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IL LIBRO DEL PROG ITALIANO - Quando rischiammo di essere vivi
23/01/2014 (4971 letture)
Diviso in tre parti, ognuna scritta da un diverso autore ed inserito all'interno di una collana curata da quel Riccardo Bertoncelli di Guccianiana memoria, Il Libro del Prog Italiano non è solo una miniera di gruppi, singoli artisti e di titoli di album. Lo scritto in questione è una polaroid di una nazione che, unica al mondo nella sua fusione tra modo di vivere la musica come veicolo di idee e presa di coscienza della necessità di agire per il cambiamento, a cavallo tra la fine degli anni '60 ed il 76/77 produsse un modello nuovo di società. Pur tra mille contraddizioni, storture, eccessi, violenze, droga ed ingenuità, l'Italia non sarà mai più così viva, così partecipe delle decisioni a grandi livelli e così desiderosa di costruire una Nazione in cui l'arte e la partecipazione attraverso il quotidiano, potessero costruire qualcosa di nuovo, di vivo, con la musica ad unire e stimolare tutti.

PROG ITALIANO:3 = UN'EDIZIONE DI LIVELLO
Il primo impatto con Il Libro del Prog Italiano è quello relativo al volume in sé. Quello che abbiamo davanti, infatti, è un libro di un certo pregio, che si presenta al lettore in formato 21.5x27.7cm. con copertina rigida, sovraccoperta illustrata, stampato su carta lucida a sfondo azzurrino per la prime due parti e beige per la terza, contenente numerosissime fotografie riguardanti sia copertine dei dischi, locandine e poster, che scatti relativi ai festival di cui si parla ed alle varie manifestazioni dell'epoca. In tal modo, la lettura risulta sempre piacevole e stimolante, fatto non da poco in un settore, quello dell'editoria musicale, non sempre caratterizzato da edizioni di qualità che, del resto, richiedono un certo investimento che non tutti possono permettersi. Come detto, il tomo è diviso in tre parti apparentemente distinte e separate che, una volta considerate nel loro insieme (e questo è valido in particolare per le prime due, impostate sulla descrizione quasi sensoriale della vita al tempo del prog), costituiscono un tutt'uno, almeno nella percezione di chi legge. Tre gli autori coinvolti: il primo è John N. Martin, noto esperto del settore, autore di altre pubblicazioni e curatore di uno dei più seguiti ed autorevoli blog di musica progressive nazionale della nostra penisola. Il secondo, Michele Neri, è un esperto delle discografie di artisti italiani ed autore di un importante volume su Lucio Battisti, mentre il terzo, Sandro Neri, è un giornalista del Quotidiano Nazionale, studioso di musica ed autore di un libro su Giorgio Gaber. Di seguito l'analisi delle singole parti.
Prima di addentrarci nello specifico, va detto che, almeno per ciò che attiene alle prime due parti e marcatamente per la prima (la terza, essendo strutturata per schede, è per forza di cose maggiormente didascalica, ma non troppo), l'intento degli scriventi è stato non solo e non tanto quello di parlare di musica, gruppi, dischi, etc. ma quello di dare il quadro generale dell'intera società italiana del tempo, così strettamente connessa ai fermenti culturali e sociali, da far sì che musica e politica, arte e quotidiano, fossero assolutamente indistinguibili l'uno dagli altri. Il fine dell'operazione è chiaro: fornire al lettore le coordinate necessarie ad interpretare il contesto storico/sociale in cui il prog prese vita, il come e soprattutto il perché diventò un fenomeno così strettamente connesso col quotidiano e col politico, il modo in cui si legò ai movimenti culturali del tempo ed agli avvenimenti che stravolsero l'Italia e come, alla fine, fu travolto dal cambiamento che, dopo l'esplosione improvvisa del suo opposto musicale e filosofico, il punk, portò agli anni '80. Anni che, se da un alto sono musicalmente dorati per chi, come noi, ama l'heavy, segnarono anche quel declino della società italiana che produce i suoi più nefasti effetti proprio mentre leggete queste righe. In particolare, la prima parte è più di analisi, la seconda di aneddoti, dichiarazioni e retroscena, la terza è composta da una preziosissima serie di schede relative ad innumerevoli band.

