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HELLFEST - Clisson, Francia, 17-18-19/06/2011
24/06/2011 (4043 letture)
In soli sei anni, l’Hellfest è diventato uno degli eventi principali a livello mondiale per la musica metal. Un successo che si spiega non solo con uno dei bill più ricchi tra quelli proposti in estate, ma con tutta una serie di motivi che girano attorno al festival. Questo il resoconto della nostra avventura in terra di Francia.

HIGHWAY TO HELLFEST
La storia inizia alle ore quindici di giovedì 16 giugno, quando i Vostri eroi partono da Firenze in auto con direzione Clisson, ridente cittadina di 6600 abitanti (circa) situata nel dipartimento della Loira atlantica. Per una serie di malaugurate coincidenze, non siamo riusciti a comprare direttamente il pass per i tre giorni del festival e abbiamo dovuto prendere un pacchetto di una agenzia turistica francese che prevede anche il trasporto da Tours (città situata a circa due ore e mezza di macchina da Clisson). Dopo un viaggio tutto sommato piacevole, salvo le avverse condizioni atmosferiche, giungiamo a Tours alle 03.45 di notte, con mezz’ora di anticipo all’appuntamento col bus. Inizialmente la piazza della stazione è deserta e questo ci mette una certa inquietudine, ma fortunatamente all’approssimarsi dell’ora del ritrovo, si forma un bel gruppo di ragazzi e ragazze dall’abbigliamento inequivocabile. Peccato che l’autobus si presenti allegramente con due ore di ritardo, alle 06.15. Attesa che non riusciamo ad ingannare dormendo a causa della tensione. Accordatici con i nostri simpatici Caronti, finalmente, alle sette di mattina ripartiamo alla volta di Clisson, dove giungiamo verso le nove e mezzo. Procuratici i biglietti, corriamo a montare la tenda. Le speranze di riuscire a dormire un poco prima dell’inizio dei concerti vanno così in fumo, costringendoci a cambiare i progetti per la giornata. Il campeggio è alloggiato all’interno di uno sterminato, ordinatissimo e bellissimo vigneto (non chiedetemi di che uva si trattasse) e, per fortuna, i nostri vicini di tenda (un ragazzo francese da un lato e un gruppone di spagnoli dall’altro) si rivelano cordiali ed amichevoli, prestandoci anche il martello per i picchetti (non infierite). Scopriamo presto che dalla nostra postazione all’ingresso del festival c’è un bel tratto di strada di circa quindici, venti minuti, un fatto che rovinerà praticamente ogni piano di cucinare pranzo e cena direttamente alla tenda senza farsi spennare all’interno dell’arena concerti (6€ il pasto mediamente). Corriamo a farci mettere il famoso braccialetto che ci dà infine accesso all’Hellfest. Per fortuna la coda, ben divisa ed ordinata, è piuttosto veloce e siamo dentro.

IL PRIMO GIORNO: 17 GIUGNO
L’arena concerti è piuttosto grande, di forma vagamente rettangolare: all’ingresso troviamo i due Main Stage sulla sinistra e l’area ristoro sulla destra. La Rock Hard Tent e in fondo all’area, sulla sinistra, mentre la Terrorizer Tent resta sulla destra, passata l’area ristoro. Tra i due tendoni troviamo L’Extreme Market, i bagni e una fila di lavandini muniti di acqua potabile corrente (una vera salvezza in alcuni frangenti), oltre ad altri bagni (per soli uomini). Colpisce da subito il fatto che ci troviamo dentro ad un parco appositamente allestito per ospitare questo evento: ci sono dappertutto delle installazioni post-moderne, qualche refrigerante gruppo di alberi, panchine per mangiare, 3 bar (di cui uno all’esterno dell’arena concerti), almeno una trentina di stand alimentari con cucine da tutto il mondo e, nonostante l’enorme folla presente (il festival è Sold Out in tutti e tre i giorni, circa 80 mila biglietti venduti), il tutto dà subito l’idea di essere ottimamente organizzato e vivibile. Il cielo è coperto (purtroppo una costante) e minaccia tempesta ma per il momento tutto tace. Per modo di dire ovviamente, visto che sul Main Stage 2, troviamo i Suicide Silence già a set inoltrato che devastano i presenti che vanno via via raccogliendosi. Purtroppo è già tempo della prima ardua scelta e tra gli Architets e gli ottimi In Solitude (gruppo che riscuoterà comunque grosso successo, anche a giudicare dal numero di Cd venduti durante il festival), decidiamo che a darci il benvenuto ufficiale non possano essere che i Malevolent Creation nella Rock Hard Tent. La presenza della storica band a quest’ora mattutina è un insulto a ciò che di buono e giusto c’è al Mondo, ma per noi va benissimo. I suoni in realtà non sono al loro meglio con batteria e basso che coprono quasi tutto. Fortunatamente la voce di Brett Hoffman è udibilissima e lo show offerto dalla band di Fort Lauderdale è assolutamente devastante, incentrandosi molto sul disco Retribution, dal quale vengono estratti tre brani. Nulla da dire, il gruppo gira a mille ed il pubblico è entusiasta. Quaranta minuti volano, ma lasciano il segno: dopo la notte in bianco e la lunga strada siamo distrutti e la violenza dell’impatto dei Malevolent Creation non fa che confermarlo. Intanto, la pioggia inizia a cadere scrosciante. Andrà avanti così per tutto il giorno e tutta la notte, salvo qualche intervallo. Sul Main Stage 2 partono The Dwarves, formazione hardcore piuttosto colorata e divertente (punk hardcore is good times music, urla il cantante) ma musicalmente non straordinaria a dire il vero. La pioggia e la stanchezza ci fiaccano pericolosamente e decidiamo l’inevitabile: andare a dormire, dopo 29 ore di veglia continua di cui 17 passate in auto. Sentiamo così la partenza dei bravissimi The Answer, che appaiono in forma smagliante, poi il sonno l’ha vinta su di noi (peraltro il concerto, vento a parte, era udibilissimo anche dal campeggio). Perdiamo così e con mio grande rammarico, l’esibizione degli Alter Bridge, di cui sento nel dormiveglia una strepitosa versione di Slip To The Void in apertura. Al risveglio, ci giungono le note devastanti dei Maximum The Hormone dei quali un riff marcissimo si pianterà nelle nostre teste fino a sera! Torniamo di corsa all’arena, mentre i The Cult salgono sul palco ed è con Rain (inevitabilmente) che i nostri ci accolgono. La band appare in formissima: Billy Duffy è padrone del palco come della scena, mentre Ian Astbury ha completato la sua trasformazione in Jim