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HELLFEST - DAY 2 - Clisson, Francia, 22/06/2013
02/07/2013 (3019 letture)
DAY 2

Prosegue da qui

DEAD CONGREGATION – ALTAR STAGE
Già nella mattinata del secondo giorno si possono ascoltare gruppi di ottima qualità, con i greci Dead Congregation a calcare il palco Altar proponendo un death metal oscuro e soffocante, indubbiamente figlio legittimo di leggende quali Incantation e Immolation, fatto di una fitta trama di riff schiaccianti, che non manca di pesantissime parti lente, quasi fangose nell’incedere. Il pubblico non è ancora molto, ma lo show interessante, tanto quanto la proposta musicale del quartetto ateniese.

KROKUS – MAIN STAGE 01
La mattina del second giorno decidiamo di riposare un po’ di più. L’impatto con l’Hellfest sicuramente si è fatto sentire, nonostante il giorno di anticipo che ci ha consentito di acclimatarci con Clisson e con questa particolare tre giorni di follia collettiva in nome della musica. Decidiamo quindi di recarci presso l’arena concerti solo dopo pranzo e qui apprendiamo di alcuni spostamenti nella scaletta del giorno, in particolare per quello che riguarda il Valley Stage. Mentre il tempo si mantiene brutto, ma ancora non accenna a piovere, iniziamo così la lunga giornata di concerti con l’esibizione degli storici Krokus sul Main Stage 01. La formazione svizzera sfoggia per l’occasione una line up piuttosto vicina a quella dei tempi d’oro con il trittico Marc Starace, Fernando Von Arb e Chris Von Rohr pronti a tenere banco con il classico hard rock di matrice AC/DC, spruzzato a volte di puro heavy metal priestiano. Il gruppo macina che è un piacere e il recente album Dirty Dynamite lo testimonia appieno. Certo non si potrà parlare di gruppo innovativo, ma su uno stage, questi vecchi leoni sanno ancora ruggire come si deve e la lunga carriera consente loro di garantire uno show energico e divertente, nel quale ben si cala la cover di American Woman dei The Guess Who che si affianca a classici del repertorio come Heatstrokes, Easy Rocker e Fire e alle nuove Halleluja Rock’n’Roll e Go Baby Go. La voce di Starace resta inconfondibile e così il sound di una band divertentissima, da gustare live. Chiudono lo show Eat the Rich e una terremotante e attesa Headhunter. Da rivedere al più presto.

MONSTROSITY – ALTAR STAGE
A suscitare l’interesse di noi deathster presenti, nel primo pomeriggio sull’Altar stage sono gli statunitensi Monstrosity, dai quali cominciò la carriera del ben più celebre vocalist dei Cannibal Corpse, George “Corpsegrinder” Fisher. La line-up attuale non conta più Fisher tra le sue file e nemmeno molti dei membri originari, ma continua a proporre lo stesso death metal americano alla Malevolent Creation o Deicide, ai quali furono contemporanei, ai tempi degli esordi. La band sa tenere il palco e sfoggia una preparazione non da poco, garantendo efficacia sia sui classici, sia sui pezzi nuovi, pesanti e convincenti.

UNCLE ACID AND THE DEADBEATS – VALLEY STAGE
Ci spostiamo al Valley nel quale assistiamo al primo cambio di scaletta, con i giovanissimi Uncle Acid and the Deadbeats che salgono sul palco. La curiosità nei loro confronti deriva essenzialmente dal fatto che saranno a breve la band di supporto per il tour europeo dei Black Sabbath: un ruolo ambitissimo, ma anche scomodo. Non conoscevo minimamente la proposta della band, ma dopo poche note, tutto diventa molto più chiaro. Parliamo chiaramente di un doom/stoner piuttosto scorrevole e sufficientemente dinamico, anche se piuttosto canonico, la cui particolarità risiede tutta nell’uso continuo di armonie vocali sessantiane acidissime, alla maniera dei Bigelf, che danno un’impronta immediata e facilmente riconoscibile. Lo show è di buon livello e il gruppo dimostra di saperci fare alternando brani più immediati ad altri più cadenzati ed opprimenti. Niente di strabiliante, ma tutto sommato piacevole e ben suonato, con la capacità di farsi ricordare anche a distanza di giorni. Niente male.

