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SECRETS OF STEEL - # 7 - Il Thrash tedesco oltre la Triade, parte seconda
12/10/2013 (3781 letture)
Prosegue da qui

UNA REALTÀ SCONFINATA
Come già trattato nell’introduzione della prima parte dell’articolo riguardante il thrash metal tedesco oltre la Triade, la situazione socio-economica teutonica ha reso la gioventù più ribelle un grandioso campo fertile e pronto a sfornare delle concezioni musicali che sarebbero state in grado di rivoluzionare tutti gli stilemi messi in atto sino a quel momento dalla NWOBHM. Oltre ai già trattati Accuser, Assassin, Deathrow, Exumer, Holy Moses, Living Death, Paradox, Tankard e Vendetta, sono ancora moltissime le band che hanno pubblicato dei dischi di grandissimo livello e sono state purtroppo oscurate, per un motivo o per l’altro, dal mercato musicale ottantiano; il fine di questa seconda parte dell’articolo è di scavare un po’ più a fondo nella sconfinata realtà del panorama del thrash germanico. La Triade, com’è ben evidente dalle storie qui raccontate, non ha lasciato molto spazio al resto delle band thrash teutoniche, ottenendo successo e seguito cui sono poi conseguite intense attrazioni da parte del pubblico e delle etichette discografiche. Anche per le realtà trattate in questa seconda parte, i motivi principali del loro scarso successo sono sostanzialmente due: l’appoggio instabile di un’etichetta e lo scarso seguito di pubblico negli anni d’oro del genere musicale. Resta quindi inutile e fuorviante ripetere questi dettagli conclusivi che, purtroppo per i gruppi qui descritti, caratterizzano in modo calzante le storie e gli immeritati insuccessi delle band seguenti che, nella loro seppur breve storia, hanno saputo regalare alcune perle non indifferenti. Concentriamoci altresì su un’altra infornata di tali band e offriamoci altri piacevolissimi Secrets of Steel.

DARKNESS
Nei loro cinque anni d’esistenza, i Darkness hanno incarnato il tipico movimento thrash metal del periodo, tanto ampio e fertile quanto sfortunato e ostacolato. Nati a Essen, la leggenda vuole che Andreas Lakaw, Harmut Schoner e Andreas Becker abbiano deciso di creare la propria band in seguito a un concerto dei Destruction e dei Tormentor (i quali, in seguito, diventeranno i famigerati Kreator). Seguendo tale ispirazione, nella mutevole line-up che ha caratterizzato l’alternarsi di numerosi musicisti, i Darkness prendono forma con l’arrivo temporaneo alla seconda chitarra di Uwe Christoffers. Le prime demo, The Evil Curse e Iron Force, vengono registrate nel 1985, susseguite da un trio di pubblicazioni nel 1986: Attack the Mephisto, Titanic War e Spawn of the Dark One; tra queste prolifiche prime pubblicazioni, è stata eseguita una preziosa cernita per la setlist dell’album d’esordio, Death Squad sotto l’etichetta discografica Tales of Thrash. La curiosità, che sarà poi anche una delle principali cause per cui i Darkness non sono riusciti nel salto di qualità riservato alla Triade, è che in questo ottimo album d’esordio vi è la sola presenza di Andreas Lakaw del famigerato trio che ha dato inizio al tutto. Alle chitarre si trovano gli axe-men Pierre Danielczyk e Arnd Klink, il quale sarà l’unico a rimanere nella band sino al suo scioglimento con Lakaw; nella formazione si annovera anche la presenza di Oliver Fernickel alla voce e di Detlef Bartfeld al basso. Le sonorità dei Darkness sono prettamente derivative, visti anche il luogo e il momento in cui il gruppo è stato fondato, dai primi EP di Destruction e Sodom: chitarre taglienti, voce tipicamente Eighties, anche se non graffiante come altre del periodo, e batteria martellante nelle sue ripetizioni. Le tematiche, al solito, trattano la forte contrapposizione tra la gioventù ribelle e violenta e la malsana società del periodo. Dopo la pubblicazione di altre due demo nel 1987, arriva il secondo disco sempre sotto l’etichetta Tales of Thrash, intitolato Defenders of Justice. Tra le novità, la prima riguarda l’allontanamento di Detlef Bartfeld e l’acquisizione al basso di Thomas Becker (il quale andrà in seguito a suonare per un paio d’anni negli Holy Moses). Le sonorità rimangono tipicamente le stesse, c’è ancora un buon thrash martellante e furioso, tuttavia il piglio non sembra essere deciso e travolgente alla maniera del disco d’esordio, quasi come se i cambi di line-up avessero reso più fioca la fiamma d’ispirazione del gruppo. Il colpo conclusivo alla traballante stabilità della band, cui conseguirà lo scioglimento del gruppo nel 1989, viene dato dalla pubblicazione del terzo disco, Conclusion and Revival, sotto Hot Blood Records: tale disco vede alle chitarre il solo Klink, al basso uno strabiliante Timo Ohlke e alla voce Rolf Druschel, nell’ennesima rivoluzione della line-up. Questi continui cambi di musicisti sembrano essere la componente principale ad aver minato seriamente le possibilità dei Darkness di trovare un songwriting omogeneo, continuando a renderla una band buona, ma troppo altalenante. Proprio in Conclusion and Revival le grezze sonorità thrash sembrano ammorbidirsi e la voce di Druschel non aiuta in alcun modo il mantenimento del piglio forsennato della band; inoltre, nella produzione del disco è stato messo in estremo risalto il suono del basso di Ohlke, le cui capacità tecniche risultano davvero elevatissime, ma servono esclusivamente per coprire le scarse idee del songwriting e non funzionano da specchietto per le allodole nei confronti di una generazione che ricercava principalmente furia e brutalità nelle registrazioni. Il conseguente scioglimento, avvenuto nel momento in cui la band sembrava aver trovato una propria sonorità (sfortunatamente non apprezzata dal pubblico del periodo), chiude il sipario su un gruppo che non ha mai eccelso a livello compositivo, non ha stravolto il genere musicale tedesco, ma ha saputo regalare un martellante disco d’esordio che i thrashers d’annata devono custodire con gelosia. Peccato che quella scintilla non sia bastata ad attizzare un valido fuoco di successo e si sia spenta sfrigolando poco tempo dopo, lasciando i Darkness a scomparire nelle loro stesse tenebre.

