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CORREVA L’ANNO - # 16 - 1985
28/01/2013 (6356 letture)
Tra il 1983 ed il 1984 il thrash metal si era definitivamente ritagliato il ruolo elitario di settore trainante del panorama metallico mondiale, affiancandosi al più consolidato heavy tradizionale grazie a colossi come Metallica e Slayer, oltre che ad una nutrita schiera di giovani rampolli. Proprio i quattro killers di Los Angeles, gli Slayer, continuarono a battere il ferro rovente anche nel 1985, sferrando una nuova mazzata da knockout come Hell Awaits, l'album della maturità. Kerry King e Jeff Hanneman affilarono a dovere le loro chitarre, sferrando una nuova serie di riff letali e velenosi, ben innescati sul drumworking velocissimo e tellurico di Dave Lombardo; rispetto al passato, però, le canzoni possedevano trame molto più articolate, annettendo un cospicuo numero di riff, stacchi e cambi di tempo. Con sole sette canzoni, lunghe e composite, i quattro thrashers californiani dimostrarono di poter evolvere il loro sound, mantenendolo però integerrimo: anzi, abbandonate le reminescenze meldoiche riconducibili alla NWOBHM del debut, essi si erano fatti ancora più devastanti, e venivano addirittura catalogati sotto la voce black metal; a dimostrazione della scarnificante forza d'urto scatenata nelle violente serrate ritmiche violente o nei letali assoli atonali delle due asce. Tom Araya cantava con tono ancora urlato, ma più rabbioso, senza più farsi influenzare dal classico metal-screaming: tra i testi rimanevano forti i riferimenti occulti ed esoterici, tanto per non rinunciare a quel mistico alone di band infernale che tanto aveva colpito il pubblico più giovane. Era dunque possibile scendere nei più perversi anfratti empirici attraverso l'inquietante avvio della titletrack, destinata però ad esplodere in una serie stentorea di riff malsani ed epici, preludio ad una sassaiola massacrante ed irresistibile; si correva senza attimi di respiro tra la feroce e concitata Kill Again, la maligna At Dawn They Sleep o le veementi Praise of Death e Necrophiliac, garanzia di un repertorio ricco di riff al vetriolo, incroci pericolosi, fraseggi di chitarra lancinanti ed un potenziale di sterminio sconfinato ma terribilmente curato e molto elaborato nella sua efferatezza. L'articolata Crypts Of Eternity, dotata di svariati cambi di tempo e di un'accelerazione finale forsennata, e la conclusiva Hardening Of The Arteries, due canzoni potenti e senza compromessi, si attestavano su standard qualitativi altissimi e chiudevano un disco basilare per lo sviluppo del thrash metal estremo, ancora in via di definizione, e del successivo death primigenio. La copertina raffigurava dei demoni cornuti, sospesi tra le fiamme infernali ed occupati nella brutalizzazione corporale di alcuni esseri umani; in alto a sinistra campeggiava il logo rosso squillante della band, racchiuso in un tenebroso pentacolo. Ricorda Kerry King: 'Con ‘Hell Awaits’ siamo entrati in una dimensione leggermente diversa, sopratutto per ciò che concerne la durata delle songs, che nell'album sono solamente sette proprio a causa della loro maggiore durata. Comunque, anche 'Hell Awaits' risulterà penalizzato dalla produzione non all'altezza; infatti, la batteria è posta troppo in evidenza a scapito delle chitarre, che non risaltano a sufficienza. 'Hell Awaits' ha segnato un grosso progresso rispetto a Show No Mercy’'. La produzione, in realtà, era molto valida per l'epoca, pulita e capace di esaltare un sound più potente e veloce che mai; grazie a quel disco, che definiva a pieno titolo il raggiungimento dello stile personale tipico degli Slayer, i giovani americani poterono imbarcarsi nel Combat Tour assieme agli Exodus e ai leggendari Venom: fu una serie di date pazzesche, nelle quali tre formazioni tra le più spietate del pianeta misero a ferro e fuoco diversi paesi del Nordamerica, davanti a platee in visibilio. I giovani Slayer erano intimoriti dai Venom, una delle loro influenze primarie, ma proprio in un momento di pausa passato con i britannici avvenne il fattaccio: Araya, ubriaco, aveva chiesto dove fosse il bagno, e Cronos -con uno humour tutto inglese- gli rispose che si trovava nella sua bocca; il cileno, del tutto fuori di testa gli urinò in faccia, prendendosi un cazzotto vigoroso che gli ammaccò l'occhio per il resto del tour. Del resto, disco epocale a parte, non era stato un anno semplice: la band, prima di registrare, era stata per la prima volta in tournèe in Europa, ma dovette cavarsela completamente da sola, noleggiando l'attrezzatura e guidando un minuscolo furgoncino, nel quale dormire e riporre tutta la strumentazione. Erano affidati solo a se stessi, senza conoscere la lingua e la geografia del vecchio continente: il momento più difficile fu quando dovettero spostarsi in traghetto da Londra al Belgio, nazione nella quale dovevano suonare ad un festival; nel Regno Unito, peraltro, Lombardo faticò non poco per imparare a guidare nel lato opposto a quello a cui erano abituati, mentre i ragazzi dovettero nascondere le magliette negli amplificatori per paura che alla dogana venissero loro sequestrate. Il merchandise, del resto, era l'unica forma di sostentamento per i Nostri, che non avevano neppure i soldi per mangiare: peccato che gli amplificatori contengano fibre di vetro, e chi indossava le magliette si ritrovava in preda ad impellenti attacchi di prurito, con le fibre di vetro ad infilarsi nelle carni sudate da pogo ed headbanging. Nonostante la loro fama stesse crescendo anche al di fuori dell'underground, i quattro ragazzi di Los Angeles rimanevano le persone schiette e semplici di sempre: Kerry King, con i suoi lunghi capelli riccioluti, era quello più franco e senza peli sulla lingua, di fatto già il portavoce dei suoi compagni, molto più introversi; Araya, che assieme ad Hanneman era l'unico ad avere qualche vizietto allucinogeno, rappresentava invece l'elemento più misterioso della formazione, e non partecipava ancora alla scrittura dei testi. Dave Lombardo, infine, era un leader silenzioso, ragazzo mite ma già capace di guadagnarsi rispetto semplicemente con uno dei suoi sguardi torvi ed intimidatori.