Morrison, con tanto di capello nero selvaggio, occhiali da sole, barbone lungo, look all black e pancetta in evidenza. La voce, in compenso, è sempre splendida e il resto della band macina paurosamente. Incredibile, ma durante l’esecuzione del brano la pioggia si ferma ed un timido sole si affaccia tra le nubi. Il set è d’impatto, tutto centrato su brani dal groove dinamico e potente: non sapessi che sono loro, avrei pensato che gli Ac/Dc avessero cambiato cantante! Uno show davvero coinvolgente, quello della band inglese, che lascia intravedere una gran vitalità ed una classe superiore. Chiude She Sells Sanctuary in mezzo al tripudio del pubblico, rapito e convinto dall’esibizione. Incuranti della pioggia che ha ripreso a battere, decidiamo di rimanere al Main Stage 2 che ospita una leggenda hardcore, The Exploited. Avreste mai pensato di sentire un assolo in sweep durante l’esibizione di un gruppo hardcore? Io no, ma è esattamente quello che ho visto e sentito. Non vorrei però darvi l’idea che i nostri siano improvvisamente impazziti dandosi ai virtuosismi: la band picchia duro e vola su ritmi forsennatissimi come da tradizione, sciorinando dieci brani senza sosta nei primi venticinque minuti di esibizione (assoli compresi). Il pubblico è esaltato e la cresta rossa di Wattie Buchan non conosce requie per tutta l’esibizione. Non conosco i loro dischi, lo ammetto, ma oggi il loro concerto mi convince appieno e quando l’immancabile Sex & Violence chiude il set, non posso fare a meno di riconoscere il valore di questa band e l’importanza storica immensa che il genere ha avuto anche nell’evoluzione del nostro amato heavy metal. Ancora Main Stage 1 e siamo al cospetto dei Down di Phil Anselmo e Pepper Keenan, ormai saldamente alla guida di un progetto che pare essere diventato la loro priorità assoluta. Devo dire che non mi aspettavo che il gruppo avesse tanto seguito, ma evidentemente in Francia ci sono davvero tanti fans della band di New Orleans, perché il pubblico affolla completamente lo spazio davanti al palco, arrivando a lambire perfino lo spazio ristoro. Un pienone da headliner! Il gruppo pare apprezzare tanta partecipazione e ci dà dentro con un set energico che si concentra sui primi due album e tocca il suo apice durante l’esecuzione di Hail The Leaf ed Eyes of The South, mentre con la conclusiva Bury Me In Smoke, la band ruba qualche minuto di extratime dilatando il brano e permettendo ai propri roadies si salire sul palco e di concludere la canzone, mentre Anselmo, Keenan, Windstein, Brown e il buon Bower addobbato di reggiseno, salutano il pubblico che li ha così calorosamente accolti. Morale: grande band, sound schiacciasassi ma un Phil Anselmo ormai lontano parente dello splendido singer di inizio carriera, pur conservando intatti carisma e capacità di coinvolgimento. Alla prossima e fatemi un disco all’altezza!! Partono i Meshuggah ma decidiamo di andare a mangiare, perché la serata si presenta lunga e difficile. Al nostro ritorno ci attende la leggenda: Iggy Pop & The Stooges. Esibizione a dir poco clamorosa la loro. Iggy fa se stesso, presentando il repertorio completo: petto nudo, urla, movenze da rettile, una cronica incapacità di stare fermo, come posseduto da un demone che ne tormenta il corpo e l’esistenza. Il singer si conferma accentratore ed incantatore assoluto anche a distanza di oltre quarant’anni dal debutto, cantando peraltro molto bene e coinvolgendo il resto della band ed il pubblico in uno show intenso che vede scorrere le varie Raw Power, Search & Destroy, 1970, Fun House, Penetrate, con l’apoteosi conclusiva di I Wanna Be Your Dog accolta con delirio dalla folla e No Fun a concludere un set infuocato. Nemmeno il tempo di riprendere fiato che sul Main Stage 2 parte il solito oscuro e lunghissimo intro che annuncia la calata dei Morbid Angel. E’ Immortal Rites ad aprire le danze, e dico subito che la band appare in grande spolvero. Il gruppo dal vivo convince ancora ed alla grande, con un David Vincent carismatico e vocalmente affascinante e terribile. Inutile sottolineare la resa di brani storici come Maze of Torment, Rapture, Angel of Disease o Chapel of Ghouls, per questo dirò che dei nuovi brani proposti, Nevermore non mi è dispiaciuta affatto, mentre I Am Morbid conferma di non essere di per sé una canzone orrenda, ma semplicemente più adatta ad un Black Album piuttosto che ai Morbid Angel. Comunque, private di tutti quei ridicoli e pessimi inserti industriali, le canzoni non sono poi così tremende dal vivo. Il concerto si chiude con Where The Slime Live, seguita da una inaspettata God of Emptiness, che conferma l’ottima prova di Vincent dietro al microfono. E mentre Rob Zombie sale sul Main Stage 1, noi torniamo dove abbiamo iniziato la giornata, alla Rock Hard Tent, per lo show di una vera e propria leggenda: da San Francisco, i Possessed!! O per meglio dire, Jeff Becerra ed un gruppo di solidissimi musicisti. Il cantante sale sul palco avvolto da una cascata di capelli nerissimi ed inizia subito ad incitare il pubblico, presente in gran numero, che a sua volta tributa un sincero e continuo apprezzamento per la band. In effetti, l’esibizione è a dir poco feroce e mortale: Seven Churches e Beyond The Gates vengono esplorati in lungo e largo riversando sul pubblico un muro devastante di ferocia e velocità amelodica. A dire il vero, i benefici delle due orette di sonno pomeridiane sono andati a farsi benedire e subisco un po’ la ferocia della band, esattamente come accaduto la mattina con i Malevolent Creation. Ma restare fino in fondo per rispetto al grandissimo Becerra è il minimo che si possa fare. Subito dopo ci sarebbe da scegliere tra un trio da paura, sulla carta, per chiudere il primo giorno: In Flames, Mayhem e Monster Magnet; ma la stanchezza, la pioggia che ci accompagna ormai da ore e la consapevolezza che il giorno seguente sarebbe stato il più duro, hanno la meglio e torniamo a dormire. A dire il vero, l’esibizione degli In Flames è udibile anche dal campeggio e conferma purtroppo che la band ha ormai perso per strada se stessa, divenendo un qualcosa di fondamentalmente inutile, come l’ormai spompato growl di Friden. Peccato. Fortunatamente, il sonno arriva presto mentre la pioggia continua a cadere.

