttore, un personaggio tipico degli anni 50/60: assolutamente azzimato, a suo modo blasè, i pochi capelli bene impomatati e chiaramente atterriti dal non riuscire ad aggrapparsi al cranio del loro possessore, disincantato, con un malcelato senso di superiorità mediato al pubblico tramite lo sguardo dritto in camera, tagliente, che sembra dire: "Quanto sto per dire non riguarda noi, ma loro, gli altri, questi sub-umani". Poi il montaggio delle immagini, chiaramente in bianco e nero, studiato per passare sempre violentemente da un rassicurante noi fatto di famiglia, bambini, scarpe di vernice, lavoro, sicurezza sociale, ad un destabilizzante loro fatto invece di ignoranza abissale, alcool, nullafacenza, fumo smodato, stupefacenti, facili ragazze perse, abiti costosissimi ottenuti senza un lavoro fisso, violenza, disadattamento, etc.
Si tratta di un modo di agire stra-utilizzato nei più svariati contesti, che mira a delegittimare chiunque sia "altro" che possa porsi, in qualsiasi modo, come minaccia vera o presunta nei confronti di un certo ordine consolidato. Nel caso in oggetto l'utilizzo del linguaggio -inteso proprio come parola, lascia veramente allibiti, dato che spesso -se usato ai nostri giorni- darebbe adito a cause per diffamazione, ingiuria e simili. La voce fuori campo, infatti, non si perita di apostrofare i soggetti inquadrati come "violenti, stupidi, alcolizzati, ladri, bugiardi e disadattati" , le ragazze tutte puttane (con altri termini, ma in modo chiaro) e altro ancora; le interviste sono rivolte ad elementi che definire "pittoreschi" è poco, facendo domande in modo da ottenere certe risposte, intervistando dei ragazzi con una telecamera nascosta (ma quanto si poteva occultare una telecamera nel 1960 a distanza di un metro?) mentre raccontano di moto rubate e risse senza motivo, oppure in sale giochi dove si passavano le giornate tanto "i soldi me li dà papà". Il fondo però si tocca quando si propone la storia di un giovane andato via di casa e finito in un brutta situazione condita da un omicidio. I coinvolti erano tre: un adulto malavitoso, un giovane Teddy Boy ed una ragazza dai facili costumi. Il malavitoso era tale, il ragazzo era il paradigma della violenza e della minaccia giovanile, la ragazza veniva tacciata senza complimenti di essere una prostituta in quanto donna fuori dalla famiglia e non sposata, il tutto senza alcun contraddittorio, senza fornire spiegazioni dettagliate sulle prove e con largo uso di primi piani con commenti ad hoc sulla fisiognomica dei soggetti. Si sprecavano poi le interviste ad integerrimi padri e madri figli della cultura e del modo di porsi di quegli anni, intenti a stigmatizzare il tutto con frasi come: "se fosse mio figlio... dove arriveremo... non ci sono più i valori...", e madri atterrite dai possibili attentati alla virtù delle loro pudiche e virginali figliole. Quel che ne veniva fuori era un quadro in cui tutto quello che non rientra nei canoni è da eliminare, da compatire, da ridicolizzare, da schiacciare: veramente paradigmatica risulta la lettura della didascalia della copertina della Domenica Del Corriere la cui foto vedete allegata a questo articolo. Innanzi tutto il disegno: chiunque abbia una infarinatura di storia dell'arte non avrà difficoltà ad identificare la linea di forza principale dell'opera, rappresentata dall'integerrimo difensore della società in giacca e cravatta d'ordinanza e la disposizione triangolare dei soggetti al centro della scena, con il vertice superiore a rappresentare l'alto, il superiore, la giustizia, risultante di una direttrice verticale, la base con il Teddy Boy nella polvere, sconfitto e dominato dal giusto. Una rappresentazione bene/male semplice ma efficace, anche ridicola vista oggi, che rende bene il clima dell'epoca. Ancor più esemplificativa la didascalia che vi riporto per intero:

La piaga dei teddy-boys. Un'esemplare lezione è stata impartita a un gruppo di teppisti, i quali turbavano con il frastuono delle loro motociclette la quiete serale di un rione di Milano, dal signor Angelo Marini il quale, dopo aver esortato i teddy-boys a smetterla e non essendo stato ascoltato, si è sfilato la cinghia dei pantaloni ed ha scudisciato, come un buon papà di famiglia di vecchio stampo, i giovinastri.
Tavola di Walter Molino I 12/08/1962 | D.d.C. numero: 32 | anno 1962