TRA SOGNO UTOPICO, FESTIVAL, PARTECIPAZIONE ED INCUBI NASCENTI
Le prime cinquanta pagine, firmate da John Martin, sono probabilmente quelle maggiormente coinvolgenti, sia per stile narrativo che per (conseguente) capacità di far percepire al lettore le tensioni, le violenze, ma anche il fermento e le incomparabili bellezze di quegli anni che, al contrario di come la storiografia "raiunesca", se mi passate l'orribile neologismo, ha fatto credere per anni, esistettero in quantità. In un cammino che parte addirittura dall'immediato dopoguerra, dai Teddy Boys (e non sarà certo questo il solo argomento contenuto nel libro già affrontato sulle nostre pagine, oltre alle varie recensioni ed articoli, e questo, da sito metal d'avanguardia, lo rivendichiamo), per proseguire col beat e le sue messe, la psichedelia, la fusione dei nuovi aneliti libertari con la musica, la presa di contatto col prog inglese, la conquista di una musicalità autonoma e la sua rielaborazione in una forma peculiarmente italiana e tanto altro. Moltissimi i nomi conosciuti da chi ci segue abitualmente, come quello di Andrea Valcarenghi (già incontrato in questa serie di articoli), unitamente ad altri poco noti se non agli specialisti, alcuni dei quali, magari, rinati anni dopo ed in contesti tutti differenti. Uno di questi è Melchiorre Gerbino, che gli spettatori del Maurizio Costanzo Show di metà anni '90, ricorderanno ripetutamente ospite in qualità di "viaggiatore", ma precedentemente figura di primo piano della contestazione e parte di Mondo Beat, del Re Nudo, oppure quella di Pinelli, poi deceduto nelle circostanze che -mi auguro- tutti conosciamo. La parte più vibrante è proprio quella che lega la vita quotidiana alla politica ed alla musica e la descrizione di quanto fossero considerate non scindibili; alla gestione consapevole del tempo libero, al "personale che è politico" ed alla controcultura. Infine il raggiungimento di un apice contaminato dal jazz e da tante altre forme espressive e poi la fine, convenzionalmente identificata con il festival di Parco Lambro del '76.

La parte centrale, firmata da Sandro Neri, è una miniera di notizie e retroscena, a partire dalla famosa sera dei Led Zeppelin al Vigorelli, passando per Caracalla, Viareggio, Villa Pamphili e tutti i fest (con annesso il concetto di festa) che animarono quegli anni e, tanto per citare un altro episodio, il famoso "processo popolare" a De Gregori. Innumerevoli i nomi ed i gruppi che si incontrano, come peraltro nella parte precedente, e tanti di questi appartenenti a soggetti i cui trascorsi potrebbero stupire i più giovani tra i nostri lettori, o far tornare alla mente ricordi sopiti tra quelli più anziani. Guccini, Dalla, Alberto Camerini, Finardi, Mario Lavezzi, Alberto Radius, Claudio Rocchi, Richard Benson (sì, lui), Giorgio Gaber, il fondamentale Franco Battiato e, tra gli altri, anche la giovanissima Strana Officina, all'epoca dedita ad un prog-rock strumentale in formazione a tre, con Fabio e Roberto Cappanera ed Enzo Mascolo. Numerose poi le citazioni da recensioni ed articoli dell'epoca, spesso tratte da Ciao 2001 (quindi già note, ma qui inserite organicamente e sequenzialmente), interessanti per valutare come venivano percepite certe cose "in diretta". Infine la parte più corposa, a cura di Michele Neri -da pag. 90 a pag. 239- contenente una carrellata sui gruppi "maggiori e minori" (questo il titolo della sezione, anche se su qualcuno le valutazioni possono differire) con ognuno di questi inserito con una scheda che ne spiega brevemente la storia, la discografia commentata e, come al solito, una enorme quantità di illustrazioni che restituiscono il fascino di un'epoca in cui anche la grafica si inserì con un ruolo preminente nella cultura pop(ular), dandole una fisionomia presso il pubblico, mediante il lavoro di gente del calibro di Guido Crepax per i Garybaldi di Nuda, tanto per citare un nome ed un disco ambedue tra i più noti.

