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METALDAYS - DAY 1 - Tolmin, Slovenia, 22/07/2013
02/08/2013 (3036 letture)
Poco prima delle nove di mattina avviene il lento rituale del risveglio, accelerato dai rumorosi movimenti nei dintorni, e soprattutto, dalla dolce coccola del sole, che trasforma la tenda di due metri per uno e mezzo nell’equivalente claustrofobico di una corsa sotto 40 gradi alle due del pomeriggio.
Quindi doccia rapida -se dovete, e dovrete, rammentate le ciabatte, il fondo dei bagni, seppur ripuliti ai primi chiarori, ci impiega un battito di ciglia a divenire un fiume di fango-erba-sporcizia impossibile da discernere, rendendo la refrigerante esperienza uno slalom che nulla avrebbe da invidiare alle competizioni sciistiche mondiali- e prima spesa, puntando ai generi immancabili per una discreta colazione.
Il calcio d’inizio è fissato per l’una e tre quarti al main stage, tuttavia decido di avviarmi verso il maggiormente ombreggiato second stage, dove resterò per un paio d’ore, scoprendo alcune formazioni di discreto richiamo. Di seguito il report, diviso per palco d’appartenenza, della giornata.

THE LOUDEST SILENCE
Il battesimo del fuoco sono i bosniaci The Loudest Silence, fautori di un manieristico symphonic metal, naturalmente female fronted. Nonostante la band su palco si impegni con convinzione nel coinvolgere l’esigua folla radunatasi nelle vicinanze, la proposta musicale è scarsamente innovativa, eccezion fatta per alcuni intrecci di chitarra e tastiera di fattura pregevole. Notevole pure la forma fisica/artistica dell’addetta al microfono, davvero un peccato che i suoni, complice la fascia oraria, penalizzino la sua esecuzione esente da tentennamenti.

AGAN
Un quarto d’ora e appare il terzetto sloveno degli Agan, pagan black con non celabili influenze finlandesi (Ensiferum) e norvegesi (probabilmente i Taake, accentando la doppia natura, ferale e drammatica), a cui vanno sommate le sfumature raccolte dai geograficamente vicini austriaci, i Summoning, i quali si riverberano nella volontà di plasmare sovrapposizioni vocali ed echi melodici piacevoli, anelando alla dimensione epica raggiunta dal celebre duo. Tenuta del palco promettente, considerata la giovanissima età dell’act, ampiamente supportato dal caldo pubblico “casalingo”.

AVINCULARIA
In seguito alle coraggiose gesta lodate dai predecessori è ora di distruggere le proprie certezze abbandonandosi alla furia brutal death/grindcore dei croati Avincularia, confusionari, veloci, grezzi, trascinanti, ma troppo simili a qualsivoglia altra declinazione del genere. Buon intermezzo.

NEUROTECH
La prima delusione. I Neurotech erano il progetto pubblicizzato nella homepage del Metaldays, l’orgoglio della vicina capitale Lubiana, in grado di unire le anime dell’industrial e della musica classica. Non è necessario aggiungere quanto ciò abbia solleticato l’immaginazione di una pletora di appassionati, ansiosi di gustare la mezz’ora concessa al mastermind Wulf. Il vulcanico sloveno ha sì preso posto, acceso gli strumenti e preparato la scaletta, però, purtroppo, la tecnica, sua quotidiana alleata, lo ha abbandonato dopo neppure il termine del secondo pezzo. Il demone più temuto da chi affida il successo della performance ad una scatola nera chiamata computer portatile si è materializzato, obbligando il giovane musicista ad interrompere il concerto, con enorme disappunto del folto pubblico.

4ARM
Approfittando del lasso guadagnato dall’interruzione improvvisa dei Neurotech, scivolo a vedere gli ultimi minuti degli australiani 4arm,schedulati al main stage, thrash e groove servito senza grossi complimenti. L’ombra lunga dei Metallica è innegabile, ma, a giudicare da quanto osservato, il terzetto ha le qualità per imporsi sul mercato, in virtù dell’asettica potenza delle pennate in downstroke e dell’energica presenza scenica del frontman Danny Tomb. Da seguire.

