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VALPOLICELLA METAL FEST 2004 - Verona, 22-24-25/07/2004
17/09/2004 (7485 letture)
80s Italian Metal Legions Attack ( 22 Luglio )

Il prologo di questa tre giorni di metal in provincia di Verona è stato senza dubbio una delle esperienze più oniriche dell'anno. Oniriche nel senso letterale del termine. Sembrava di essere dentro un sogno. Un sogno partorito dalla mente instancabile di Gianni Della Cioppa (storico critico dall'immensa esperienza accumulata sulle pagine di Metal Shock e Psycho!). Un festival organizzato in poco più di un mese, un po' improvvisato e forse per questo dalla partecipazione piuttosto scarsa, nonostante la presenza più che gratificante di persone giunte da posti distanti, come la Toscana o addirittura la Sicilia, senza considerare la follia dei Greci e dei Messicani, giunti in quel di Domegliara con i loro stand da veri e propri "cultori" del metal anni '80, con perle rarissime.

Il primo gruppo a esibirsi sono gli Exile, vecchia formazione veronese qui riproposta in versione "2004", con il solo Gianni della Cioppa accompagnato da 3 giovani amici musicisti. Ovviamente non si può parlare di reunion, il tutto è da intendersi come un semplice gioco, un revival tra amici di un'epoca che fu, nella quale l'hard rock in Italia era oggetto di culto per pochissimi. Le due canzoni riescono in ogni caso a colpire nel segno, facendo scorre vividi i ricordi delle serate in compagnia nelle menti dei meno giovani e strappando un sorriso anche al più serioso blackster giunto lì per caso, attirato magari dall'ingresso gratuito.

Il vero e proprio concerto inizia con gli Spitfire, cult-band veronese degli anni '80, tra i prime-movers di una scena italiana senza grandi sbocchi commerciali, ma con una grandissima e purissima passione per l'heavy metal che da qualche anno cominciava ad arrivare in tutta Europa dalla terra d'Albione. Quindi fortissimi richiami alla NWOBHM in canzoni del calibro di "Blade Runner", "Merchants of Death" o ancora la favolosa e struggente ballad "Stones of Venice", eseguite alla perfezione da una band riformata solo per questa storica occasione e cantate in maniera superba da quel grande personaggio che è Giacomo Gigantelli (ex Danger Zone), ora impegnato in tutt'altri progetti con la sua cover band dei Kiss, i Juliet Kiss. Forse solo la batteria sembrava un po' arruginita là dietro, ma quello che importa è la rievocazione storica, riuscita in pieno! Consiglio da amico: compratevi la ristampa delle loro vecchie tracce edita da Andromeda Relics dal titolo "Heroes in the Storm".

Grandissimi anche i vicentini X-Hero, riformatisi anch'essi per l'occasione, con il loro class metal suonato alla grande, con un cantante dalla timbrica particolare e una band compatta a sostenerlo con una precisione ed un affiatamento che non ci si aspetta da chi non suona assieme da tanto tempo. Forse un po' ripetitivi alla lunga, ma con un'ottima padronanza tecnica (soprattutto il comparto chitarristico) e classe da vendere.

Clue della serata è stato però il concerto dei marchigiani Gunfire, formazione da sempre in attività, con 3/5 di line-up originale. Il metal classico, di chiara derivazione priestiana, fa subito breccia nei cuori dei pochi presenti, anche dei più giovani e in generale di chi non conosceva i Gunfire. Ciò che colpisce di più è la compattezza e la decisione del sound, oltre che l'attitudine "true metal" oltremisura di tutti e cinque gli elementi. Rimarchevole anche l'esecuzione di "United" dei Judas Priest (e non la solita iper-coverizzata "Painkiller"!!). Ora una piccola postilla: perchè un gruppo come i Gunfire, forti di un'esperienza solidissima, di un suono così deciso e compatto, di idee non geniali ma sicuramente oneste e interessanti, non riesce ad andare oltre lo status di cult-band (ora sono sotto una piccola etichetta tedesca, la Iron Glory), quando ci sono decine e decine di gruppi italiani (e non) totalmente inutili, che non fanno altro che proporre in modo peggiore e senza un minimo di onestà intellettuale lo stesso genere? Misteri dell'industria discografica del 2000.

