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DRAKKAR - Il potere dei fulmini italiani
28/02/2012 (2098 letture)
Il loro ritorrno sulle scene, classicamente intitolato When Lightning Strikes, ci ha colpito ed abbiamo deciso che volevamo saperne di più: stiamo parlando dei Drakkar, rappresentati dal chitarrista Dario, che ci parla in maniera molto approfondita dell'ultimo full-length...

PcKid: Ciao ragazzi, cominciamo col dire che si tratta della mia primissima intervista, quella che per definizione “non si scorda mai”: giusto per farvi sentire a vostro agio ed allo stesso tempo salvarmi la faccia apprezzerei molto se poteste dare risposte lunghe, esaurienti ed incredibilmente ponderate alle domande che vorrei rivolgervi!
Dario: Sarà un piacere! Visto l'impegno che hai messo nella recensione, non si può proprio negartelo!

PcKid: Avendo già recensito il vostro album posso candidamente sbilanciarmi ed affermare che ho trovato When Lightning Strikes un lavoro interessante, coraggioso e profondo: come ci si sente e con quali auspici si torna sulle scene a dieci anni di distanza dall'ottimo Razorblade God?
Dario: Al momento, tra di noi c'è grande entusiasmo. Il disco sta andando molto bene, direi anche al di là delle nostre aspettative, e questo ci dà grande carica. E' stato un lavoro lungo, faticoso e complesso da realizzare, per tanti motivi, quindi il fatto che sia apprezzato ci rende veramente orgogliosi e soddisfatti. Crediamo molto in questo album, del resto non avrebbe avuto senso tornare dopo dieci anni se non con un disco di cui fossimo realmente convinti, al 100%, e siamo felici che la grande maggioranza dei pareri raccolti finora siano molto positivi.

PcKid: Trovate che il genere musicale al quale fate riferimento si sia evoluto, o piuttosto involuto, nel corso di questo tempo?
Dario: Beh, sicuramente gli anni 2000 sono stati più avari di grandi dischi rispetto ai novanta, che ci hanno dato autentiche pietre miliari come Imaginations from the Other Side, Black in Mind, Land of the Free e via dicendo. Detto questo, ci sono band che hanno continuato a produrre ottimi album, sia tra quelle più famose (ho molto apprezzato, ad esempio, le ultime due fatiche degli Helloween), sia tra quelle underground (come i Falconer, per me il più interessante tra i gruppi power emersi nell'ultima decade). Il power metal è un genere semplice solo in apparenza; in realtà, è molto difficile trovare il giusto bilanciamento tra potenza e melodia, scrivere linee orecchiabili ma non scontate, dare un tocco personale senza perdere la magia. Io credo sia soprattutto questione di essere ispirati, di saper creare qualcosa che tenga fede al power metal inteso come musica che sa dare energia positiva. In questo periodo sto sentendo tanti nuovi album davvero belli, come non ne sentivo da tempo... Iron Savior, Riot (R.I.P. per il povero Mark Reale, ci mancherà tantissimo) e Iced Earth hanno tirato fuori dei dischi di un livello altissimo che sinceramente non mi aspettavo. Mi viene da pensare che, forse, più ci addentriamo nella crisi, economica e di valori, che tocca più o meno tutto il mondo occidentale, più cresce lo stimolo a produrre un tipo di musica capace di sollevare gli animi, di gridare al mondo che un futuro migliore è possibile, che è ancora possibile essere ottimisti e pieni di voglia di vivere. Un'energia costruttiva, non solo distruttiva.

PcKid: I Rush in Roll the Bones cantano che “We draw our own designs, but fortune has to make that frame”: in questi dieci anni vi siete mai trovati a pensare che la storia dei Drakkar sarebbe stata diversa “se solo...”?
Dario: Mah, qualche volta ovviamente capita, ti rendi conto di certi errori che hai fatto in passato e ti viene da pensare che forse avresti potuto gestire meglio certe situazioni... o che avresti dovuto affidarti a qualcuno di più esperto, forse... ma sono pensieri di un attimo: se c'è una cosa che nessuno di noi trova utile è piangere sul latte versato. Il passato è passato, quel che conta è il presente e il futuro.

