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EUDAIMONY - Il cupo inno all’umano Fato
06/03/2014 (1416 letture)
Il side-project Eudaimony dà alla luce la sua prima release: Futile, un album denso di suggestioni che attinge a generi diversi come il black metal, il doom ed il repertorio della musica classica per descrivere con toni quanto mai cupi la sorte del genere umano, fatta di disperata desolazione. Un’interessantissima intervista al singer Matthias Jell, co-fondatore del progetto insieme al chitarrista e compositore Marcus E. Norman, che ci rivela inattesi retroscena e gustosi aneddoti e ci intrattiene con la descrizione, illuminante nella sua semplicità e vivacità, del “modus sentiendi” ed “operandi” che caratterizza gli Eudaimony come ambasciatori della (cito) “negatività nella sua forma più pura”.

RosaVelata: Gli Eudaimony nascono come progetto parallelo ad altri vostri impegni musicali: con quali fini? Cosa intendete esprimere di diverso rispetto alla musica che usualmente componete ed eseguite con le altre band delle quali fate parte?
Matthias Jell: Il nostro intento era semplicemente quello di creare qualcosa di diverso dalle nostre principali/precedenti band. Altrimenti un progetto come questo non avrebbe alcun senso. Per noi Eudaimony è come uno strumento privo di limiti. Possiamo fare con esso qualsiasi cosa desideriamo. Si potrebbe dire che con Eudaimony ci siamo liberati dalle catene del fare “solo” black metal.

RosaVelata: Futile è stato dato alla luce a sei anni di distanza dalla fondazione del gruppo: per quali ragioni? È riuscito ad incarnare gli obiettivi espressivi che vi eravate dati? Il trascorrere del tempo e le esperienze fatte nel frattempo hanno mutato o ampliato gli intenti originari?
Matthias Jell: Eudaimony è solo un side-project. La band principale di Marcus, i Naglfar, ha evidenti priorità. Specialmente perchè lui è fino ad ora l’unico compositore in Eudaimony. In più, come ho detto prima, non avvertiamo pressione alcuna e ci prendiamo il nostro tempo. Non facciamo tutto questo per motivi economici. D’altra parte avremmo probabilmente potuto pubblicare prima l’album quando avevamo già sottoscritto con la label tedesca Prophecy. Ma se guardo indietro, direi senz’ombra di dubbio che è stato meglio aspettare un po’. Fondamentalmente in quell’intervallo di tempo non abbiamo cambiato la struttura dei brani già pronti, ma quel periodo ci è servito per creare nuovi grandi pezzi come ad esempio December’s Hearse.

RosaVelata: Ci sembra che ciò che rende l’album così suggestivo sia una declinazione tutta particolare e molto personale del concetto di “spleen”, una disperazione esistenziale che si traduce in un inno musicale alle disposizioni più cupe dell’umano sentire. Siete d’accordo con questa definizione? Come descrivereste la vostra musica?
Matthias Jell: Yeah! Sono d’accordo con questa definizione. Direi che nel complesso Eudaimony verte sulle emozioni abissali con tutta la desolazione che questa vita ha da dare.

RosaVelata: Come avete espresso tale mood in termini di scelte compositive e d’arrangiamento? Raccontateci qualcosa in più della vostra prassi compositiva.
Matthias Jell: Prima di tutto, ho scritto tutti i testi e li ho inviati a Marcus. Gli ho spiegato l’atmosfera ed il mood che intendevo esprimere attraverso quelle particolari parole e dopo di ciò lui ha composto la musica. E penso che nell’album musica e testi formino un’unica simbiosi.

RosaVelata: La presenza nella line up di un musicista di formazione classica, benché avvezzo ad incursioni in altri e più estremi territori musicali, deve aver ampliato notevolmente le vostre potenzialità espressive, permettendovi di diversificare le soluzioni formali e di creare atmosfere ancora più suggestive. In quali modi avete usate le sue competenze? Vi siete sentiti a vostro agio in questo lavoro di “ibridazione”?
Matthias Jell: Non è così facile dal momento che Peter ha un approccio ed un background classici molto più spiccati del resto del gruppo. A parte questo, direi che è il musicista più tecnicamente qualificato in questo progetto, altrimenti non potrebbe guadagnarsi da vivere suonando la viola in un’orchestra. Fondamentalmente Marcus preferisce, se può, comporre le song prima e Peter aggiunge poi le sue idee su di esse. Ciò è accaduto ad esempio in Ways to Indifference. La viola infonde un feeling molto potente a questo brano e gli conferisce uno spettro emotivo completamente differente.