Tutto quanto serve per definire il noi ed il loro in poche righe: da un lato i pavidi e debosciati teppisti disturbatori dell'ordine, dall'altro il buon padre di famiglia integerrimo che si toglie la cinghia e punisce i giovinastri senza valori e senza rispetto. Sempre in giacca e cravatta, per carità. Ma la situazione era ben peggiore: da parte di tutti i mezzi di comunicazione era in atto un palese tentativo di far passare chiunque non fosse allineato con la santa mise giacca/cravattina/scarpa di vacchetta/capello corto come animali sub-umani, come una vera emergenza sanitaria per il paese. Non ci credete? Da un numero del Corriere della Sera del 1965 intitolato "La piaga dei capelloni" e firmata da Paolo Bugialli, uno dei più noti giornalisti dell'epoca:

I capelloni si lamentano. Dicono che da quando i giornali hanno parlato di loro la gente li guarda male e i poliziotti li osservano con sospetto. Essi sono brutti e non piacciono a noi. Essi affermano di esprimere, col loro aspetto, la ribellione; ma non sanno spiegare il perché d’una rivolta diretta principalmente contro il parrucchiere e il detersivo. Essi, dicono ancora, esprimono il tormento della generazione della bomba: e bisognerebbe buttargliela, possibilmente carica di insetticida…".

Ed ancora:
I capelloni, come li chiamano qui a Roma, sono quei tipi di apparente sesso maschile che portano i capelli lunghi come le donne secondo una moda mutuata dai Beatles che l'Inghilterra, anziché premiare come recentemente ha fatto, avrebbe dovuto, per rispetto alla propria reputazione, esiliare in Patagonia. E' qualche tempo che infestano la scalinata di Trinità dei Monti, ma solo recentemente la loro presenza è stata segnalata dai giornali. Le autorità hanno detto che d'ora in avanti verrà esercitata una stretta sorveglianza sulla scalinata, che verrà dato ordine alle frontiere perché si stia attenti a chi entra in Italia. Giusto: come non si entra in India senza farsi l'iniezione contro il colera, come non si va nel Congo senza la vaccinazione contro la febbre gialla, così non si entra in Italia con i capelli lunghi: siamo in casa nostra, abbiamo il diritto di ricevere gli ospiti che vogliamo, e questi non li vogliamo".

KAGNEY CONTRO TUTTI
Alla fine di quel documentario mi è venuto in mente che quei giovani, che di fatto introducevano nella società il germe della ribellione, partendo dagli scontri del '60 contro il governo Tambroni, con le loro magliette a righe da poco prezzo e poi con i parka, gli scooters pieni di specchietti e gli abiti italiani firmati, o con le loro moto esagerate, i giubbotti di pelle con toppe e spille ed i cappelli "Kagney" in cuoio, figli dello ska e dei The Who, piuttosto che di Elvis e Gene Vincent , tutto sommato hanno molto in comune con noi, e non parlo solo della linea diretta che unisce Rockers e metallari. Perché quando guardo un documentario e vedo gente ben vestita, irreprensibile (forse), conformista, che addita qualcuno come male della società, violento e drogato perché diverso -fermo restando che effettivamente all'interno della galassia Teddy Boys allignarono fenomeni di questo tipo-; oppure quando vedo un tentativo di rassicurare ed auto-rassicurare gli strati più catto-borghesi della società-bene, dediti a fare in modo che la vita sia solo un transito tra l'ufficio, la casa e la chiesa (specialmente allora), a me vengono in mente tante e tante discussioni sentite di persona, tanti articoli letti, tante tavole rotonde viste in televisione, riguardanti certi giovani sporchi, drogati e satanisti che ascoltano una certa musica del diavolo, fatta di rumore indistinto e violenza, che solo degli ignoranti rozzi e senza cultura possono ascoltare. A voi tutto questo ricorda qualcosa? A me viene il dubbio che dal 1960 ad oggi la società non sia fondamentalmente cambiata, occupata com'è ad additare comodamente chi -ad esempio- ascolta metal come inutile e rozzo, compare delle Bestie di Satana, senza mai pensare a quanti irreprensibili avvocati, idraulici, impiegati, casalinghe, pensionati, politici che ascoltano Pupo ed Anna Tatangelo si macchino dei reati più nefandi. Mi piacerebbe leggere delle statistiche in merito un giorno e, soprattutto, mi piacerebbe vivere in una società che non si preoccupa di notare se indosso un chiodo od un gessato firmato, se le mie scarpe sono comprate al mercato o nel più lussuoso negozio del centro. In una società che tende all'inclusione e non all'esclusione, che valuta l'individuo per quello che vale e non per quanto questo sia capace di appiattirsi sulla mediocrità generale, ma mi accorgo che dal 1960 ad oggi non è cambiato nulla. Probabilmente nel 1960 qualcuno vedendo quel documentario avrà pensato che niente fosse cambiato da qualche decennio prima, e forse tra qualche anno se qualcuno leggerà questo articolo penserà la stessa cosa e tutto questo non mi piace. Per fortuna c'è il metal a consolarmi ed a tranquillizzarmi. Vado a mettere su un Cd.