Il perfetto epilogo di una serata come questa è affidata a due degli ensemble più originali e unici nel panorama musicale italiano (ma sarebbe più giusto dire mondiale): The Black e Dark Quarterer. I primi creatura musicale dell'artista Mario Di Donato (noto principalmente per le sue opere pittoriche a tema religioso, ma anche per la sua presenza nelle file dei Requiem), capaci di percorrere coordinate care al doom mischiandole con elementi di psichedelia e con uno stile vocale assolutamente alieno a tutto ciò che lo circonda, sospeso in un alone vacuo ed etereo, proprio come le atmosfere che la band ricrea. Purtroppo in quest'occasione non tutto sembra funzionare a dovere e in molte occasioni si fanno evidenti le limitazioni tecniche della band, che talvolta sembra perdersi tra i funambolismi del batterista (talvolta esagerati) e i riff un po' troppo sospesi della chitarra. Forse pesanti per la maggior parte del pubblico, con canzoni che non concedono nulla alla melodia e all'orecchiabilità. Ma di sicuro anche anticonformisti e originali (come consuetudine quando si parla di band sotto Black Widows Records), e di questo ne va dato atto a Di Donato e a chi segue la band da anni.

Per quanto riguarda i Dark Quarterer non c'è altro da aggiungere, se non che assistere ad una loro esibizione è una di quelle esperienze che consiglio a tutti di fare se si ha la possibilità. Giù il cappello di fronte ad artisti di questa stazza, capaci di riproporsi in maniera originale anche dopo due decadi passate pressochè nell'ombra. Ombra magnifica di due dischi come "Dark Quarterer" e "The Etruschan Prophecy". La miscela esplosiva di epic metal, progressive, dark, condita da innumerevoli tocchi di classe indefinibili rende i Dark Quarterer oggi più che mai una delle migliori band heavy metal italiane di sempre, una delle poche che ha saputo coniugare originalità e classicità nella stessa ricetta. Più che canzoni i Dark Quarterer propongono delle pillole di genialità e teatralità musicale, con una grande band composta dai due membri originali Gianni Nepi (basso e voce) e Paolo Ninci (batteria), accompagnati da qualche tempo da due giovanissimi alla chitarra e alle tastiere. Da rimarcare ancora una volta l'ottimo lavoro del chitarrista, un vero e proprio virtuoso della sei corde, che non ha nulla da invidiare a molti guitar hero più vecchi di lui.

Una degna conclusione per un festival che ha basato il suo successo (musicale, ma ahimè non di pubblico) innanzitutto su un clima di collaborazione tra gruppi e organizzazione, ma anche su una passione mai doma per l'heavy metal da parte di certi, lodevoli, individui. Una festa carica di nostalgia ma anche di determinazione (Della Cioppa sta già lavorando all'edizione 2005, quindi le band sono avvisate!!), qualità utile più che mai in questi casi per portare avanti un ideale di musica forse anacronistico, ma di sicuro appagante, che vuole scavalcare tutti gli ostacoli onnipresenti al giorno d'oggi quando si cerca di proporre Arte, di quella con la A maiuscola.


VALPOLICELLA METAL FEST ( 24 Luglio )

Giunto alla quarta edizione il Valpolicella Metal Fest si caratterizza inevitabilmente per una continua crescita, dalle prime due edizioni gratuite, passando per la sfortunata edizione dello scorso anno, nella quale i Grave Digger non si esibirono per colpa di un autentico diluvio. Quest'anno le cose non sono andate certo in maniera migliore, almeno per quanto riguarda la prima giornata, che ha visto la cancellazione di quasi tutte le band, esclusi Maelstrom, Nameless e Benediction. I Vader, headliner della serata, hanno rimpiazzato i tedeschi Stormhammer nella giornata successiva.
C'è da dire che forse con una copertura migliore del palco si sarebbe potuta svolgere per intero anche la prima giornata sotto la pioggia (non fortissima come nel 2003).
Lodevole comunque l'iniziativa presa dall'organizzazione di azzerare il prezzo del biglietto del 24 luglio, permettendo a chiunque di entrare gratis e godersi quel che era rimasto delle band.
Bando alle ciance... La prima band che si esibisce sono i vicentini Nameless, con il loro connubio abbastanza riuscito ed efficace di death metal e hardcore, soprattutto nel doppio cantato, con una voce più growl e l'altra dal timbro decisamente più hardcore. Purtroppo la gente presente non è molta e la maggior parte preferisce rimanere al coperto a spulciare le fornitissime bancarelle di vinili (senza contare l'affollatissimo stand dei grappini!!). La carica sprigionata dalla giovane band è comunque notevole ed è facile intuire come la dimensione live sia la loro preferita. Senza dubbio da rivedere in un contesto diverso, al chiuso in qualche piccolo pub.