INCINERY
Dall’aristocratica Albione giungono gli Incinery. Di supporto al loro ultimo EP uscito quest’anno, evidenziano capacità tecnica sopra alla media, che permettono paragoni con gli umbratili Meshuggah, soprattutto per ciò che concerne la violenza esibita in trenta minuti. Un assalto privo di tregua, a cui la diversificazione dell’offerta è sacrificata, sudore, battute di lunghezza effimera, furiosi tappeti di doppio pedale, assolti velenosissimi, scarnificanti linee di basso, accendono la platea, che comincia a scaldarsi.

MOUTH OF ARCHITECT
I Mouth Of Architect hanno attraversato un periodo in cui la stessa essenza del gruppo ha rischiato di dissolversi, disintegrata dal grave peso del continuo paragone con gli Isis, della perenne stagnazione nell’underground -esclusi dal giro dei “grandi” non avendo un forte tratto che potesse allontanarli dall’etichetta di “wannabe Neurosis- costringendo i membri a lavorare d’equilibrio, cercando disperatamente di mantenere un nesso tra musica e rapporto umano. Vederli esibirsi, con un nuovo disco, dal profetico titolo Dawning, mi ha -perdonate il passaggio alle considerazioni soggettive- riempito il cuore. Gli americani hanno riproposto la potenza del drumming che ancora li mantiene nella sfera del post-metal, mentre i tre vocalist, il tastierista Jason ed i due chitarristi Steve e Kevin, in guisa tale da affiancare il cavernoso growl accostabile al timbro in Dark City, Dead Man dei Cult Of Luna, costruiscono un climax emozionale quasi insopportabile nella luce della prima sera, allorché il sole tramontante scambia un silenzioso saluto con l’arrivante oscurità. Sottovalutati, dimenticati, sovente incompresi, il prodotto della Translation Loss Records orchestra uno show ipnotico, immerso nelle tonalità diafane delle luci delle impolverate highway statunitensi. Persone gentilissime la mattina seguente, a disposizione per ogni richiesta, approfondimento, congratulazione, benché, di lì a mezzo giro d’orologio, dovessero ripartire alla volta di Belgrado.

ENSIFERUM
Correndo fino all’area stampa, riesco a cogliere i rimasugli del celeberrimo quintetto finnico, conforme alla lodata euforicamente apparizione in terra italica, in quel di Bagnatica, in occasione del Fosch Fest. Presenti mi hanno confermato la tracklist, e il piglio affinato dal mestiere, la vera differenza che intercorre tra un ensemble di dilettanti ed un clan di professionisti. Giudicando da circa venti minuti, assorbiti sporgendomi dalla balaustra della zona stampa, la qualità dei suoni è estremamente curata per il main stage quanto è volentieri approssimativa in zona second stage. Una disparità di trattamento assolutamente non giustificata.

HAMMERCULT
Ultima band prima degli headliner serali, riportano le lancette indietro agli anni in cui il verbo estremo era diffuso dai nativi di Manchester, i Venom. Nessun fronzolo, velocità, riff scolastici ma altamente efficaci, fiumi di nettare biondo sono gli ingredienti per cinquanta minuti spensierati, guidati dall’abile domatore Yakir. Già partecipando attivamente alle prime composizioni, si comprende il motivo per il quale i nostri hanno trionfato alla battaglia delle band al Wacken 2011. We want more!

IN FLAMES
Il melodeath svedese cala su Tolmin, conquistando l’intera area dedicata al main stage, come d’altronde già accennato. Un’ora e mezza poderosa, scevra da sbavature, pulita, encomiabile. Pur non essendo un estimatore del gruppo di Gothenburg, indi non un esperto in grado di valutare e riconoscere le nuance insite nell’esibizione, ho apprezzato parecchio il talento del quintetto, unico headliner a tenere perfettamente fede alle mie aspettative alla partenza. I riff sono stati macinati con estrema naturalezza, la sezione ritmica ha mantenuto una struttura portante affidabile, le linee vocali sostenute da una preparazione certosina, ogni cosa accessoria trova il suo posto senza apparenti forzature. Un buon incoraggiamento a prendere in mano la lunga loro discografia. Per gli interessati ho comunque procurato la tracklist della serata.