PcKid: When Lightning Strikes arriva dopo un periodo non facile per la band, durante il quale avete dovuto più volte riorganizzarvi e ricompattarvi: come avete trovato gli stimoli giusti per guardare avanti e mantenere viva la fiamma? Quali consigli vi sentireste di dare alle band che si trovano ad affrontare questo tipo di problemi?
Dario: Guarda, sostanzialmente tutto è ruotato attorno all'amicizia. Quando Christian Fiorani, il nostro batterista storico e membro fondatore del gruppo, decise di cambiare vita trasferendosi a Città del Messico e quindi per forza di cose abbandonando la band, subimmo un colpo micidiale. Proprio per l'amicizia e il legame che avevamo con lui, per un bel po' ci trascinammo senza combinare granché. Provammo un po' di batteristi, anche bravi, ma ci mancava qualcosa, per noi era come se dietro le pelli ci fosse sempre un vuoto. Eravamo a un punto morto, in tutti i sensi, ci mancava proprio la forza, lo spirito per combattere. A questo devi sommare il fatto che eravamo tutti in una fase di transizione nelle nostre vite, chi si è laureato, chi ha fatto il servizio civile, chi ha iniziato a lavorare... eppure, nonostante tutto, il fuoco covava sempre sotto la cenere. Il primo segno di rinascita l'abbiamo avuto grazie all'ingresso di Giulio Capone dei Bejelit nella band. Con lui abbiamo fatto qualche bel concerto e registrato l'EP Classified, nel 2007. Purtroppo, nel 2009 i suoi impegni gli hanno impedito di continuare con noi. Quello è stato il momento peggiore: avevamo un disco praticamente pronto, volevamo fortemente la rinascita del gruppo e ci trovavamo di nuovo senza batterista. Ma così come l'amicizia per Chris aveva scatenato la prima “crisi”, quella tra me, Davide, Corrado e Simone ci ha tenuti insieme durante la seconda. Ci siamo parlati e abbiamo capito che non aveva senso arrendersi, perché tanto stavamo facendo qualcosa che ci piaceva fare e lo stavamo facendo, in pratica, solo per noi stessi, per il piacere di fare musica insieme. Toccato il fondo, abbiamo trovato nuovo slancio per risalire. Non so se posso dare consigli, perché ogni band ha le proprie dinamiche interne e solo chi c'è dentro sa come stanno davvero le cose. Però ti posso dire che, per noi, proprio l'amicizia è stato il fattore principale che ci ha permesso di rimettere in moto la macchina.

PcKid: Ho recensito positivamente When Lightning Strikes perché l'ho trovato un disco di spessore, arrangiato con cura e ricco di sfumature, dal neoclassico al prog italiano di quarant'anni fa: non trovate che l'etichetta di epic power metal, con relativa iconografia vichinga, cominci a starvi un po' stretta?
Dario: Guarda, io se devo essere sincero le etichette e le distinzioni tra sotto-sotto-sottogeneri le abolirei. Fosse per me, tornerei alla situazione degli anni 80, dove tutta la musica dura veniva chiamata “heavy metal” senza ulteriori seghe mentali. Detto questo, mi rendo anche conto che le categorizzazioni siano un male necessario, uno strumento commerciale che serve per raggiungere il pubblico che si pensa possa essere più interessato alla proposta del gruppo. Sicuramente la nostra musica non è fatta di soli elementi categorizzabili come power o epic metal, ingloba molte altre influenze e mi fa piacere che tu le abbia notate, visto che come sempre c'è anche chi invece si ferma alla superficie e non va oltre l'equazione ritornello orecchiabile = power metal. Però oltre un certo limite non si può andare, se cominci ad aggiungere etichette non la finisci più, quindi tanto vale restringere il campo a quelle che senti più tue, nel nostro caso epic power. Riguardo all'iconografia, ti rimando alla risposta alla domanda relativa alla copertina.