Buona anche l'esibizione dei veronesi Maelstrom, band con all'attivo un demo recensito poco tempo fa. Probabilmente a causa di un po' di emozione o forse per la stanchezza accumulata durante tutta la giornata sotto la pioggia, i Maelstrom riescono meno bene del solito a coinvolgere i presenti, complice anche qualche suono un po' impastato.
In ogni caso una discreta prestazione, considerate tutte le avversità della giornata e tenendo conto che suonare su un palco così grande per una band abituata ai piccoli pub può essere ostico le prime volte. Il cantante, Zek, sembra infatti l'unico che riesce a mettercela tutta nel muoversi sul palco e cercare il coinvolgimento del pubblico. Ripeto, si sono visti in migliori condizioni, ma i Maelstrom hanno centrato in maniera buona l'obiettivo della prima prova su un grande palco.

Giunta l'ora dei Benediction, band che fino al 1992 vedeva tra le sue fila nientemeno che Barney Greenaway (Napalm Death), si nota un deciso miglioramento per quanto riguarda l'affluenza sotto al palco, e gli inglesi ci mettono un secondo per incendiare gli animi del pubblico accorso da mezza italia solo per loro. Quello che segue è un concerto unico! In un'atmosfera decisamente sopra le righe, con la pioggia che irromperà cospiqua dopo poche note, con le transenne sfondate e spaccate da alcuni dei più esaltati fan della band inglese, si compie quello che è stato forse il concerto più sincero ed essenziale che abbia mai visto, in ambito estremo. L'attitudine dei Benediction non è nemmeno da mettere in discussione, e il loro death metal old school, imbevuto da forti dosi di hardcore, fa proseliti anche dopo molti anni, dimostrando come ciò che conta quando si parla di metal estremo sia innanzitutto la carica e la violenza, doti che certamente non mancano a Darren Brookes e compagni. Nemmeno la pioggia più battente scoraggia i veri fan dei Benediction, esaltati come non mai dalla strepitosa prova della band. Ad un certo punto riescono addirittura a far intervenire il responsabile della sicurezza, che minaccia di far terminare il concerto se gli animi non si calmeranno. Alla fine tutti felici e nessuno sconfitto. In mezzo al moshing sfrenato si conterà solo qualche caviglia rotta e qualche contusione. Attitudine death metal al 100%! Niente di meno che questo! Roba da insegnare e da portare ad esempio per tutti!

VALPOLICELLA METAL FEST ( 25 Luglio )

La seconda giornata ci ha per fortuna riservato tempo ottimo, almeno fino al concerto degli UDO, durante il quale si è levata una leggera pioggerella, che però non è riuscita fortunatamente a guastare le feste.

Il primo gruppo ad esibirsi in questa torrida giornata sono stati gli Anthenora, un po' sacrificati come posizione nel bill e con poco pubblico ad ascoltarli, ma perfetti sotto ogni punto di vista, con il loro metal di stampo americano, senza sussulti e che non concede compromessi. Magari sarebbero da rivedere sulla lunga distanza, ma la tenuta di palco ottima del singer Luigi Bonansea, nonostante un braccio ingessato, la dice lunga sull'esperienza degli Anthenora sui palchi di mezza Italia.

Di tutt'altra pasta sono fatti invece i Sigma, con un classico power metal trito e ritrito, senza alcun aspetto degno di essere ricordato a parte la grande tecnica dei singoli. La nota forse più dolente è proprio il cantante, la cui presenza scenica è prossima allo zero, non riuscendo a coinvolgere praticamente nessuno. Tecnicamente siamo ovviamente su alti livelli, e se ciò può essere sufficiente su disco, di certo non riesce a strappare più di qualche sbadiglio in un concerto live. Certo, se si conoscessero i pezzi a menadito qualche spunto interessante lo si potrebbe anche ritrovare, ma la proposta della band in veste live non riesce a convincere per niente, almeno per questa volta.

Più o meno uguale discorso per gli Helreidh, decisamente più inclini a partiture prog-metal, complici anche le abbondanti dosi di tastiera, ma ugualmente poco coinvolgenti a causa di una costruzione dei brani decisamente non immediata e di melodie non propriamente efficaci. Notevole la preparazione tecnica di tutta la band, ma soprattutto della coppia chitarristica, costituita da Fabio Lentola (degli Anarchy-X, ottima cover band degli immortali Queensryche) e Yorick (attualmente impegnato anche nei Raising Fear). Rimane tuttavia l'impressione che musica come questa non sia del tutto adatta ad un contesto come quello di un festival open air, anche se magari tra i fan della band qualcuno storcerà il naso leggendo queste righe.