EQUILIBRIUM – TEMPLE STAGE
La band epic/viking metal tedesca offre un’interessante esibizione a un pubblico nutrito già nelle prime ore del pomeriggio. La proposta musicale, intensa, epica e carica di melodia, nonché di velocità grazie alla preparazione del batterista, risulta molto apprezzata e la risposta del pubblico è buona, grazie anche al carisma e alla voce del vocalist. Atmosfera e metal aggressivo si mescolano ottimamente e i pezzi risultano anche appassionanti.

WITCHCRAFT – VALLEY STAGE
Restiamo in zona Valley per uno dei concerti più attesi del pomeriggio, quello degli svedesi Witchcraft. La band ha infatti tenuto tutti col fiato sospeso, dopo la cancellazione anche delle date italiane con gli Orchid, annunciando e poi smentendo anche la cancellazione dello show francese. Per fortuna, puntuali come da (cambio di) programma alle sedici e dieci Magnus Pelander e soci salgono sul palco. Il loro show si concentra moltissimo sull’ultimo album Legend, dal quale vengono estratte ben sette canzoni, ad ulteriore testimonianza di quanto la band creda in questo disco, che costituisce di fatto uno spartiacque nella loro carriera. Pelander attira su di sé tutta l’attenzione del pubblico, saltando spesso e tendendo la mano verso il pubblico, seppure la posizione laterale di Oscar Johansson alla batteria sia abbastanza peculiare. Lo sfondo rosso davanti al quale il cantante recita le proprie liriche con una prestazione vocale perfetta, dà un’atmosfera particolare all’esibizione, contrastando moltissimo col nero dei vestiti dei musicisti. Non si registrano particolari cali nell’esecuzione e alla fine il pubblico è entusiasta anche di questa versione più rock ed energica della band svedese, anche se forse qualcosa della magia primeva è andato davvero perduto.

SINISTER – ALTAR STAGE
La leggendaria band death metal olandese calca il palco dell’Hellfest con una line-up che non ha più nulla a che vedere con quella dei gloriosi esordi, eccezion fatta per il batterista originale, ormai da diversi anni solo cantante del gruppo, ma con una voce più che all’altezza delle aspettative. I 5 sono infatti una macchina da guerra ben oliata e procedono alla grande, aiutati da un ottimo equilibrio sonoro sotto il palco, che rende il loro assalto ancora più distruttivo. Un solido pezzo di storia della musica estrema, ormai quasi dimenticato purtroppo, che sa ancora come si suona death metal.

ROTTING CHRIST – TEMPLE STAGE
Gli storici blackster greci Rotting Christ non potevano mancare in un bill così forte sull’estremo, e aprono il loro show con una splendida Forest of N’Gai giusto per ricordare chi sono. Il loro black metal è caratterizzato da melodie epiche e inconfondibili, procede con un’energia indescrivibile mantenendo un equilibrio perfetto tra potenza e atmosfere epiche. Tra gli highlight assoluti l’immancabile King of a Stellar War e la cover di Societas Sathanas del side-project di Sakis, i Thou Art Lord; incredibilmente convincenti anche i pezzi tratti dall’ultima fatica discografica, in particolare In Yumen Xibalba. Chiudono con una recente ma spettacolare In Noctis Era una scaletta breve (qualche classico purtroppo omesso) ma partecipe di uno show unico.