DISCHI DA ASCOLTARE:
1. Death Squad (Tales of Thrash), 1987

GRINDER
Non potevano mancare i Grinder in questa lunga raccolta delle thrash band tedesche più sottovalutate e oscurate dalla famigerata Triade. La band, formatasi nel 1984 a Francoforte, ha visto sostanzialmente la stessa formazione dalla pubblicazione del primo full-length Dawn for the Living nel 1988, sino al conclusivo Nothing Is Sacred del 1991. I due axe-men, Andy Ergun e Lario Teklic, sono stati i principali fondatori del quartetto, reclutando Adrian Hahn alla voce e, in seguito all’abbandono di Shellshock, Stefan Arnold alla batteria. Il nome del gruppo è conciso, diretto nella propria terminologia e, non di meno, ispirato a un brano di una famosissima band della NWOBHM, i Judas Priest. Come nel resto delle grandi metropoli tedesche, anche a Francoforte il numero di ragazzi vogliosi di sfogare la propria rabbia tramite la musica era veramente elevato; come dichiarato dal chitarrista Andy Ergun, nella città vi era un classico ritrovo (il pub chiamato “The Speakeasy”) tra tutti i metallari vogliosi di scambiarsi opinioni e intenti nella ricerca di un’etichetta discografica. In mezzo alla marea di folti capelloni, solamente due gruppi riuscirono a trovare un contatto con una casa discografica: gli stessi Grinder con la No Remorse Records (che ha pubblicato in quello stesso periodo il primo disco dei Blind Guardian) e i ben più famosi Tankard con Noise Records. Le caratteristiche tipiche dei Grinder non sono assolutamente innovative, tuttavia nei loro tre album sono riusciti a mischiare aspetti tipicamente heavy/power di scuola Helloween alle caratteristiche più thrash e ribelli del periodo; la voce di Adrian Hahn è di chiara impostazione NWOBHM, mentre le ritmiche e gli assoli chitarristici incalzano il ritmo nei classici stilemi del thrash metal. La problematica più grave e diffusa tra le giovani band è sempre lo scarso sostegno della casa discografica che, nel caso dei Grinder, è stato tale sin dall’inizio. Era il 1988, la band aveva appena pubblicato l’ottimo esordio Dawn for the Living e sembrava pronta a spiccare il salto insieme al resto delle famosissime realtà thrash germaniche, tuttavia la No Remorse Records riuscì solamente a trovare loro sei o sette date di supporto ai Blind Guardian che, per quanto importanti, non erano assolutamente sufficienti e adatti per diffondere il verbo Grinder. Anche dopo il secondo disco, Dead End, il punto più alto della loro breve carriera, il supporto da parte della label non fu sufficiente e rese quasi automatico il passaggio alla Noise Records per la pubblicazione della loro terza fatica: Nothing Is Sacred. In questo terzo album si può percepire un’intensa variazione di genere, più virata verso l’heavy/power rispetto al classico thrash; inoltre, le registrazioni agli Sky Track Studios di Berlino non andarono come previsto e comportarono un risultato decisamente scadente in rapporto al denaro investito dalla band. Dopo questo insuccesso di critica, la già labile posizione dei Grinder sprofondò ulteriormente e portò alcune problematiche all’interno del gruppo: il compositore principale Lario Teklic decise di abbandonare la band, seguito a ruota da Andy Ergun, il quale non vedeva più alcuna motivazione nel proseguire in un progetto del genere senza il suo vero caposaldo in fase compositiva. Conclusa tristemente quell’avventura, la storia di questi musicisti si dipanò in modi assolutamente diversi e speculari: Andy Ergun suonò per qualche anno, anche se mai in gruppi importanti dopo aver rifiutato la proposta di entrare a far parte dei Tankard; Lario Teklic ebbe dei gravosi problemi con la droga che ne intaccarono seriamente le capacità mentali, tanto da spingerlo infine a commettere un suicidio, gettandosi dal sesto piano di una struttura; il drummer Stefan Arnold, invece, entrò a far parte nel 1991 dei Grave Digger, con i quali siede dietro le pelli ancora oggi. Storie diverse, tragiche, cariche d’insuccesso o portatrici di una nuova possibilità: anche questo sono stati i Grinder, una delle band più sfortunate del panorama thrash tedesco, ma in grado tuttora di regalare immense emozioni, più di vent’anni dopo lo scioglimento definitivo con i loro dischi immortali.

DISCHI DA ASCOLTARE:
1. Dawn for the Living (No Remorse Records), 1988
2. Dead End (No Remorse Records), 1989