IL SECONDO GIORNO: 18 GIUGNO
Ci svegliamo con la piacevole sorpresa di un cielo aperto e soleggiato, seppur solcato da nubi nere. Sfortunatamente, l’organizzazione del festival offre una prima pecca: data la vastità del terreno su cui insiste il campeggio, risulta impossibile fornire acqua corrente a tutti, per questo il servizio docce viene offerto solo nella zona adiacente all’arena concerti, al prezzo di 6€. Non poco a dire il vero. Decidiamo di correre così al centro commerciale di Clisson per alcune spese indispensabili (tra cui una riserva d’acqua), il che purtroppo ci porta via più tempo di quanto preventivato, a causa delle code continue per via dei molti metalheads presenti. Perdiamo così praticamente tutta la mattina. Tornati, troviamo purtroppo una delle due tende scoperchiata dal vento e questo ci rallenta ulteriormente. Decidiamo così di mangiare qualcosa e poi ci proiettiamo sul Main Stage 2 per l’esibizione degli Angel Witch. Un giorno gli Dei del Metallo mi dovranno spiegare come sia possibile che una band del genere debba suonare alle dodici e venti, in pieno sole, pur presentando un ospite illustre come Bill Steer alla chitarra! Lo show, neanche a dirlo, è fenomenale ed ovviamente centrato sul debut album. Inutile provare ancora a dare spiegazione al mancato successo della band inglese, ormai non resta che godere di questi splendidi ed immortali brani di heavy dark, che a volte si spingono verso una ferocia inusitata e praticamente pre-thrash. Caratteristica questa che Steer ed Heybourne sfruttano appieno, pestando non poco sul pedale della veemenza. I brani li conoscete tutti, quindi non sto a raccontare altro, se non che questa è stata l’unica esibizione dei tre giorni che mi ha fatto venire letteralmente i brividi. E’ ora il turno dei Mekong Delta. Il gruppo, sulla cui testa campeggia lo scheletro violinista di Dances of Death è davvero migliaia di anni luce avanti, e sciorina una prestazione da urlo, condotta dall’ottima ugola di Martin LeMar. La scelta dei brani si concentra quasi tutta sul lato più legato al prog metal, sacrificando le proprie inclinazioni thrash e forse disorienta un po’ il pubblico. Ma i ragazzi sono davvero dei musicisti fuori dall’ordinario e LeMar offre una esibizione rimarchevole per tecnica e carisma vocale. Terminata l’esibizione dei tedeschi ci andiamo a sdraiare un po’ al sole, sul pratino davanti alla Rock Hard Tent e ci godiamo l’esibizione degli Hail of Bullets, che devastano il palco con una esibizione ottima e convincente, come testimoniato dalla folla presente sotto il tendone. Purtroppo, lo speaker annuncia che l’esibizione dei The Haunted è rinviata all’una di notte e quindi torniamo a fare uno spuntino mentre i nostrani Raw Power, leggenda dell’hardcore mondiale, devastano la Terrorizer Tent con sommo gaudio nostro e del pubblico presente. Grande band. Andiamo a posizionarci nuovamente sul Main Stage 1, presso il quale ci aspettano i fantastici U.F.O.. Non nascondo che attendevo con ansia la loro esibizione e ne sono ripagato: la band snocciola classici senza tempo come Out In The Streets, Too Hot To Handle, Rock Bottom, Love To Love a cui affianca pochi brani recenti, come la riuscitissima Venus. Pete Way corre ovunque, fa il gigione, suona il basso dietro la testa rispondendo a Moore che faceva lo stesso: è un frontman e si diverte come un pazzo. Mogg, dal canto suo, appena la voce si scioglie sembra riprendere vita e conclude in clamoroso crescendo, sciorinando apprezzamenti per la bellezze francesi presenti. Moore si conferma ormai elemento cardine nella band e chitarrista di primissimo ordine. Lo show si chiude con l’immancabile Doctor Doctor ed anche qua il rimpianto per un set fin troppo corto (45 minuti) è davvero enorme. Fortunatamente, a ritirarci su ci pensano i Municipal Waste, che invadono il palco con gonfiabili coloratissimi di varia natura, che per tutta la durata dello show andranno da una parte all’altra del palco spinti da una folla contagiata dalla verve della band. In effetti, i Nostri sanno come scatenare un vero party selvaggio sul palco e la nuvola di polvere costante che si eleva in aria testimonia il mosh pit devastante che subito si crea e che fino in fondo accompagnerà l’esibizione del gruppo. John Belushi sarebbe fiero di loro. Piccolo cambio di palco ed ecco che si materializza la cover band più credibile della storia: i Thin Lizzy. Intendiamoci, io sono uno di quelli che “senza Phil Lynott non sono i Thin Lizzy”, ma è innegabile che dal vivo la band sia strepitosa e sentire certi cavalli di battaglia suonati con tanta perizia è una vera goduria. Rosalie, Emerald, The Cowboy Song, Jailbreak, The Boys Are Back In Town, Whiskey In The Jar, sono canzoni che appartengono al patrimonio collettivo e non nascondo che se anche Ricky Warwick in alcuni frangenti sembra più James Hetfield che Phil Lynott, la sua prestazione sia assolutamente ottima. Chiude il concerto, con mia sorpresa, la meravigliosa Black Rose, dedicata da Warwick a Phil Lynott ed a Gary Moore. Brividino lunga la schiena e lacrimoni tenuti a stento. Gran concerto, niente da eccepire. Tocca ai