ACCEPT – MAIN STAGE 01
Dopo l’intermezzo estremo offerto dall’ottima accoppiata Sinister/Rotting Christ torniamo verso i Main Stage piuttosto trascurati finora, per l’esibizione di una leggenda teutonica, gli Accept. La band è decisamente in palla, grazie all’ingresso stabilizzante in formazione di Marq Tornillo e alla pubblicazione di due dischi assolutamente degni dello storico monicker come Blood of the Nations ed il recente Stalingrad. Proprio le prime due tracce tratte da quest’ultimo album aprono il concerto dei tedeschi, dimostrando subito come Wolf Hoffmann e soci non scherzino affatto. Quadrati, energici, inarrestabili, i Nostri conquistano velocemente il pubblico francese con i nuovi brani e Tornillo dimostra subito di sapersi calare degnamente nel ruolo con il proseguo dello show quasi interamente dedicato ai cavalli di battaglia della band. Ecco quindi che le varie Restless and Wild, Breaker, Metal Heart (con ritornello cantato a squarciagola da tutti i presenti), Princess of the Dawn e Teutonic Terror vengono accolte una dietro all’altra con enorme partecipazione e soddisfazione da parte dei numerosissimi presenti. Ma le sorprese non sono finite, perché dopo una rinvigorente Ball sto the Wall, ecco una gradita sorpresa: Phil Anselmo, rimasto evidentemente a bordo palco dopo l’esibizione dei suoi Down, irrompe on stage abbracciando Tornillo. Al povero cantante non resta che invitare il deferente collega, per un duetto riuscitissimo sulle note dell’inno Fast As a Shark, al termine del quale il singer statunitense si esibirà in una scenetta degna di Wayne’s World con tanto di inginocchiamento e “non sono degno” di fronte alla trionfante band tedesca. Gran concerto, a testimonianza della ritrovata stabilità in casa Accept.

AMORPHIS – ALTAR STAGE
I finnici Amorphis propongono uno show che ci permette di staccare un attimo dalla brutalità per concentrarsi su melodia ed espressività, ma non è per questo meno intenso: su ritmiche pesanti e distorte si inseriscono i lead chitarristici, la testiera e la splendida voce di Tomi, versatile sull’harsh ma ancor più unica nei puliti e nelle inconfondibili linee vocali, che vedono un coinvolgimento di coinvolti cori da parte del pubblico, sia sulle più recenti quali Silver Bride, che le classiche (vedasi Into Hiding o ancora Of Rich and Poor), per poi unirsi nel finale immancabile, House of Sleep, in cui più volte l’appassionato vocalist alza il microfono verso la folla.

BELPHEGOR – TEMPLE STAGE
Arrivando al palco dei Belphegor, si ha il morboso piacere di vedere subito il palco degli austriaci opportunamente adornato con teste e interiora di capra (credo e spero finte, ma non si sa mai) e cuori trafitti da chiodi. E’ abbastanza evidente ciò che ci aspetterà, e la band sale sul palco senza tradire le aspettative. Dietro al microfono non c’è più Helmuth, che deve aver passato il ruolo di singer all’altro chitarrista per concentrarsi esclusivamente sulla chitarra dopo la grave operazione a cui era andato incontro proprio pochi mesi fa, e proprio per la sua perseveranza merita la mia stima e il mio rispetto. I Belphegor infatti non risparmiano colpi e il loro black/death aggressivo trafigge impietosamente i timpani. Accanto ai pezzi più recenti, molto più validi live che da disco, non mancano i classici, soprattutto la da me tanto sperata Diaboli Virtus In Lumbar Est. Lo stesso Helmuth prende il microfono per dedicare Justine: Soaked in Blood all’eroe celebrato un po’ da tutto questo Hellfest, Jeff Hanneman, mentre la conclusiva Bondege Goat Zombie non lascia dubbi sulla pesantezza di questa esibizione.