PcKid: When Lightning Strikes è un album che richiede attenzione per essere compreso ed apprezzato: pensate che realizzare un concept album, in tempi di ascolti fugaci, richieda un coraggio particolare da parte delle etichette discografiche e costituisca una sfida ulteriore?
Dario: Concordo sul fatto che When Lightining Strikes sia un disco che va assimilato con calma e attenzione. Tanto i testi, quanto la storia in prosa contenuta nel booklet, sono fondamentali e sono parte integrante dell'esperienza. Quello che volevamo era creare un vero e proprio “viaggio” di un'ora, immergere l'ascoltatore in una vicenda che attraversa le epoche, con un sound molto cinematografico. Gli interludi, le intro, i vari tocchi quasi etnici che affiorano qua e là hanno proprio questo scopo. Il tuo paragone con il prog italiano degli anni 70 è azzeccato, aggiungerei anche cose come la suite 2112 dei Rush, non tanto come sonorità, ovviamente, ma come approccio all'idea di concept. Ovviamente, c'è anche chi non ha apprezzato questa scelta, perché magari preferisce dischi più immediati, ma io personalmente amo questo lavoro e credo che sia uno di quegli album che si possono riascoltare con piacere anche dopo tanto tempo, trovandoci sempre qualcosa di nuovo. Caratteristica che spesso manca ai dischi fatti per essere assimilati subito.

PcKid: Secondo voi con questo disco siamo di fronte ad un'evoluzione stilistica? Quali sono gli aspetti principali che contraddistinguono l'album come una produzione moderna?
Dario: Sicuramente sì, un'evoluzione c'è stata. Io la vedo così: se Gemini era la tesi e Razorblade God l'antitesi, When Lightning Strikes è la sintesi. Razor è stato un disco importante per noi, al di là di tutto, un album in cui abbiamo sperimentato soluzioni nuove, allontanandoci dal nostro sound “originale” forse in misura maggiore di quanto noi stessi non realizzassimo, all'epoca. Con WLS, abbiamo cercato di recuperare un po' l'attitudine più epica dei primi due lavori, senza però rinunciare agli elementi più interessanti introdotti da Razorblade. Quello che ne è venuto fuori è probabilmente la quadratura del cerchio del nostro sound, che integra come dicevamo influenze diverse pur restando fortemente legato all'heavy classico. Riguardo al cosa possa identificare l'album come produzione moderna, non saprei proprio cosa risponderti. Quello che posso dirti è che, pur avendo caratteristiche affini alla musica degli anni 70 e 80, non si tratta di un'operazione di puro revival come quelle che ultimamente sembrano andare di moda.

PcKid: Ci sono tre aggettivi che secondo voi descrivono efficacemente When Lightning Strikes? Ed ancora, ci svelate tre cose che questo disco proprio NON è?
Dario: Non ci ho mai pensato in termini di aggettivi... ma proviamoci: direi che è epico, vario e longevo. Quello che non è: non è finto (nel senso che è un'opera del tutto sincera, fatta col cuore), non è superficiale (testi, arrangiamenti, tutto è stato ben ponderato, poi son scelte che possono anche non piacere ma non sono casuali) e spero non sia banale.

PcKid: A chi non consigliereste di dedicare un'ora del proprio tempo all'ascolto di questo lavoro?
Dario: A chi non ha voglia di lasciarsi coinvolgere, a chi la musica la usa solo come sottofondo, a chi ha una mentalità troppo rigida e pensa che tutti i dischi di un certo tipo debbano essere uguali e conformarsi a una singola visione.

PcKid: Il disco mi è sembrato molto equilibrato nelle parti strumentali, tutte funzionali allo svolgimento delle singole tracce, con il solo Corrado (tastiere) alla ricerca di qualche pindarico guizzo: questo equilibrio, che a mio parere è indice di affiatamento, ha comportato particolari rinunce da parte dei singoli o compromessi all'interno del gruppo?
Dario: No, direi nessuna rinuncia e nessun compromesso particolare. Siamo tutti cresciuti e maturati in questi 10 anni, e se c'è una cosa che abbiamo imparato è mettere del tutto da parte l'ego e lavorare solo in funzione della canzone. Davvero non mi viene in mente nessun caso in cui non ci siamo trovati pienamente d'accordo su come strutturare i pezzi e/o su cosa metterci, senza neanche bisogno di discuterne troppo. Sicuramente, come dici, l'affiatamento del gruppo è ai massimi livelli ed è quello che ci ha permesso di rimetterci in pista.