Destruction, che inaugurano la triade tedesca al completo. Purtroppo, come anche nella recente data di Trezzo sull’Adda, la band non riesce a risultare coinvolgente come dovrebbe e potrebbe, e questo ci induce al ritorno alla tenda per la cena dopo soli quattro brani. Una brutta sorpresa ci attende: la seconda tenda è praticamente crollata a causa del vento. La tentazione di dare letteralmente fuoco a tutto è forte. Fortunatamente, l’aiuto provvidenziale del nostro vicino francese salva la situazione, ridandoci buon umore e voglia di continuare. L’inconveniente ci costa però quasi interamente il set dei Sodom di cui vediamo solo tre canzoni. A giudicare dal pubblico che troviamo lì presente e dal numero di bandiere sventolanti deve essere davvero stato un concerto fenomenale. Alla prossima! E’ tempo di un’altra scelta difficile, ed è così che, con il beneplacito di Zakk Wylde decidiamo di disertare lo show dei suoi Black Label Society per recarci alla Terrorizer Tent dove ci attendono i D.R.I.. L’atmosfera è elettrica e la band ripaga le nostre attese con uno show travolgente. Harald Oimoen indossa una mascherona rossa da diavolo, che cambierà poi con un naso da maiale, mentre Kurt Brecht urla tutto il proprio odio saltellando sul palco come un folletto. L’attitudine della band è semplicemente fantastica e la scaletta offre davvero il meglio della loro produzione, con una Five Year Plan da urlo. Concerto splendido guys, avanti così!! Usciamo dalla tenda di corsa, appena in tempo per sentire la intro dei Kreator. Gran bello show il loro, come anche quello al Thrash Fest di Bologna. La scaletta in questo caso si concentra di più su brani estratti dai primi album e Petrozza ha gioco facile ad incitare tutti al massacro, con un circle pit pauroso, ripreso più volte anche sullo schermo gigante. Grande show, niente da dire. Nell’anno del presunto addio dei Judas Priest, un’altra grandissima e storica band decide di salutarci per davvero. E’ il momento degli Scorpions di salutare il proprio pubblico, dopo una carriera fantastica, da numeri uno, durata ormai quarant’anni. L’emozione è tanta, per chi ascolta come per chi suona. Meine e Schenker sono ancora una coppia fantastica, mentre Jabs svolge il suo compitino diligente, al solito. Buona la prestazione della sezione ritmica, con un Kottak fin troppo esaltato e protagonista alla batteria. La setlist, in realtà, non convince appieno, anche se ci sono molti classici. Colpisce, però, l’ostinata esclusione di ogni riferimento all’era Roth, che meriterebbe invece una maggiore attenzione in un Farewell Tour. Nonostante tutte le luci ed il palco cinematografico messo in piedi, lo show non è esaltante come era lecito attendersi, seppur si tocchino vertici assoluti di emozione e coinvolgimento. Manca qualcosa, anche perché il gruppo taglia un po’ la sua esibizione e infila ben due lunghissimi ed inutili assoli. Alla fine un’ora e mezza di concerto con qualche buco ed il desiderio di rivederli ancora, anche se purtroppo, ormai è tardi. Saluti ad una delle band più importanti in assoluto (una delle prime dieci, per intenderci) della storia dell’hard&heavy. A termine dell’esibizione degli Scorpions, l’organizzazione ci propone un tributo a Patrick Roy, politico francese e membro dell’Assemblea Nazionale morto il 3 maggio, a cui il festival è dedicato. Il nostro è stato un grande appassionato di metal e con l’immancabile giacca rossa ha difeso l’Hellfest e la musica metal in generale, in più di un’occasione durante le sedute parlamentari. E’ chiaro che il personaggio sia molto amato dai francesi che sulle note di For Those About To Rock, lo salutano con uno spettacolo pirotecnico emozionante, mentre le immagini ce lo fanno ascoltare durante un infuocato intervento in Parlamento e in mezzo ai fan alle precedenti edizioni dell’ Hellfest. Le immagini si concentrano poi ci mostrano Ronnie James Dio, Peter Steele ed, infine, del capo della sicurezza dell’Hellfest, anche lui recentemente deceduto. Un bellissimo momento, credetemi, con tanti applausi e commozione sincera. Siamo ancora in piedi, dopo una giornata lunghissima, per il gruppo che ci ha portati qui a Clisson: i Coroner. Ebbene sì, è merito della loro reunion se abbiamo deciso di recarci all’Hellfest. Ora: come riuscire a convincervi che i Coroner hanno tenuto di gran lunga la migliore esibizione vista finora? Come comunicarvi l’entusiasmo e lo stupore di fronte a tre musicisti davvero di un altro pianeta? Il loro concerto è semplicemente fantastico, da urlo per precisione, compattezza, impatto, groove e tecnica straordinaria. La voce di Ron Royce migliora col tempo, mentre il tiro strepitoso che il gruppo ha conservato non fa che aumentare il desiderio di avere tra le mani un loro nuovo album! Nessun ripensamento in loro: i brani di Grin sono esaltanti alla pari dei vecchi classici, la chiusura violentissima di Reborn Through Hate esalta la folla presente che tributa ai Nostri un bentornato coi fiocchi. Fantastici, con un Tommy T. Baron da standing ovation. Degno sugello di una giornata lunga, estenuante ed esaltante al tempo stesso. A domani, ultimo giorno.