ZZ TOP – MAIN STAGE 01
Approfittiamo del break offerto dall’esibizione dei Papa Roach per cenare (e peccato per i Red Fang al Valley) in attesa dell’arrivo sul Main Stage 01 degli immensi ZZ Top. Non nascondo che quella dei texani è una delle esibizioni che attendevo maggiormente e anche una di quelle che alla fine più mi hanno dato in assoluto. I tre sono ancora in formissima, come se un incantesimo li proteggesse dallo scorrere del tempo. Il palco è ovviamente allestito con tre megaschermi che mandano varie immagini tipiche dello scenario western o che recano la chiarissima scritta Basic Amplifiers. Ma, pronti via… Appena saliti sul palco gli ZZ Top non perdono un secondo e subito ci proiettano nel loro mondo con un trittico iniziale da urlo: Got Me Under Pressure, Waitin’ for the Bus e Jesus Just Left Chicago sono blues rock torrido ed è impossibile rimanere fermi e infatti la marea del pubblico, fittissimo sotto il palco, ondeggia e balla, canta con Billy Gibbons e sembra davvero divertirsi. E’ impagabile vedere scene del genere ad un festival metal: quanto c’è ancora da imparare in Italia in questo senso! Ma ecco il primo colpo: Gimme All Your Lovin’ conquista definitivamente tutti i presenti, che in coro intonano il ritornello. Gibbons e soci se la ridono contenti, splendidi nei loro completi da bandoleros di confine, con tanto di bandana e stivaloni a punta. Lo show prosegue tra brani nuovi (I Gotsta Get Paid e Chartreouse) e vecchi classici (da Flying High a Pin Cushion), fino a uno degli highlights del concerto, l’esecuzione della cover di Foxy Lady, cover di Jimi Hendrix, che scatena davvero il delirio, seguita da My Head’s in Mississippi e dal duo Sharp Dressed Man e Legs con tanto di chitarre di pelo. E’ il momento di un salto nel passato ed è ancora delirio per La Grange e la consueta chiusura con l’irresistibile Tush. Niente da dire: saranno vecchi, malandati, superati, ma gli ZZ Top sul palco non temono niente e nessuno. Gibbons e Dusty Hill sono un duo fenomenale, tanto a livello strumentale quanto a livello vocale e Frank Beard resta un signor batterista, quadrato e preciso. Il resto lo fanno il feeling, il carisma inimitabile e un filotto di grandi canzoni. Non si diventa leggende a caso e gli ZZ Top sono semplicemente tra i più grandi di sempre.

MANILLA ROAD – VALLEY STAGE
Gli spostamenti del Valley hanno creato, malgrado la buona volontà degli organizzatori, un buco nella scaletta, che è stato gentilmente colmato dai Manilla Road ai quali non deve essere parso il vero di poter suonare un set più lungo di quello originariamente previsto. Un’occasione che la band di Mark Shelton non si fa scappare, dando vita probabilmente all’esibizione più coinvolgente ed emozionante della giornata e una delle più impressionanti dell’intero festival. L’avvicendamento vocale tra il gigantesco Bryan Patrick e Mark Shelton è forse la migliore cosa che poteva succedere ai Manilla Road, data l’assoluta fedeltà che il cantante riesce ad imprimere ai classici della band, che ne risultano rinvigoriti e rinnovati. Da parte sua, The Shark non rinuncia ad intonare alcune canzoni, dando al tempo stesso una prova clamorosa alla chitarra. Ma il vero protagonista della serata, è forse proprio il batterista Andreas Neuderth, capace di rinverdire i fasti del glorioso Randy ‘Thrasher’ Foxe, con una prestazione clamorosa, potentissima e costantemente pronta ad alzare il tiro di brani che vanno via con una veemenza inaudita. Si potrebbe dire che gli attuali Manilla Road siano infatti in grado di sublimare la velocità e la furia di un gruppo thrash e la potenza e la solennità di un gruppo epic. Un connubio esaltante che sin dall’inizio dell’esibizione non concede requie né ammette repliche. Open the Gates e Only the Brave sono già caldissime e a queste fanno seguito in rapida successione altri pezzi da 90 come Masque of the Red Death, Hammer of the Witches e Witches Brew, fino a Road of the Kings e Mystification, in un continuo saliscendi emozionale. Eppure è con l’esecuzione dell’inaspettata Cage of Mirrors dal primordiale Metal (1982) che il concerto raggiunge il suo apice, grazie all’alternarsi della strofa a mo’ di cantilena intonata da Shelton a cui fa da contraltare la tuonante parte strumentale eseguita dalla band, praticamente thrashy e il ritornello intonato da Patrick con trasporto ed energia. Da qui si dipana la devastante parte finale del concerto interamente concentrata sul classico Crystal Logic, dal quale vengono estratte in successione The Riddle Master, la strepitosa Flaming Metal System (da delirio totale), Crystal Logic e Necropolis. Semplicemente incontenibile l’entusiasmo dei presenti, per un’esibizione che non ha avuto il tutto esaurito (peggio per chi non c’era), ma ha raccolto il vero delirio da parte di chi ha deciso di dare fiducia a questa incredibile band. Epicamente vincitori, sotto ogni punto di vista.