HEADHUNTER
Gli Headhunter di Lorrach sono un po’ l’eccezione di questa raccolta, tuttavia sono da prendere in esame per il semplice scopo di effettuare un paragone calzante sulla differenza di successo in base al nome della band e a tutta la storia celata dietro di esse. Correva l’anno 1989 quando Schmier venne cacciato dai Destruction che, fino a quel momento, erano rimasti sulla cresta dell’onda insieme alle altre due grandi band della Triade. Questa separazione ha avuto una grande influenza sulla crisi novantiana dei Destruction stessi, i quali stavano per approcciarsi agli anni Novanta, il periodo del grunge, del ricambio generazionale e foriero di una grande crisi per il thrash, privi della sua carismatica e maligna voce. Il risultato, per i Destruction, è stato negativo a partire dalla pubblicazione del mediocre Cracked Brain sino all’indimenticabile (in quanto a bruttezza) The Least Successful Human Cannonball. Invece, al contrario dei suoi vecchi compagni, Schmier ha avuto le capacità e la classe di comporre tre album thrash di tutto rispetto nel pieno degli anni Novanta. A partire dall’esordiente Parody of Life, sotto Virgin Records, in grado di esternare un thrash di pura scuola germanica con alcune contaminazioni power, si riconoscono molti dettagli propri del frontman che aveva calcato i palchi insieme al resto della Distruzione. L’esordio del 1990 è un disco massiccio, caratterizzato dall’inconfondibile voce e dal prorompente basso di Schmier, capace di superare e non di poco la pubblicazione dello stesso anno a nome Destruction. Allo stesso modo, l’enigmatico A Bizarre Gardening Accident del 1992 e l’ottimo Rebirth del 1994 sono stati in grado di confermare l’incredibile stato di grazia compositivo di una delle voci più inconfondibili del panorama thrash metal mondiale, mentre la sua ex-band scivolava sempre più in susseguenti passi falsi. Successivamente, come dichiarato da Schmier stesso al rientro nella formazione ufficiale dei Destruction, gli Headhunter saranno definiti come un gruppo molto più semplice da gestire e per il quale comporre, proprio perché è stata una band con un seguito importante, ma non tale da attirare centralmente l’attenzione su di sé e, di conseguenza, qualsiasi critica negativa ad ogni passo falso. La libertà compositiva, la possibilità di non dover necessariamente intendere il thrash metal come una rasoiata di riffs e di violenza inaudita e la freschezza sonora in un periodo nero per il genere percuotente, sono state delle componenti sufficienti a rendere il sound degli Headhunter come un’ottima alternativa ai declinanti Destruction. Tuttavia, malgrado gli ottimi album, le capacità dei musicisti scelti da Schmier stesso (con alla batteria Jorg Michael, drummer dal curriculum vitae impressionante tra Rage, Grave Digger e, successivamente, Stratovarius) e il sostegno di un buon numero di supporters, gli Headhunter non furono mai più che di un piacevole e interessante side-project di colui che è, e rimarrà sempre, il frontman dei Destruction. Il periodo storico del thrash, quel momento in cui si creavano i nuovi miti a cui ispirarsi senza esitazione per sfogare la propria rabbia giovanile, si era ormai concluso e aveva lasciato spazio al ricambio generazionale pregno di opinioni e sensazioni differenti dai thrashers ottantiani. La storia degli Headhunter è qui a dimostrazione che nemmeno la fama e le capacità di un personaggio che ha raggiunto i vertici del thrash metal tedesco sono bastate per rendere famosa e importante una seconda band, in un periodo tale e senza l’adeguata spinta concomitante di etichette discografiche e supporto pubblico.

DISCHI DA ASCOLTARE:
1. Parody of Life (Virgin Records), 1990
2. A Bizarre Gardening Accident (Major), 1992
3. Rebirth (Major), 1994

IRON ANGEL
Formati ad Amburgo nel 1980 sotto il nome di Metal Gods dai giovani studenti Mike Mattes, Dirk Schroder, Thorsten Lohmann, Sven Struven e Peter Wittke, gli Iron Angel sono una delle band che in Germania ha costruito uno dei migliori connubi tra thrash, speed e power metal. A partire dal 1984 hanno pubblicato quattro demo, prima di compiere il grande passo e firmare un contratto con l’etichetta Steamhammer per la pubblicazione dell’esordio Hellish Crossfire: il risultato è stato un grandissimo album, sgargiante e travolgente come la sua copertina, che ha ottenuto un ottimo risultato e un ottimo seguito nella Germania degli anni Ottanta; brani come Legions of Evil e Hunter in Chains possiedono tutto ciò che un genere come il thrash metal deve avere: rasoiate solistiche di chitarre, riff travolgenti, una batteria prorompente e una voce che, malgrado non sia graffiante come molte di quel periodo, riesce a interpretare i brani alla perfezione. Questo successo li porta a cavalcare la breve onda discografica che li ha travolti e offre loro la possibilità di pubblicare un secondo disco sempre sotto la stessa etichetta nell’anno successivo, il glorioso 1986: il risultato è Winds of War, platter quasi all’altezza del precedente e che vanta anche la collaborazione di J. R. Blackmore, figlio del celeberrimo chitarrista dei Deep Purple. Come richiedeva il periodo, poca innovazione e tanta velocità esecutiva furono le caratteristiche principali degli Iron Angel, che sembravano sempre più destinati a raggiungere un successo importante, magari non ai livelli della Triade, ma comunque di tutto rispetto. Purtroppo, nei rari casi in cui le etichette discografiche non ostacolano le band e il pubblico le supporta in modo sincero, sono gli stessi membri del gruppo a mettersi i bastoni tra le ruote; infatti, poco dopo la pubblicazione del valido Winds of War, il gruppo si scioglie con la pubblica motivazione di divergenze stilistiche e musicali: Wittke, Schroder e Mattes volevano proseguire sullo stile del loro disco d’esordio, innalzando di nuovo il livello qualitativo di quel tanto che bastava per doppiare realmente il loro masterpiece del 1985; al contrario, Lohmann e Struven volevano variare il proprio genere su lidi più heavy, seguendo l’esempio di Scorpions e Ratt. Fu proprio questa divergenza tra i cinque membri della band che li portò allo scioglimento e alla perdita di una grande chance per raggiungere il meritato successo. Dopo più di tredici anni, superato il periodo buio degli anni Novanta, Schroder e Mattes hanno deciso di riprendere il progetto e di riportare gli Iron Angel ai fasti del passato; tuttavia, dopo aver pubblicato due compilation nel 2003 e nel 2004 e una deludente demo nel 2007, soprattutto per l’impossibilità di trovare i membri adatti e necessari a rifondare la band, i due decidono nuovamente di sciogliere il gruppo. Malgrado si tratti del secondo fallimento degli Iron Angel nella loro storia, si può anche intendere positivamente il non aver intaccato irreparabilmente i fasti di quanto è stato fatto negli anni Ottanta, che permette di classificarli come una delle band più in forma del panorama metal tedesco del periodo.

