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IT`S SO EASY E ALTRE BUGIE - La recensione
24/03/2014 (7350 letture)
La prima cosa che balza agli occhi leggendo l’autobiografia di Duff McKagan, è lo stile pacato, rilassato e maturo con cui il musicista affronta i suoi cinquant’anni di vita (compiuti il 5 febbraio). Un aspetto non secondario, che al di là degli episodi contenuti nel libro, ci aiuta ad entrare in quella che è una personalità complessa e sfaccettata, nascosta dietro la storia di un apparente redenzione da “bad guy” a padre e rock star professionista seria e responsabile. In realtà, appare chiaro che questa personalità Duff (vero nome Michael) se la porta dietro da sempre e le scelte fatte nel corso del tempo, rivelano un carattere e una semplicità di fondo davvero interessanti.
E’ ovvio che pensando ai Guns N’ Roses tutto viene in mente tranne che il gruppo originariamente fosse formato da persone che avresti voluto vedere compitamente sedute in un bar a sorseggiare thè con biscotti al burro mentre discorrono di uncinetto o degli scandaletti locali come simpatiche ziette occupate a passare il tempo. Questo no. Ma come sempre accade, al di là della facciata e delle dichiarazioni riportate dalla stampa, le cose hanno sempre una profondità maggiore.

UN UOMO SU DUE FRONTI
Un altro aspetto fondamentale che emerge dal libro nasce dalla curiosa storia del Duff McKagan musicista. Il nostro nasce infatti a Seattle, allora pacifica e dormiente metropoli americana di seconda fascia, nota per il basket, lo Space Needle e la pioggia continua. Una città nella quale esiste una fervente e interessante scena punk, nella quale il nostro entra da giovanissimo, quando praticamente adolescente si ritrova a suonare batteria e chitarra in diversi gruppi locali, andando sul palco alla bella età di quindici anni. Parlando di palco, si intendano anche delle assi messe come capitano in una stanza vuota adibita a sala concerti ma, insomma, lo spirito punk è anche questo e il fai da te è la sua naturale propensione e il buon Michael si getta a capofitto in questa esperienza. Come anche in seguito, la tecnica strumentale non è il fine ultimo, ma il nostro ama la musica e coltiva in segreto il sogno di arrivare a comporre, suonare e registrare un album tutto da solo. Intanto, macina concerti e prove e vede purtroppo che accanto a lui un mostro pauroso cresce sempre di più: l’eroina ha invaso la placida città americana e la scena musicale sembra esserne del tutto compenetrata. Un aspetto questo che diventerà drammatico molto presto e che sarà anche uno dei motivi principali del collasso della scena. Gli stessi amici di Michael si ritrovano nei guai fino al collo e anche lui prova in prima persona queste sostanze sin da adolescente, ma qualcosa gli dice che la strada non è quella giusta e quel qualcosa, tra l’altro, sono le morti di molti ragazzi della sua cerchia. E’ così che mentre piano piano la scena di Seattle va formandosi e lui ne è parte integrante, Michael che ha anche diversi problemi a finire la scuola, decide che prima di trovarsi invischiato per sempre in una strada senza ritorno deve andarsene da Seattle e perseguire il suo sogno di diventare un musicista professionista, abbandonando peraltro una promettente carriera di pasticciere (!). Il basso è in realtà una seconda scelta, compiuta solo per avere maggiori chance di entrare in un gruppo e per perseguire come detto il sogno di diventare un polistrumentista. Con pochi soldi, pochi vestiti, i suoi strumenti e una vecchia macchina, il ragazzo nel 1984, a vent’anni, parte alla volta della dorata Los Angeles, dove vive e lavora uno dei fratelli, Matt, suo iniziale punto di riferimento oltre al desiderio di trovare laggiù un qualcosa di nuovo e diverso, che abbia lo spirito punk che lui sente dentro di sé, ma che non sia punk a livello musicale. Sono queste delle pagine molto interessanti e sofferte, tipicamente americane, nelle quali il grande Sogno si percepisce come raggiungibile attraverso il sacrificio e l’impegno. Certo di entrambe le cose il buon Michael non fa difetto, dormendo a lungo in macchina mentre cerca di mettere insieme i soldi lavorando come aiuto cuoco e poi prendendo un miniappartamento vicino ad Hollywood, nel quale la notte gli fanno compagnia scarafaggi e, fuori dalla finestre, puttane, spacciatori e i fari degli elicotteri della polizia. Il primo incontro con Slash, Steven Adler e i loro Road Crew è fecondo, ma i due sono troppo improntati a sonorità heavy per i gusti di Michael e pur consapevole delle qualità superiori del chitarrista, il nostro sta cercando altro e abbandona. Fatale invece l’incontro con Izzy Stradlin, dal quale nascerà un sodalizio inaspettato: Michael per forza di cose tende a non dare confidenza a persone che hanno un evidente problema di droga, ma Izzy è diverso, ama la musica e non permette alla sua dipendenza di avere il sopravvento sul duro lavoro; in un certo senso, ha una sua etica e la manterrà per sempre. Grazie a lui, Michael conosce anche Axl Rose ed entra nella band nella quale milita già Tracii Guns, i Guns N’ Roses. La situazione è decisamente interessante e il Nostro decide così di restare nella band, che peraltro ha già diversi pezzi pronti (a voi scoprire quali). I due ragazzi dell’Indiana e l’escapista di Seattle si rendono però conto che Tracii e il batterista non sono poi così coinvolti nel progetto ed è proprio Duff a trovare il modo di spingerli fuori dalla band per portare dentro Slash e Steven Adler. Nasce così la vera formazione dei Guns N’ Roses ed è giusto lasciare al libro e alle parole di Duff McKagan il racconto di quella che sarà l’agonia e l’estasi e poi ancora l’agonia della band che arrivata tra le ultime, divenne in assoluto la più famosa al mondo tra quelle uscite da Los Angeles, proponendo una musica molto più dura, sporca, viziosa e selvaggia del glam allora imperante. Una mistura davvero micidiale, nata dall’incontro di personalità diverse, tutte accomunate però dalla volontà di farcela con la propria musica e la propria identità. Una realtà questa che rese la band unica e che presto si sarebbe andata sfilacciando sempre più, privandoci di questa straordinaria combinazione di talenti troppo presto. E’ così che il ragazzo amante del punk rock e proveniente da una Seattle che si apprestava a diventare il centro del movimento contro la decadenza edonistica impersonificata dalle band di Los Angeles, aveva avuto un ruolo di primo piano nella creazione di quella che sarebbe diventata la più grande a livello di fama tra quelle e, probabilmente, anche una delle più decadenti in assoluto.