CANDLEMASS – ALTAR STAGE
E’ con un certo dolore che arriviamo al primo vero momento di dubbio dall’inizio del festival: sul The Altar Stage stanno infatti già suonando i Candlemass, mentre sul Main Stage 01 sta per avere inizio il concerto degli headliner, i Kiss. Il tutto, mentre i Manilla Road forti dell’extratempo loro concesso hanno ampiamente sforato i tempi previsti. La consapevolezza che questa poteva essere in effetti l’ultima occasione di vedere i Maestri del doom svedese, ci porta infine alla scelta definitiva, sotto il tendone dell’Altar, proprio mentre la band sta intonando uno dei suoi classici assoluti, Dark Reflections. Per il resoconto completo dell’esibizione, lascio però la parola al collega Nicolò Brambilla ‘Nicko’.
Headliner d’eccezione per l’Altar in questa sera del secondo giorno i veri e propri veterani del doom metal classico, i grandissimi Candlemass, che salgono sul palco con il nuovo vocalist e (relativamente) freschi della nuova release, da cui traggono la convincente Prophet proprio in apertura. Il suono dei Candlemass è veramente unico, sfruttano la lentezza e la pesantezza di riff compatti, ispirati e che rapiscono immediatamente l’ascoltatore grazie alla loro ispirazione epica. I passaggi di classici come Bewitched e At the Gallows End sono emotivamente densi e coinvolgenti, anche se la voce di Mats Leven non regge il confronto con quella dell’indimenticabile Messiah, ma è un’eredità pesante. Solo a tratti l’esibizione sembra perdere la sua energia iniziale, forse a causa della non troppo calorosa partecipazione del pubblico, forse anche per i suoni del soundcheck sul palco antistante, che hanno talvolta disturbato le parti acustiche e atmosferiche (quindi non in grado di coprire gli altri suoni esterni); ciò nonostante il finale, con l’immancabile Solitude, è impagabile e vale da solo uno show che pur avendo mostrato qualche alto e basso, è stato comunque immancabile.