PcKid: Davide Dell'Orto ha un cantato anomalo per il power italiano, che lo porta a privilegiare note più basse rispetto agli scontatissimi acuti che, personalmente, apprezzo assai meno: ritenete che questo stile sia più funzionale alle atmosfere, talvolta oscure, che volete tratteggiare?
Dario: Assolutamente sì. Anche questa è un'evoluzione che è venuta col tempo, perché ai tempi di Razorblade God Dave usava molti più passaggi acuti... poi, pian piano, ha cominciato a sperimentare con tonalità più basse, a cercare il modo di rendere la sua voce più espressiva. Allo stesso tempo, io stavo iniziando a valutare l'idea di accordarmi in Re invece che in Mi bemolle come su Razorblade, per ottenere un sound di chitarra più corposo e potente, quindi in un certo senso è stata un'evoluzione a cui siamo arrivati insieme e che a mio parere ci ha giovato molto. Poi sai, con gli anni i gusti cambiano. All'epoca dei primi album dei Drakkar io avevo poco più di 20 anni e sentivo il bisogno di un certo tipo di voce per i miei brani... oggi come oggi, i miei cantanti power preferiti sono personaggi come Peavy Wagner e Mathias Blad, che tutto sono tranne che degli screamer e non riesco più a immaginarmi i Drakkar con un vocalist alla Kai Hansen. Del resto, il mio mito è sempre stato Ronnie James Dio, che certo non difettava di estensione ma non era neanche un amante del falsetto... E Dave è sempre stato un estimatore di James Hetfield e Phil Anselmo... Probabilmente dovevamo solo staccarci, a livello di maturità personale e artistica, dall'idea che il power metal necessitasse per forza di una voce acutissima. Riguardo alle atmosfere, pur avendo melodie orecchiabili cerchiamo sempre di non cadere nello zuccheroso... Non siamo mai stati un gruppo happy metal. E anche in questo credo che la voce di Dave sia utile, nel mantenere una certa drammaticità di fondo nel nostro sound.

PcKid: Dell'album ho apprezzato un certo carattere verace: produzione pulita ma non particolarmente raffinata o pomposa. E' un effetto voluto, o piuttosto una sorta di prudente passo indietro rispetto al più affilato Razorblade God? Ritenete che questa sia una dimensione produttiva che vi appartiene di più?
Dario: Non so, personalmente trovo quest'album prodotto molto, molto meglio di Razorblade God, non che Razor fosse male, per carità, ma erano altri tempi, altre tecnologie e soprattutto un altro fonico, che a differenza di Mattia dell'Elnor Studio non aveva una grande esperienza in campo metal. A livello di sound, credo che When Lightning Strikes sia sicuramente più pulito e soprattutto le voci le trovo di gran lunga meglio registrate. In ogni caso, anche questa volta non abbiamo rinunciato ad avere un suono abbastanza “vero”. Non è un disco “overproduced”, e questa sì è una scelta, se è quello che intendevi. Non abbiamo mai amato i lavori troppo freddi e artefatti.

PcKid: Potete raccontarci qualcosa sulla parte compositiva? come nascono gli episodi più articolati e complessi?
Dario: Il nostro metodo di lavoro, ormai, è consolidato. Io generalmente scrivo i vari riff, le strofe, eventuali bridge e il ritornello e propongo questo primo scheletro del brano agli altri, così da avere un primo feedback. A questo punto entra in gioco Corrado, che si occupa di impostare le parti strumentali, come le basi per i vari assoli, progressioni armoniche di raccordo tra le parti, cose così. Quando il brano è completo a livello di struttura, si ritorna a lavorarci su tutti assieme; io e Dave definiamo nei dettagli le linee vocali e ognuno arrangia le proprie parti. E' sempre un lavoro di squadra. Gli episodi più complessi generalmente nascono sempre nello stesso modo, magari richiedono un po' più di lavoro per essere strutturati al meglio, ma cerchiamo sempre di non forzare la complessità, se viene spontanea, bene, altrimenti pace. Non sempre l'arrangiamento migliore è quello più intricato, anzi.

PcKid: Le canzoni proposte sono state composte in un arco temporale ristretto, o nel corso di questi dieci anni? I membri della band condividono gli stessi gusti musicali, oppure il disco è il risultato di spinte stilistiche (ben) contrapposte?
Dario: Ci sono tre pezzi che risalgono a diversi anni fa, e sono New Frontier, Salvation e At the Flaming Shores of Heaven. Quest'ultima era un pezzo del mio side-project di epic tradizionale, i Crimson Dawn: era stata anche inserita in un demo di tre brani che realizzammo nel 2006. In seguito, con i Crimson abbiamo cambiato genere, spostandoci su un epic doom molto pesante e oscuro, e quel brano era un pesce fuor d'acqua, ma mi piaceva troppo per scartarlo, quindi l'ho recuperato per i Drakkar. Tutto il resto è stato composto tra il 2007 al 2009. Riguardo ai nostri gusti musicali, sono in effetti molto variegati. Ognuno di noi ha le proprie influenze e i propri ascolti preferiti che inevitabilmente, e fortunatamente direi, portano qualcosa al sound complessivo del gruppo. Ovviamente ci sono gruppi e/o artisti che fanno parte del background di tutti, ma ce ne sono probabilmente ancora di più che ci siamo aiutati a vicenda a conoscere.

