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KYLESA + LUGNORO - Truckstop-Alaska, Göteborg, 18/08/2012
02/10/2012 (2326 letture)
INTRODUZIONE
Dopo tanti anni di dubbi e perplessità, questa estate mi convinco ad affrontare il viaggio in Svezia.
Dato che vivo di musica 32 ore al giorno il caso vuole regalarmi uno splendido appuntamento: durante la mia visita a Göteborg, la sera del 18 agosto, al Truckstop-Alaska, i Kylesa suonano a 3 km dal mio albergo. Che faccio, me li lascio sfuggire? No, perché rinunciare sarebbe una scelta da sciocchi. Vi racconto dunque come è andata, con aneddoti e riflessioni sui luoghi e i personaggi che ho incontrato.
Buona lettura.

PARTE PRIMA: PERLUSTRAZIONE
La serata all’insegna del metallo parte in maniera un po’ strana, oserei dire. Ci si presenta di fronte una vecchia rimessa con un rivestimento in lamiera beige, molto trash, e una porticina con un campanello. Penso di aver sbagliato indirizzo (dannati navigatori), mentre sula destra vedo un vecchio furgone WV con l’adesivo di Wacken 2012 e la scritta artist. Vuoi che sia una coincidenza? Oppure dato il nome del locale, provengono direttamente da Juneau. No, alla fine scopro che è il mezzo di locomozione degli headliner.
Suoniamo il campanello e due ragazze ci aprono la porta; apriti cielo locale in stile vintage con il gusto dell’estetica pari ad un camaleonte ubriaco. Il tutto messo in maniera sconsiderata e senza un ordine ben preciso. Talmente confusionario che mi sono innamorato in 30 secondi. È probabilmente la venue migliore che potessi desiderare: ogni parete è a tema, cavalli, anticristo, graffiti, ritagli di giornale, divani kitch e incomprensibilmente gradevoli, una splendida area esterna sul retro attrezzata con candele, gazebo e barbecue (per chi volesse usufruirne). Tutto accompagnato dagli oggetti più disparati che si possano immaginare. Se la logica non mi frega, qui siamo di fronte ad una razionalizzazione del “compro alla cavolo, nei mercatini dell’usato” magnificamente eseguita. Sfido a desiderare di meglio.
L’unico difetto è la scoperta di un bellissimo pilastro di cemento armato di fronte la palco che comprometterà la visuale per l’intera durata. Ma è un dettaglio che si può trascurare, vista la estrosità del locale.
Dato che l’orario di inizio previsto è alle 21:00, mi sono presentato una ventina di minuti prima: pessima scelta dato che ho dovuto aspettare ben due ore prima di ascoltare le prime note musicali, senza nemmeno una spiegazione. Nel frattempo scambio quattro chiacchiere con personalità interessanti. Ma questo lo vediamo nel capitolo finale. Ora passiamo a raccontare l’open act. Tali Lugnoro.


PARTE SECONDA: LUGNORO
Va bene, ci sono i Kylesa stasera, ma chi altro? Nessuna indicazione, nessuna segnalazione se non una scritta all’ingresso: Lugnoro. Già avevo difficoltà a ad una pronuncia corretta (non potevo cader nell’errore di un GN all’italiana). Poi si presenta un bassista sul palco che all’apparenza ha 16 anni, un cantate che sembra uscito di fretta dal barbiere e questi cinque soggetti che nel giro di un minuto fanno cadere tutti i pregiudizi e brutti pensieri che avevo erroneamente fatto sulla loro presenza. Un prog-rock fresco, spiritoso e di facile presa. Nato e radicato negli anni settanta come non mai. Brani lunghi ed articolati che si snodano attraverso richiami costanti a ELP, Camel, spunti dal punk inglese, una spruzzata di sludge, per poi rituffarsi negli Yes dell’epoca d’oro. Sto letteralmente godendo come un triceratopo con la coperta di lana (?).
Il cantante si prodiga in vocalizzi che spaziano dal pulito allo scream facendo, tra un brano e l’altro, due chiacchiere con un pubblico che interagisce alla perfezione. Per favore, non chiedetemi cosa si siano detti...
I Lugnoro suonano a memoria, non hanno bisogno di guardarsi un solo istante, e si capisce che i brani sono provati e riprovati. Un motore di emozioni umane.
Quarantacinque minuti, cinque pezzi suonati e applausi dalla platea che dimostra di conoscere e cantare con loro le varie parti composte. Alla fine scopro che sono un gruppo locale e hanno creato una rete di conoscenze che li rende “dei in terra” all’interno dell’area di Göteborg. Questo non fa che accrescere il mio interesse verso di loro. Da conoscere, apprezzare e approfondire!