KISS – MAIN STAGE 01
Appena risuonano le ultime note dei Candlemass, schizziamo fuori dal tendone gemello e ci dirigiamo verso il Main Stage 01 presso il quale un vero oceano di persone sta assistendo al concerto degli headliner Kiss. Siamo già abbondantemente nella seconda parte dell’esibizione dei nostri e quando arriviamo al palco è in pieno svolgimento l’assolo di Tommy Thayer su Outta This World, con numerosi razzi che partono dalla chitarra, doppiato poi dall’assolo di Eric Singer alla batteria. Inutile dire che la scenografia è a dir poco elefantiaca: luci, megaschermi, la pedana su cui è montata la batteria che si alza a diversi metri dal palco, fuochi d’artificio, addirittura un bazooka da cui Eric spara coriandoli sul pubblico. Tutto è esagerato, come da migliore tradizione, tranne un particolare non proprio secondario: il volume. Sarà il vento, sarà che la marea di gente presente ci costringe piuttosto lontani dal palco e spostati anche rispetto all’impianto, ma in effetti il tutto appare decisamente e maledettamente basso! Insomma, siamo ad un concerto dei Kiss o stiamo ascoltando la radio discreta del vicino del piano di sopra? Qualcosa non torna e forse anche perché già provati dalle altre esibizioni roventi della giornata, restiamo in disparte, più che altro incuriositi dallo show, senza in realtà eccessivi motivi di coinvolgimento. Subito dopo l’assolo del dinamico duo, arriva il momento di God of Thunder e della conseguente “trasformazione” di Gene Simmons che inizia a sputare sangue in maniera decisamente coreografica. Molto più divertente l’esecuzione di Lick It Up, mentre per Love Gun un esaltato Paul Stanley aggrappato ad una carrucola, vola letteralmente su tutta la platea, per andare poi a posizionarsi sulla torre del mixer di fronte al palco, eseguendo così l’intera canzone da lì sopra. Ma le emozioni non sono ancora finite e durante Rock and Roll All Nite le esplosioni si sprecano, mentre Gene Simmons e Tommy Thayer si inerpicano sopra il pubblico grazie a due pedane spericolatamente lanciate al di sopra delle teste degli spettatori e il solo Stanley resta sul palco, mentre anche la pedana di Singer si innalza di nuovo. Salve esplosive ovunque, ma non è certo finita. Tocca a Detroit Rock City e a un quantitativo immenso di coriandoli sparati su tutto il pubblico per diversi minuti (si parla di svariati tir di coriandoli lanciati) durante l’esecuzione del brano. Chiude l’esibizione Black Diamond, cantata ottimamente da Eric, mentre i fuochi d’artificio continuano ad esplodere. Il Mito resiste ancora. A termine di questa vera e propria ridda di effetti speciali, la band si congeda lasciando sul megaschermo un inequivocabile “Kiss Loves You Hellfest”.

IMMORTAL – TEMPLE STAGE
Un afflusso incredibile di persone accoglie gli Immortal davanti al Temple, registrando la folla più numerosa sotto il famigerato tendone blu (con palchi Altar e Temple) durante tutti i tre giorni del festival. Fumo e fiamme apre l’esibizione di Abbath e soci, che garantisce di non mancare di spettacolarità. Sulle note di Sons of Northern Darkness il trio norvegese dimostra di essere decisamente in forma: i suoni sono altissimi, ma ogni nota è precisamente distinguibile e lo show risulta godibilissimo in tutta la sua intensità, arricchita dalle luci del palco (tra cui il pentacolo luminoso sopra le teste dei musicisti) e dalle fiamme. Abbath non solo è in ottima forma vocale, ma è anche frontman eccezionale e carismatico, ben lontano dall’osteggiata serietà di molti blackster, soprattutto nell’incitare la folla, lanciarsi nell’ormai inconfondibile “passo del granchio” o fare numeri da mangiafuoco. La scaletta è incentrata quasi totalmente su gli album Sons of Northern Darkness e l’ultimo All Shall Fall e benché pezzi come Tyrant e In My Kingdom Cold siano veramente spiazzanti per intensità e freddezza di precisione esecutiva, si sente la mancanza di qualche grande classico. Lasciano la numerosissima e calorosa folla di fan con l’immancabile Withstand the Fall of Time e un’impietosa One by One in chiusura.

MORBID ANGEL – ALTAR STAGE
E’ il momento di chiudere una giornata ricchissima di metal estremo con uno dei nomi più prestigiosi che si potessero chiamare, i grandissimi Morbid Angel. Per chi li avesse snobbati live negli ultimi due anni dopo l’infausta release di Illud Divinum Insanus, sappia che si è perso un vera e propria macchina da guerra che ha poco da invidiare agli anni passati, grazie anche a Tim Yeung alla batteria, che rappresenta un sostituto incredibile per Sandoval, grazie a una velocità e a un tecnica praticamente unica. Come da tradizione, l’apertura dello show celebra immediatamente la storia di questi pionieri dell’estremo con Immortal Rites, seguita a ruota da Fall from Grace. Un carismatico e imponente David Vincent non manca di ricordare il ventesimo anniversario dello storico Covenant, proponendo pezzi da novanta quali Rapture, Pain Divine, Sworn to the Black. Impressionanti come sempre, in grado di spremere quel poco di forze rimasta da un pubblico praticamente esausto a colpi di death metal intenso e infernale. In chiusura, Lord of All Fever and Plagues agita un moshpit nel pubblico, seguita dalla feroce Chapel of Ghouls, intervallata dal caotico e lovecraftiano assolo di Mr. Trey Azagthoth, e subito lasciano il palco dilaniato e riecheggiante della loro musica luciferina.