Sotto il sole della California, nel frattempo, stava pulsando un'energia nuova, spinta da una rabbia ardente e da un tremendo desiderio di vendetta: Dave Mustaine era pronto a riprendersi quanto gli era stato tolto a causa del suo carattere ostile e della sua passione per i guai. Il chitarrista di La Mesa non aveva ancora mandato giù l'esclusione dai Metallica, che senza di lui -ma con i suoi riff fibrillanti- si erano issati sul trono del thrash internazionale; non sopportava il successo dei suoi ex amici, coloro che, secondo il suo punto di vista, lo avevano tradito, e non tollerava che questo arrivasse col contributo di un chitarrista -a suo dire- decisamente meno bravo di lui, vale a dire Kirk Hammett. L'ex degli Exodus era bravo e possedeva forte attitudine melodica, ma Mustaine era molto più tecnico e virtuoso: un giovane shredder, dal carattere ribelle e troppo attratto dall'alcool e dalla droga, tanto che fin dall'adolescenza soleva guadagnarsi qualche risparmio attraverso lo spaccio. I Metallica erano l'astro più splendente del firmamento mondiale, ma i nuovi Megadeth ne erano il clone malvagio, come nei film: l'alfa e l'omega, le due facce della medaglia, uno scontro fratricida che sarebbe durato per decenni e si sarebbe consumato a colpi di dichiarazioni piccate e rasoiate sferzanti di thrash rovente. Il rosso guitar hero si circonda di musicisti validi fin dal principio, puntando con decisione sulla preparazione musicale e finendo per incrociare la strada con individui ancora più tossicomani, che da una parte renderanno importante la carriera della band, ma dall'altro porteranno complicazioni ulteriori nella già tormentata vita di Mustaine; in particolare, spicca il bagaglio tecnico di Chris Poland e Gar Samuelson, entrambi provenienti dalla band jazz-fusion The New Yorkers. Killing is My Business...And Business Is Good era un esordio eccellente, un prodotto adrenalinico e tecnico al tempo stesso: riprendeva lo stile effervescente di Kill'Em All, velocissimo, irruente e scarnificante, e lo proiettava in dimensioni più articolate nelle strutture, senza però modularsi nelle sfaccettature melodiche ed epiche di Ride The Lightning; restava dunque un disco abrasivo e grezzo, che solo in parte lasciava intravedere gli ampi risvolti tecnici che Mustaine avrebbe percorso nei lavori successivi. Anche la produzione era ancora perfettibile, in quanto la band sperperò in droga gran parte del budget a disposizione, ma nonostante questo l'album suonava feroce e letale nelle sue furibonde accelerazioni ritmiche, incendiate da riff imbevuti di foga: Last Rites/Loved To Death e la titletrack presentano ritmi incalzanti ed irresistibili, pericolosi rallentamenti e ripartenze eccitano la tensione in Skull Beneath The Skin, mentre la movimentata Chosen Ones fomenta ulteriormente il delirio; la cover di These Boots, pezzo storico di Nancy Sinatra, con un testo alterato e altamente offensivo, è un destro irriverente e strafottente all’industria musicale patinata. Il brano migliore é però The Mechanix, la versione originale della più celebre The Four Horsemen: Mustaine ne aveva mantenuto i diritti, costringendo i Metallica a modificarne testo e ritmiche. La versione che compare su Killing is My Business é velocissima e priva di compromessi, una mazzata elettrizzante che esalta la precisione chirurgica dei riff mitragliati in corsa sulle sei corde. Megadave è l’anima e il braccio armato della corazzata Megadeth: suoi sono riff memorabili e concitati consegnati ai posteri, suoi parecchi degli assoli letali sparati a mille all’ora sulle sei corde, sua la volontà di estendere ed approfondire un sound nato ignorante. All’altra chitarra spicca la classe indiscutibile del tossico Chris Poland, mentre alla batteria preme con testardo incaponimento un ispirato Gar Samuelson; il giovanissimo David Ellefson si fa motore pulsante e detiene con Mustaine una sorta di duopolio non dichiarato in seno alla band. Ricorda Mustaine nella sua autobiografia: 'Killing Is My Business non era certo un capolavoro, eppure c'era parecchio da apprezzare in esso: la velocità, l'energia, ciò che raccontava. In quel disco ci sono gemme che tutto sommato resistono ancora oggi, e sono orgoglioso di come sia venuto. Andò lontano dal platino, ma vendette bene, specie per un gruppo sconosciuto su etichetta indipendente, e fu ben accolto dai critici che si presero la briga di notarlo'. In estate, i nuovi thrashers di San Francisco partirono in tour supportando gli Exciter, toccando il Canada e diverse zone degli States. Intere legioni di nuovi killers suburbani erano pronti a far sentire forte la loro voce, percuotendo i timpani con furibonde dimostrazioni di forza e velocità. Sempre a San Francisco, infatti, i devastanti Exodus avevano costruito un feudo di sostenitori incalliti, un fortino inespugnabile arroccato attorno a rispetto e timore reverenziale: la loro musica era rapidissima e abrasiva, iniettata di energia e adrenalina. Dopo anni di esibizioni nell'underground locale, sufficienti a garantire un'aura di band-culto al quintetto americano, il farneticante Bonded By Blood ne metteva a fuoco tutto il potenziale, tramandandolo ai posteri attraverso una serie impellente ed irresistibile di frustate elettriche come Metal Command, la titletrack, A Lesson In Violence o la stessa Exodus: i rapidissimi riff a rincorsa di Gary Holt e Rick Hunolt sfrecciavano sulle sei corde con violenza ed impeto, mentre assoli affilati