PARTE TERZA: KYLESA
È già domani, essendo mezzanotte passata, quando finalmente i Kylesa salgono sul palco. Tra il silenzio più assoluto, e senza fare nessun sound-check, uno schiaffo in faccia mi arriva al primo accordo. Che suoni puliti ragazzi, che profondità. Anche se il locale è basso, stretto e corto, si ha la sensazione di avere delle cuffie stereo gigantesche che ti abbracciano. Sono anni che non ho le costole che mi vibrano dalla potenza del suono di un amplificatore.
Si inizia al meglio con Tired Climb che ricorda il vero motivo del mio approdo al Truckstop-Alaska. Zero emozioni, zero contatto con il pubblico. Canzone dopo canzone ci si accorge quanto noi siamo gli ospiti e le note emesse le vere regine del luogo. La risposta del pubblico c’è, anche se fredda come gli inverni svedesi. I classici OHHHHH YEAAAHHH F__CK e così via lasciano spazio ad un silenzio religioso che, imperiale, ci trascina lungo la set-list della serata. Distance Closing In, Running Red permettono un po’ di headbanging, ma tutto rimane nell’aria. Guardando in giro vedo bocche aperte e un’aura di intoccabilità verso la band. Una coppia di ragazze fronte a me si mette a piangere quando Laura poggia il plettro sulla sua sei corde all’inizio di Spiral Shadow. Il famoso pilastro al centro della sala mi offre un comodo appoggio per scattare le foto; sopra di me Eric Hernandez suda e scruta l’ignoto come sotto effetto di qualche droga strana. Ma non è così: la sua lucidità nel comporre le partiture non è da tutti; quello sguardo spiritato, che in certi momenti gela il sangue, non è da tutti.
Ovvio tutti gli occhi sono per la frontwoman: anche se rimasta in disparte per quasi tutta l’intera durata del concerto, toglie la scena al povero (se così possiamo definirlo) Philip Cope. Nel lato destro del palco, sotto il gigantesco pentacolo in ossa, offre una prestazione lucida e ammaliante. Visibilmente affaticato, essendo questa la penultima data del tour, mette a disposizione del pubblico una buona capacità tecnica che va a compensare la totale mancanza di rapporto comunicativo con chi gli offre da vivere. Menzione speciale per i due batteristi che, seppur nell’ombra del palco, diventano il punto centrale per il suono del gruppo. Senza le loro ritmiche i Nostri perderebbero una buona fetta di pesantezza musicale. Ammalianti e coinvolgenti durante il drum-solo a metà serata.
Cinquanta minuti di concerto e poco più. Un freddo e distaccato ringraziamento al pubblico prima della chiusura, riservata a Scapegoat e la conferma che stasera, più che le parole, ha parlato la musica.
I venti gradi all’esterno diventano fuoco e sono estremamente soddisfatto.
Sappiate che ho ricavato la set-list di mio. Ad inizio serata ho infatti scambiato due chiacchiere con Laura Pleasants e, spiegandole del mio approdo dall’Italia, le ho chiesto se al termine del concerto avrei potuto ricevere il foglio con i brani suonati. A partire da ciò lei mi spiega che non hanno mai una scaletta pronta, ma che improvvisano senza sapere esattamente quali canzoni inserire.
Devo crederci? Voglio crederci!

SETLIST
1. Tired Climb
2. Bottom Line
3. Forsaken
4. Said and Done
5. To Forget
6. Distance Closing In
7. Don't Look Back
8. Hollow Severer
9. Unknown Awareness
10. Running Red
11. Spiral Shadow
12. Scapegoat


PARTE QUARTA: ANEDDOTI SVEDESI
L’ingresso al locale è stato leggermente bizzarro. Ho il piacere di raccontarvi l’inizio della mia serata con le parole precise tra me e la proprietaria, tale Elsa.