LA LUNGA STRADA
Come è ovvio che sia, le prime pagine del libro, quelle dedicate alla nascita, all’adolescenza e infine alla formazione dei Guns N’ Roses e alla loro ricerca del successo, fino all’esplosione di Appetite for Destruction un anno dopo la sua uscita e tutto ciò che ha consegnato la band all’immortalità sono quelle più “facili” e interessanti per un pubblico che insegue principalmente il Mito del Rock e di particolari certo Duff non ne fa mancare, compresi tutti i vizi della vita da star. Ma questa non è la storia dei Guns N’ Roses, è la storia del loro bassista ed è quindi con queste parole che un lucido e cresciuto ragazzo divenuto uomo e padre descrive quanto avvenne subito dopo:

Ho permesso a me stesso di perdere il contatto con le cose che ritenevo importanti nella vita proprio quando i Guns N’ Roses cominciavano a diventare importanti per gli altri […] Eppure, alla fine, sembra che tutto sia dipeso dalla mancata comprensione di pochi concetti base: cosa significhi avere successo, cosa significhi essere adulti, cosa significhi essere un uomo. Il modo con il quale mi piaceva definire me stesso divergeva completamente dalle azioni che realmente mi definivano. E questa discrepanza mi portò a credere a un’illusione che mi fu quasi fatale.