PcKid: In un momento nel quale si etichetta come “sinfonico” qualsiasi disco che contenga due inserti di tastiera qualsiasi, ho trovato particolarmente sobria la scelta di non enfatizzare troppo questo aspetto nel materiale destinato alla stampa, né all'interno delle interviste rilasciate: si tratta di un aspetto che non considerate prevalente, o che pensate non caratterizzi con particolare incisività il vostro suono?
Dario: L'elemento sinfonico è solo uno degli elementi che compongono il nostro sound. Come ti dicevo prima, quando ci sono molti elementi che confluiscono nella tua musica, sarebbe inutile e controproducente esagerare con le etichette. Non penso sarebbe credibile se ci presentassimo come gruppo epic-power-classic-hard-pomp-70s prog-symphonic-metal... Personalmente, quando penso al metal sinfonico, penso a gruppi che mettono l'elemento orchestrale al centro della propria proposta, e non è il nostro caso. C'è sicuramente qualche passaggio dominato dall'orchestra, ma per noi è una cosa episodica, non una costante.

PcKid: La trama del concept, a cura del chitarrista Dario, trae spunto dai classici della fantascienza? Ci sono fonti alle quali Dario ha attinto o si tratta di una sua visione originale?
Dario: Come sai, il concept si suddivide in vari episodi e il fatto che il protagonista si reincarni di volta in volta in un personaggio differente mi ha dato la possibilità di inglobare in un'unica storia tante fonti e idee differenti. Si va da uno dei miei fumetti preferiti, V for Vendetta (citato in Revenge Is Done), a un classico della fantascienza cinematografica come The Day the Earth Stood Still (la versione originale, ovviamente, non il remake), che ha ispirato l'idea del giudizio alieno sull'umanità. Lo scopo era quello di creare una storia che rimandasse in primis alla fantascienza pulp americana degli anni 50 e 60 e in questo senso vanno inquadrate, ad esempio, le parti parlate quasi da cinegiornale di Armageddon Machine e il testo molto trekkie di New Frontier. Al tempo stesso, sempre appunto grazie alla struttura a episodi e al viaggio del protagonista tra le epoche, ho potuto fare riferimento anche a episodi storici realmente accaduti, come la battaglia di Borodino (Winter Soldiers) o l'assedio al castello di Fushimi (Salvation). E' stato un lavoro lungo e che ha richiesto anche molte ricerche, ma proprio per questo più soddisfacente e divertente. Dal punto di vista lirico e della storia, non temo di dire che sono molto orgoglioso di quest'album.

PcKid: Ho scritto che la pur bella “copertina col vichingo” può limitare l'appetibilità del disco, perché ne mortifica -con un'immagine stereotipata- la ricchezza del contenuto: non sarà che, come vi ho scherzosamente rimproverato, siete voi stessi “a disagio” con la vostra ambizione?
Dario: Mah, guarda, sarò sincero: l'idea di sfruttare l'episodio narrato in We Ride per la copertina, affidandoci quindi alla rappresentazione di un vichingo e di un Drakkar (sia pure con il “twist” di un riflesso... particolare nell'acqua!), nasce soprattutto come omaggio e richiamo per i fan di vecchia data. Tornare in pista con un nuovo full-length dopo dieci anni non è semplice, eravamo ormai spariti dai radar e ne eravamo consapevoli. Per questo, volevamo una cover che fosse immediatamente riconoscibile: ecco perché la scelta di un'immagine classica e che anche come schema di colori ricordasse i primi due album, che di fatto sono quelli che sono rimasti, più di Razorblade, nel cuore e nella memoria della gente. Un modo per dire: “Ehi, siamo qui, ci siamo ancora. Siamo tornati”. Tutto qui.