Elsa : Salve come posso aiutarvi?
Ad Astra: Buonasera, è questa la sede del concerto dei Kylesa?
Elsa: Si è questa, ma voi non siete svedesi, come fate a conoscere questo luogo?
Ad Astra: Per puro caso. Ho fatto qualche ricerca in internet e ho scoperto che c’era il concerto. È stato difficile arrivarci, ma finalmente ci siamo.
Elsa: Ma non capisco ancora come fate a conoscere questo luogo, noi cerchiamo di mantenere il tutto più nascosto possibile. Un semi-anonimato.
Ad Astra: Perché, mi scusi è divieto di ingresso? Mi sta dicendo che non essendo svedese non posso entrare?
Elsa: Prima cosa non sei membro del nostro club, dovresti esserlo da almeno 24 ore per poter accedere. Secondo, in Svezia non facciamo molta pubblicità e ci piacerebbe mantenere un'aura privata.
Ad Astra: In Italia non funziona così, mi dispiace molto e me ne andrò. Grazie comunque.
Elsa: No aspetta, dammi 5 minuti e con 100KR a testa entrate (circa 12/13 €). Dovete promettermi di tornare prima o poi.
Ad Astra:Tornare la vedo dura, ma son sicuro di trascorrere una splendida serata.

Così l’inizio. Avendo due ore dal concerto, ci siamo fermati a far due chiacchiere con Elsa e parlando del più e del meno mi racconta che, come tutti gli svedesi, ammira l’Italia e la nostra scena musicale. Dice che siamo pieni di riviste, eventi, siti specializzati, mentre da loro tutto rimane nell’underground. Inizio a farmi qualche domanda. Le spiego che molti italiani vedono la Svezia come il paradiso del metal e non il contrario, anzi ci lamentiamo per le scarse disponibilità che a volte si hanno in questo mondo.
Da quando c’è stato il boom dello swedish, spiega Elsa, le cose sono cambiate e la popolarità è vista come un brutto sintomo. Chi crede veramente nel metal evita di mettersi in mostra.

Via via la mia curiosità si accende e le chiedo se può consigliarmi qualche negozio di dischi, essendo un collezionista incallito. Lei dice che chiama un suo amico, un certo Martin. Attendo e 30 secondi dopo Elsa mi presenta Martin:

Elsa: ti faccio parlare con Martin, un mio amico che conosce molti negozi di dischi.
Ad Astra: molto volentieri, mi farebbe davvero piacere.
Elsa: conosci gli At The Gates?
Ad Astra: sì certo, un gruppo storico, come potrei non conoscerli, perché?
Elsa: Martin è un membro del gruppo,

….SILENZIO….punto interrogativo…Da lì ho perso le successive 3 frasi. Encefalogramma piatto.

Martin Larsson, chitarrista del gruppo portabandiera dello swedish nel mondo mi si presenta di fronte e inizia a chiedermi che genere cerco, a cosa sono interessato e mi snocciola un po’ di luoghi da andare a visitare prima di lasciare Göteborg. Durante la chiacchierata, si scopre che lui lavora come barista all’interno del locale durante le pause del tour di reunion (che procede ormai da diversi anni) e che in cantiere non ha nulla di nuovo. Mi dice dove andare a cercare se avessi voluto la copia del vinile d’oro dei Bathory, dicendomi di fare attenzione, perché "vogliono 15.000 €. Se puoi permettertelo fallo ma è a tuo rischio e pericolo". Alla fine mi offre una ennesima conferma sul fatto che in Svezia l’underground deve rimanere tale e del datto che devo sentirmi fortunato anche ad essere potuto entrare nel locale.
A ripensarci Martin ha ragione perché nei giorni precedenti nessuno dei miei interlocutori conosceva questo locale.

PARTE QUINTA: CONCLUSIONI
Da tutto ciò sorge una domanda. Perché si tende a voler nascondere ciò che in patria è quasi religione? Cosa spinge a volersi rintanare in club e sperare di avere zero pubblicità? Rimanere nell’intimo? Io non ho la risposta ma vorrei che insieme a me qualche domanda ce la ponessimo tutti. Se non altro perché l’underground vive silenzioso e si ciba di noi.



