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ULVER + PAMELA KRUSTIN - Teatro Regio, Parma, 16/11/2013
21/11/2013 (4073 letture)

Cosa chiedere di più? Gli Ulver giocano in casa, la nostra per lo meno. Uno show di cui nessuno sapeva quasi niente, una sorpresa al di fuori di ogni comprensione. Ovvio, la riproposizione dell'intero Messe I.X-VI.X era scontata, ma dopo? Le attese erano tante e per la stragrande maggioranza sono state rispettate. L'orchestra era al completo con 19 musicisti italiani giovani e si è rivelata la ciliegina sulla torta. Un act d'apertura che spiazzò tutti, nel bene e nel male; io vi deluciderò sull'intera serata in modalità super partes, mentre i miei esimi compari di report ci forniranno una visione da un'altra prospettiva. Concerti come questi sono talmente personali che ad un solo punto di vista risulterebbe difficile riuscire a raccontare tutto quello che accadde in così breve tempo.
Ora andiamo per passi.


PAMELA KRUSTIN
Alle 9:15 spaccate un'ombra si aggira dietro il sipario, un figura femminile si accosta ad un theremin e inizia a far vibrare il suo strumento. Piccole gocce vengono scandite dagli altoparlanti, ottima l'atmosfera per questo strumento, una serata che è anche a tema. Come già visto nelle due volte precedenti, sono pronto a ogni tipo di supporter act prima dei lupi: sono passato dalla tazza del water di Zweiss alle mirabolanti schitarrate di Stian Westerhus, ma questa ragazza si è rivelata troppo tediosa. Minuto dopo minuto la gente diventa insofferente ed intollerante, l'attenzione viene a perdersi e i cellulari iniziano ad illuminarsi per controllare messaggi e social network. La proposta della statunitense è buona se ristretta nell'arco di 10-15 minuti; dopo inizi a comprendere come non ci sia un nesso logico nella sua prestazione, i suoni vanno e vengono dagli altoparlanti, si smorzano e si aggravano, si denota benissimo che sa suonare il theremin in maniera complessa, ma il punto di arrivo della sua prestazione rimane un'incognita. Dopo quarantacinque minuti di segnale morse amplificato, le luci si alzano e un applauso (sincero?) si alza dalla sala; l'ombra che si era profilata sul palco si dilegua silenziosa nel back stage. Probabilmente avrò dei limiti, ma speravo solo che il concerto, quello vero, avrebbe preso forma a breve.

ULVER WITH MG-INC ORCHESTRA
Il sipario, chiuso precedentemente, si apre, la MG-INC Orchestra si dischiude e dietro, su un trionfale palco completamente nero compaiono loro tre: Garm, Tore e Jørn; pochi secondi dopo il maestro Martin Romberg prende posto al centro del palcoscenico. Un battito di ciglia e la magia incomincia. Le note di As Syrian Pour, In Lebanon Grapples With Ghosts Of A Bloody Pasts si delineano nella sala, qualche gabbiano all'orizzonte del maxi schermo lascia ricordi di leggerezza e serenità. Da qui in avanti le figure che avrebbero preso forma sullo sfondo non sarebbero più state singole, solitarie nell'ambiente; un proiettore forniva la quinta parete con ologrammi e figure dinamiche che avrebbero interagito con la musica durante tutta la durata della prestazione. Ovviamente i tre norvegesi, privi di O'Sullivan e Pedersen, interagiscono musicalmente solamente attraverso Ipad, Imac e tastiere (l'Ipod è troppo mainstream). Non si guardano nemmeno, talmente conoscono le mosse l'uno dell'altro, a volte lasciano intravedere un'improvvisazione nei brani più liberi dell'album. Non c'è un programma statico e prefissato, l'orchestra sa quando ha necessità di esibirsi e quando è il momento di rimanere in secondo piano per lasciar spazio alla creatività improvvisata in certi momenti dei nostri. Non si canta, data la scelta stilistica degli ultimi periodi, ma si ascolta, si apprezza e ci si delizia con gli occhi. Una bambina nell'ombra prima, una ragazza sofferente e malinconica poi, forme e simboli esoterici per concludersi con una pioggia di croci durante la conclusiva Mother Of Mercy. I pochi minuti di cantato da parte di Garm (Son Of a Father e Mother Of Mercy) sono intensi, profondi e malinconici. Canta probabilmente talmente bene che alla fine delle strofe scende dal palco, chissà, magari esaltandosi e congratulandosi con se stesso per la riuscita. Cantava pure storto, il poveretto, data la posizione decentrata del microfono. I minuti vanno avanti; le note tutti le conosciamo in sala. Vedi persone che cantano e altre che, impietrite, non cambiano espressione per i tre quarti d'ora di durata dell'esibizione. La sensazione però è unanime: questa serata è un omaggio alla vera musica, quella che può piacere o meno ma rimane incasellata nei tuoi ricordi per moltissimo tempo.
Alla conclusione della suite che incastona le sei gemme di Messe I.X-VI.X, un ringraziamento, una piccola pausa e la seconda parte, quella che dovrebbe vedere vecchi brani, ci offre il benvenuto con Little Blue Bird, dal lontano A Quick Fix Of Melancholy EP: una canzone struggente con le note dell'orchestra a lasciar trasparire la bellezza di queste note composte ormai 10 anni or sono. La seconda estratta è la onnipresente Eos dal bellissimo Shadows Of The Sun. L'unica certezza dal punto di vista esecutivo, questa non può mancare e l'interpretazione è cadenzata dalla nascita di un sole sino alla sua morte, per portare a lasciare la luna brillare nel cielo nero, dove un lupo solitario si staglia negli ologrammi della quinta parete. Con grande sorpresa si chiude tutto, 70 minuti di musica o poco più, un applauso lungo minuti e una standing ovation meritata. La classica foto di rito con il pubblico alle spalle è fortemente voluta dal gruppo che chiama tutta l'orchestra a raccolta; nessuno vuole andare via perché si ha bisogno di musica come questa, eventi speciali così non capitano spesso, purtroppo o forse per fortuna.