Report di Dead Congregation, Monstrosity, Equilibrium, Sinister, Rotting Christ, Amorphis, Belphegor, Candlemass, Immortal, Morbid Angel, a cura di Nicolò Brambilla 'Nicko'

Report di Krokus, Uncle Acid and the Deadbeats, Witchcraft, Accept, ZZ Top, Manilla Road, Kiss, a cura di Saverio Comellini 'Lizard'



Lizard
Giovedì 4 Luglio 2013, 18.45.19
20
La critica quando motivata e' sempre ben accetta, ma non occorre essere dei Papa Boys per evitare di offendere a gratis chi non condivide i nostri gusti o le nostre visioni della musica o di altro, tutto qui. I toni forti ci stanno anche, basta non rimanere prigionieri del proprio personaggio
THOR OF VALHALLA
Giovedì 4 Luglio 2013, 18.33.14
19
Lizard e Thrasher mi spiace per i miei toni ma sono fatto cosi in fondo dai siamo metallari non papa boys le prossime volte proverò a stare piu calmo, non dico di possedere la verità assoluta ma penso sia legittimo e doveroso lamentarsi contro gli organizzatori italiani per come abbiano fatto decadere negli ultimi anni la qualità dei nostri festival, non voglio tirare merda gratuita sull'italia ma semplicemente penso e oltre a me lo pensano in tanti che ormai i grandi festival come i vecchi monsters of rock o i gods of metal del 98 o 2000 o 2002 ce li possiamo dimenticare dato che quei *censura* della live organizzano festival sempre piu scadenti a prezzi sempre piu alti
Matocc
Giovedì 4 Luglio 2013, 14.19.10
18
ZZ Top... sbaaaaavv! anch'io me li sono inspiegabilmente persi quando vennero a Vigevano! devo assolutamente rifarmi appena ne avrò l'occasione
Celtic Warrior
Giovedì 4 Luglio 2013, 13.28.59
17
Ottimo lavoro raga , zio caro che che festival favoloso mi sarebbe piaciuto esserci , soprattutto per vedere i Manilla Road , che da quello che ho letto hanno letteralmente spaccato.
MINKIO@HYPNOTHETICALL
Giovedì 4 Luglio 2013, 10.44.57
16
Per me i CANDLEMASS son stati il miglior gruppo del Festival....poi eh, Asphyx, sinister, criptopsy, Testament, Def Leppard, Mannilla Road, At the Gates....una scorpacciata!! OTTIMO FESTIVAL penso che ci tornerò!!
Lizard
Mercoledì 3 Luglio 2013, 19.31.02
15
Se metterli tutti sul Main Stage 02 significa 'ghettizzare' pero' scusa brainfucker non ho proprio capito qual e' il legame logico con gli ZZ Top, nel senso che non sono metal neanche loro? Comunque c'e' una certa tendenza alla 'specializzazione' anche dei Main Stage: per dire il giorno prima c'erano stati molti gruppi thrash sul Main Stage 2 e molti hard rock sul MS1.
brainfucker
Mercoledì 3 Luglio 2013, 19.16.16
14
bhe secondo me non è stata una cosa pianificata,non avrebbe senso ghettizzare il "false metal" per poi mettere headliner gli zztop..e cmq bisogna ricordare che di certo in francia non stanno in crisi come noi, in italia al momento sarebbe impensabile un bill del genere, e intendo proprio a livello di fondi. ma c'è davvero gente che ascolta i papa roach? manco all'asilo nido!
The Void
Mercoledì 3 Luglio 2013, 14.43.21
13
@jimi: si, vennero qui al summer...e si, sono stati grandiosi
The Thrasher
Mercoledì 3 Luglio 2013, 14.29.01
12