RosaVelata: A proposito di ibridazione, ci pare che sia proprio questo il termine più adatto a definire il vostro “modus operandi”: pur restando saldamente ancorati ad una concezione melodica della musica, vi avvalete di ogni espediente disponibile, desunto da generi diversi come il black metal ed il doom ma anche tratto dal repertorio della musica classica per raggiungere i vostri obiettivi. E questo senza mai difettare in coesione strutturale e coerenza compositiva. Quali sono le vostre opinioni al riguardo?
Matthias Jell: Non ci focalizziamo affatto su questo. Per noi non è importante classificare la nostra musica. L’unica cosa che conta è di riuscire ad esprimere le nostre visioni. Prendi ad esempio la canzone Portraits: osservata da un punto di vista molto rigoroso, proprio non si adatterebbe all’album per il suo essere una ballata acustica più propriamente detta, ma siamo convinti che arricchisca ulteriormente Futile riguardo la sua atmosfera. Così come per Eudaimony: meglio attendersi l’inatteso.

RosaVelata: Potete raccontarci della collaborazione con Mick Moss e di quella con Theodor Schwadorf?
Matthias Jell: La partecipazione di Mick Moss è stata una mia idea. Tutti noi adoriamo le sue vocals ed il suo lavoro per gli Antimatter, così quando ho messo insieme le parole per Portraits e Marcus ne ha composto la musica, è stato presto abbastanza chiaro che il mio scream avrebbe rovinato la canzone e che avremmo avuto bisogno di un cantato pulito per essa. Così ho chiesto a Mick ed a lui è immediatamente piaciuta l’idea. Gli siamo davvero grati per aver registrato le sue guest vocals in mezzo a tutto lo stress del tour che ha avuto a quei tempi. Oltretutto gli abbiamo causato ancora più problemi quando abbiamo scoperto che non eravamo più in grado di trovare le sue tracce vocali nello studio, ahah! Ma questo è solo l’usuale caos degli Eudaimony. Schwadorf è un mio amico di vecchia data. Ha il mio più profondo rispetto per la musica che ha creato e per il suo lavoro come ingegnere del suono. Questo è il motivo per il quale ho deciso di registrare le mie parti vocali nel suo studio. Per December’s Hearse avevamo bisogno di una voce d’accompagnamento pulita e siccome gli piaceva veramente molto questo brano, si è unito immediatamente a noi quando gli abbiamo chiesto se poteva farlo.

RosaVelata: Una curiosità: il monicker Eudaimony (dal greco εὐδαιμονia, εὖ, bene e δαίμων, demone- sorte), sembra quasi voler giocare sul contrasto con la vostra visione dell’esistenza. Da dove si origina?
Matthias Jell: In effetti proviene dagli antichi greci. Aristotele ha usato questo termine per descrivere lo stato di piena fortuna e felicità nell’anima umana. Una condizione impossibile da raggiungere sulla terra. Ci è sembrato piuttosto cinico usarlo come nome della nostra band. Un termine così positivo per una musica così desolante creata da gente così fuori di testa. Riesci ad immaginare qualcosa di meglio?

RosaVelata: Un’ultima domanda prima di congedarci: ritenete che il progetto Eudaimony si esaurisca con Futile o che abbiate ancora qualcosa da esprimere attraverso di esso?
Matthias Jell: Per come le cose si prospettano al momento, abbiamo intenzione d’infastidirvi con almeno un altro album sotto il vessillo Eudaimony.

RosaVelata: L’intervista volge al suo termine, vi ringraziamo per la vostra disponibilità. Sentitevi liberi di aggiungere qualcos’altro o di salutare i lettori di Metallized, se volete.
Matthias Jell: Grazie per l’intervista. Possa la morte essere il nostro ultimo saluto.



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Eudaimony: l'intervista
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06/03/2014
Intervista
EUDAIMONY
Il cupo inno all’umano Fato
 
 
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