LUNA PIENA
La notte che si creò, accompagnata dalla luna piena, fu magnifica. Ho un dolce ricordo di questa avventura: il ritrovo con i colleghi di redazione, qualche bevuta nei bar vicino e la conferma che tutti, chi più chi meno, hanno sentito fortemente questa prestazione. Una prestazione magistrale che ha lasciato a bocca aperta. Un plauso al Barezzi Live e la passione messa per portare la band norvegese nuovamente in Italia. Una nota di demerito all'organizzazione del Teatro Regio che non riusciva a fornire indicazioni esatte sul concerto: molti spettatori non riuscivano ad avere conferme sull'orario e sulla presenza stessa dell'evento. Zero pubblicità e zero promozione per una serata così testimoniano che gli appassionati vanno oltre le organizzazioni, spesso e volentieri.
Piccolo aneddoto: verso l'una di notte, mentre ci stavano dirigendo alle macchine, io Waste e Ahti passammo casualmente davanti al Teatro. Provammo ad andare verso l'uscita laterale e, 2 minuti dopo, uscì un ragazzo gentilissimo che ci chiese se stavamo aspettando la band: si! Ci disse che ce li avrebbe portati fuori; tempo 5 minuti e tutti, compreso il direttore d'orchestra, si presentarono nella piazzetta. Firme, autografi, chiacchiere e la band si rivelò disponibilissima. Garm invece, alquanto stanco e demotivato, si dilettava col figlio (come potete vedere in foto); va bene comunque così, il caso volle questo e noi ce ne andammo ritenendo di essere stati fortunati.

LUMINOSO CREPUSCOLO
Dopo l'ultima apparizione dell'ologramma di un lupo errabondo tra le persone in platea e la mortale eclissi dell'astro solare in Eos, si riaccendono le luci artificiali del Teatro Regio, lampadario centrale da 1000 chili annesso e, per qualche secondo, nessuno fiata. Tra la platea e le cinque file di palchi centrali e laterali una calma surreale regna sovrana, siamo tutti più o meno consci di aver assistito ad un'esibizione di rara profondità e coinvolgimento.
Nessuno ha la forza di dire nulla, ancora nessuno applaude, l'orchestra è immobile. Sensazioni di solitudine e di meditazione, istantanee di gelidi inverni e foreste innevate, pensieri di annichilimento della corporeità dell'essere umano iniziano ad aleggiare fra di noi al posto degli evanescenti ologrammi dei proiettori.
Il primo a parlare dopo diversi secondi è Garm, il quale, evidentemente emozionato, in un silenzio etereo ringrazia sentitamente il pubblico, il quale ricambia con una lunga e calorosa standing ovation. La voce degli Ulver scende poi, assieme a Tore e Jørn, dal palchetto retrostante l'orchestra comprendente la backline con la strumentazione elettronica per andare da Martin Romberg e dalla sua talentuosa orchestra.
Il pubblico è tutto in piedi e gli applausi continuano a scrosciare come un fiume in piena mentre i tre lupi decidono di scattare una serie di foto ricordo sul palco assieme ai giovani componenti della MG-INC Orchestra, come suggerito da Garm stesso, a pochi, pochissimi metri di distanza dalla platea.
Dopo dieci minuti, i musicisti salutano ed il pubblico, pure se non vorrebbe, incomincia ad uscire.
Sulle gradinate davanti alla facciata neoclassica del teatro incontro diversi miei colleghi di Metallized, con i quali ci scambiamo simpaticamente dei rapidi feedback sull'evento, generalmente tutti positivi.
L'evento è piaciuto a tutti e la band live ha saputo dimostrarsi capace di rendere enormemente coinvolgente un tipo di musica che, magari, non tutti i presenti erano abituati a sentire. La voce di Garm si è rivelata più che all'altezza, ipnotica e suadente come sempre, il modificato arrangiamento di alcuni pezzi storici degli Ulver tramite l'utilizzo di violini, violoncelli, trombe, corni, tamburi ed un pianoforte ha lasciato tutti piacevolmente colpiti, come pure l'utilizzo dei proiettori ha contribuito a tenere viva e meravigliata l'attenzione dei presenti.
L'unica nota dolente, se proprio se ne volesse trovare una, e sulla quale un po' tutti ci siamo ritrovati d'accordo, è quella rappresentata dalla non proprio lunga performance dei norvegesi, la quale si è aggirata sui 70 minuti scarsi di musica, a fronte di un opening act non estremamente convincente (ma che pure, in fin dei conti, mi ha lasciato gradevolmente soddisfatto ed incuriosito) della durata di 45 minuti.
A quel punto, un po' a malincuore, mi congedo dai miei colleghi e saluto Parma, un paio di caffè, la A1 e tre ore di macchina mi aspettano.
Ma i lupi escono per andare a caccia e vagabondano per il loro habitat naturale soprattutto di notte, ed a Parma la notte è appena iniziata.