e ben costituiti completavano pezzi travolgenti, guidati dalla voce arrogante e acidula di Paul Baloff, un bestione che soleva recarsi ai concerti glam per recidere le elevate acconciature dei presenti. Quel disco influenzerà fino ai nostri giorni moltitudini di nuovi musicisti, sancendo dei parametri imprescindibili tanto quanto fatto, in precedenza, dall'eminente Kill'Em All; ancora più determinante fu Seven Churches degli indigeni Possessed, un disco ed una band che pone i cardini primigeni per la successiva nascita ed evoluzione del death metal. Il chitarrismo di Larry LaLonde e Mike Torrao é feroce ma curato, preciso, si rifà all'irruenza dei primi Venom e dei recenti Slayer ma sfocia in un thrash più cupo e sulfureo, accentuato dalla voce gutturale del leader Jeff Becerra, autentico precursore del growl. La band si era fatta notare da Brian Slagel della Metal Blade nel corso del 1984, attraverso il demo Death Metal: questo, oltre a battezzare un nuovo filone che si stava per delineare, garantì ai californiani la presenza sul sesto volume della compilation Metal Massacre e il conseguente approdo su Combat. L'indispensabile Seven Churches diventa un'icona del metal estremo, punto di partenza dal quale si muoveranno giovani adepti come Chuck Schuldiner ed altri emuli. A Los Angeles debuttavano i Dark Angel, dotati di macabro logo con ali di pipistrello e sorti dall'incontro di tre adolescenti nella Downey High School di Los Angeles, la stessa che fu teatro dell'incontro tra James Hetfield e Ron McGovney: il loro We Are Arrived era un thrash ancora grezzo e viscerale, furento omaggio allo Slayer-sound nonché abbozzo dello stile definito, ma sempre massacrante, che verrà abbracciato via via con l'incedere dei dischi. A sospingere l'aggressione perpetuata dalle chitarre di Jim Durkin ed Eric Meyer vi era ancora il drumworking picchiante di Jack Schwartz, che di lì a poco sarebbe stato rilevato dal possente Gene Hoglan. Al di là della scena californiana, memorabile fu l'uscita di Spreading The Disease degli Anthrax, anticipato dal rivelatore EP Armed and Dangerous: con il nuovo cantante Joey Belladonna (più carismatico e poliedrico dell'ex Turbin), una timbrica power concessa in prestito allo speed metal, l'act newyorkese sterzò dal thrash abrasivo ed underground del debut ad uno stile più scanzonato ed istrionico, con liriche e parti vocali provocanti e goliardiche; il nucleo centrale rimaneva devastante, contraddistinto dai riff tronchi e fibrillanti di Scott Ian oltre che dal drumworking prepotente di Charlie Benante. Pezzi come Medusa, la titletrack, Air, Madhouse o la febbricitante Gung Ho sono autentici capisaldi del genere, delle schegge impazzite nelle quali l'eccitazione viene pompata a dismisura, laccata di hardcore e rivestita di melodie trascinanti ed esaltantti: fu grazie a questo full length che gli Anthrax definirono in tutto e per tutto il loro stile unico e personale, una miscela di potenza, alta velocità ed umorismo sagace che derivava dall'apertura mentale dei cinque ragazzi, che amavano vestirsi con cappellini e bermuda, disdegnando gli stereotipi classici del metallaro medio: 'Abbiamo un atteggiamento aperto sin da quando eravamo ragazzini', ha dichiarato Scott Ian, 'Ci piaceva ascoltare diversi tipi di musica che avessero in comune aggressività ed attitudine: alla fine può essere noioso ascoltare solo metal o solo punk'. Dal New Jersey provenivano gli Whiplash, tre italoamericani che in Power And Pain impressero a fuoco un thrash ultravitaminico e dotato tanto di riff letali quanto di melodie esaltanti, nei chorus da pugno al cielo come nei guitar solos; Tony Portaro, chitarra e voce, era l'autentico trascinatore del terzetto, fautore di riff al cardiopalma e vocals irriverenti, mentre Tony Scaglione alla batteria e Tony Bono ne sorreggevano gli urticanti ritmi da headbanging: una canzone su tutte, l'orgasmica Power Thrashing Death, basta per comprendere l'alto tasso di delirio contenuto in quei trentacinque minuti scarsi di eccitazione pura.

Il New Jersey era anche la casa degli Overkill, band sorta nel 1980 dalle ceneri dei punk The Lubricunts e che prendeva il nome dal celebre brano dei Motorhead; dopo differenti cambi di formazione e gli anni delle cover, i ragazzi avevano affinato uno stile abbastanza frenetico e personale, fotografato nel demo Power In Black e nel successivo EP omonimo, prodotti che permisero loro di farsi un nome nella scena underground e di issarsi a capipopolo della locale contaminazione che il genere thrash stava avanzando. John Zazula, che aveva scoperto già i Metallica, li segnò sul suo taccuino e li fece firmare per la Megaforce, la quale produsse lo spettacolare debut Feel The Fire, un concentrato mirabile di thrash esplosivo e tecnicamente eccellente: Bobby Gustafson, il giovane chitarrista, sferrava riff velenosi ed impattanti alla velocità della luce e, in particolare, si distingueva per il suo tocco di qualità grazie ad assoli bollenti, trepindanti, ma intrisi di forte senso melodico. per quanto irruenti e massacranti, gli Overkill erano più tecnici di molti colleghi, imbastivono strutture ben articolate con copiosi accorpamenti di riff ed espliciti riferimenti all'heavy tradizionale; eppure le loro scorribande ritmiche erano praticamente irresistibili, scagliate a mille all'ora dal drumworking di Rat Skates ed incendiati dal vocalism stridulo del muscolosissimo Bobby Ellsworth, un ex bassista che, con la sua