DISCHI DA ASCOLTARE:
1. Hellish Crossfire (Steamhammer), 1985
2. Winds of War (Steamhammer), 1986

NECRONOMICON
Anche la storia dei Necronomicon inizia a Lorrach, paese davvero gravido di giovani talenti metallari negli anni Ottanta. Formatisi nel 1984 per opera di Volker Fredrich, prendono il nome dallo pseudobiblium di magia nera ipoteticamente redatto da Abdul Alhazred nell’ottavo secolo e ripreso in alcuni scritti dal famoso scrittore d’inizio novecento H.P. Lovecraft. Considerata tale ispirazione per la scelta del nome, le tematiche e lo stile della band risultano facilmente inquadrabili: occultismo, satanismo, morte e sofferenza umana esposte da sonorità crude e taglienti, rigidamente inserite nel contesto thrash ottantiano malgrado posteriormente possano far intendere uno stile più virante sul black. Dopo alcune demo, il disco d’esordio viene pubblicato nel prolifico 1986 ed è un self-titled album: l’ispirazione è di chiara scuola Destruction, con un Fredrich che riprende lo stile vocale di Schmier, anche se, nel complesso, il disco si dimostra confusionario e più scialbo rispetto alle pubblicazioni dei succitati concittadini. Il discorso cambia con il successivo full-length, Apocalyptic Nightmare, uscito ad un anno di distanza sotto la label Scratchcore: i suoni saturi delle chitarre e la voce graffiante di Fredrich richiamano ancora l’Eternal Devastation di Schmier e Co., tuttavia il lavoro nel suo complesso risulta maggiormente convincente e coinvolgente. Questa maturità compositiva raggiunge il suo apice nel 1988 con l’approdo sotto l’etichetta Tales of Thrash (che già si stava occupando dei Darkness) e la pubblicazione di Escalation, una vera e propria scalata verso il punto più alto della discografia dei Necronomicon. Con Escalation non si tracciano nuovi percorsi nel genere musicale, tuttavia si arriva a una composizione travolgente, in grado di trascinare l’ascoltatore lungo tutta la sua durata: il drumming è serratissimo, le chitarre sono come dei rasoi affilatissimi, il basso prorompe e la voce continua a cacciare fuori quel senso di brutalità che solamente i migliori dischi del genere sono riusciti ad esternare. Come un copione già scritto centinaia di volte, con l’arrivo degli anni Novanta anche il supporto e le speranze di fama dei Necronomicon cominciarono a sfumare lentamente: per sei anni la band non compose nulla se non una brevissima demo autoprodotta che passò praticamente inosservata. Nel 1994 uscì Screams, un mediocre album di thrash metal pubblicato in un periodo dove il genere stava sprofondando nel suo periodo più nero e problematico; a questa pubblicazione conseguì un altro periodo di silenzio dalla band di circa dieci anni, sino a Construction of Evil che sancisce il ritorno di Volker Fredrich con una formazione completamente rimaneggiata. Nonostante le pause, i passi falsi e la disomogeneità della qualità dei dischi, i Necronomicon sono uno di quei gruppi che negli anni Ottanta hanno contribuito nel loro piccolo a creare la cultura thrash tedesca ed europea e che, soprattutto, hanno perseverato sino al presente con altri tre album pubblicati dal 2004 ad oggi.

DISCHI DA ASCOLTARE:
1. Apocalyptic Nightmare (Scratchcore), 1987
2. Escalation (Tales of Thrash), 1988

POISON
Con i Poison arriviamo a una delle realtà, se non la realtà minore più sfortunata e talentuosa dell’intero panorama germanico. Innanzitutto, questa band non ha nulla da spartire con gli omonimi glamster americani che, nello stesso periodo, cavalcavano l’onda del successo dei loro primi dischi. I Poison germanici sono un quartetto formatosi a Ulm nel 1982, da ragazzi fortemente influenzati dalla matrice più violenta e sanguinolenta dei Venom: Incubus Demon, Witchhammer, Angel of Death (nome scelto dal chitarrista ben quattro anni prima del celebre pezzo degli Slayer) e Virgin Slaughter sono i soprannomi scelti da questi rabbiosi adolescenti carichi d’avversità verso la società e la religione. La caratteristica principale di questa giovane band è stata la premonizione di generi ulteriormente estremizzati rispetto al thrash metal: le sonorità percepibili nelle ben otto demo pubblicate tra il 1984 e il 1987 (anno di scioglimento del gruppo) sono riconducibili a quelle che renderanno famosi gruppi come i Mayhem, i Mantas del giovanissimo Chuck Schuldiner e i Celtic Frost; una mistura ben riuscita degli elementi fondatori del thrash ulteriormente estremizzati con lyrics anti religiose e furia sanguinolenta. Questa capacità premonitiva dei membri della band fu anche la sua croce (perdonatemi il gioco di parole): infatti, la maggior parte delle riviste specializzate del settore condannò le varie demo e criticò uno stile che, per quel periodo, era ancora acerbo ed estraneo; mentre la furia e la cattiveria della Triade si stava affermando con decisione nella mentalità giovanile tedesca, i Poison avevano già compiuto lo step successivo. Il colpo di grazia alla band venne dato dalla partecipazione al disco Teutonic Invasion Part I della Roadrunner Records, nel quale sarebbero stati scelti due gruppi per il prolungamento della relazione band-casa discografica; questa partecipazione obbligò i quattro ragazzi a firmare un contratto con l’etichetta discografica e, di fatto, congelò per ben dodici mesi la possibilità dei Poison di avere contatti con altre case discografiche per la pubblicazione del loro primo album e tarpò loro le ali in un periodo delicatissimo della storia della band. La decisione dello scioglimento avvenne circa sei mesi dopo aver firmato quel contratto, quando era ormai ovvio che la Roadrunner non avrebbe puntato su di loro ma su Paradox e Violent Force. Rimane quindi come unico (grandioso) baluardo della loro breve e importantissima carriera, il disco postumo pubblicato -guarda caso- in pieno periodo black metal: nel 1993 Into the Abyss venne dato alle stampe sotto Midian Creations e dimostrò a tutti i metallari l’enorme qualità compositiva che il quartetto possedeva. Purtroppo, però, erano tutti in ritardo di sei anni.