PcKid: Parlando più generalmente del power italiano, ritenete di poter indicare una direzione nella quale ci si possa muovere per mantenere viva la scena internazionale, e quella tricolore in particolare?
Dario: No, guarda, abbiamo già abbastanza problemi per restare a galla noi, figurati se mi metto a dispensare consigli o ricette! Scherzi a parte, io credo che ci siano tanti gruppi validissimi in Italia. C'è la vecchia guardia che ha ancora tanta voglia e passione e ci sono tanti ragazzi giovani davvero in gambissima... se confronto la nostra scena con quelle di altri paesi non vedo grandi differenze di qualità, solo di mezzi. Per questo credo che il futuro sia dalla nostra parte, dalla parte di chi riuscirà a tirare avanti nonostante le enormi difficoltà che incontra chi fa metal nel nostro Paese. Per dire, la Germania è la patria del power europeo, eppure, nonostante tutte le opportunità in più di cui godono i loro gruppi rispetto ai nostri, quante nuove band di valore ha prodotto negli ultimi dieci anni? E intendo nuove davvero, non gruppi paralleli creati da gente che è sulla scena da più di venti anni... Secondo me, se facessimo un confronto con i gruppi italiani, potremmo anche scoprire che le nostre nuove leve hanno molte più idee e più fame... ma è solo il mio parere, ovviamente.

PcKid: Avete in programma di fare un tour per supportare l'uscita del disco? Incontrerete particolari problematiche nel rendere un concept simile in sede live?
Dario: Problematiche non penso, abbiamo già fatto un paio di show e a parte l'uso di qualche intro registrata non ci sono grosse difficoltà nel riproporre dal vivo i brani di When Lightning Strikes. Certo, ad avere i mezzi sarebbe bello poterlo mettere in scena per intero, con scenografie adeguate, ma per una band underground come la nostra è pura utopia. Riguardo alle date, cercheremo come sempre di farne quante più possibile, fermo restando che non riteniamo sia giusto prostituirsi di fronte alle pretese di certi organizzatori che pretendono di trattarti come carne da macello. Preferiamo fare qualche concerto in meno ma con la certezza di poter offrire un buono spettacolo a chi viene a vederci.

PcKid: Infine, ci rivelate un segreto sui Drakkar che renda questa intervista una delle più interessanti e memorabili che i lettori di Metallized abbiano mai letto?
Dario: Ahahah... temo che di segreti non ce ne siano, però posso far notare una cosa strana: i Virgin Steele sono tra le mie più grandi influenze a livello musicale... eppure nessun sembra mai accorgersene, leggo paragoni di ogni tipo e nessuno tira mai fuori la band di Defeis. Insomma, niente di memorabile temo, però ci tenevo a togliermi 'sto sassolino dalla scarpa!

PcKid: Vi ringrazio per la vostra disponibilità e vi auguro che When Lightning Strikes riceva tutto il supporto che merita: in bocca al lupo e bentornati Drakkar!
Dario: Grazie a te dell'intervista e della splendida recensione, abbiamo apprezzato davvero molto l'impegno che ci hai messo nello sviscerare l'album sotto ogni aspetto. Non è da tutti affrontare una recensione in modo così serio e completo, soprattutto per un disco di una band underground come la nostra. Grazie di cuore!



Radamanthis
Mercoledì 29 Febbraio 2012, 10.57.54
3
Dei Dreakkar ho un solo disco, l'ottimo (a mio avviso) GEMINI in cui collaborò Roland Grapow e ogni tanto lo ascolto molto velentieri. Spero che la band, crescendo, sia ulteriormente migliorata. Certamente darò un ascolto al nuovo album valutandone l'acquisto...sostegno al metal tricolore! Bell'intervista Marco, complimenti!
Radamanthis
Mercoledì 29 Febbraio 2012, 10.56.23
2
Dei Dreakkar ho un solo disco, l'ottimo (a mio avviso) GEMINI
Lizard
Mercoledì 29 Febbraio 2012, 8.12.14
1
Bella intervista, davvero. L'introduzione da sola fa meritare la lettura del resto. Ricordo quando uscirono, in piena esplosione power, tra gente che li esaltava e chi li sdegnava senza appello. Alla fine, si rivelano molto partecipi ed umili. Condividi appieno al discorso che ormai si applicano categorie come symphonic a qualunque gruppo metta giù due archi sintetizzati in fase di arrangiamento.
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Frammento dell'artwork di 'When Lightning Strikes'
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Il potere dei fulmini italiani
 
 
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