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CORREVA L’ANNO - # 6 - 1975
10/09/2012 (6739 letture)
Nel 1975 la musica dura è ancora fortemente orientata ai classici cardini hard rock e non é ancora possibile parlare di heavy metal in senso letterale: anzi, paradossalmente tra il 1970 ed il 1971 si erano uditi con maggior frequenza i primi vagiti del genere, ad opera delle prime tre releases targate Black Sabbath. Era ancora una scintilla in procinto di far esplodere un'autentica bomba, dunque non del tutto avvertibile dai contemporanei: i calibri pesanti erano così rappresentati dai giganti del rock, che in quella stagione rilasciarono ulteriori lasciti di vitamina. L'annata parte col botto, con il dissacrante esordio solista di Alice Cooper: il quale, separatosi dalla band che per tanto tempo lo aveva accompagnato, sforna un concept sulla violenza psicopatica, Welcome To My Nightmare, contribuendo a delineare l'essenza della rock-opera sul mercato; in questo processo di definizione di un nuovo modo di intendere e collegare musica, liriche e teatralità fu determinante anche l'opera dei Queen: gli inglesi, sempre capeggiati dalla voce carismatica di Freddie Mercury e dal guitarism ammaliante di Brian May, sfornano il loro quarto full length, A Night at the Opera. Discostandosi in parte dal rock complesso, epico e potente dei primi tre dischi e spingendosi verso una rock-opera ancor più raffinata e variegata, la Regina si concede ampie sperimentazioni, passando dal simil-country di 39 al visionario intrigo progressivo della celebrata Bohemian Rhapsody, senza scordarsi le consuete zampate rock come Death on two Legs e sfumando anche in pezzi atipici -contraddistinti dall'utilizzo di trombe, pianoforte, atmosfere da anni trenta e testi poetici- o più leggeri nell'armonia (You're My best Friend). Con questo prodotto, la band inglese aprì una nuova parentesi nella propria carriera, raffinando il proprio suono e dando l'idea di possedere una capacità pressoché illimitata di sorprendere, addentrandosi in territori ostici ed operistici pur mantenendo le proprie radici hard. Capolavori imprescindibili anche per gli inarrestabili Led Zeppelin, che diedero alle stampe il mastodontico doppio album Physical Graffiti, per i Pink Floyd -alle prese con l'ennesimo viaggio progressive verso l'infinito, Wish You Were Here- e per i Kiss, che oltre al buon Dressed to Kill pubblicarono il fondamentale Alive, istantanea on the road che catturava tutta l'irruenza e la passione destata dal quartetto mascherato. Fu il primo di una fortunata serie di album live pubblicati col medesimo titolo dai quattro travestiti, nonché il più celebrato, non a caso ritenuto uno dei migliori di sempre nel suo genere. Fanno il botto gli Aerosmith, che delineano uno stile ruvido e finalmente personale con Toys in the Attic, capitolo importante perché permetteva alla band di Steven Tyler di discostarsi dalle influenze zeppeliniane tanto evidenti nei primi due discreti full length; e mentre i Deep Purple -forti del nuovo chitarrista Tommy Bolin- rilasciarono il pur buono Come Taste The Band, il fuggiasco Ritchie Blackmore si mise in proprio, fondando i Rainbow e virando su atmosfere fiabesche, tra dragoni sputafuoco e castelli fatati: l'album d'esordio, intitolato proprio Ritchie Blackmore’s Rainbow é un piccolo gioiello di verace heavy-rock, impreziosito dalla voce teatrale di un piccolo cantante di origine italiana, Ronnie James Dio, destinato a scrivere pagine immortali nella storia del metal grazie alla sua ugola possente ed epica. Sin dall'artwork di copertina, che raffigurava un castello incantato simile a quello della Walt Disney, si intuiva il desiderio del guitar hero di discostarsi dai classici stereotipi rock e metal, abbandonando le atmosfere cupe suburbane ed i racconti di sesso e motori, per spostare le coordinate ambientali su sfumature prettamente fantasy, surreali ed intrise di magia e positività. A suo modo, un precursore di quello che chiamiamo oggi epic, tanto per i testi che per il flavour.