DISCHI DA ASCOLTARE:
1. Into the Abyss (Midian Creations), 1993

PROTECTOR
Quando si parla di band thrash oscurate dalla Triade non si può non fare accenno ai Protector, band formata in quel di Wolfsburg nel 1986 e fautrice di un thrash metal nudo e crudo; fondata da Michael Hasse, Hansi Muller e Michael Schnabel, si completò quando venne reclutato il cantante degli Inzest Martin Missy nel 1987. Dopo la demo Misantrhopy del 1987 che diede inizio alla collaborazione dei Protector con l’etichetta discografica Atom H., vennero pubblicati tre live autoprodotti sino ad arrivare al 1988, anno di debutto discografico del quartetto con Golem. Questo disco d’esordio verrà ricordato come uno dei debut più validi e interessanti del panorama thrash germanico, grazie alle sue sonorità mastodontiche e alla graffiantissima voce di Missy; allo stesso modo, il successivo Urm the Mad del 1989 ottenne una valida risposta da parte della critica e del pubblico. Malgrado ciò, il rapporto con la Atom H. non fu dei migliori, considerato che i Protector, come riferito da Missy stesso in un’intervista, riuscirono a fare solamente tredici concerti dal 1987 al 1989. Dopo la pubblicazione del secondo album, vi furono due eventi che intaccarono la possibilità di successo della band, ma che fortunatamente non modificarono la loro grande qualità compositiva: l’abbandono di Missy alla voce e il passaggio all’etichetta discografica Major, la stessa di Headhunter e Accuser negli anni 90. A Shedding of Skin, dimenticandosi della crisi del thrash metal che stava colpendo tutte le band, si dimostrò un ottimo album del genere venato di death che dimostrò per l’ennesima volta le grandi qualità dei Protector. Nel 1993, prima di una lunga pausa che vide solamente pubblicazioni di compilation e qualche split, venne pubblicato l’ultimo disco dei “vecchi” Protector dal titolo The Heritage. Malgrado i numerosissimi cambi di line-up, gli scarsi supporti delle label incontrate nel loro percorso artistico e le difficoltà dovute al periodo novantiano, i Protector hanno sempre mantenuto un livello elevatissimo delle loro composizioni come pochissime altre band sono riuscite a fare nel thrash metal. Dal 2003, anno di ufficiale scioglimento da parte di Marco Pape, che comunque aveva tenuto la band ufficialmente intatta dalla pubblicazione di The Heritage, seppur con cambi di line-up che non gli permisero di pubblicare altri album, i Protector si sono riformati nel 2011 con il solo frontman originale Martin Missy e nel 2013 hanno pubblicato il quinto disco dal titolo Reanimated Homunculus, portatore della stessa classe dei Protector ottantiani. Sfortunati, ma qualitativamente più forti della malasorte, i Protector sono stati un esempio di grandissima band thrash a livello mondiale.

DISCHI DA ASCOLTARE:
1. Golem (Atom H.), 1988
2. Urm the Mad (Atom H.), 1989
3. A Shedding of Skin (Major) 1991

RISK
In ambito thrash metal, quando si parla dei Risk non ci si riferisce alla classica band giovanile che vuole mettere in campo le proprie passioni e la propria rabbia musicale. La storia di questa band, infatti, comincia a Witten nel lontanissimo 1965, quando Heinz Mikus, Jurgen Dusterloh, Peter Dell e Thilo Hermann decisero di formare un gruppo progressive rock; inizialmente questa band nacque sotto il monicker di Magic Power, per poi ottenere quello più famoso dei Faithful Breath dal 1967. Ora, la domanda più spontanea che può sorgere è: cosa diavolo ci sta a fare una band progressive rock in un articolo sul thrash metal? La risposta è semplice e sta sull’evoluzione stilistica di tale band. A partire dai primi album, concettualmente sullo stile prog inglese degli anni Settanta dettato da King Crimson, Van Der Graaf Generator e Gentle Giant, il sound della band si è sempre più inasprito e indurito sino a giungere all’ultimo Skol del 1985, il quale aveva abbandonato ogni stilema prog a favore di un heavy metal duro e puro. Visto lo scarso successo di tale pubblicazione, che era al di fuori dei canoni di bellezza da parte degli amanti del progressive, i quattro tedeschi decisero di cambiare monicker e di fondare nel 1986 i Risk, con la stessa identica formazione di tutta la storia dei Faithful Breath. Quello che era sembrato un grosso errore di cambio stilistico, diventò nel 1988 un ottimo successo con la pubblicazione del primo The Daily Horror News sotto Steamhammer, caratterizzato dall’inasprimento delle sonorità heavy di Rage, Helloween e Running Wild. Il risultato fu un clamoroso album di puro thrash tedesco, veloce e furioso come il genere imponeva e che fu in grado di ottenere un largo seguito tra i giovani amanti del percuotente metallo. Ciò che rese tale esordio tanto valido fu, oltre alla buonissima produzione, l’incredibile esperienza e affiatamento che i quattro ragazzi avevano maturato negli ultimi vent’anni sotto il vecchio monicker. Dopo il favoloso primo disco, gli occhi dei giovani metallari tedeschi erano puntati su questa realtà che aveva saputo cambiare repentinamente genere sfornando un lavoro coi fiocchi: dal 1988 vennero pubblicati cinque dischi e una demo, con cadenza praticamente annuale. Hell’s Animals, nel 1989, raccolse ancora delle ottime critiche, sebbene non al livello del suo predecessore; il buon Dirty Surfaces venne pubblicato nel 1990, ma l’altro vero ottimo album (che non risentì dell’abbandono di Thilo Hermann, il quale diventerà il chitarrista solista dei Running Wild), chiaro paradigma di un power/thrash estremamente convincente, fu The Reborn del 1992. Purtroppo per loro, l’inizio degli anni Novanta fu un ostacolo insormontabile anche per una thrash metal band che annoverava tra le fila membri caratterizzati da una carriera quasi trentennale; il successivo e ultimo disco, Turpitude, venne sempre pubblicato sotto Steamhammer, ma non parve essere in grado di mantenere quel piglio che aveva caratterizzato il thrash venato di power dei Risk. Il tutt’altro che indimenticabile disco del 1993 diede il colpo di grazia a una band la cui enorme esperienza che aveva alle spalle non bastò per superare l’immenso scoglio che furono gli anni Novanta nei confronti del thrash metal.

