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ODD DIMENSION - Tempi Moderni
13/08/2013 (1489 letture)
L’occasione era ghiotta, lasciarsela sfuggire sarebbe stato sciocco. Una delle migliori realtà in ambito prog italiano, Odd Dimension è una creatura viva più che mai come dimostra il loro ultimo album. Trattare argomenti spinosi come l’alienazione sociale, la crisi di identità dell’uomo moderno, non è qualcosa che tutti sono in grado di fare ma, da come si evince dalla recensione prima e dall’intervista poi, in Italia di classe ne abbiamo da vendere. Purtroppo non tutto è lucente. Alcuni angoli bui esistono e sono sotto gli occhi di tutti.

Ad Astra: Ciao ragazzi, intanto benvenuti su Metallized.it e grazie per l’intervista, è un piacere per noi.
Odd Dimension: Un saluto a tutti i lettori di Metallized.it!

Ad Astra: Vorrei partire subito in quarta parlando del nuovo nato in casa Odd Dimension: The Last Embrace to Humanity è un nuovo tassello nella vostra discografia e a mio avviso rappresenta un netto passo avanti se confrontato col precedente Symmetrical. Siete d’accordo con questo punto di vista?
Gigi Andreone: The Last Embrace to Humanity è stato un lavoro costruito da tutta la band durante ed immediatamente dopo il tour europeo seguito al debut Symmetrical, molti sono i cambiamenti e le esperienze che hanno portato a questo lavoro indubbiamente più maturo del precedente che rappresentava forse una parte più ‘giovanile’ delle nostre composizioni. Cerchiamo sempre di mantenere in movimento la nostra musica per allinearla alle nostre esperienze personali, senza preclusioni o preconcetti. Dai riscontri avuti sin ora appare evidente un passo avanti e questo non può che farci piacere!

Ad Astra: La chiave della buona riuscita del vostro album sembra essere l’intesa che si è sviluppata tra voi, il fatto di porre lo spirito di squadra al di sopra delle volontà dei singoli, all’insegna del detto, quanto mai appropriato come in questo caso, che l’unione fa al forza. Mi viene in mente una parola (che ho utilizzato anche nella recensione del disco): "comunione". Ma è davvero così come sembra, oppure tra voi c’è un mastermind?
Gigi Andreone: Direi che hai colto a pieno lo spirito della nostra band, derivante anche dal duro lavoro fatto insieme in sala prove per molti anni, senza mai accettare compromessi per ‘accelerare’ la nostra emersione. Il lavoro è corale, si parte da un’idea o da un riff di un singolo e lo si sviluppa in sala, in parallelo si lavora ai testi ed alle linee vocali. Ognuno mette a servizio il proprio livello di esperienza per l’obiettivo comune della migliore espressione possibile della nostra musicalità ed in questo caso del preciso concept testuale che volevamo esprimere.

Ad Astra: Parlando invece del tema che viene trattato nell’album (sempre che sia possibile trovare un tema comune a tutti i brani) vi propongo di approfondire l’argomento contenuto nella seguente frase estratta dalla recensione: "Alla nascita di ogni nuova generazione c’è un aumento esponenziale della superficialità verso la natura e la storia dell’uomo, si trascorrono ore dinnanzi ad un monitor e il tutto viene sacrificato in nome del futile vivere. Un appagamento del vuoto con un nulla costante". Si tratta secondo voi di un ritratto veritiero della società moderna? I testi fanno riferimento prevalentemente a temi come questo, oppure contengono anche significative variazioni sul tema?
Gigi Andreone: Il disco ruota attorno ad un concept ben preciso, abbiamo voluto rappresentare l’alienazione umana dei tempi moderni nei vari aspetti della vita comune che va ad intaccare lavoro, affetti, prospettive future etc… in un’epoca in cui viviamo una palpabile e progressiva distruzione di tutto quello che era lo status quo della seconda metà del secolo scorso. Tutto questo sotto la guida di una mano invisibile che quasi pilota i nostri destini in funzione del raggiungimento di obiettivi che non possiamo comprendere ma viviamo sulla nostra pelle. Tra i vari aspetti toccati anche quello che tu hai ben colto dell’annullamento progressivo derivante dall’immersione in un sistema in cui è estremamente facile comunicare ma in cui spesso le persone non hanno nulla da comunicare, svuotate in fondo dei loro obiettivi di vita.

Ad Astra: La tentazione di sperimentare, fare prove su campi distanti dal vostro c’è stata oppure avete preferito mantenere un trademark che fosse riconoscibile e rispecchiasse appieno l’identità del monicker Odd Dimension? Molto spesso, quando si tenta la carta della sperimentazione fine a se stessa, il risultato non è così soddisfacente. Voi vi siete semplicemente fatti trasportare dalla vostra ispirazione o il risultato era già stato pianificato a tavolino?
Gigi Andreone: Considerando le nette differenze sonore e stilistiche credo ci si sia messi in gioco non poco, guidati comunque dalla tradizione della band per quanto riguarda le tematiche impegnate e la ricerca sonora, in questo caso il concept richiedeva un suono più oscuro, reso al meglio dal lavoro fatto in fase di produzione.
Odd Dimension nasce e cresce come un progetto in cui si canalizzano le molto varie influenze dei singoli membri della band (coinvolti in esperienze musicali che vanno dal rock al metal estremo al power o addirittura alla musica classica ed al jazz) quindi darsi un ‘obiettivo preconfezionato’ in fase di composizione farebbe venir meno l’essenza stessa del progetto.