SETLIST IN FLAMES:
1. Sounds of a Playground Fading
2. Where the Dead Ships Dwell
3. Pinball Map
4. Alias
5. Trigger
6. Embody the Invisible
7.Cloud Connected
8. The Hive
9. Only for the Weak
10. Ropes
11. Fear Is the Weakness
12. The Quiet Place
13. Delight and Angers
14. All for Me
15. The Mirror's Truth
16. System
17. Deliver Us
18. Take This Life
19. My Sweet Shad


PENTAGRAM
L’ultimo tassello della giornata è rappresentato dai doomster Pentagram. Ahimè, non ho fatto i conti con la stanchezza accumulata. Mai calcolo approssimativo arrecò più nocumento al desiderio di lasciarsi penetrare dall’avvolgente lentezza degli americani. Reggo a malapena la prima parte del concerto, poi decido a malincuore di rincasare nella mia tenda. La sconfitta brucia, essendo stata la scelta dei brani di mio gusto e il buio completo l’ambientazione ideale. Mi rifarò, con gli interessi, assistendo al malsano rituale dei Taake mercoledì. Come sopra, allego tracklist passatami da uno dei numerosissimi giornalisti accreditati.

SETLIST PENTAGRAM:
1. Sign of the Wolf (Pentagram)
2. Wheel of Fortune
3. The Ghoul
4. Treat Me Right
5. Forever My Queen
6. Review Your Choices
7. Everything's Turning to Night
8. When the Screams Come
9. 8
10. All Your Sins
11. Petrified
12. Relentless


Riassumendo la prima giornata: non è possibile non ammettere uno squilibrio tra i due palchi, dovuto in primis all’audience, attratta dalla maestosa architettura del main stage, penalizzando l’intimità irripetibile del second stage, effettivamente -se fornito di suoni pari al fratello maggiore- studiato per accogliere quelle formazioni la cui idea di arte necessita una vicinanza emotiva tra chi imbraccia lo strumento e chi è il destinatario delle note emesse, ma che non deve scontare tale ricerca di un abbraccio metaforico smarrendo i suoi discepoli negli attimi chiave (incredibile che a vedere i Mouth Of Architect ci fosse forse un quinto della gente sotto al palco agli Ensiferum…gli esempi, purtroppo, potrebbero proseguire). Premesso ciò, il lunedì, primo giorno di Metaldays propriamente detto, non fa altro che confermare quanto di buono si è sempre sostenuto riguardo al festival (commenti poco gentili riguardo alle sovrapposizioni insensibili ai sentimenti dei seguaci del metallo a parte).



Punto Omega
Venerdì 2 Agosto 2013, 21.46.18
6
Ahti: ma infatti vedere tutto è praticamente impossibile: calcola che il primo giorno mi sono perso i Pentagram (band che voglio vedere da una vita) a causa di condizioni fisiche estremamente precarie (stavo veramente malissimo e non a causa di alcolici). Comunque il prossimo anno ritorno al 100%.
Ahti
Venerdì 2 Agosto 2013, 19.02.42
5
@Punto Omega: mi dispiace davvero, essendo solo ho dovuto scegliere, scendendo a patti con fame, sete e stanchezza so che ne hanno parlato davvero bene, ma odio riportare cose che non ho visto di persona, affidandomi alle voci di corridoio! J.
Al
Venerdì 2 Agosto 2013, 15.52.26
4
non e' incredibile che a vedere gli ensiferum ci fosse cinque volte la gente che c"era per i mouth of architect, anzi mi sarei stupito del contrario
Jalava
Venerdì 2 Agosto 2013, 15.37.54
3
Attendo con ansia anche il report dei giorni successivi!! Ogni anno sempre una bella esperienza!
Punto Omega
Venerdì 2 Agosto 2013, 13.35.34
2
Mah, concordo su quanto scritto sui Mouth of the Architect, però dai manco una menzione su Overkill (concerto migliore della giornata, nonostante odi la voce di Ellsworth) e sui Benediction (grezzi, minimali e con un Dave Hunt da applausi). L'unico problema è stata la sovrapposizione dei due concerti per 15 minuti circa. Tanto di cappello però per aver seguito anche le band emergenti che suonavano il primo pomeriggio, cosa che in cinque giorni non ho mai fatto.
gianmarco
Venerdì 2 Agosto 2013, 13.29.05
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