Il soldalizio tra Blackmore e Dio fu subito avvincente, un hard rock puro e privo delle divagazioni musicali che stavano modificando il Deep Purple-sound: la chitarra del primo duettava con la voce del secondo, creando un amalgama vincente. Dio, in particolare, entrerà presto in maniera prorompente nella grande epopea metallica: l'ex voce degli Elf introdurrà il tipico gesto delle corna alte -forse reminescenza della nonna italiana, che le utilizzava per scacciare il malocchio- ed inaugurerà anche in ambito metal il periodo d'oro dei grandi vocalist, non più semplici e sguaiati cantori alla Ozzy Osbourne. Spesso tacciato di egocentrismo, Dio era in realtà una persona mite e dal cuore buono, un individuo gentile che concentrava un grande carisma nel suo fisico minuto; all'inizio del suo rapporto con i Rainbow provava un grandissimo rispetto nei confronti di Blackmore, tanto da 'parlare solo se interpellato', ma ben presto le cose sarebbero migliorate: 'In realtà lui mi mise subito a mio agio fin dal nostro primo incontro, non mi sono mai sentito intimidito da lui. Ma questo fu merito esclusivamente suo. Era un classico dell'atteggiamento di Ritchie, offrirti opportunità all'improvviso. Dovevi dare il massimo di te stesso e produrre risultati senza esitazione, altrimenti eri fuori. Ma credo di aver fatto il mio dovere'. Il singer racconterà, in seguito, che con Blackmore era impossibile avere contrasti, 'lui era il leader della band, decideva quasi tutto, tranne le mie linee vocali. Lo stile era simile agli Elf, la mia precedente band, in fondo era come continuare un percorso, mentre lui aveva preso una strada nuova. Quindi c'era una sintonia, direi quasi naturale'. In ambito rock si sfiorava la pazzia con il secondo studio-album degli australiani AC/DC: TNT é, come il titolo annuncia, pura dinamite r'n'r, una frenetica ed oleosa esibizione di forza sudicia e alcoolica veemenza; ancora acerbi nel debut High Voltage (che però sarà rilasciato a livello internazionale soltanto nell'annata seguente), i cinque rockers capitanati dallo strafottente Angus Young iniziano a far sentire la propria voce, spaccando i timpani con uno stile semplicissimo e ripetitivo, ma dotato di un'energia dirompente, ancorata ai riff diretti e schiettissimi del pazzo chitarrista travestito da scolaretto e ai vocalizzi acidi di Bon Scott. Per trovare tracce di heavy metal puro, tuttavia, é ancora ai decani Black Sabbath che ci si deve affidare. La band di Tony Iommi, dopo un anno di riposo, torna sulle scene con l'ottimo Sabotage, che pur manteneva dominanti elementi hard rock -accorpati nelle precedenti due releases rispetto al granitico e cupo heavy doom delle origini- anche se suonava più cupo degli immediati predecessori. Ancora una volta, i pionieri inglesi rimescolavano le carte in tavola, dunque, anche se l'attitudine stilistica resta articolata a trame progressive, affinate da ricami di tastiera e dai sempre trascinanti refrain vocali di Ozzy; fu l'ultimo capolavoro con il cantante originario, ennesima prova di robustezza offerta dalla sezione ritmica Buter-Ward ed ulteriore medaglia al merito di Tony Iommi, tanto pignolo in fase di scrittura e produzione quanto vertiginoso nel suo chitarrismo d'autore, ora roccioso e compatto ed ora morbido ed avvolgente: canzoni come Hole in the Sky, Megalomania o Symptom of the Universe restano tutt'oggi dei classici dell'intero panorama heavy-rock. Al di là dei dischi importanti che vennero rilasciati, il 1975 fu caratterizzato anche da alcuni avvenimenti salienti, soprattutto in chiave futura. A Londra il ventinovenne Malcolm McLaren aprì assieme alla moglie Vivienne Westwood un negozio di abbigliamento punk, una boutique denominata SEX e conosciuta anche come Let it Rock; era il tempio dell'anti-moda, una roccaforte per ribelli costruita all'interno del rinomato quartiere di Chelsea, e vendeva pantaloni di pelle, accessori