timbrica al vetriolo ed i suoi inni da moshpit, stava sancendo a sua volta nuovi canoni canori all'interno del suo genere. Feel The Fire è considerato ancora oggi un pilastro assoluto del thrash metal mondiale, forte di brani dinamitardi, ben strutturati, forsennati e brucianti come Raise the Dead, la titletrack, Rotten To The Core, Overkill: la band lo supporterà per tutto il 1985 e l'intero 1986, facendo da opening-act a Megadeth, Anthrax ed Agent Steel, astri nascenti dello speed che in quel 1985 rilasciarono l'esordiente Skeptics Apocalypse, freccia di notevole spessore. I texani Watchtower, invece, si facevano artefici di un thrash ipertecnico e contorto nel loro Energetic Disassembly, altro debut mozzafiato: la pulizia dei suoni, l'architettura pazzesca delle strutture, i frequenti cambi di tempo e la voce power di Jason McMaster ne facevano un disco pioniere per tutto quello che sarà definibile technical thrash; si coglievano potenzialità tecniche niente male anche in Fear of Tomorrow, esplosivo debut dei danesi Artillery, pionieri della diramazione europea del genere, mentre in direzione opposta andava To Mega Therion degli svizzeri Celtic Frost: la band di Tom Warrior, bardato di borchie e catene, era sorta dalle ceneri dei seminali Hellhammer, ma nel suo caotico thrash-black primigenio vi erano già scintille che in seguito avrebbero contaminato generi come il black ed il thrash stessi, oltre che l'avantgarde. La copertina, tanto geniale quanto blasfema, rappresentava il Diavolo intento ad usare come fionda il corpo di Gesù Cristo: un biglietto da visita pesante per una formazione che, inconsapevolmente, avrebbe lasciato nella scena dei segni consistenti. Come del resto ne avrebbe lasciati The Return degli svedesi Bathory, meglio prodotto del raffazzonato debut omonimo e ancor più cruento nelle ritmiche: influenzata dal sound venomiano ma sospinta verso lidi ancora più estremi, la band di Quorthon (cantante, chitarrista, disegnatore dell'artwork di copertina e molto altro ancora) mette un tassello fondamentale nel mosaico della musica estrema, con un particolare occhio di riguardo per quella che sarà la scena black metal. Quorthon, che all'epoca si faceva chiamare Black Spades, compone pezzi grezzi e più lunghi rispetto al predecessore, mantenendo costanti e cospicui i riferimenti a Satana e alle forze del male. Anche in Germania, il thrash stava rapidamente prendendo piede, ma si muoveva in una forma differente, più rozza e violenta che mai, sospinto da voci strozzate e dissonanti esibizioni di rabbia, non certo curate dal punto di vista tecnico; Infernal Overkill era il debutto dei temibili Destruction, un terzetto guidato dal bassista e cantante Marcel Schmier e autori di assalti frontali velocissimi e massacranti, intrisi di veemenza e furia cieca. Il prodotto era più curato rispetto all'EP che l'aveva preceduto, ma rimaneva ancora primordiale, lontano da intricatezze tecniche ricercate o trame evolute, un thrash trepidante e dai tratti spigolosi, becero, nervoso, isterico. Sulle stesse coordinate si muovevano i Kreator, altro terzetto debitore del tipico Venom-sound: il poderoso drummer Ventor agitava terremoti disinibiti e disorganizzati, attorno ai riff nervosi e letali scoccati dalla chitarra del leader Mille Petrozza, un ragazzo di origini calabresi che ancora si destreggiava con testi infernali e pseudo-satanici, ma che di lì a poco avrebbe maturato una coscienza profonda e molto articolata dal punto di vista tematico. Il loro Endless Pain era una vera e propria mazzata nei denti, grezzo e impellente, acceso dall'urlo strozzato di Petrozza, dagli assoli atonali, da refrain feroci e trascinanti, da velocità irresistibili e da esecuzioni approssimative ma dense di feeling ed eccitazione, elementi che ne fecero un autentico classico per i seguaci di metal estremo; per il tour dell'album venne assunto Michael Wulf, che l'anno dopo diventerà chitarrista dei Sodom con lo pseudonimo Destructor; al suo posto viene reclutato Jörg 'Tritze' Trzebiatowski che partecipa alla realizzazione di Pleasure to Kill nel 1986. La formazione proveniva da Essen, e con questo ed i successivi lavori diventerà una delle principali influenze delle nuove leve del thrash mondiale, nonché colonna portante della cosiddetta Triade, completata proprio da Sodom e Destruction. I Venom, che tutte queste band le avevano generate col loro stile spigoloso e sulfureo, non se la cavavano troppo bene: il loro Possessed era ormai una fotocopia non troppo brillante dei seminali dischi d'esordio e la gang di Cronos viveva un periodo di declino, che tuttavia non ne appannava lo status di leggenda: anche i loro connazionali Onslaught ne ripresero la ricetta, applicandola al loro debut Power From Hell, raro esempio di thrash di matrice inglese. Nella terra della Regina, infatti, continuava a primeggiare l'heavy tradizionale, più consono all'atmosfera delle lande nelle quali l'Acciaio stesso era stato forgiato. Eppure, sulla scia di successo che il thrash stava riscontrando nelle altre parti del mondo, le case discografiche locali si misero in testa di scovare i Metallica britannici, imponendo le ritmiche a rincorsa e l'impeto esecutivo a quante più band possibili, compresi appunto gli Onslaught che pure nutrivano sincera ammirazione per le sfuriate venomiane. Il thrash inglese nacque dunque un po' storpio e forzato, non genuino come le label volevano farci credere, ma qualche buono spunto lo forniva.