Er Trucido
Mercoledì 3 Ottobre 2012, 20.31.38
11
Ahahaah, quoto Room! Bel report Andre, è sempre interessante vedere come vanno le cose all'estero
Room 101
Mercoledì 3 Ottobre 2012, 19.46.45
10
@Flag of Hate: Ragazze che ci provano con il bassista? XD Esistono delle ragazze che ci proverebbero con un bassista? (e lo dico da bassista)
Delirious Nomad
Mercoledì 3 Ottobre 2012, 15.45.42
9
@Flag of hate: è vero che dopo un po' il successo dà alla testa ma pensa se l'avessero fatto 15 anni fa, ecco un esempio di dialogo tra due amici nel '95: -"ehi, sono stato a goteborg e ho comprato il demo di una band di lì, si chiamano dark tranquillity, sono bravi ma è difficilissimo trovare del loro materiale"- -"bello 'sto demo, peccato per la qualità pessima, come si chiama?"- -"the gallery, è vero, è registrato male, ma lì non vogliono avere successo per non compromettere la qualità della musica"- Penso che ci avremmo tutti perso molto, anche gli svedesi.
xutij
Mercoledì 3 Ottobre 2012, 15.11.24
8
Una situazione davvero buffa in Svezia. Forse hanno ragione loro, ma alle mie orecchie mi sembra una assurdità, ma il mondo è bello perchè vario. Complimenti a Ad Astra, ma secondo me,dopo questo report, Elsa verrà a ucciderti, hai rilevato troppo.
GIACOMAZZO COCKPUNCHER
Mercoledì 3 Ottobre 2012, 14.04.18
7
IO AD ELSA L'AVREI STRIGLIATA. MMM MA FORSE NON SAREBBE STATO MOLTO UNDERGROUND.
Flag Of Hate
Mercoledì 3 Ottobre 2012, 13.02.10
6
@Delirious Nomad: non privano nulla a nessuno, semplicemente fanno circolare la loro musica in modo che solo chi si sbatte nel cercarla, quindi i veri appasionati, possa trovarla e goderla. Ed è la cosa migliore, perchè quando un genere intrinsecamente di nicchia incomincia a rincorrere il pubblico generalista, 99,99 volte su 100 si sputtana.
Undercover
Mercoledì 3 Ottobre 2012, 12.50.27
5
Io sono d'accordo con quello che fanno lì, forse uno potrebbe anche godersi un concerto in maniera decente.
Flag Of Hate
Mercoledì 3 Ottobre 2012, 12.43.33
4
"Perché si tende a voler nascondere ciò che in patria è quasi religione?" Perchè non vogliono quindicenni onanisti della piastra con la maglietta degli A7X, tamarri con la felpa degli Slipknot e gothic lolite che vanno ai concerti solo per provarci col bassista o per far vedere al resto del mondo i loro stivali con la zeppa alta 45 cm. Un poco di difesa della razza non ha mai fatto male a nessuno
Lizard
Mercoledì 3 Ottobre 2012, 10.07.28
3
Fantastico io credo che quando una "scena" come quella svedese, che di fatto è composta da moltissime band e pochissime persone, abbia in effetti bisogno di una certa "protezione" per mantenere una certa "purezza" quando poi viene a contatto con il mondo esterno. Perdonate il parallelo imbarazzante, ma è un po' come mandare il giovane giocatore promettente a farsi le ossa in una piccola squadra di provincia per non bruciarlo troppo presto. Riuscire a far crescere i gruppi locali con un supporto vero e continuo da parte del pubblico di casa, per poi prepararli al salto quando sono davvero pronti, è una politica intelligente e dimostra quanta differenza ci può essere tra chi sa quanta importanza abbia la gavetta vera e chi pensa al primo demo di essere già un collega degli Iron Maiden.
Delirious Nomad
Martedì 2 Ottobre 2012, 23.12.20
2
Che storia... Una serata speciale insomma, eh? Questa storia dell' "underground nascosto per non avere successo" mi sembra una cazzata immane, come dire "non voglio andare bene a scuola sennò mi prendono in giro" . Così privano il mondo di grande musica insomma! Mah, gli svedesi hanno una mentalità particolare. Comunque un bel report, bravo Ad Astra!
GioMasteR
Martedì 2 Ottobre 2012, 23.09.43
1
Report e avventure incredibili, grande Andrea!
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02/10/2012
Live Report
KYLESA + LUGNORO
Truckstop-Alaska, Göteborg, 18/08/2012
 
 
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