fetish, borchie ed ogni altra chincaglieria successivamente entrata nel look consueto e tipico di punk, rockers e metallers: gli adolescenti controcorrente non esitavano a frequentarlo, coprendo la propria pelle con indumenti strappati, piercing e catene, creando immediatamente disturbo in seno alla società perbenista. Per pubblicizzare la sua boutique, McLaren diede una forte spinta alla creazione del gruppo dei Sex Pistols, costituito da ragazzi squinternati e disadattati, con tanta voglia di shockare e divertirsi, facendo crollare ogni regola. Furono gli albori del punk: i Sex Pistols diffonderanno la moda nata nel negozio di McLaren ed un genere musicale scarno ed adolescenziale, basato su dissonanze vocali e testi anarchici, costituito apposta per contrastare l'ampollosa magniloquenza del progressive rock tanto in voga al tempo. I ragazzi che iniziavano a stufarsi delle complesse opere rock troveranno nel punk la loro valvola di sfogo, costringendo all'angolo sia i generi maggiormente consolidati, come l'hardrock, che quelli nascenti, come appunto l'heavy metal.

Ma sarà solo un fenomeno temporaneo, come verrà dimostrato da un ragazzino londinese che preferì il basso al pallone: Steve Harris, infatti, sognava di debuttare nel West Ham United, la sua squadra del cuore, ma era anche un fanatico sostenitore del prog rock e decise che quella sarebbe stata la strada da seguire per costruirsi una vita affatto banale. Harris proprio in quei mesi mise in piedi il primo embrione della sua band definitiva, gli Iron Maiden, dopo aver militato in coverband e formazioni di poca fantasia che poco lo convincevano: il riccioluto capellone, invece, aveva parecchie idee ed era determinato a fare di testa sua. Negli stessi mesi nascevano anche i Motorhead, creati dal bassista Ian Fraser Kilmister in seguito alla sua cacciata dagli Hawkind: nel corso di una tournèe in Canada, il ragazzo -soprannominato Lemmy e attivo già dagli anni sessanta- venne trovato in possesso di anfetamine, rinchiuso in prigione per cinque giorni quindi allontanato dalla formazione. Il mondo del rock, che a dicembre piangeva la morte per overdose di Gary Thain (bassista degli Uriah Heep) avrebbe tratto enorme giovamento da questo avvenimento. Cresceva progressivamente anche il seguito mosso da una band inglese che aveva debuttato con un disco modesto, ma che avrebbe scritto pagine importanti di storia: i Judas Priest. Dopo parecchie esibizioni nei locali londinesi a cavallo tra 1974 e 1975, i ragazzi di Birmingham affrontarono il loro primo grande evento importante al festival di Reading, il 23 agosto 1975; il discografico David Howells, che li aveva seguiti per conto della Gull Records, affermò che quello show fu fondamentale per attirare l'attenzione di nuovi fans e della stampa di rilievo: "Fu la vera svolta, perché ottennero un'accoglienza calorosa da un pubblico inizialmente ostile; una cosa assolutamente inimmaginabile prima del loro ingresso sul palco, dato che il gruppo precedente era stato preso a bottigliate e cacciato via". Nella scaletta comparivano parecchie canzoni escluse dal debut Rocka Rolla, le quali sarebbero finite sull'album che era in cantiere per l'annata successiva: era pertanto possibile vedere i Priest, ancora lontani dal look tutto cuoio e catene, alle prese con brani quali Island of Domination, Dreamer Deceiver, Deceiver o l'appuntita The Ripper, ma anche con la stessa Rocka Rolla o con l'inedita e sconosciuta Mother Son, mai ultimata e tantomeno pubblicata. Già al tempo erano in primo piano le veloci schitarrate di Tipton e Downing, mentre Rob Halford, ancora dotato di folto crine dorato e camicia floreale, guidava la scena col suo carisma e la sua voce elevata. Tra novembre e dicembre la band inglese si rinchiuse ai Rockfield Studios, in Galles, ed in una quindicina di giorni ultimò il suo secondo album, che stupirà molta gente. Per intere generazioni.