A proposito di heavy metal tradizionale: la gloria non aveva certo smesso di impreziosirne il medagliere, se è vero che proprio in quei mesi i leggendari Iron Maiden firmavano in calce la loro epopea col ciclopico Life After Death, un'immensa istantanea live della band all'apice della sua forma, una sorta di best of dal vivo che includeva tutti i capisaldi più sfavillanti ed essenziali di una discografia immacolata, scandita nel corso di cinque dischi stellari pubblicati nei primi cinque anni del decennio: la copertina, fantastica, vedeva il solito Eddie emergere da una tomba di un cimitero, immerso in tonalità blu pastello contrastate soltanto dalla luce gialla della luna; sullo sfondo, una tempesta che impazzava nei cieli di una città tormentata ed il profilo della Mietitrice, ovvero quanto di più ottantiano si possa desiderare. Nei solchi del disco, una successione di perle mirabolante, aperta dalla spumeggiante Aces High e conclusa con Phantom of the Opera, dopo aver toccato tutti i grandi classici maideniani come Two Minutes To Midnight, The Trooper, Rime of the Ancient Mariner, The Number of the Beast, Hallowed Be Thy Name, Iron Maiden, Wratchild e Children of the Damned; mostruosa la performance di Dickinson, polmone inesauribile e frontman d'eccezione, gigantesco nell'estensione vocale e trascinante grazie al suo celebre 'scream for me Long Beach', un autentico arringatore di folle. Nel formato video si può respirare tutta l'energia che la band inglese sapeva scatenare: i colori del tempo, gli spandex di Harris e delle altre asce, i duelli tra Smith e Murray, le boccacce di McBrain, le scenografie imponenti ispirate alle ambientazioni egizie di Powerslave, le spettacolari corse sul palco. Tra i momenti topici dell'annata spicca la breve esibizione alla prima edizione del Rock In Rio, tenutasi l'11 gennaio davanti a trecentomila fans urlanti, cinquanta minuti leggendari che rinforzarono il prospero mito della vergine di Ferro: gli inglesi aprirono per i Queen, che nel frattempo avevano abbandonato il pomposo e complesso rock degli esordi per un più orecchiabile rock da classifica, e sfoggiarono una eprformance invidiabile. Si narra che lo show iniziò proprio a due minuti dalla mezzanotte, per promuovere uno dei celebri cavalli di battaglia dell'ancor fresco Powerslave (2 Minutes To Midnight), e che durante la ridondante Revelations l'incontenibile Bruce Dickinson andò a schiantarsi contro il manico della chitarra di Dave Murray, aprendosi un'ampia ferita sulla fronte e continuando a cantare e saltare come se nulla fosse successo. La Vergine di Ferro era ancora una potenza, ed il suo posto nell'Olimpo del metal internazionale era saldissimo, inscalfibile. Eppure nuovi eredi erano pronti e provenivano dalla vicina Germania: con un semplice gioco di parole ed una zucca scelta come logo, gli Helloween, da Amburgo, stavano lentamente prendendo per mano l'heavy classico per velocizzarlo e trasformarlo in power metal. Il loro debutto ufficiale, Walls of Jericho, rappresentava di fatto la nascita di un nuovo genere: pezzi come Ride The Sky o Heavy Metal (Is The Law), ancora fortemente epici e melodici, erano molto più robusti e corposi, impostati su una sezione ritmica martellante ed ultra-speed, oltre che su atmosfere ed ambientazioni fantasy. Il rosso Kai Hansen ne era il leader: una voce acuta, potente e intimidatoria ma al contempo dotata di una melodia tutta particolare, un chitarrista già pronto per i grandi palcoscenici: riffing roccioso ed ispirato, chirurgica esecuzione, carisma da vendere. Hansen era un tipo bonario e mite, una figura centrale in tutta la storia del power europeo: i suoi assoli erano già speciali, assuefatti di melodie straripanti e complesse, interminabili scorribande dall'aspetto variabile, cascate di note che riprendevano la scuola degli Iron Maiden e la completavano con riff affilati e rapidità da headbanging. Al suo fianco spiccava l'aggressività dell'altro guitarist, Michael Weikath, mentre alle pelli pestava duro Ingo Schwichtenberg: anche l'artwork di copertina era in linea con il contesto fantasy intriso nei testi, rappresentando una sorta di enorme scheletro incappucciato che andava a distruggere le mura di un antico castello. Anni dopo Hansen, nel frattempo fuoriuscito dal progetto, dichiarerà che 'gli Helloween hanno rappresentato molto di più di una qualsiasi speed metal band tedesca, loro sono tutt'ora una piccola istituzione, un simbolo; ci sono band che riescono ad entrare nella storia della musica ed hanno la certezza di non uscirne più'. Parlando di istituzioni, non si possono tralasciare un paio di eventi che, pur non coincidendo con una registrazione in studio, suscitarono non poche emozioni: il palco del Live Aid, infatti, ospitò le temporanee reunion di due icone della musica rock e metal, ovvero Black Sabbath e Led Zeppelin; i tetri hippy di Birmingham si esibirono di nuovo con un Ozzy Osbourne patinato e all'apice della sua carriera solista, mentre Page e soci sostituirono il compianto Bonham con Phil Collins, ammaliando fans vecchi e nuovi.

Naturalmente, le Zucche di Amburgo non si ispiravano solo alla formazione di Steve Harris, ma anche ai connazionali Accept, una sorta di eminenza grigia, ormai, in ambito heavy: in quel 1985, Udo e soci rilasciarono il loro masterpiece assoluto, Metal Heart, coronamento di una carriera esaltante e in continua escalation. Il disco conteneva brani urgenti come Wrong Is Right, poderosi mid-tempos come la titletrack ed anche la più orecchiabile Midnight Mover: una sorta di bignami imprescindibile per chiunque voglia accostarsi alla storica band teutonica e all'heavy metal tradizionale nel suo senso più ampio. L'act di Solingen, che in quei mesi pubblicò anche il suo primo live Kaizoku-Ban, proponeva testi anticonformisti e ribelli, nei quali ipotizzava un futuro dominato dalle macchine, con una profezia inquietante secondo la quale gli uomini avrebbero vissuto animati da cuori meccanici già nel 1999. Altre uscite di rilievo fecero la gioia degli amanti di sonorità classiche ed evocative: Open the Gates dei Manilla Road, Delirious Nomad degli Armored Saint, Thunder in the East dei nipponici Loudness, Power of the Night dei sempre più operistici Savatage, il discreto Sacred Heart dell'immarcescibile Dio. Risvolti interessanti si coglievano in I Am the Night dei texani Pantera, ancora bardati di