Si deve aspettare l'arrivo dei Rain per vedere le cose rimesse a posto da chi all'heavy metal più puro ha dedicato una vita intera. I Rain stupiscono proprio laddove i due gruppi precedenti hanno fatto storcere il naso: grandissima presenza scenica, nessun fronzolo, impatto prima di tutto. Questa è l'essenza della band bolognese e dell'heavy metal. Anche il pubblico sembra gradire, soprattutto quando a farla da padrone sono i brani tratti dall'ultimo album, "Headshaker" (tra cui l'ormai classica "Only for the Rain crew", cantata assieme al pubblico), vero e proprio disco col botto! L'unica nota dolente rispetto all'unica altra volte che ho potuto vederli è stata a mio parere l'innesto di un sostituto (pensiamo temporaneo) alla voce, sicuramente meno carismatico di Tronco. Ma questi sono dettagli inutili quando si parla dei Rain, un gruppo che trasuda passione, istinto e voglia di sconquassare tutti con il loro heavy metal che i più critici definiranno "banale e retrò" ma che è in realtà la quintessenza del divertimento! Se vi capitano a tiro non perdeteli, ve ne pentirete amaramente...

I Macbeth, formazione gothic metal a due voci (femminile pseudo-lirica e maschile growl), che deve molto a formazioni basilari come i Crematory o i Theatre of Tragedy, danno una netta sterzata di stile alla giornata, improntata chiaramente sul metal più classico, fornendo qualche spunto ai fotografi, attirati inevitabilmente dalla bella cantante, e calamitando le attenzioni delle darklady presenti. Purtroppo la band, composta di ben sette elementi, sembra assai penalizzata dalle stonature a volte fin troppo evidenti di Morena, nonostante una resa della band molto buona, grazie anche agli splendidi suoni, una piacevole costante per ogni gruppo esibitosi, tranne, come si vedrà più tardi, nel caso dei White Skull.

A questo punto è doverosa una parentesi sui tre gruppi, tutti di ottimo livello, esibitisi nel palco minore, defilato in un angolo all'estremità opposta del "main stage".

La prima band, i Nicta, si distinguono per uno stile piuttosto personale a cavallo tra il power e le sfuriate dei Children of Bodom, ricreando delle atmosfere particolari che fanno da contorno a un concept sulla mitologia sumera. Dal vivo forse c'è ancora qualcosina da sistemare, dato che il gruppo non sembra ancora possedere quell'affiatamento che permetta loro di riprodurre con maggiore carica le canzoni del demo, recensito qualche mese orsono. Anche un tasso maggiore di spettacolarità non guasterebbe, dal momento che i singoli appaiono troppo fermi sul palco, a dispetto di una tecnica davvero convincente.

Secondi a calcare il palchetto sono i bresciani Scream, band con molti anni di esperienza, autrice di un power melodico che personalmente mi ricorda vagamente gli Elegy. Ottima la voce di Sandro, così come la coppia chitarristica. Da risentire meglio per quanto riguarda le canzoni proprie, mentre riuscitissima la cover di "Painkiller", con le classiche corse sotto al palco per prodigarsi in un violento headbangin'.

Si cambia leggermente con i Battle Ram. I marchigiani colpiscono nel segno, piazzando canzoni di solido e roccioso epic metal di stampo americano. Così, con brani che incrociano le esperienze fatte da band come Cirith Ungol, Manilla Road e Manowar, si assiste a un grande concerto, la cui unica pecca è stata purtroppo la brevità. Personalmente preferirei sentirli con una voce dal timbro più greve, mentre il cantante attuale sembra più improntato ai toni alti. Certo che qui si parla di gusti personali. Una band che sicuramente avrebbe meritato un posto sul palco principale.