Mike Putterford
Mercoledì 7 Novembre 2018, 21.43.21
22
Mentre albeggiava il 1975, molte dele principali band deqll' heavy rock mondiale erano in procinto di scrivere personali paragrafi negli annali della storia del genere, dirigendosi verso quella che è uno sguardo retrospettive appare come un'era classica. Per inquadrare l'anno in una sorta di prospettiva cronologica, va ricordato che nel '75 i Led Zeppelin hanno pubblicato P.G., nei Deep Purple Tommy Colin ha rimpiazzato R. Blackmore passato al progetto Rainbow, i Black Sabbath hanno pubblicato Sabotare, e i Queen hanno visto il loro Bohemian rhapsody al n. 1 chatta dei singoli in G.B. per nove settimane consecutive, In America, nel frattempo, Peter Frampton si era rifatto vivo con il suo doppio album Live, i Kiss erano sembratidefinitivamente vestiti per uccidere dato che anche loro avevano pubblicato un doppio album dal titolo Alive!, gli ZZ Top avevano ballato un folle Fandango, e ilBachman Turner Overdrive aveva iniziato l'anno proclamando nelle chats dei singoli sulle due sponde dell'Atlantico You ain't seen nothin' yet e gli Aerosmith con giocattoli in soffitta
Steelminded
Domenica 16 Febbraio 2014, 12.03.51
21
Arrivo tardissimo, pero effettivamente in trance una menzione (ma anche di piu) lo meritava... Comunque bel pezzo...
the Thrasher
Domenica 16 Settembre 2012, 0.44.41
20
Grazie Theo!
Theo
Sabato 15 Settembre 2012, 15.01.53
19
Grande articolo comunque Rino!
Theo
Sabato 15 Settembre 2012, 15.01.34
18
Minchia Haldford con i capelli!!!!
jek
Giovedì 13 Settembre 2012, 20.50.38
17
Che anno, esordiva nel panorama Hard'n'Heavy il mio unico DIO!!!
fabio II
Martedì 11 Settembre 2012, 13.23.59
16
Più vai a ritroso, più ti accorgi che ovviamente nulla nasce per caso: la musica, fortunatamente, possiede un andamento circolare, prima o poi ti ritrovi al punto di partenza. Un'altra perla del '75; i Mahogany Rush di Frank Marino con 'Strange Universe'
the Thrasher
Martedì 11 Settembre 2012, 13.00.28
15
certo, su questo siamo d'accordo, infatti ho provveduto a correggere !
Painkiller
Martedì 11 Settembre 2012, 12.32.06
14
Rino, allora non dovresti nemmeno citare i Queen....no? Anche se più duri, agli esordi, è innegabile che i Queen abbiano avuto meno influenza nel metal dei Pink Floyd.....altrimenti molte delle composizioni dei the Gathering, dei Dream Theater o dei Queensryche non so se avrebbero avuto la luce...
the Thrasher
Martedì 11 Settembre 2012, 12.27.17
13
@Painkiller: come ho avuto modo di spiegare in occasione dei pezzi precedentii, non si tratta di una vera e propria dimenticanza, nel senso che questi articoli sono rivolti alla storia del metal, prevalentemente, per cui le citazioni in ambito rock non intendono essere complete o enciclopediche, perchè in quel caso non si finirebbe più di rimarcare che ''manca questo'', ''manca quello''.. in ogni caso provvedo ad inserire il disco da te segnalato, che innegabilmente ha fatto la sua storia..