GLI SCIAMANI DEL TERZO MILLENNIO
Gli Ulver non sono musica, sono una religione. Infondono nell'animo un fervore che si tange la sacralità prima che la semplice passione. Un sentimento che trascende le distanze, i luoghi e le regole di un mercato discografico che pretende forme semplici, adatte ad essere replicate, in quanto nella loro uniformità sono placide, modificabili seguendo il gusto, la moda e la decadenza. I tre lupi norvegesi officiano una messa, un rituale solenne di poco più di 70 minuti, in cui, tuttavia, la nozione di tempo è azzerata, plasmata, compressa, tesa asintoticamente all'infinito, scevra dalla banalità delle vite quotidiane. Gli archi intessono arazzi dedicati allo strazio di Maria, i laptop, finalmente equiparati agli strumenti classici, poiché, citando il giornalista Paul Hegarty, lo strumento è un mezzo, una macchina assoggettata alla creatività ed all'estro dell'essere umano, cantano melodie ronzanti, cacofoniche, disturbanti, richiamando alla luce dei profani il ritmo di danze dionisiache.
Poco dopo le undici gli sciamani del terzo millennio riportano il silenzio, a cui, saggiamente, è affidata l'ultima parola.
Applausi, catarsi e la strana sensazione di aver ammirato l'essenza dell'Arte da pochi metri di distanza.
Don DeLillo sostiene che i santi parlano agli uccelli, ma solo i pazzi ottengono risposte.
Parafrasando la caustica citazione: gli individui di talento descrivono le emozioni, ma solo gli individui di genio danno loro un volto.

UN ULTIMO APPUNTO
Non mi resta che quotare in toto le parole scritte dagli altri ragazzi; il mio punto di vista aggiungerebbe poco o nulla e si rivelerebbe a questo punto piuttosto inutile. Ho però perennemente insita nel mio io quella strana pulsione del dover buttare tutto in caciara per forza, quindi il mio ricordo più nitido della serata lo dedico al genio che perennemente applaudiva tra un pezzo e l'altro con il resto del teatro in religioso silenzio. Probabilmente sarà stato l'unico con le mani ferme durante la standing ovation.

CREDITS
Report e foto a cura di Andrea Poletti "Ad Astra".
Luminoso Crepuscolo a cura di Lorenzo D'Amico "Wild Wolf".
Gli Sciamani Del Terzo Millennio a cura di Jacopo Fanò "Ahti".
Un Ultimo Appunto a cura di Gianluca Fontanesi "Waste Of Air".



wonderghio41
Venerdì 22 Novembre 2013, 4.56.54
4
Concerto COLOSSALE e io essendo di Parma mi sento privilegiato non poco! Avere gli Ulver a 20 minuti a piedi o 5 in macchina è culo (oltretutto due volte in tre anni). Quoto tutto sul primo act, io durante quei 45 minuti purtroppo mi sono anche addormentato. Sono anche felice di aver potuto stringere la mano a Garm che prima del concerto si trovava vicino alla bancarella del merch
Embla
Giovedì 21 Novembre 2013, 22.10.14
3
Quello nella foto è il figlio di Pamelia Kurstin ... in braccio alla mamma!
Bergtatt
Giovedì 21 Novembre 2013, 20.32.07
2
sorry, jorn non era presente.
Morganne91
Giovedì 21 Novembre 2013, 11.49.56
1
NON E' GIUSTOOOOO!!! Perchè mi mancano sempre i soldi quando ci voglio andare?? Non è sfiga, di più T_____T
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Live Report
ULVER + PAMELA KRUSTIN
Teatro Regio, Parma, 16/11/2013
 
 
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