Il vero salto di qualità lo si è fatto tuttavia prima dei Battle Ram, quando sul palco principale sono saliti i Thunderstorm. I doomster bergamaschi, già visti all'opera qualche mese fa assieme ai Bullfrog, sono forse un po' penalizzati dall'atmosfera soleggiata della Valpolicella, ma riescono ugualmente a dare il meglio, grazie a riff sabbatici di facile presa e ad un groove molto 70s, che si discosta parecchio da ciò che è stato proposto in questa giornata. Così il pubblico si accende grazie alle canzoni di "Sad Symphony" e "Witchunter Tales", con qualche inserimento di nuove canzoni che appariranno sul prossimo album, sotto Dragonheart Records. E' una bella soddisfazione vedere molta gente all'inizio diffidente ("Ah, che palle il doom" oppure "Il doom mi fa dormire"), e poi, mano a mano che lo show proseguiva, ricredersi e rimanere piacevolmente sorpresi dal terzetto che, ricordiamo, fece da headliner alla passata edizione del "Doom shall rise", il più importante festival europeo dedicato in particolare al doom. Una grande sorpresa (per chi non li aveva mai sentiti ovviamente).

Uno dei momenti più attesi della due giorni è senza dubbio l'esibizione di una delle band più prolifiche di sempre in quanto a numero di concerti live: i Vader, spostati nella seconda giornata per i succitati problemi meteorologici del Sabato. I polacchi sono un'autentica macchina da guerra sia su disco che live, e, nonostante una stanchezza palpabile, ne danno ampiamente prova anche in questa occasione. Purtroppo per loro il pubblico non sembra reagire in maniera adeguata, restando piuttosto freddo per la mezz'ora abbondante di concerto. Impressionante la sezione ritmica, con il nuovo bassista, Novy (che fu dei Behemoth), e soprattutto con un grandissimo session-man alla batterista, Daray, che non fa di certo rimpiangere la potenza del drummer ufficiale, Doc. Peter, con il suo sguardo torvo e i denti digrignati per quasi tutto il concerto, sembra il più stanco di tutti, ma uno come lui non può temere nulla. Ed infatti non si risparmia in fatto di incitamento al pubblico, che però di smuoversi non ne ha proprio voglia a quanto pare (ed è comprensibile, visto il caldo asfissiante). Per il resto è stato il tipico concerto che ci si aspetta dai Vader, compatto e assassino, death metal fino al midollo, condito della grande tecnica mai fine a sè stessa che ormai li contraddistingue. Sarebbe stato sicuramente migliore vederli nella posizione che sarebbe loro spettata il sabato sera, ma la sfortuna ha voluto così per questa volta.

Giocano praticamente in casa i White Skull (e si vede dal responso del pubblico), aficionados ormai della manifestazione. Probabilmente il fatto di suonare dopo i Vader va inteso anche come un premio alla loro coerenza da moltissimi anni a questa parte. Il concerto però, risente ahimè di suoni decisamente scadenti e impastati, non permettendo di gustarsi appieno i 45 minuti a disposizione dei vicentini, che in quest'ultimo periodo si sono valsi della collaborazione di Stefano Balocco (Anthenora) al basso. Un concerto ad ampio respiro, che attinge da un po' tutto il repertorio del gruppo, incluse ovviamente alcune canzoni dell'ultimo "The XIII Skull". Tuttavia per quanto mi riguarda, non riesco ancora ad apprezzare totalmente la voce di Gus Gabarrò, senza dubbio a suo agio nelle canzoni di "The Dark Age" e "The XIII Skull", ma che fa ancora rimpiangere le ruvide vocals di Federica quando si tratta di canzoni come "Tales from the North" o "Asgard". Altro aspetto che desta in me una voglia di passato è l'assenza fondamentale della chitarra "grassa" e hard rock di Nick; il suono della sua Gibson era il vero cardine dei White Skull, e nemmeno la bravura dell'ottimo Danilo Bar riesce a sopperire a tale mancanza. Tutto sommato un discreto concerto, nei loro standard degli ultimi tempi, penalizzato indubbiamente da suoni davvero inadatti alla situazione.