IL TERZO GIORNO: 19 GIUGNO
Il sole lascia nuovamente spazio ad un cielo assolutamente coperto da grigi, enormi nuvoloni e la paura di dover passare un’altra giornata sotto l’acqua si fa pressante. Per motivi contingenti siamo costretti a tornare al centro commerciale, scoprendo tristemente che lo stesso era chiuso. Ci incamminiamo così verso il centro di Clisson, scoprendo una cittadina splendida, di chiaro impianto medievale, con tanto di ponti millenari sul fiume, dominata dalla bellissima rocca (siamo sempre nella Loira no?) e dalla splendida cattedrale. Camminando per la strada troviamo la cittadina invasa da numerosi metallari in uscita. La gente del luogo si rivela estremamente cordiale e gentile, continuando la sua vita quotidiana ma tutto sommato incuriosita da questa massa nero-variopinta che da sei anni invade la loro placida tranquillità agreste. Ci concediamo così il lusso di fare un po’ i turisti, scoprendo peraltro che altri palchi sono stati montati in città e che anche qua si fa metal dalla mattina alla sera, per la gioia degli abitanti del luogo. Tornati in campeggio dopo la lunga camminata, decidiamo di riposare a lungo, lasciando perdere i concerti fino alle tre e mezzo. Arriviamo all’arena più o meno a metà set list dei Duff McKagan’s Loaded ma sinceramente la loro esibizione non ci esalta nonostante una Attitude sparata a mille, doppiata poi dalla storica It’s So Easy e ci spostiamo così verso la Terrorizer Tent per assistere al concerto dei Ghost, promettente band metal/doom. Lo show è ottimo e l’atmosfera sotto al tendone non lascia dubbi sulla qualità della band, che si presenta sul palco come sulla copertina del disco: abito talare e teschi dipinti sul volto, con il singer che indossa una sorta di capello papale. L’atmosfera metal/doom, con intrecci vocali che rimandano agli anni ’70, con tanto di derivazioni quasi psichedeliche e space, convince appieno dal vivo, molto più che su disco e gli astanti sotto la tenda tributano grande attenzione alla band. Da rivedere. Saltiamo le ultime due canzoni ed usciamo fuori per recarci al Main Stage 2 dove è iniziato il concerto dei Pain of Salvation. Purtroppo la scelta non si rivelerà azzeccata: la band appare il lontano ricordo di se stessa, svuotata, in crisi di identità e senza nerbo. Gidenlow si affanna a ricercare il sostegno del pubblico, che in realtà risponde davvero solo all’esecuzione di Ashes e sembra proprio che l’incantesimo di questo gruppo si sia spezzato. Piuttosto delusi abbandoniamo l’area concerti per entrare nel Paese dei Balocchi: l’Extreme Market. Due tendoni immensi, strapieni di qualunque cosa un metallaro possa desiderare: banchi infiniti di vinili e cd, toppe, magliette, chitarre customizzate per l’occasione, memorabilia di ogni tipo. Una vera delizia ed un labirinto di perdizione senza fine. Durante la nostra permanenza nel Market, ci godiamo l’esibizione dei Grave che devastano la Rock Hard Tent col loro death svedese primigenio. Una prova maiuscola la loro, ci vuole poco per capirlo. Emergiamo dal Market giusto in tempo per sentire i Cavalera Conspiracy che chiudono il loro show sul Main Stage 1 con una versione potente e carica di Roots Bloody Roots: Max sembra senza voce ma è un’impressione che non mi sento di tramandare ai posteri con sicurezza, vista la brevità dell’ascolto. Consapevoli del fatto che non li avremmo probabilmente mai più rivisti in vita nostra, decidiamo di rinunciare all’esibizione dei Grand Magus per restare sul Main Stage 2 e goderci il concerto degli Anathema. Esibizione ben all’altezza la loro, anche se la decisione di proporre una scaletta decisamente soft, spiazza un po’ la platea. Ma le canzoni sono di livello, le prestazioni individuali davvero ottime (un plauso alla stupenda voce di un Cavanagh ispiratissimo) con Lee Douglas in forma splendente, ed in breve l’atmosfera ha la meglio su tutti e alla fine gli applausi sono più che meritati. Bel concerto, non entusiasmante ma bello sì. Entusiasmo a fiumi invece per la clamorosa esibizione dei Mr. Big: fortunati coloro che li vedranno al Gods of Metal! I quattro sono in forma strepitosa e sciorinano una prestazione spettacolare, adrenalinica a mille e tecnicamente mostruosa. L’abilità di far convivere due assoluti mostri come Sheenan e Gilbert all’interno di canzoni orecchiabilissime e dotate di un groove pazzesco, merita davvero gli applausi. Ma quello visto è anche lo show di un Torpey assolutamente tellurico e precisissimo e di un Eric Martin davvero in gran forma. Col suo viso da eterno ragazzo, il singer si sbatte come un ossesso per tutto il palco, cercando a più riprese i compagni e mantenendo un rapporto continuo col pubblico. Ma è soprattutto la prestazione vocale a convincere tutti senza dubbio: cristallino, potente, graffiante quando serve, memore della lezione del rhythm’n’blues e del rock’n’roll originario: difficile chiedere di più. Gli assoli del magnifico duo attraversano tutto lo show, che decide di fare a meno delle due hit To Be With You e Wild World e rimane invece su coordinate di pura adrenalina con una Shyboy da urlo. Assieme ai Coroner, per adesso, i più entusiasmanti, senza dubbio. Andiamo velocemente a rifocillarci mentre la biondissima Doro irrompe sul palco. Accolta con amore e rispetto, la tedesca sciorina una prestazione coi fiocchi: gran voce, tiro da ventenne e una grinta memorabile, uniti ad un sex appeal mai domo. Sarà anche un luogo comune, ma se esiste una Metal Queen è e sarà sempre e solo lei. I classici del suo repertorio e di quello dei Warlock ci sono tutti e il pubblico canta i cori delle canzoni con trasporto, fino alla conclusiva All We Are. Doro ringrazia evidentemente commossa il pubblico, che le tributa un grande applauso e continua a cantare il ritornello della canzone anche molto dopo che il concerto è concluso, “costringendo” la