COME ERAVAMO, COME AVREMMO POTUTO ESSERE, COME SIAMO
Quello che Il Libro del Prog Italiano fa, anche citando altre fonti ed al di là del fatto prettamente musicale, pur basilare, è spiegare in maniera discorsiva, a tratti avvincente, come un'intera società, prendendo le mosse da una forma d'espressione artistica d'importazione, la rese propria e la usò come mezzo per trasformare ogni gesto quotidiano in un tentativo di costruire una società completamente nuova. Descrivendo quei pochi, ma incredibilmente importanti e magmatici anni, Il Libro del Prog Italiano sposa in grandissima parte tesi già espresse dalla nostra testata in varie occasioni (o forse, data la caratura degli autori, sarebbe meglio dire il contrario), prima fra tutte quella che il pop italiano, nella definizione dell'epoca, fu un fenomeno peculiare, unico, assolutamente mediterraneo, capace di catalizzare un sogno sociale utopistico, contemporaneamente innocente e colpevole, contrastante in parte con le diversissime anime del movimento, legato a battaglie socio-culturali come quelle per il divorzio ed alle lotte femministe le cui conseguenze viviamo ancora oggi, che per un breve lucente istante, fu davvero a portata di mano. Tutto questo si esaurì artisticamente e politicamente in uno spazio di tempo talmente ristretto che è davvero difficile realizzarlo. Se dal punto di vista discografico il punk -l'esatto contrario del prog- e negli anni '80 la new wave ed il ritorno e l'affermazione del metal spazzarono via un fenomeno così complesso in un tempo brevissimo, salvo poi farlo tornare anni dopo ibridato col metal (ma senza la complessità tematica originale) ed in forma "pura" per un pubblico in realtà mai scomparso del tutto, la decade dell'edonismo reaganiano distrusse più che un semplice genere musicale. Quello che morì quasi istantaneamente sotto tonnellate di gel, velinismo canalcinquesco e disimpegno, fu la voglia, l'abitudine, la necessità di partecipare alle scelte comuni. Di più: il senso del diritto/dovere di farlo per sé e per le generazioni successive. Di questo crimine, stiamo scontando le conseguenze più terribili proprio in questi giorni e, più di noi, purtroppo, lo faranno i nostri figli. Leggere come eravamo e, più ancora, come avremmo potuto essere, può forse risvegliare qualche coscienza, oltre che aumentare la nostra cultura musicale.

::: ::: ::: RIFERIMENTI ::: ::: :::
Titolo: Il libro del Prog italiano
Autori:John N. Martin, Michele Neri, Sandro Neri
Editore: Giunti
Pagine: 240
Collana: Bizarre
Dimensione: 21.5x27.7cm
ISBN - EAN: 9788809784390
Prezzo: Euro 22,00 (18,70 on line)



Arrraya
Sabato 1 Febbraio 2014, 11.56.09
22
Qualche anno fa vidi su YT il video documento sul concerto al parco Lambro e devo dire , aldilà delle ,ora ,discutibili scene, era veramente un' altra italia, sicuramente più vitale di quella odierna, seppur ingenua. Se penso che molti di coloro che all' epoca giostravano in una certa sinistra son passati dalla parte del "padrone" tanto detestato in quegli anni, provo solo disgusto. Del resto in italia non ci sono mezze misure in questo senso, siamo passati dall'esasperazione ideologica, dai "processi" durante i concerti a Maria de Filippi. Musicalmente parlando mi trovo pienamente d'accordo con l'azzeccatissimo titolo, da l'idea che in questo paese non si riesce mai a sfruttare in pieno le potenzialità dei propri pregi. se penso alla merdaccia che gira oggi, con band di ventenni spompati e piangina.
Sambalzalzal
Martedì 28 Gennaio 2014, 21.04.31
21
Bellissimo articolo, complimenti Raven@! prendo il libro sicuramente, sono veramente curioso sia ovviamente sul discorso musicale e sia sullo spaccato di quegli anni così pieni di fermento ad ogni livello!
Raven
Martedì 28 Gennaio 2014, 16.59.52
20
Non scherziamo con la Vartan. Quando avevo 4 o 5 anni mi faceva morire
Le Marquis de Fremont
Martedì 28 Gennaio 2014, 16.19.50
19
Monsieur Raven, merci. Allora tolga i Ricchi e Poveri e metta Orietta Berti. O Sylvie Vartan che è lo stesso... Au revoir.