Non appena finito il concerto degli Skull, la gente si assiepa sotto al palco, in attesa dal personaggio che risponde al nome di UDO! L'attesa non è troppo lunga, e dopo il cambio di palco tutto è pronto per il concerto che chiuderà la due giorni metal veronese. La scenografia è giustamente scarna, con due pannelli a ricordarci dell'uscita del nuovo album, "Thunderball". Ed è proprio sulle note della titletrack di quest'ultimo lavoro che fa la sua comparsa la band, che si mostra subito in gran forma, nonostante un bilanciamento della voce non buono nelle prime fasi, ma prontamente sistemato dopo due pezzi. Mr. Dirkschneider calca il palco in veste marziale, con tuta militare e occhiali da sole, un po' appesantito e statico per tutta l'ora e un quarto di concerto, ma vocalmente in forma smagliante! La risposta del pubblico è finalmente adeguata alla grandezza (ovviamente metaforica!!) del personaggio, anche se di certo ci si aspettava qualcosa di più in quanto a presenze. A sorpresa la band stupisce con l'inserimento nel set di un numero maggiore di canzoni dell'era Accept di quante non siano quelle pescate dagli album solisti di Udo, con un trittico strepitoso prelevato nientemeno che da "Metal Heart", con la title-track (accompagnata dai cori di tutti quanti), "Livin for tonight" e la stupenda "Up to the limit", senza dimenticare capolavori acceptiani del calibro di "Fast as a Shark" (posta in chiusura come di consueto), "Balls to the Wall" (una vera e propria dichiarazione d'intenti fatta di heavy metal quadrato e immarcescibile) e "Princess of the dawn". A confronto di queste gemme le canzoni degli U.D.O. rischiano di passare in secondo piano, ma il pubblico non ci casca, ed apprezza con la giusta attitudine pezzi come "Pull the trigger" e l'immancabile "Animal House". La band è grandiosa (bravissimo Igor Gianola, ex chitarrista dei rocker svizzeri Gotthard) e unita verso un unico obiettivo: presentare un concerto heavy metal allo stato più puro ed essenziale. Il concerto finisce forse troppo in fretta, proprio in concomitanza con l'arrivo di una leggera perturbazione, quando forse era lecito aspettarsi qualche brano in più. Strano anche il comportamento di Udo stesso, arrivato nell'area del concerto qualche minuto prima dell'esibizione, rimasto nel backstage per un po' a concerto finito, firmando qualche autografo (ottenuto grazie a un supplizio degli organizzatori!) a due coraggiosissimi fan che lo aspettavano sotto la pioggia, e dileguatosi in fretta e furia con un pulmino subito dopo aver finito di espletare questo "gravoso" compito! Davvero un peccato non avere avuto di lui quell'immagine di acceso sostenitore di quel sentimento di unione tra pubblico e band che ci si aspettava da un veterano come lui.

Poco male, ci si consola aggredendo per l'ultima volta lo stand dei grappini in compagnia di qualche amico di Genova e Milano, prima di una festa improvvisata a base di patatine e carne ai ferri per i pochissimi rimasti fino a tarda ora. Anche da questo si evince la grandissima atmosfera di familiarità che si è respirata per due giorni (tre se si considera anche l'"italian 80s metal legions attack") passati in quel di Domegliara, aspettando trepidanti il bill dell'anno prossimo!




filippo
Mercoledì 16 Febbraio 2005, 22.18.45
3
Bravo, articolo giusto. Ero presente al fine settimana di valpolicella non ero in piena forma pero mi son divertito. Sono un amico di Igor Gianola mitico chitarrista alle nostre latitudini e non solo, esco con lui circa una volta alla settimana in vari locali del canton Ticino CH e vi posso garantire che é una persona semplicissima e simpaticissima da noi si puo dire le na mazza. Secondo mé lui merita di piu per le doti che ha. Vi saluto dal Canton ticino e a presto caiao Filippo
Irene
Giovedì 23 Settembre 2004, 22.08.08
2
Io c'ero il 25,mi sono piaciuti molto i Rain, i Vader, i White skull xchè cmq sanno come coinvolgere il pubblico, e il mitico Udo, e tutta la sua band: sono stati formidabili. Definire castrati tutti questi gruppi mi sembra esagerato.. STAY METAL!!!
Claudio
Domenica 19 Settembre 2004, 2.29.46
1
Eccovi uno degli sfigati che è andato in quel posto assurdo per vedersi i Vader e tutti i gruppi più potenti del primo giorno... e si è assorbito i castrati del secondo giorno per vedersi i mitici polacchi. Bella recensione per i Vader, veramente formidabili, una macchina da guerra!!!! Bravi però anche i Macbeth, gruppo con alto impatto (l'unica cosa che stonava era il chitarrista con la gonna) cantante brava e bella, suoni ok. Meritevoli pure i Nicta sul palco piccolo anche se i suoni non erano buonissimi. Stendiamo un velo pietoso su tutti i gruppi power vedi White Skull... sono in per
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ARTICOLI
17/09/2004
Live Report
VALPOLICELLA METAL FEST 2004
Verona, 22-24-25/07/2004
 
 
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