cantante a restare sul palco ancora per salutare e ringraziare un pubblico davvero caloroso nei suoi confronti. Una grandissima donna: alla prossima! Eccoci così ad uno dei piatti forti del giorno: sale il tendone con la rossa scritta Epitaph e nonostante tutte le diatribe, l’emozione è fortissima. Signori e signore: i Judas Priest!!! Concerto da urlo, ve lo dico subito. Alla fine, nessun rimpianto, nessun deluso. Il gruppo di Birmingham domina letteralmente il palco, lo fa suo, lo conquista immediatamente, dalla prima nota. Tanta è l’emozione che nemmeno ci accorgiamo che il gruppo non ci propone Electric Eye e praticamente nessun estratto da Defenders of The Faith, ma per il resto Halford e soci offrono un’esibizione senza incertezze, senza sbavature. Beyond The Realms of Death è strepitosa, a sorpresa il gruppo tira fuori dal cilindro Starbreaker (fantastica) e Never Satisfied, mentre Victim of Changes continua ad ammaliare dopo quasi quarant’anni dalla sua composizione. Painkiller chiude la prima parte di concerto, che riprende con Halford che a cavallo di motocicletta risale sul palco per Hell Bent For Leather e You’ve Got Another Thing Comin’ in un tripudio di fuoco e fiamme. Halford canta bene, forzando un po’ e perdendo qualcosa in termini di estensione e pulizia ma riuscendo comunque a condurre in porto un’esibizione più che buona considerata l’età, mentre il nuovo arrivato Richie Faulkner si conferma ottimo musicista e showman. Downing è insostituibile, lo sappiamo tutti. Ma il ragazzo ci sa fare e si fa valere. Inutile aggiungere altro: concerto da paura sotto tutti i punti di vista, gran bel finto addio. Restiamo spossati da questa esibizione: avevamo inizialmente deciso di vedere anche la chiusura del concerto dei grandi Electric Wizard, ma ci rendiamo conto di non farcela più e decidiamo quindi di restare a sedere nell’area ristoro, ascoltando contemporaneamente il concerto dei Therion. Anche su di loro poco da dire: se siete loro fan, allora dovete vederli dal vivo perché offrono uno spettacolo strepitoso sotto ogni punto di vista. Se invece non li sopportate, statene alla larga, perché il tripudio offerto dalla band raggiunge qui i suoi massimi livelli espressivi. In ogni caso, un gruppo che lascia il segno e ci accompagna più che degnamente al secondo grosso calibro della giornata: il buon vecchio Madman, Mr. Ozzy Osbourne!! Il Nostro sale sul palco accompagnato dalla band ed allargando le braccia proferisce: Let the madness begin!! E’ il riff di I Don’t Know a riempire l’aria, seguita poi da Suicide Solution, Mr. Crowley e War Pigs, devo aggiungere altro? Il Madman pretende che la folla vada fuori di testa ed urli come un ossesso incatenato per tutta la durata del concerto, agitando le mani e cantando le canzoni, e maledizione, alla fine l’ha vinta lui. Ogni goccia di energia e voce residua viene convogliata in questo show strepitoso, composto da una scaletta fantastica furbescamente tutta incentrata sulla produzione fino a No More Tears e da un break centrale made in Black Sabbath. La band che accompagna il nostro è semplicemente di livello superiore e Gus G. si conferma chitarrista di razza, snocciolando una quantità di note impressionante lungo tutta la scaletta con una pulizia ed una lucidità sorprendenti. Un tantino freddo magari, ed un tantino in difficoltà sugli assoli di Mr. Zakk Wylde ma sicuramente la riuscita dello show poggia moltissimo su di lui. Ozzy fa se stesso meravigliosamente, nel bene (carisma e presenza scenica) e nel male (voce assolutamente da dimenticare) ma, d’altra parte, è Ozzy, no? La verità è che avere una band del genere dietro salva molto la situazione e poter contare su canzoni di questo livello fa il resto. Grande show, grande emozione e di fronte ad altri nomi storici che passano la mano, il buon vecchio Ozzy riesce ancora a tenerci incatenati al suo mito intramontabile. Siamo al concerto di chiusura del festival e tra Opeth, Cradle of Filth e Kyuss Lives! non abbiamo dubbi e scegliamo questi ultimi alla Terrorizer Tent. Notiamo con piacere di non essere i soli, tanto che la tenda è praticamente strapiena, quasi da non respirare e fuori la gente si accalca lungo tutto il prato rivelando una “fame” per questa band assolutamente inaspettata ed entusiasmante. Purtroppo, forse colti di sorpresa, i tecnici -per la prima ed unica volta in tutto il festival- sono un po’ in ritardo col soundcheck e lo show inizia con un quarto d’ora di ritardo. Ma bastano il primo feedback del basso di Oliveri e l’apparizione di Garcia sul palco a scatenare il delirio. La band fornisce una prova strepitosa, devastando totalmente il numerosissimo pubblico con estratti dal mitico Blues For The Red Sun, Sky Valley e …And The Circus Leaves Town. Garcia è in forma vocale strepitosa ed aver ritrovato i compagni d’avventura non può che contribuire alla riuscita di una esibizione memorabile che riduce in gelatina tutto ciò che restava di noi a suon di stoner desertico lanciato a volumi incredibili. A fine show il pubblico richiama fortemente la band sul palco che spara una 100° da paura, seguita dal riff storico di Green Machine. Come fosse il primo giorno e non l’ultimo devastante concerto di un festival incredibile, la gente continua a richiamare la band sul palco anche la seconda volta come a non volersi arrendere all’evidenza che è tutto finito. Purtroppo, le luci si accendono. Lasciamo che la folla abbandoni la tenda e l’arena e ci incamminiamo dolenti e carichi di energia positiva verso il campeggio, per l’ultima notte a Clisson. Il festival è finito e siamo sfiniti anche noi, seppur carichi di adrenalina e già pieni di ricordi indelebili. La partenza è lunedì mattina alle 11.00, mentre l’avventura si chiude definitivamente alle quattro di mattina di martedì 21 Giugno. Grazie Clisson, grazie Hellfest.