Fabio Rasta
Martedì 28 Maggio 2019, 9.28.16
21
... grandioso Raven! Questo vecchio, ma attualissimo articolo, non ti sembra applicabile a quanto succede ai giorni nostri?. Da sempre, paura, sospetto e diffidenza, aiutano il proliferare e l'imporsi di regimi totalitari e conservatori. Oggi non siamo + noi nel mirino, ma abbiamo il dovere di non dimenticare come si sta dall'altra parte. Non è sempre facile, la propaganda, allenata da millenni di pratica sul campo, svolge il suo lavoro in maniera tanto intelligente quanto spietata, ed è facile cadere nel tranello. Quando ci sembra di restare intrappolati, dobbiamo cercare di ricordare da dove veniamo. Questo è l'insegnamento + nobile che ho tratto da questo interessante articolo. I bavosi pseudo-giornalisti dell'epoca, invece, schiavi dei poteri forti, sono gli stessi che si indignavano x VASCO, salvo poi leccargli il culo una volta che la sua affermazione fu cosa avvenuta, o che si scandalizzano oggi x quel tipo che canta Rollsroyce, come se non lo sapevano che era un inno alle droghe, altro miserabile trucco x fare audience, escogitato a tavolino dai viscidi invertebrati. Tanto ora il nemico è il negro, e se i giovani si drogano tanto meglio. /// Comunque di cappelloni in giro, ormai siamo quasi estinti; a parte la moda passeggera dei Dread, ormai quasi passata, direi che alla fine vincono sempre loro. Ma con me si attaccano...
Replica van pelt
Lunedì 13 Maggio 2019, 11.51.08
20
Bell articolo, peccato che non solo non sia cambiato nulla ma solo peggiorato tutti quei movimenti e istanze e opportunità per rendere questo paese un po' migliore non è rimasto nulla, solo piccole roccaforti chiuse su se stesse, e internet dopo la strategia della tensione e l eroina e il finto boom anni 80 ha fatto il resto. Anche il metal oggi non ne è esente. Hanno vinto loro.quello che ci propinano oggi è fuffa (merda).
Teddy Boy
Lunedì 13 Maggio 2019, 10.07.10
19
Sono tutt'ora un Teddy Boy e ne vado fiero
Raven
Venerdì 25 Febbraio 2011, 8.27.17
18
@Lizard: Si, Molino è passato alla storia per le sue tavole; @ Alex Ve: Vero ; @Kvmetternich: quello che è cambiato è solo il contorno socio-culturale, dato che oggi quelle cinghiate darebbero adito ad una causa e ad una serie di idiotissimi talk show, ma per il resto....
Lizard
Giovedì 24 Febbraio 2011, 23.59.59
17
Comunque Walter Molino è un illustratore fantastico... Un tratto suberbo, grande compisizione dell'immagine, dinamico all'estremo, dettagliato e realistico... Un grande!!! Al di là delle cinghiate, che in qualunque epoca erano e rimangono una barbarie.
Alex Ve
Giovedì 24 Febbraio 2011, 20.00.57
16
Raven: sì, ma bisogna spiegarglielo a gesti, farli leggere è cosa fuori dalla portata umana
kvmetternich
Giovedì 24 Febbraio 2011, 18.42.54
15
E poi si parla di regime oggi e che si stava "meglio una volta" (fino agli anni '80). Questo articolo dimostra come la memoria sia molto,molto corta. Ma la situazione dalle strade si è spostata su internet, dove si trovano solo insulti e ingiurie. Comunque bell'articolo davvero! complimenti.
zoso82
Giovedì 24 Febbraio 2011, 16.38.15
14
oppure ci vorrebbe l'immagine di un buon vecchio metallaro che frusta con la sua cintura borchiata un bel po' di truzzi.
Raven
Giovedì 24 Febbraio 2011, 15.41.00
13
Già, scherzi a parte bisognerebbe discuterne, o almeno riproporla per i fans dei Tokio Hotel ^-^
Khaine
Giovedì 24 Febbraio 2011, 13.38.06
12
E comunque l'immagine del tipo che frusta il teddy boy sarebbe divertentissima, se non fosse che è stata veramente pubblicata 8-/
Raven
Giovedì 24 Febbraio 2011, 13.13.14