Ad Astra: Veniamo ora allo special guest: Michele Luppi; come è nata questa collaborazione?
Federico Pennazzato: Michele Luppi ha curato la parte vocale del disco, collaborando agli arrangiamenti insieme al nostro cantante Manuel Candiotto, curando personalmente le registrazioni e l’editing delle voci; a quel punto è stato spontaneo fare un featuring con lui, specie appunto in un brano Come It's So Late che ha trovato particolarmente d'ispirazione Michele.

Ad Astra: Sono convinto che abbiate tutte le carte in regola per rivaleggiare senza problemi con i gruppi stranieri più importanti. Vi sentite stretti in Italia? Dico questo perché la mia impressione è che il nostro paese sia sempre più messo in disparte dalle major e dalle agenzie promozionali (guardiamo ad esempio l’ultimo caso, quello dei Black Sabbath). Da musicisti quali sono le vostre sensazioni? Siamo noi musicisti e/o appassionati che facciamo cadere tutto in disgrazia giorno dopo giorno oppure c’è una carenza alla base del tutto?
Federico Pennazzato: Il problema è molto più complesso, ed è palesemente legato all'aspetto economico. L'atteggiamento del pubblico italiano per far fronte alla crisi non è stato d'aiuto, lamentarsi non è servito a molto, serve agire, sforzarsi e continuare a contribuire e far girare i soldi in questo business. No soldi, no interesse delle major, promotion ecc... e non ci si può di certo aspettare di esportare il prodotto made in Italy all'estero se non esiste uno zoccolo duro nel proprio paese.

Ad Astra: Molti gruppi nostrani, pur avendo ottime doti, non riescono ad entrare nel circuito che conta. Quali sono, secondo voi, i gruppi italiani che meriterebbero maggiore attenzione?
Federico Pennazzato: Fondamentalmente tutte quelle band che scrivono belle canzoni, come ad esempio DGM per fare un esempio. Band tecnicamente preparate ce ne sono molte, ma tra queste non tutte hanno belle canzoni, o magari non hanno un buon modo di porsi a livello d’immagine.

Ad Astra: Perché fanno più successo le cover band rispetto a gruppi come il vostro con qualità e musica personale (dato non di poco conto)? Non si crede più nei nuovi act oppure alla base c’è la paura di rischiare?
Federico Pennazzato: I locali e i promoter giustamente valutano bene le loro mosse, il budget destinato all'artistico viene speso investito su prodotti sicuri che funzionano e danno risultati concreti in termini di cassetto, a discapito certo della scelta artistica penalizzando notevolmente le band e i progetti che propongono brani inediti. Non si può fargliene una colpa, la risposta del pubblico ha chiaramente condotto questa tendenza. Sussiste anche il problema della sovrapproduzione di band, inoltre gli spazi per proporsi sono sempre meno. Cinicamente parlando credo occorra un reset, un fermo generale per tornare ad aver appetito di musica, dandole il giusto valore, e dedicarle modi e tempi adeguati, investendo su di essa.

Ad Astra: Prima di concludere, vorrei porvi una domanda difficile (o, chissà, magari semplice per voi): cosa definireste oggi col termine prog? In quale direzione si sta evolvendo ai giorni nostri?
Federico Pennazzato: Usare termini o etichette sarebbe riduttivo, progressive è solo una definizione che può voler dire tanto come anche niente, bisogna ascoltare la voce che ognuno ha dentro e lasciare che trovi da sola la strada giusta, è un procedimento che non va condotto ma va solo assecondato, e obbligatoriamente ciò porta a un percorso evolutivo, in ogni caso dinamico e mai statico. Odd Dimension sarà un progetto che raramente tenderà a ripetersi nei concetti, ma cercherà sempre di evolvere il proprio sound ricercando soluzioni sempre più personali.

Ad Astra: Infine, quali progetti avete già in cantiere per il futuro?
Federico Pennazzato: Siamo già al lavoro sul prossimo album che ci metterà alla prova come mai prima, sia come singoli che come band. Esploreremo tematiche estremamente complesse e molto forti, le musiche , gli arrangiamenti e le ambientazioni richiederanno molto lavoro, cercando di oltrepassare nuovamente il limite per creare qualcosa di unico e riconducibile solo ed esclusivamente a noi.

Ad Astra: Grazie per l’opportunità, a voi le ultime parole per i saluti.
Odd Dimension: Grazie a Metallized.it per lo spazio concessoci in questa intervista, il vostro supporto è vitale per noi e per tutte le band che lottano per proporre la propria musica, e grazie a tutti i lettori!



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