DISCHI DA ASCOLTARE:
1. The Daily Horror News (Steamhammer), 1988
2. The Reborn (Steamhammer), 1992

S.D.I.
Nell’anno di consacrazione del thrash metal, gli S.D.I. (che sta per il sobrissimo monicker Satan’s Defloration Incorporated) si sono formati a Osnabruck, città della bassa Sassonia. Il trio composto da Reinhard Kruse alla voce e al basso, da Franck Tiesing alla chitarra e da Ralf Maunert alla batteria, ha basato la propria storia musicale sul thrash edulcorato da una certa dose di stolida ironia; alla stregua dei Tankard, che fecero della goliardia e della birra il loro simbolo principale, gli S.D.I. si dedicarono a concentrare i loro testi su alcol, sesso, guerra e violenza. Già da quanto si può immaginare dal nome della band, le liriche dei brani erano ironiche ed il dettaglio rilevante della pura brutalità e della rabbia veniva spostato in secondo piano dietro un’aura di goliardia depravata: i brani passano da titoli violenti come Chainsaw Massacre ai più diretti I Wanna Fuck Ya. Questa caratteristica ha reso gli S.D.I. come una delle realtà più particolari degli anni Ottanta in Germania, modificando gli stilemi classici della musicalità tipica (qui mantenuti tali) in un’associazione testuale in certi momenti inaspettata. L’omonimo disco d’esordio del 1986 presenta dei brani di lunghezza media intorno ai due minuti e mezzo, nel classico stilema punk, caratterizzati da una batteria incessante e una voce ribelle. Malgrado il valido livello complessivo della registrazione d’esordio, la vera perla della discografia degli S.D.I. è il secondo disco pubblicato nel 1988 sotto Scratchcore: Sign of the Wicked dimostra una maggiore maturità e una sonorità più melodica ed elaborata, senza peccare d’immediatezza e brutalità; i rimandi a band come Helloween e Iron Maiden diventano più percepibili, sebbene siano distorti dalla velocità e dal graffiante sound tipicamente thrash. Come molte altre band, dopo la pubblicazione del loro validissimo terzo album, Mistreated, alla fine degli anni Ottanta, l’avvento degli anni Novanta ha segnato un ostacolo insormontabile per una band priva di un grande supporto da pubblico e label e ha portato gli S.D.I. a sciogliersi ufficialmente nel 1993. Malgrado la breve storia, grazie alla loro miscela di thrash metal furioso e testi inusuali, gli S.D.I. sono ancora oggi una delle band più amate del panorama underground tedesco.

DISCHI DA ASCOLTARE:
1. Sign of the Wicked (Scratchcore), 1988

VECTOM
Nati a Ingolstadt, città della Bavaria, i Vectom sono stati una band caratterizzata dalla miscelazione di elementi speed e thrash metal di chiara derivazione del periodo ottantiano, tuttavia sono anche sempre stati reputati come una band di “serie B” rispetto ai numerosissimi connazionali che hanno calcato le scene metalliche negli anni Ottanta. Come molte altre band, i Vectom possiedono una storia che dura pochi anni a partire dal 1983 sino all’ufficiale scioglimento di dieci anni dopo, conseguito a ben sette anni di inattività musicale in studio. Sono solamente due, infatti, gli album pubblicati dai Vectom: Speed Revolution (1985) e Rules of Mistery (1986). Le debolezze di entrambi gli album, anche se comunque validi a livello storico e stilistico, riguardano la forte derivazione dal sound delle altre band tedesche del periodo senza l’apporto di una sostanziale impronta che potesse elevare lo stile al di sopra delle media ottantiana; a dispetto del nome, il primo album non è propriamente una rivoluzione, visto che le sonorità messe in campo dai Vectom non sono né superiori, né migliori di quelle di Tankard o Living Death. Inoltre, la produzione dei dischi non ha contribuito a rendere il sound della band indimenticabile, mettendo l’ascoltatore in condizione di accontentarsi di quelle sonorità già sentite e prettamente statiche, soprattutto a livello solistico; a dispetto di altre band di indubbio valore storico-artistico, i Vectom sono state una delle poche band a non ottenere il successo a causa della staticità del proprio sound. Malgrado questi dettagli non propriamente positivi, i Vectom rimangono comunque una di quelle band da ascoltare per gli amanti del thrash e dello speed metal teutonico, qui dimostrato in una sequela di paradigmi francamente perfetti nella loro esternazione derivativa: una band che non sarebbe esistita senza le innovazioni altrui, ma che ha saputo svolgere il suo rapido lavoro in modo discreto. Se ascoltate i Vectom (e fidatevi, un ascolto lo meritano eccome, malgrado la scarsa originalità dimostrata) non aspettatevi nulla di più se non un classico disco speed/thrash teutonico; se così farete, potreste trovarli interessanti e pienamente avvolti da quell’alone mistico che pare circondare tutte le band old-school; altrimenti, se cercate i pilastri veri e propri del genere o se il thrash statico non vi emoziona, potete tranquillamente rivolgervi verso altre band decisamente più valide e coinvolgenti.