IL PELO NELL’UOVO: DIFETTI DI UN FESTIVAL PERFETTO
Innanzitutto, l’accesso all’acqua corrente solo a pagamento fuori dall’arena concerti. Ok, 6€ per tre giorni non sono tanti ed è impossibile pensare che si potesse garantire ad un campeggio così vasto l’approvvigionamento d’acqua. Però, mettere una postazione gratuita sarebbe stato più giusto, visto che per fare una doccia, lavarsi il viso o i denti, occorreva comunque fare dalle 2 alle 2 ore e mezzo di coda. Questo ha costretto tutti a munirsi di acqua minerale in bottiglia e non mi pare un bella cosa. In secondo luogo, trovare il centro commerciale chiuso la domenica. Ok, capisco che sia domenica, ma non si lasciano ottantamila persone senza approvvigionamenti a portata di mano. Forse la scelta è stata fatta anche per dirottare la folla in paese ed ottenere una ricaduta anche per i commercianti in città, ma insomma, la giratina turistica, per quanto piacevole ed anzi necessaria, ci è costata una mattinata intera e diversi concerti saltati. In terzo luogo, i suoni del primo giorno: in partenza batteria, basso e voce coprivano tutto ad un volume assolutamente troppo elevato in generale, che costringeva a stare lontani o a prendere –orrore!!!- i tappi per le orecchie. Per fortuna poi la situazione è migliorata nel pomeriggio e per il resto del festival, salvo sporadicissime eccezioni, la pulizia del suono è stata perfetta. Infine, la cronica incapacità dei francesi ad esprimersi in inglese. Intendiamoci: ho trovato solo persone gentilissime, disponibili e pronte ad aiutare, nel campeggio, come nell’arena concerti, come dietro a qualunque bancone, ma ogni volta per capirsi occorreva stabilire prima un linguaggio comune accettabile ad entrambi e questo, per un festival che richiama persone da ogni parte del globo, può essere un limite. Tutto qui? Sì, tutto qui, a meno che non vogliate dare la colpa della pioggia e del vento all’organizzazione. Ve l’ho detto che era un festival perfetto, no?

I SEGRETI DI UN SUCCESSO
Per fare di un concerto metal un evento di proporzioni mondiali occorrono diverse cose. Innanzitutto, la complicità e l’appoggio delle istituzioni, locali e nazionali. In secondo luogo, la complicità e l’appoggio della popolazione locale. In terzo luogo, un posto adatto e confortevole. In quarto luogo, degli investimenti all’altezza. In quinto luogo, una scaletta adeguata. In sesto luogo, un’organizzazione perfetta che sappia manovrare una macchina complicatissima e dalle migliaia di variabili intervenienti, possibilmente con l’ottica del fan. In settimo luogo, uno spirito proprio dell’evento di fratellanza spontanea, amicizia istantanea, voglia di divertirsi, di partecipare e creare l’evento dal basso, col proprio entusiasmo e la propria personalità. All’Hellfest troverete tutto questo ed è questo che ne fa un festival grandioso ed imperdibile. Dal sacchetto per la spazzatura distribuito all’ingresso che, se riportato in un luogo stabilito dava diritto ad un numero per l’estrazione di un biglietto gratuito per l’anno successivo, alla cauzione per i bicchieri di birra (3€ il primo, 2€ tutti gli altri con il vuoto), tutto testimonia una cura per il particolare non comune. Come non comune si rivelerà l’attenzione ed il rispetto per l’ambiente e l’ordine che i francesi dimostrano: pare incredibile ma fino all’ultimo giorno l’arena era pulitissima (grazie anche a qualche addetto) e tutti i ragazzi presenti usavano il cestino per buttare qualunque oggetto, mentre i bagni chimici, nel limite del possibile si riveleranno dignitosi. Non starò a fare confronti con quanto accade in Italia, perché è fin troppo facile sparare a zero dopo essere stati più volte in Europa a queste kermesse. Ma certo se anche la Slovenia col Metalcamp riesce a far meglio del nostro Gods of Metal allora c’è qualcosa che non va, e non è il pubblico che non partecipa, perché di italiani a Clisson, ne abbiamo trovati tanti e molti di più saranno a giro per il resto d’Europa. Non credo che tutti noi ci saremmo sobbarcati viaggi simili se avessimo trovato qualcosa di paragonabile in Italia. Intendiamoci, oltre al Gods abbiamo l’Heineken Jammin’ Festival, quest’anno il Sonisphere, il Big 4 e tanti altri piccoli/grandi eventi. Ma la verità è che, al momento, non siamo in grado di produrre un grande festival metal, paragonabile a quelli che troviamo nel resto d’Europa e la ragione è la mancanza di una o più delle componenti citate prima. A voi le considerazioni.



Lizard
Martedì 4 Ottobre 2011, 7.38.30
23
Mai piaciute le divinità... Astemie poi.... fammi sapere se decidi di andare!
BILLOROCK fci.
Martedì 4 Ottobre 2011, 7.38.22
22
AHAHAHAHA grande Lambruscore.... oddio sono piegato dal ridere... dio astemio oligomineralus... ahahaha di colpa mi hai risvegliato ... sei meglio del caffè !
LAMBRUSCORE
Martedì 4 Ottobre 2011, 7.35.12
21
caro lizard, bel report, spero di esserci l'anno prossimo, sto già rompendo i maroni ad un mio amico x andarci. sul fatto che non conosci i dischi degli exploited, ti consiglio di rimediare e alla svelta, altrimenti la maledizione del dio astemio oligomineralus, potrebbe non darti scampo....
Lizard
Martedì 4 Ottobre 2011, 7.33.41
20
Oppure più prosaicamente dormire stravestiti con felpa col cappuccio nel sacco a pelo... E anche così, faceva freddo lo stesso
Khaine
Lunedì 3 Ottobre 2011, 23.17.51
19
E l'unico modo per sconfiggere il freddo è.... liberare l'ammmmmooooooooooooreeeeeeee
Lizard
Lunedì 3 Ottobre 2011, 23.13.00
18
Confermo!!! Di notte specialmente faceva un freddo bastardo!!
Khaine
Lunedì 3 Ottobre 2011, 23.09.46
17
Freddo??? A fine giugno??
Arianna
Lunedì 3 Ottobre 2011, 22.30.43
16
Me lo sono proprio goduto. Ho passato tutte le sante giornate sotto i main stage 1 e 2... a parte per gli Arkona. L'unica nota dolente è stato il freddo...