pailettes e lustrini; per non parlare poi del progressivo The Spectre Within dei Fates Warning o nelle due sberle dei canadesi Razor, Executioner's Song ed Evil Invaders, futuri classici dello speed-metal. In ambito doom, si segnalava il secondo lavoro dei californiani Saint vitus, quell'Hallow's Victim che riprendeva i vecchi stilemi sabbathiani ed influenzerà l'intero genere, con le sue movenze pachidermiche e le ritmiche slow-tempo; importanti movimenti venivano intanto compiuti anche nel genere glam metal, sempre più in voga e non solo a Los Angeles. Band come i Dokken ed i W.A.S.P. rilasciarono rispettivamente Under Lock And Key e The Last Command; i Ratt se ne uscirono con Invasion of Your Privacy, ma il vero colpaccio fu quello dei Motley Crue, con un Theatre of Pain che comunque non raggiungeva i livelli che la band aveva toccato in passato e riassaggerà nell'imminente futuro. Era un album molto buono, che si collocava a fine ciclo: quello dei Motley Crue più tosti e tradizionalisti, ancora bardati di pelle e catene oltre che dediti ad un hard rock abrasivo ma non ancora commerciale e americanizzato come sarebbe stato di lì a poco; certo, vi erano già elementi radiofonici in Theatre of Pain, ma del resto gli ammiccamenti sonori non erano mai mancati nei lavori dei quattro scapestrati losangelini, freschi di tour con gli Iron Maiden e sorprendentemente ruffiani nella cover Smokin' In The Boys Room dei Brownsville Station o nella spudorata ballad Home Sweet Home. Un disco che fungeva da ponte, ma che rimpolpava la dose cospicua delle grandi uscite di quell'indimenticabile 1985. Era un periodo che grondava passione, polemica, contestazione, senso di appartenza: l'anno in cui Dee Snider dei Twisted Sister e Frankk Zappa contestano davanti al Senato le ridicole e anacronistiche illazioni delle parruccone del PMRC, il movimento composto dalle mogli dei senatori e organizzato in un ferreo -ma, a conti fatti, frivolo e superficiale- esercizio di censura nei confronti di quella musica ritenuta diseducativa in quanto inneggiante alla violenza, al satanismo e al sessismo: con un'arringa sorprendente, Snider mise a tacere le megere, sferrando un colpo senza pari a chi si aspettava un rockettaro stereotipato: ovvero ingnorante ed incapace di formulare discorsi anche solo grammaticalmente corretti. Leggendo il primo emendamento della costituzione (che difendeva la libertà di stampa e di espressione del pensiero), Zappa chiosò: 'La proposta del PMRC è un nonsenso fallato all'origine che, a parte il fatto di non apportare alcun beneficio ai ragazzi, lede le libertà civili dei cittadini adulti e promette di tenere, per gli anni a venire, occupati i tribunali cui sarà demandato il compito di avere a che fare con i problemi interpretativi e sanzionatori impliciti in questa proposta; il PMRC si propone di eliminare la forfora tramite la decapitazione! Nessuno obbliga la signora Gore o la signora Baker a portarsi a casa i dischi di Prince o di Sheena Easton. Grazie alla Costituzione, sono libere di scegliere altri generi musicali per i loro figli. In pratica le pretese del PMRC suonano come un manuale d'istruzioni per addomesticare ogni compositore e ogni cantante, usando a pretesto i testi di alcuni di essi. Signore, come vi permettete? Le valutazioni sui dischi vengono di solito equiparate a quelle dei film. A parte le altre differenze, se ne trascura una fondamentale: in un film gli attori sono ingaggiati per fingere. Non importa quanti giudizi negativi possa riscuotere il film, la cosa non tocca l'attore. Diverso è il discorso per i musicisti: molti di loro producono ed eseguono in proprio la musica che essi stessi scrivono, e la loro figura si identifica con la loro arte: stigmatizzare la loro musica significa anche (che lo si voglia o no) stigmatizzare la loro persona. Di questo passo, quanto ci vorrà prima che agli artisti venga imposto di indossare al braccio una fascia con il disclaimer del PMRC in caratteri rossi'? Dopo di lui parlò John Denver, ma la tesi più pepata fu quella di Dee Snider, presente in aula con occhiali da sole, capelli raccolti e gilet in jeans; nella canzone Under The Blade (che parlava della comune paura che proviamo alla vigilia di un intervento chirurgico ed era ispirata all'esperienza personale di un membro dei Twisted Sister), il leader del movimento -la signora Tipper Gore- aveva letto riferimenti al sesso orale e a pratiche sadomaso, ma il cantante rispose con un letale fendente: 'chiunque può trovare in questo brano quello che vuole. Chi cerca riferimenti alla chirurgia ci può trovare riferimenti alla chirurgia. Tipper Gore cercava riferimenti al BDSM (un insieme di pratiche relazionali e/o preferenze sessuali basate sulla dominazione e la sottomissione, ndr), e ce li ha trovati. Spargere l'idea che il nostro gruppo sia sessista o promuova la violenza sulle donne è irresponsabile, lesivo della nostra reputazione e diffamatorio; c'è un punto dove sono d'accordo con il PMRC, e come me probabilmente molti genitori, ed è che il mio compito di padre è quello di sorvegliare su cosa i miei figli guardano, ascoltano e leggono nella loro preadolescenza. Ma questa è una responsabilità che ricade unicamente sulle spalle mie e di mia moglie: nessuno, né il Governo né il PMRC, è autorizzato o capace di giudicare in mia vece. I genitori possono anche esser grati al PMRC perché rammenta loro che la loro guida è insostituibile. Ma questo è il punto in cui il compito del PMRC finisce e oltre il quale non deve andare'. I discorsi di Zappa e Snider non facevano una piega e alla fine si trovò un compromesso: l'adesivo Parental Advisory da applicare sui dischi ritenuti 'pericolosi', uno stratagemma che portò solo vantaggi alle band metal e rock in quanto capace di calamitare a sè l'attenzione di ogni adolescente ribelle.



Lo Scrondo
Giovedì 11 Giugno 2015, 12.06.24
35
L'anno in cui nulla fu più come prima - il commento 31 spiega alcune cose...- Live after death
Thohir of Valhalla
Giovedì 17 Ottobre 2013, 0.03.18
34
Torna Thor,ci manchi.....Death to false metal e forza inter!
Delirious Nomad
Mercoledì 16 Ottobre 2013, 21.47.17
33
Sssh Francesco! Non istigarlo, é da un po' che é sparito, non vorrei tornasse alla carica! (PS: hai conpletamente ragione )
Francesco
Mercoledì 16 Ottobre 2013, 20.36.02
32
Thor Of Valhalla: i Ratt sono un gruppo di poser da MTV? Ma non dire stupidaggini.