DISCHI DA ASCOLTARE:
1. Speed Revolution (GAMA International), 1985
2. Rules of Mistery (Scratchcore), 1986

VIOLENT FORCE
I Violent Force sono l’ennesima chimera del thrash metal ottantiano: fondati nel 1984 da quattro giovani ribelli di Velbert, vantano una carriera discografica di soli due anni e composta da un unico disco. Malgrado questa ristrettezza quantitativa Stachel, Hille, Waldi e Lemmy (da non confondere con l’immortale leader dei Motorhead) hanno creato una band che è riuscita a lasciare un’impronta indelebile nella musica estrema teutonica. Grazie a un avvio molto prolifico con ben tre demo pubblicate nel 1985, Dead City, Velbert Dead City, Live at Hilden e un’altra demo nel 1986, Dead City: The Night, tutte dedicate alla città dove i quattro ragazzi sono cresciuti e hanno sviluppato questo loro risentimento adolescenziale, hanno avuto la possibilità di firmare un contratto con l’allora piccola e indipendente Roadrunner Records per il loro disco d’esordio, dopo aver partecipato al Teutonic Invasion Part I. Malevolent Assault of Tomorrow esce nel 1987 e riceve dei riscontri decisamente positivi dalla critica e dal pubblico: l’evidente ispirazione a band come Motorhead e Sodom ha fatto in modo che il risultato prodotto da questi quattro ragazzi fosse appetibile e coinvolgente per il pubblico giovanile dell’epoca. Loro malgrado, questo ottimo esordio non fu mai pubblicizzato in lungo e in largo tramite tour musicali in quanto la band si sciolse poco dopo la pubblicazione. Come dichiarato da Hille, il suo interesse in quel periodo si stava riversando su altri generi musicali e si stava dedicando più a sintetizzatori che alla batteria, mentre Stachel e Lemmy avevano un altro paio di band e Waldi, diventato padre, preferiva dedicarsi alla famiglia piuttosto che proseguire in quel percorso musicale; a causa di tutti questi dettagli personali, i Violent Force non furono il principale interesse da parte della band stessa e quindi finirono irrimediabilmente per sciogliersi, perdendo l’occasione di diventare una delle grandi realtà del thrash. Solo nel 2009 Hille e Stachel decisero di riprendere le redini della band e di progettare un nuovo percorso per i Violent Force, del quale tuttavia non è ancora giunto alcun sviluppo o risultato al giorno d’oggi. Curiosa, in conclusione, è l’affermazione del batterista Hille riguardo la differenza tra la Triade e le altre thrash band teutoniche: secondo il suo parere, band come Kreator, Sodom e Destruction hanno ottenuto un maggior successo grazie all’enorme seguito di pubblico e al rapporto che tenevano con loro, i quali venivano intesi come una grande famiglia raccolta sotto la loro musica. Inoltre ha dichiarato che band come Protector, Exumer, Living Death e gli stessi Violent Force, pur essendo diventate col passare degli anni delle band culto del thrash metal, sono state create nel fan club di musica metal ispirandosi proprio alla Triade: prima di creare questi gruppi, i musicisti sono stati dei grandissimi fans di Kreator, Sodom e Destruction. E alcuni lo sono tutt’ora.

DISCHI DA ASCOLTARE:
1. Malevolent Assault of Tomorrow (Roadrunner Records), 1987