Painkiller
Martedì 11 Settembre 2012, 10.52.09
12
Rino.....dimenticanza paurosa da parte di tutti....nel 1975 usciva WISH YOU WERE HERE dei Pink Floyd!!!
Matocc
Martedì 11 Settembre 2012, 10.46.56
11
a proposito oltre a tutti questi capolavori nel 1975 uscì anche In Trance degli Scorpions... eh grande annata!
fabio II
Martedì 11 Settembre 2012, 10.17.02
10
Ciao Painkiller, certo hai ragione, infatti il look da metallaro stereotipato comincia soltanto con la nwobhm, con i tuoi paladini judas a fare ovviamente da anfitrioni, forse un attimo prima
Painkiller
Martedì 11 Settembre 2012, 10.13.21
9
@fabioII: a quel tempo era il look imperante, si vestivano così un po' tutti, dai purple (Gillian capellone e cicciotto con le camicie a fiori fa morir dal ridere) agli scorpions (foto con gli zatteroni nel booklet di tokyo live). Ma era tutto così "libero" da certi cliché moderni...che epoca fantastica.....
fabio II
Martedì 11 Settembre 2012, 9.51.17
8
ahahahah è vero xutij sembra un cane da pagliaio, terribile l'immagine freak dei primi Judas e mi è venuta in mente un'altra band storica dal look simile: gli Hawkwind, dove c'era un altrettanto kitsch Lemmy ( 'Warrior on The Edge Of Time' l'lp del '75 ) . Poi ci sono anche i Budgie, con il minore 'Bandolier'.
Painkiller
Martedì 11 Settembre 2012, 9.50.33
7
@xutij: AH AH AH, MI HAI AMMAZZATO DAL RIDERE! Rob come Joe...Cocker! ah ah ah!
xutij
Martedì 11 Settembre 2012, 8.59.00
6
Oddio Rob con quei capelli (ultima foto a destra) sembra un cane da caccia, si quelli con le orecchie pelose, capito ?
Painkiller
Martedì 11 Settembre 2012, 8.51.45
5
quest'anno sarebbe da ricordare anche solo per il debutto dei Rainbow...ma è impossibile non citare Alive ed almeno tre live dei purple registrati allora ed editi successivamente: Live in Paris, Live in London (fine '74) e this time around:live in tokyo. Per chi non li avesse, la massima espressione live dei Purple...come sempre, bravo Rino!
xXx
Martedì 11 Settembre 2012, 8.05.27
4
Cazzo se era giovane e con quanti capelli halford!!!!
the Thrasher
Martedì 11 Settembre 2012, 1.39.23
3
ahaha tranquillo fabio, grazie dei complimenti e delle segnalazioni. cmq se ti sei perso le puntate precedenti puoi tranquillamente reperirle nel database, a questo link: http://www.metallized.it/articoli.php?w=correva&vb=Cerca
Fabio II
Martedì 11 Settembre 2012, 1.24.35
2
Al momento non mi viene altro, volevo dire.....chissà mai altrimenti cosa va a pensare un utente a quest'ora della notte ahahah
Fabio II
Martedì 11 Settembre 2012, 1.22.11
1
Cavolo Rino correte come dei treni, mi sono perso quasi tutti gli speciali dedicati ai '70. Aggiungo qualche nome alla prestigiosa carrellata che hai esaminato. Per me assolutamente da avere 'teaser' di tommy bolin. Il live dei blue oyster cult ' on your feet....'. E Visto che ci sono, ovviamente, i kiss, da ricordare anche gli angel , scoperti da gene simmons e che, nei piani della Casablanca, dovevano rappresentare il the power of white che si contrapponeva al sangue dello stesso gene, grazie al loro pomp d'Avorio. 'straight shooter' dei bad company. Il debutto dei baker gurvitz army. Gli armageddon del mai dimenticato keith relf. Bellissimo 'rampant' dei nazareth. Ps: bello l'anedotto su mcLaren, come gli agganci storici che hai fatto nella stesura ....altro al momento non mi viene....'notte!
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