Le Marquis de Fremont
Lunedì 25 Febbraio 2013, 13.30.55
31
Sempre interessantissimi e corposissimi, questi articoli. Sempre aggettivi come se piovesse... Mi piace leggere i post di quelli che dicono "che tempi!". Non vorrei ripetermi ma nel 1985 giravo in lungo e in largo l'Europa del Nord e mi sono accorto pochissimo di tutta questa roba, eccetto le copertine degli Iron Maiden. Per me il 1985 è stato l'anno del Live Aid di Phil "Concorde" Collins e la grande esecuzione dei Queen a Wembley ma è stato soprattutto l'anno dove ho acquistato il primo lettore CD e mi regalarono Brothers in Arms dei Dire Straits in formato CD. Poi, sempre in CD, ricordo il capolavoro assoluto Stationary Traveller dei Camel. Au revoir.
manaroth85
Mercoledì 30 Gennaio 2013, 18.13.51
30
grandissimi dischi, live after death e hell awaits su tutti!! anno in cui gli slayer staccano tutti lasciandoli sempre un gradino indietro..1985 grandissimo anno..bellismo articolo come sempre..manca solo la mia foto visto che è il anno!!!ahaha
HIRAX
Martedì 29 Gennaio 2013, 23.07.03
29
AAAAAAAHRGHHH
LAMBRUSCORE
Martedì 29 Gennaio 2013, 12.07.41
28
Vacca, quanti bei dischi quell'anno lì....ma aspettate, nella foto degli Helloween a destra, c'è una persona o qualcosa di simile, al centro, con un accappatoio rosso....l'ho riconosciuta, sì, è una ex badante di mia nonna!
AL
Martedì 29 Gennaio 2013, 10.31.54
27
a leggere qui mi è venuta voglia di ascoltarmi hell awaits.. rigorosamente su cassetta copiata!
Fabio II
Lunedì 28 Gennaio 2013, 21.29.53
26
Rino devo essere uscito sul finire dell'85, almeno la copia su Cobra rec.; può darsi che sia poi stato ristampato in Europa nell '86, vedi altro caso alla Metal Church , o gli stessi Q5 che uscirono qui da noi proprio nell'85. Mettilo nel prossimo i Virgin, cambia poco, e' corretto comunque
The Thrasher
Lunedì 28 Gennaio 2013, 21.17.16
25
da quanto ne so, i Virgin Steele rilasciarono Noble Savage nel 1986, ed è per questo che lo ho omesso!
Fabio II
Lunedì 28 Gennaio 2013, 21.04.58
24
Tutti i dischi riportati da Rino, per un verso o l'altro, sono ottimi se non storici. Quoto Thor per i Virgin Steele. Ai vertici per me anche i Running Wild con 'branded & Exiled' e i Malice di 'In the beginning' ; ma soprattutto i Warrior di 'Fighting for the earth' , un heavy davvero innovativo per l'epoca
jek
Lunedì 28 Gennaio 2013, 20.32.14
23
Altra carrellata di nostalgia. Grandi uscite ma col problema della partenza per la naja ('fanc...). Taglio dei capelli e poca musica. Ricordo che comprai un Walk-man portandomi una ridda di cassette, come avrei voluto che ci fosse gia il lettore MP3. Il meglio dell'anno fu la tappa a Milano del Life After Death, avevo fatto carte false per la licenza. Per il resto guardie 'fanc...
vecchio peccatore
Lunedì 28 Gennaio 2013, 18.15.23
22
Che annata, "peggio" della precedente, ma comunque indimenticabile. Oltre a capolavori come To Mega Therion, Live after death e Seven churches abbiamo avuto grandi dischi quali Soldiers of the night, Hell awaits, Infernal overkill, Feel the fire, Spreading the disease, Open the gates...
lux chaos
Lunedì 28 Gennaio 2013, 18.08.16
21
Articolo strepitoso e anno indimenticabile!! @vichingo: i bathory sono stati menzionati con the return!
xXx
Lunedì 28 Gennaio 2013, 17.49.39
20
1985: primo disco degli helloween...il resto è immenso (iron, motley, savatage, slayer e chi più ne ha più ne metta) ma per me il top è quello! WALLS OF JERICHO!
vitadathrasher
Lunedì 28 Gennaio 2013, 17.19.46
19
Altri tempi lo scambio dei dischi, il sabato pomeriggio a girare per i negozi con gli amici a spulciare tra i vinili. Oggi abbiamo tutto in un click e in un touch (virtuale) ma..... credo che si sia perso il gusto delle cose e non parlo solo di musica.....
Alcibiade il Maialino
Lunedì 28 Gennaio 2013, 16.28.13
18
Ehi vecchietti.......mancavo solo io, beh avendo vissuto l' epoca in questione non posso che ricordarla con immenso piacere...che anni, uscite discografiche che segnarono la storia del metal. Ricordo come fosse ieri quando comprai Hell awaits non vedevo l' ora di tornare a casa per ascoltarlo anche perche' allora non c'era la moltitudine di riviste che ci sono ora quindi ci si affidava a fanzine o al passaparola quindi li conoscevo solo per la loro fama truce...rimasi folgorato da tanta brutalita'. Altro piccolo aneddoto il mio chiodo con disegnato il logo dei DRI sulle spalle....che anni, che ricordi....sigh.
THOR OF VALHALLA
Lunedì 28 Gennaio 2013, 16.23.55
17
Altro grande articolo e altra grande annata ma fra quelle d'oro del metal per me è la meno eccellente a causa soprattutto della mancata uscita contemporaneamente di un disco da studio dei Manowar,Judas Priest e Iron Maiden,anche se il loro Live after death è grandioso.Questa è stata piu che altro l'annata del consolidamento del thrash metal ma anche in questo campo il meglio è venuto subito dopo.Grandiosi comunque i dischi dei W.A.S.P,Savatage(che all'epoca erano davvero dei grandi),Manilla Road,Accept e Armored Saint.Io avrei menzionato anche il mitico disco di Thor "Only the strong" davvero un capolavoro,il grandioso e epico "Noble savage" dei Virgin Steele e i Vicious Rumors con "Soldiers of the night" che fu un esordio col botto.Unica nota negativa:iniziarono a comparire gruppi di poser da mtv come i Ratt,poi l'anno dopo toccò ai Poison.
therox68
Lunedì 28 Gennaio 2013, 16.03.41
16
csi70: all'epoca la persona alla quale prestai il disco la ritenevo fidata...
csi70
Lunedì 28 Gennaio 2013, 15.34.06
15
quoto therox68 alla grande visto che sono di poco più "giovane".. ci sono album che al tempo ho ascoltato almeno 3 volte al giorno per mesi e con i testi sottomano, cercando con gli amici di avere più news possibili sui gruppi e le loro storie; i dischi a dire il vero li si prestava ai pochi fidati, casomai gli chiedevo la cassetta per registrarli..