Raven
Martedì 28 Gennaio 2014, 15.43.16
18
Trovi già parecchi recensioni in db, anche di gruppi meno impegnati come Le Orme ed altri. @Le Marquis: anche i Ricchi e Poveri ebbero a che fare -molto di striscio- col prog. Ne parlo nella recensione dei J.E.T. e sono citati anche nel libro.
spiderman
Martedì 28 Gennaio 2014, 15.10.20
17
Ahahaha!allora si che ce sapeva fa con la musica,prima de fa er pajaccio, RIchard Benson,mi hai stupito con il buon vecchio charlie,io sono giovane,ma questo tema del prog italiano mi appassiona,spero che qualche recensore approfondisca ancora di piu' l'argomento speciecdel prog del centro-sud(es.osanna),e sul festival di villa panfili,e dei gruppi che vi partecipvano,comenque ottima davvero la discussione su quegli anni,molto caldi,se non di piombo per la politica,e dell'intreccio politica-musica.spero comunque ditrovare per quel periodo un gruppo come dire un po piu leggero" e come dire "apolitico",sara'dura ma ci provero'.complimenti di nuovo a Raven.
Le Marquis de Fremont
Martedì 28 Gennaio 2014, 14.18.22
16
Mi sembra ovvio che solo alla parte "progressista" interessano sperimentazioni musicali e artistiche e contenuti dei testi che parlavano di società, visioni di un mondo migliore, confronto critico con il passato. Alla parte "conservatrice" (o di chi "non si occupa di politica" che è lo stesso...) queste cose non interessano. Infatti, c'erano anche i Ricchi e Poveri che andavano forte nello stesso periodo, mi sembra...
@nn@
Martedì 28 Gennaio 2014, 1.21.54
15
Straordinaria la parte di John Martin (che in molti conoscono come "JJ John") che ha spiegato in maniera originale e circostanziata i rapporti di causa-effetto tra musica, politica e società: un tassello che mancava alla sterminata bibliografia sul prog italiano e che apre gli occhi su molti aspetti di qualla musica.
Raven
Domenica 26 Gennaio 2014, 11.40.14
14
La commistione era talmente profonda, che era molto difficile stabilire quanto l'una producesse l'altra e determinare esattametne il ruolo delle due componenti. Ad ogni modo anticipo che, a breve, avremo modo di approfondire l'argomento.
pincheloco
Domenica 26 Gennaio 2014, 11.03.16
13
Non amo la musica politicizzata ma in quegli anni era la tendenza visti gli avvenimenti.
pincheloco
Domenica 26 Gennaio 2014, 11.00.56
12
Sembra interessante e lo farò mio. Ci sono parecchi libri in giro ma specializzati sulla scena italiana non ne ho trovati molti. Mi interessa parecchio vedere foto che mi mancano e approfondire sempre gruppi che mi erano sfuggiti. Io all'epoca purtroppo ero alle elementari perchè altrimenti sarei stato a Montalbano (20 minuti da casa mia). Bella anche la copertina che riprende Trip, Orme, Banco ecc. Grande Raven come sempre.
Raven
Sabato 25 Gennaio 2014, 10.00.22
11
Ovvio: quella stagione fu caratterizzata musicalmente (e per tutto il resto che caretterizzò l'humus progressive impegnato) al 99% da un colore politico e dalle sue iniziative, nel bene e nel male. Dovendone parlare non si può che fare riferimento a quello.
videoklip
Sabato 25 Gennaio 2014, 8.48.22
10
@deedeesonic: concordo sembra anche a me un po political "monocolore",comunque ottima segnalazione e discussione sull'argomento,alla libreria gli darò un occhiata (sempre se fosse possibile)se mi garba e il prezzo è accessibile per il contenuto che ha ci farei un pensierino sennò no.comunque che meraviglia la foto del parco lambro, oh come avrei voluto esserci!,non so a voi ,ma a me mi mi "ispira".
deedeesonic
Venerdì 24 Gennaio 2014, 23.33.51
9
Da quello che ho letto mi sembra però che si tratti di un testo "politically oriented" più che "musically oriented"...
Steelminded
Venerdì 24 Gennaio 2014, 21.29.21
8
Molto interessante raven. Evviva.