@THOR OF VALHALLA: vorrei invitarti a tenere toni più consoni ad una conversazione civile, senza mancare i rispetto a ciò che non rientra nei tuoi apprezzamenti. La gente dovrebbe imparare a non gettare gratuitamente merda su ciò che non gli piace, perchè nessuno di noi è possessore della verità assoluta di cio che è bello e cio che non lo è... e non parlo per difendere qualcuno, il RISPETTO va osservato nei confronti di CHIUNQUE. bye
Lizard
Mercoledì 3 Luglio 2013, 14.27.33
11
A parte il linguaggio intollerabile caro Thor vorrei fare presente che le bottigliate et similia sono un gesto da incivili e all'Hellfest queste cose sono improponibili. Il senso di fratellanza e unione che si respira al di la' dei gusti e' totale. Questo si' che in tanti in Italia dovrebbero impararlo.
THOR OF VALHALLA
Mercoledì 3 Luglio 2013, 14.14.01
10
Theo pensa che al gods of metal del 2010 hanno pure messo quei finocchi ermafroditi a suonare dopo i Saxon e Udo, venisse un megacanchero agli organizzatori mortacci loro
THOR OF VALHALLA
Mercoledì 3 Luglio 2013, 14.11.38
9
Dev'essere stato veramente un gran bel festival ben organizzato e con parecchi gruppi di tutto rispetto non come quella porcata del nostro sonisphere povera italia purtroppo per l'ennesima volta facciamo una miserabile figura di merda nei confronti di gente che non ha ancora imparato a lavarsi il culo dopo aver cagato, ottima soprattutto la scelta di 6 stage in modo da accoppiare coerentemente i vari gruppi per soddisfare i fan di tutti i tipi, hard rock, heavy classico, thrash, death, power, doom, anche punk o hardcore e soprattutto hanno tenuto gruppi false metal come korn, bullets for my valentine e papa roach in uno stage a parte per evitare casini e bottigliamenti vari quando invece da noi non si sono mai fatti scrupoli quando si è trattato di mischiare la merda alla cioccolata.Francia 10 - italia 0.
Er Trucido
Mercoledì 3 Luglio 2013, 12.51.24
8
Vero Lambru, correggo io. grazie della segnalazione
LAMBRUSCORE
Mercoledì 3 Luglio 2013, 12.48.11
7
Piccolo appunto: Covenant dei Morbid Angel, ventesimo anniversario, visto che è del 1993, non venticinquesimo.
Jimi The Ghost
Mercoledì 3 Luglio 2013, 12.25.57
6
Ho notato grazie alle foto 29 e 30 proprio sui ZZ Top, un ottimo "telaio" in primo piano. Ecco, Grazie anche per questo..
Jimi The Ghost
Mercoledì 3 Luglio 2013, 12.22.32
5
@Lizard: LUCCA?..maledettamenti vicini. Mi accontenterò nel tentare di farmi allungare la barba come i mititci! Sono ancora forti e trascinanti dal vivo, vero?
Lizard
Mercoledì 3 Luglio 2013, 11.57.25
4
@Jimi: dovevo assolutamente rimediare ad una grave mancanza in cui ero incorso qualche anno fa quando vennero a Lucca e io non so per quale motivo inconcepibile non andai a vederli. Ma hanno ripagato alla grande
Theo
Mercoledì 3 Luglio 2013, 9.54.42
3
Scusate lo sfogo... Grande report come sempre!
Theo
Mercoledì 3 Luglio 2013, 9.54.12
2
Stavo guardando la locandina... Bullet For My Valentine segnalati in grande come headliner, Kreator ed Helloween tra i nomi secondari. Wow.
Jimi The Ghost
Mercoledì 3 Luglio 2013, 8.59.22
1
Ho resistito fino adesso...ma sui ZZ TOP ecco, vi invidio maledettamente...
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