Painkiller
Lunedì 28 Gennaio 2013, 15.06.39
14
Beh, cassette e cd avevano una destinazione d'origine diversa da quella della copia, ma servivano per registrazioni audio di conferenze, lezioni etc...o di dati. Se non erro la legge prevedeva la possibilità di farsi una copia dell'originale come back up, ad esempio per tenerla in auto, differente il discorso sugli mp3...ma andremmo off topic. Tornando ai dischi del 1985 io davvero non saprei scegliere quale sia il migliore, rischio la fine dell'asino di Buridano
BILLOROCK fci.
Lunedì 28 Gennaio 2013, 14.14.30
13
Painkiller: che poi se vogliamo è un controsenso, ovvero se è illegale masterizzare e scaricare che cazz.. li vendono a fare i dischi vergini?? Idem hai tempi le musicassette! Se ben ricordo intorno agli anni 90, avevo una cassetta registrata 5 volte, alla quinta volta il volume dello stereo dovevo metterlo al max perchè oramai la qualità era scadente, mi pare che avevo su ozzmosis di ozzy, che poi ho comprato anni dopo in versione cd. oh yeahhh
Painkiller
Lunedì 28 Gennaio 2013, 13.57.32
12
e anche killing is my business...in appendice all'articolo legato a ristampe, edizioni speciali etc...non oso pensare a cosa sarebbero oggi spreading the disease o feel the fire...
Painkiller
Lunedì 28 Gennaio 2013, 13.53.39
11
In quegli anni ho registrato così tante cassette per me e gli amici che oggi altro che incriminazione per scarico illegale!!! a pensarci mi vien da ridere. Credo che dal 1984 al 1990 sia impossibile scegliere per quantità e qualità delle uscite, il meglio dell'heavy metal risiede in quegli anni!!! Hell Awaits...ecco un album che vorrei sentire ri-registrato con tecniche moderne...
therox68
Lunedì 28 Gennaio 2013, 12.25.06
10
Radamanthis: posso provare a risponderti io che nell '85 avevo 17 anni: semplice, nella maggior parte dei casi non ce la facevi e quindi selezionavi e tornavi o provavi a tornare in un secondo momento su quello che avevi "scartato" in prima istanza. Potevi ricorrere alla cassetta e/o ai prestiti e quindi non potevi sottrarti se qualcuno ti chiedeva un disco in prestito con tutti i rischi del caso -mai più vista la mia copia di Maiden Japan- e, in generale, sognavi tanto. Non dico che fosse così per tutti ma credo che il mio ritratto sia abbastanza verosimile.
BILLOROCK fci.
Lunedì 28 Gennaio 2013, 11.49.06
9
Vitadathasher e Radamanthis: Concordo con voi in pieno, ahimè !!
BILLOROCK fci.
Lunedì 28 Gennaio 2013, 11.49.05
8
Vitadathasher e Radamanthis: Concordo con voi in pieno, ahimè !!
il vichingo
Lunedì 28 Gennaio 2013, 11.44.18
7
Scusate ragazzi.. ma i Bathory?
ThoMaS GagLiarDI
Lunedì 28 Gennaio 2013, 11.43.26
6
Minchia regàààà qnd ero young e mi spaccavo 1 beLLa stgnla nei cessi della squola mi sentivo troppo SMOCHIN THE BOYS RUM!!! DA PAUUUURA!!!
Radamanthis
Lunedì 28 Gennaio 2013, 10.50.56
5
Rifacendomi al post di vitadathrasher mi chiedo veramente come facevano i ragazzi in quegli anni a poter star dietro a tutto questo ben di Dio...ora è così semplice, di roba valida ne esce ben poca ed è facile (nonostante la crisi) npotersi permettere di prendere quei 6/7 cd all'anno...lasciamo perdere il discorso mp3 perchè a quegli anni ci si faceva la cassetta...Comunque grande annata, la nascita degli Helloween, Hell awaits, Killing is my business (and businness is goog....), Theater of pain (anche se dei Motley crue c'è di meglio), uno dei più bei live della storia del metal (Live after death, up the Irons!), power of the night...mamma quanta roba!!!! Tornassero ora quei tempi...
vitadathrasher
Lunedì 28 Gennaio 2013, 10.17.40
4
Quanta carne al fuoco.......al tempo non avevo modo di stare dietro a tutte le uscite, oggi esce così poco materiale interessante che ho la possibilità di acquistare tutto ciò che mi ero perso...
The Nightcomer
Lunedì 28 Gennaio 2013, 9.53.43
3
L'articolo lo leggerò con calma appena avrò più tempo, per il momento mi limito a far presente che "We have arrived" dei Dark Angel uscì nel 1984, non nel 1985. La prima edizione fu quella europea su Axe Killer... Solo in seguito sul mercato apparve quella americana.
therox68
Lunedì 28 Gennaio 2013, 2.05.31
2
Non capisco perchè continuo a leggere questi articoli sugli '80, mi verrà un infarto. Piuttosto inventate una macchina del tempo così torno indietro.
Arrraya
Lunedì 28 Gennaio 2013, 1.35.49
1
Allora , l'articolo devo ancora leggerlo, ma posso gia dire con sicurezza che il filotto 82-83-84-85-86 sono gli anni piu importanti, poi l' 86 in particolare per il thrash , l'anno dell'esplosione definitiva. il 1985 è semplicemente un anno straordinario.
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Correva l'anno 1985
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