Steelminded
Venerdì 24 Gennaio 2014, 19.49.42
7
Leggero' subito il commento di raven... Mi piace il sottotitolo - quando rischiammo di essere vivi. Per me pero' vivi lo eravamo e come musicalmente e artisticamente cove paese. Poi gli anni 80... Comunque, non ce la faccio a dire che il movimento non aveva nulla a che invidiare al panorama internazionale... La scena britannica resta al top incontrastata...
Raven
Venerdì 24 Gennaio 2014, 17.15.47
6
@ayreon: gli scrittori sono 3, ma non so se il lavoro di ricerca iconografico sia stato direttamente loro o di chi cura la pubblicazione (ma lo sapremo più avanti ), quel che è certo è che le foto e le copertine sono davvero molte e tutte interessanti. @NSN65, non è consentito likare siti esterni, non per nulla non ho citato il blog di Martin in maniera diretta nemmeno nello scritto, ma, come tu dici, non è difficile rintracciare roba interessante in rete . @tutti: grazie per l'interesse.
nonseinormale65
Venerdì 24 Gennaio 2014, 15.49.49
5
Ennesimo libro sul prog italiano,ormai da anni il mercato è pieno di queste pubblicazioni(ad onor del vero quasi tutte di altissimo livello),evito di esprimere un parere sul libro in sè non avendolo sottomano ma è un ulteriore conferma di come i 70' italiani siano a l'unico periodo preso seriamente in considerazione dal pubblico e dalla critica,segno che la qualità e la statura artistica di quel movimento non aveva nulla da invidiare al prog straniero,anzi! P.S. in rete esistono diversi interessanti blog e siti sul tema,cercateli e non ve ne pentirete,vi dò un piccolo indizio per uno di essi(non so se sia permesso postarne il link), la "stratosfera" vi aspetta
LaSte
Venerdì 24 Gennaio 2014, 14.19.30
4
Non nascondo che la grande attenzione che questo sito ha sempre riservato al nostro prog rock è stata una delle ragioni che mi ci ha fatto affezionare così tanto, e questa recensione ne è l'ennesima conferma! Bella bella, righe finali poi da lacrima e stretta allo stomaco. Acquisto obbligato, mi sa!
Le Marquis de Fremont
Venerdì 24 Gennaio 2014, 14.01.08
3
Grandissimi complimenti a Monsieur Raven per la segnalazione, per l'eccellente articolo, con parte finale da imparare a memoria e meditare a fondo. Noi in Francia abbiamo avuto il '68 prima dell'Italia ma dopo non abbiamo avuto quello che sono stati quegli anni, tra musica, happening, presa di coscienza politica e sociale, come avete avuto voi. Conosco abbastanza bene il periodo e la scena perché venivo varie volte in Italia nel periodo e noi a Parigi, sapevamo di cosa accadeva. Più difficile era procurarsi i dischi (cosa che ho fatto in seguito) che sono quasi tutti di eccellente musica, grandi idee, originalità da vendere e grande conoscenza culturale. Peccato, come citato che dopo tutto questo è finito nel "biscione che ti aspetta", nelle discoteche per maschi masochisti (in Italia, per una donna c'erano mediamente 15 uomini...) con Donna Summer e poi nei voti a Berlusconi. Molti dei personaggi di allora, comunque, hanno fatto carriere e belle vite. E' ovvio che comprerò il libro. E ancora un grazie e complimenti per l'apertura mentale di questo sito. Chapeau!
ayreon
Venerdì 24 Gennaio 2014, 13.56.21
2
lo scrittore ho letto che si è sbattuto non poco a cercare in giro locandine,foto e quant'altro,onore a lui per mantenere vivo l'interesse per un genere che a dispetto di tutta la critica di quel tempo e di adesso non morirà mai,anzi l'interesse per il prog italiano cresce soprattutto all'estero
AL
Venerdì 24 Gennaio 2014, 12.28.57
1
bell'articolo. e mi sa di bellissimo libro. cercherò di procurarmelo per farmi una cultura su un genere che mi piace abbastanza ma conosco veramente poco. soprattutto la scena italiana.
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ARTICOLI
23/01/2014
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IL LIBRO DEL PROG ITALIANO
Quando rischiammo di essere vivi
 
 
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