Lizard
Giovedì 14 Luglio 2011, 9.43.37
15
Basta guardare le foto per vedere che al concerto c'ero, ma hai ragione Igor: il bassista è Barry Sparks. Non posso linkare le foto dell'Hellfest dal sito ufficiale degli UFO ma ti assicuro che sia per come stava sul palco, sia per somiglianza fisica, avrei dato un dito che fosse Pete Way (non è nella band per motivi di salute, non perché ne sia uscito!). Chiedo scusa a tutti i lettori per l'errore.
igor
Giovedì 14 Luglio 2011, 2.06.17
14
ehm, che concerto degli UFO avete visto? pete way non è più nella band!
TRESA
Sabato 25 Giugno 2011, 17.28.54
13
rimarrà nella storia l'hellfest, gran festival e soprattutto grandissimi gruppi!
BILLOROCK fci.
Venerdì 24 Giugno 2011, 18.44.48
12
dio santo che concertone
Lizard
Venerdì 24 Giugno 2011, 18.43.25
11
@Metal4ever: Opeth visti due volte e, per quanto bravissimi, ti assicuro che i Kyuss Lives! dal vivo fanno le buche in terra dalla potenza che sprigionano. Un'esperienza da fare! Avevo già visto Garcia plays Kyuss ma a questo giro hanno fatto davvero il botto!!
Raven
Venerdì 24 Giugno 2011, 18.08.21
10
non conosco quel nuovo gruppo chiamato "Figliuole da Hellfest", ma sembra dannatamente interessante...
ROTTEN
Venerdì 24 Giugno 2011, 17.53.14
9
ragà festival spettacolare, noi qui lo possiamo solo sognare...
Metal4ever
Venerdì 24 Giugno 2011, 16.23.00
8
Mazza deve essere stata una figata!!! Anche se io tra Opeth, COF, e Kyuss avrei scelto i primi
SatanArgh
Venerdì 24 Giugno 2011, 15.08.28
7
@Lizard: scusa devo aver letto male allora comunque noi si è fatta una scorta GIGANTE di birra e cibarie già dal venerdi, abbiamo comprato le brocche, che anche se erano scomode c'han fatto risparmiare diversi dindini di birra eheheh Poi per il resto come ho detto ho fatto tutto (doccia e denti) dopo pranzo, non c'era veramente nessuno allo stand "dell'acqua"! è un consiglio che dò a tutti quellli che vorranno avventurarsi nelle campagne francesi l'anno prossimo
Lizard
Venerdì 24 Giugno 2011, 14.58.17
6
@SatanArgh: l'ho scritto dei rubinetti dentro che sono stati una salvezza! Ma capirai che dover entrare nell'area concerti per lavarsi i denti e poi tornare alla tenda, è un tantino scomodo, specie se ti devi fare venti minuti per andare e venti per tornare... A meno che non ti tenessi spazzolino e dentifricio in tasca tutti i giorni... Per non parlare di rigovernare la roba o anche solo bere... Comunque, come ho scritto, ho voluto trovare il pelo nell'uovo
Lizard
Venerdì 24 Giugno 2011, 14.54.34
5
@Edo: il problema del Gods non è tanto la scaletta, che al limite aveva il difetto di non avere niente di diverso dagli altri festival da offire e per di più concentrato in un solo giorno, quanto tutto il resto. Manca la volontà e forse la possibilità di fare un grande evento di livello europeo. Manca un luogo stabile, una formula stabile (un palco, due palchi, quattro palchi; un giorno, due giorni, tre giorni... Ogni anno si cambia...), manca l'appoggio delle istituzioni e della popolazione, che non sanno cogliere le opportunità offerte da questo tipo di eventi. Manca l'ottica del fan: io mi sono stufato di farmi spennare per essere trattato come un paria da un'organizzazione che evidentemente mi vede solo come un guadagno facile. Più o meno eh... Poi, parlare è facile, ma le differenze sono clamorose... Chi c'era al Gods allo Stadio Brianteo quando alle undici di mattina finì la birra????? Roba da pazzi, inconcepibile....
SatanArgh
Venerdì 24 Giugno 2011, 14.48.18
4
Che gran fest! tutti ottimi shows a parte il concerto dei mayhem che proprio non ho digerito, dirottando sui magnet le cose sono andate decisamente meglio! per il resto faccio notare che i rubinetti dell'acqua erano disponibili, gratuitamente, all'interno della zona concerti; e che se si andava a fare la doccia nel primo pomeriggio non c'erano assolutamente code
Edo
Venerdì 24 Giugno 2011, 12.58.34
3
Reduce dal gods, dopo aver letto la rece dell'Hellfest sono triste triste....che cazzo ma è possibile!? A chi mi domandava qual'è un bill decente secondo me rispondo di guardare un palco qualsiasi di una giornata a caso sul programma dell'Hellfest, ci sono decisamente molti meno gruppi fuori luogo rispetto al Gods e in più qui puoi scegliere chi vedere!!!!! Assurdo, prima o poi devo andarci.
wangel
Venerdì 24 Giugno 2011, 12.36.08
2
grandissimo festival mi sono divertito un casino...la birra era veramente buona ed anche l'ambientazione era ottima!!quei difetti li ho riscontrati anchio...ma con la birra buona passa tutto!!ahaha!tanta strada con la mia macchinina ma ne è valsa la pena...BOLT THROWER, ELECTRIC WIZARD E KYUSS i migliori concerti a mio avviso..anche i karma to burn!!.il concerto degli elecrtic wizard è stato un trip assurdo...proiiettavano un vecchio film stranissimo dietro di loro...non ne venivo fuori dato anche il mio tasso etilico non indifferente!ahah!i peggiori...bhe tutte le band poser/fighetto a partire dai suicide silence che stavo allegramente insultando dal mio gazebo...la vocina da gallina del cantante mi dava ai nervi...ahahahah!
hm is the law
Venerdì 24 Giugno 2011, 12.22.19
1
Deve essere stata una ficata pazzesca!
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