Metal Shock
Martedì 17 Maggio 2016, 19.36.40
18
Magari col tempo riusciro` ad ascoltare gli album consigliati nelle due parti dell`articolo, qualcosa ho gia` tipo i Risk, con Hell`s animals, e soprattutto l`ep Ratman, fondamentale solo per la copertina!!!!!
mario
Martedì 17 Maggio 2016, 17.28.31
17
Belli questi articoli, sia prima che seconda parte sul thrash teutonico, una qualche degna menzione per me meritano anche i Despair, i Toxic Shock e gli Erosion, la Germania bisogna riconoscerlo ha dato tanto sia al thrash che all'heavy e Power, molte cose fondamentali vengono da li, oltre sai grandi festival e major discografiche di livello mondiale, ovviamente.
rik bay area thrash
Lunedì 16 Maggio 2016, 13.39.46
16
Come già sottolineato da altri utenti, non sono proprio un gran appassionato del thrash tedesco. Certo, sodom, destruction e kreator di loro ho alcune cose ma si possono scoprire se si vuole altri gruppi teteschen magari meno 'estremi' dei sopracitati ma parimenti validi. Scorrendo questo bell'articolo, trovo gli headhunter che soprattutto con parody of life potrebbe sorprendere positivamente più di una persona (imho). Anche gli s.d.i sono un gruppo veramente valido (imho) come anche i protector. Per i risk, darkness e violent force c'è il problema della reperibilità dei dischi, che sono tutti fuori catalogo. (Almeno fino a oggi). Oltre ai monster della triade c'era un' altra realtà che poco aveva da invidiare, se non l'esposizione mediatica,che però hanno realizzato dei piccoli gioiellini ..... almeno li ristampassero .....
Doomale
Domenica 15 Maggio 2016, 20.24.53
15
Comunque "A shedding of skin" dei Protector e' un discone da paura di violento thrash sporcato di death..che parecchi gruppetti piu illustri si sognerebbero ancora oggi. Avrebbe meritato ben altra visibilità e riscontro.
Fedethrasher
Venerdì 26 Febbraio 2016, 12.55.26
14
Un altro gruppo valido sono i Minotaur, con due album, il primo del 1988 Power Of Darkness, il secondo è del 2009 ma non mi viene il titolo. Una vera chicca il primo.
Arrraya
Domenica 13 Ottobre 2013, 0.55.50
13
Solito articolo strainteressante e stimolante, chi si può interessare per la prima volta, chi (come me) riprendere una scena che avevo un pò dimenticato, perchè esludendo Kreator e Sodom, non sono mai stato un fan del thrash Tedesco, ma può essere che ora recuperi qualcosa.
Vitadathrasher
Sabato 12 Ottobre 2013, 23.11.06
12
Cavolo, mi fa piacere leggere questi articoli su band che ho su cassetta da anni.....e che di alcuni non sapevo nemmeno come erano le cover...
jek
Sabato 12 Ottobre 2013, 21.08.02
11
Bell'articolo, non avendo molto seguito il thrash ai tempi mi fa piacere conoscere queste band. Approfondirò sicuramente anche perchè con la Triade ho imparato ad amare il trhash teutonico.
the Thrasher
Sabato 12 Ottobre 2013, 20.11.42
10
@Undercover: ovvio, non è detto che bisogna commentare tutto, ma credo che una discussione a riguardo di questo articolo potrebbe ben venire fuori, mentre trovo fastidioso che ad ogni news di band come i metallica (che amo alla follia) ci siano 100 o 200 commenti alla volta.. questo fa pensare...
Giovanni Loria
Sabato 12 Ottobre 2013, 19.40.28
9
pur non amando particolarmente il genere, ho letto l'articolo con interesse. a giudicare dai nomi trattati, parlerei più di speed e thrash, forse Paradox, Vectom, Iron Angel e Vendetta (uno dei loro due album) sono infatti più legati allo speed metal stile Agent Steel che non al thrash puro... ma sono differenze sottili, e non decisive. un solo appunto, a proposito dei grandissimi Faithful Breath: quando si sono formati a fine anni 60, c'era solamente Heinz Mikus, tra i musicisti che vent'anni dopo ritroveremo nei Risk. un saluto e complimenti per la webzine... anche se non intervengo quasi mai, la leggo spesso ed è ben fatta.
Sambalzalzal
Sabato 12 Ottobre 2013, 18.30.46
8
Bellissimo articolo veramente! Era tanto tempo che aspettavo la citazione dei mitici Grinder!!! Vorrei fare una piccola precisazione comunque. Quando si sciolsero i Grinder di li a poco Adrian, Stefan e David formarono una band chiamata Capricorn che realizzò due albums (Capricorn e Inferno) veramente belli. Se ne avete la possibilità cercate di reperirli perché meritano veramente se siete in cerca di sano heavy metal teutonico con sfumature molto Motorheadiane!!! A Capricorn sciolti, Adrian e David formarono i Nemesis con i quali ritornarono a certe atmosfere dei Grinder. Si era vociferato di un possibile ritorno con i Capricorn e personalmente parlando farei i salti di gioia se dovesse succedere!!!
LUCI DI FERRO
Sabato 12 Ottobre 2013, 18.04.41
7
Complimenti per l'articolo, che io vedrò di approfondire immediatamente alla ricerca dei dischi citati da te "Monky" , io ho solo 'Hellish Crossfire' / ' Sign of the Wicked ' / ' Malevolent Assault of Tomorrow ' Tre perle di album, questi li conosco e ve li consiglio caldamente ----Andate sul sicuro--- credetemi. Adesso vado su You Tube a rimediare gli altri.
Undercover
Sabato 12 Ottobre 2013, 16.21.43
6
@The Thrasher, la mia era una semplice risposta alla stecca tirata: ''delle solite band'' fanno tanto i cultori dell'underground. Non è detto che si debba sempre e per forza commentare tutto. Se dovessi fare un articolo su "The Final Frontier" evito proprio di leggerlo, per me avresti solo sprecato del tempo.
Nerchiopiteco
Sabato 12 Ottobre 2013, 16.10.42
5
Queste band magari si conoscono ma di certo non sono mai oggetto di grandi discussioni, quindi sicuramente fa piacere leggere un articolo che parli dei Vectom, anche perchè poco tempo fa ho rimediato Rules of Mystery bello riscoprire certe band, e bell'occasione per chi non le conoscesse, per un motivo o per l'altro, di scoprire qualche chicca.
the Thrasher
Sabato 12 Ottobre 2013, 15.55.25
4
@Undercover: questo articolo non ha la presunzione di insegnare chi sono queste band a chi ovviamente le conosce già, è un modo per parlarne e tributarle. Se lo trovi scontato vado a prepararti un articolo sull'importanza di ''the final frontier'' sulla scena metal internazionale, forse interesserà a più gente?
Undercover
Sabato 12 Ottobre 2013, 15.18.23
3
ma onestamente chi ascolta thrash e non conosce o non ha mai sentito nominare queste band? Tra le altre cose molte sono rientrate in attività, con scarso successo, ma diciamo che hanno ripreso i lavori...
The Void
Sabato 12 Ottobre 2013, 15.02.32
2
Bell'articolo! Tante realtà già le conoscevo, alcune no! Maaa dei Mekong Delta tipo, non ne parli?
the Thrasher
Sabato 12 Ottobre 2013, 14.44.19
1
Bell'articolo, Davide! Un approfondimento doveroso sulla scena minore! Mi chiedo dove siano finiti ora tutti quelli che quando si parla ''delle solite band'' fanno tanto i cultori dell'underground... forse a leggere la news sull'ultima ragazza di Ulrich o sulla birra degli iron maiden...
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