11
Ti ringrazio a nome dell'intera redazione
andrea
Giovedì 24 Febbraio 2011, 12.52.29
10
interessantissimo, complimentoni raven! questa webzine può davvero vantare i migliori redattori in circolazione.
Raven
Giovedì 24 Febbraio 2011, 8.39.54
9
Non tanto rozzi Jek, non tanto rozzi... grazie a tutti e...Michele , il focus dell'articolo è proprio quello
jek
Mercoledì 23 Febbraio 2011, 22.20.46
8
Altro ottimo articolo dell'ottimo "metalpedia" Raven. E' sempre rassicurante per il perbenismo omologato trovare nel "diverso" di turno la causa di tutti i mali così da poter nascondere i propri inconfessabili peccati. E' e sarà sempre così, giudicano e poi nel chiuso delle case picchiano le mogli e fanno violenza sui figli poi sono in prima fila nella "caccia all'uomo nero". Questo finto perbenismo catto-borghese mi ha sempre causato conati di vomito. W i rozzi ma onesti metallari.
Captain Wild
Mercoledì 23 Febbraio 2011, 19.35.30
7
Complimenti bellissimo articolo molto interessante e che aiuta a riflettere...
Moro
Mercoledì 23 Febbraio 2011, 14.54.10
6
Le foto sono stupende... Adesso questa gente puoi benissimo vederla al Summer Jamboree.
Ubik
Mercoledì 23 Febbraio 2011, 14.37.21
5
il finale è stupendo complimenti a raven. come dice Michele spesso i capelloni (di cui faccio fieramente parte) son visti male come drogati e trasandati
Michele
Mercoledì 23 Febbraio 2011, 14.21.04
4
LOL Ma i capelloni sono visti male anche oggi
zoso82
Mercoledì 23 Febbraio 2011, 13.25.58
3
fantastico articolo, come sempre. comunque in italia c'è sempre stata questa facciata di finto perbenismo, dovuta soprattutto alla presenza del vaticano: c'era allora e c'è anche oggi.
LAMBRUSCORE
Mercoledì 23 Febbraio 2011, 13.17.40
2
spesso questi "fenomeni " vengono adoperati da discografici, marche di abbigliamento, ecc...x costruirci delle mode,io rispetto chi crede veramente nei valori di un movimento, che sia musicale , ultras o altro, ma troppo spesso si etichettano le persone x come appaiono, non c'è niente da fare, ma da sempre dico, meglio straccione ma onesto....
Lizard
Mercoledì 23 Febbraio 2011, 10.52.40
1
Credo che la diffidenza e la paura nascano quasi sempre dall'ignoranza e dall'incomprensione reciproca. Sintomatico quanto scritto nell'articolo: finché non ne hanno parlato i giornali, il fenomeno dei Teddy Boys non era schedato né avversato dalla gente comune. Magari esisteva già l'incomprensione verso questi ragazzi ed i loro rituali così diversi da quelli delle generazioni che li avevano preceduti. Ma c'è voluto un preciso progetto culturale da parte dei mass media, che in Italia -non dimentichiamolo- sono da sempre -e particolarmente grazie al Fascismo- i mezzi di propaganda più forti e pervasivi, per creare il fenomeno e organizzare la controffensiva. Un paese, allora -forse- più di oggi, piccolo e provinciale, che vive il mondo attraverso gli occhi dei mezzi di comunicazione di massa e forma le proprie opinioni sul "sentito dire" più che sull'esperienza diretta. Direi che, in effetti, quasi niente è cambiato da allora: facciamo solo più finta di essere aperti ed internazionali. In realtà rimaniamo il paese piccolo borghese e "beghino" di allora, pronto a chinarsi dinanzi ai vizi dei potenti e poi a spettegolare di questo e quello, con un livello culturale medio imbarazzante.
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23/02/2011
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NON TOCCATE I TEDDY BOYS!
Fredda analisi storica di un fenomeno realmente accaduto
 
 
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