Da queste parole, il quadro diventa via via più chiaro e definito: il crescente successo della band fa il paio con la crescente dipendenza da alcool e droga di quasi tutti i suoi membri. Il primo a cadere come sappiamo è Steven Adler e il suo sostituto, Matt Sorum, si ritrova invischiato subito nella stessa trappola, salvo poi tirarsene fuori appena in tempo. Axl comincia via via a prendere il controllo del gruppo approfittando del vuoto lasciato dagli altri e iniziano anche i suoi inspiegabili ritardi sul palco: mezz’ora, un’ora, due ore, nelle quali il resto della band è lì ad aspettarlo con i fans che increduli si trasformano piano piano da folla adorante a moltitudine inferocita. Ma la band è composta da persone troppo rinchiuse in se stesse e troppo preoccupate che il giocattolo si rompa e nessuno ha il coraggio di affrontare Axl, finché anche Izzy Stradlin stufo di tutto ciò decide di mollare il colpo, portandosi via un bel pezzo dell’identità musicale del gruppo. E’ durante l’infinito tour di Use Your Illusion che Axl porta il colpo definitivo, praticamente costringendo Slash e Duff tramite gli avvocati a firmare un contratto che lascia a lui il completo controllo sulla band, nel caso in cui i due per un motivo o l’altro non fossero stati in grado di proseguire. E’ la fine del gruppo, in tutti i sensi. Duff è sfibrato, stanco, pieno di droga e alcool fino ai capelli e si domanda se è questo il motivo per cui ha lasciato Seattle, per finire in una band che ormai non esiste più, a combattere contro la propria dipendenza. E’ così che nei momenti di pausa inizia a lavorare al suo sogno: un album solista, totalmente nel suo controllo. Esce Believe In Me e il nostro riparte per un tour che non è fisicamente e mentalmente in grado di controllare. Al ritorno, si rifugia nella sua Seattle, nella sua bella nuova casa, mentre anche il secondo matrimonio va in pezzi e qui rischia la morte, in un episodio drammatico, che è giusto lasciare alle sue parole. Da questo punto in poi, parte il percorso di rinascita dell’uomo: il suo ritiro dalle scene, la laurea, la passione per lo sport, il terzo matrimonio, quello giusto, la società di consulenza finanziaria e, di nuovo, la carriera musicale. Sono le pagine più private e forse sincere dell’intero libro, una lunga e difficile risalita dall’abisso, che corrisponde anche alla sua maturazione di persona. Senza poi dimenticare la musica, con i suoi Loaded e con i Velvet Revolver, con i quali si scontrerà di nuovo col problema della droga, nella persona di Scott Weiland, e con se stesso, con le responsabilità di uomo e padre. Il tutto fino ai giorni nostri, con il maturo cinquantenne che imbraccia la sua Harley Davidson e gira il mondo suonando per passione, senza pressioni. Fino alla riappacificazione con Axl, che lo porta poi all’esibizione dei Guns N’ Roses alla O2 Arena di Londra, prima come spettatore felice e poi sul palco per un paio di pezzi.

IT’S SO EASY - E ALTRE BUGIE
Il libro si legge piuttosto bene a dire il vero. Non lunghissimo, soffre come sempre in questi casi, della scelta dei temi da trattare e da approfondire. La visione a posteriori della carriera, quando condotta in prima persona, ha sempre un taglio un po’ propagandistico: si cerca di dire tutto, ma sempre nell’ottica del ravvedimento finale, come se tutto quello che c’è stato prima fosse una sorta di “Medioevo” in vista del Rinascimento. Questo conferisce sempre un aspetto particolare alla lettura: quello che più tocca il Mito della band, che poi è anche ciò che interessa di più il lettore, finisce per essere filtrato eccessivamente dall’esperienza individuale. Anni e anni di vita della band che diventano il resoconto dei festini, degli abusi, di brevi flash su registrazioni e tour, ma senza che ci sia una reale scansione di quello che musicalmente ha reso grande una band. Tanto che, per fare un esempio, nel racconto di ciò che è stata la registrazione di Use Your llusion e il tour successivo, si fa una gran fatica a cogliere quello che è stato il percorso che ha portato una pericolosa gang di strada, autrice di un debutto clamoroso, alla band che progetta un disco enorme e ambizioso come fu il doppio album. Sembra quasi che le cose siano venute fuori dal nulla, con qualche pezzo registrato a Chicago in eterna attesa di Axl, il contributo dell’amico West Arkeen, e il nulla successivo. Certo la grave prostrazione fisica deve aver reso piuttosto confusi i ricordi dell’autore, ma davvero in questo caso l’intervento di un biografo avrebbe fatto comodo, ampliando un po’ il raggio della visione. Clamoroso l’esempio di The Spaghetti Incident?, di cui praticamente non sappiamo nulla, se non che la versione di You Can’t Put Your Arms Around a Memory fu registrata da Duff per il suo disco solista e invece finì poi sul disco. Stop. Una frase buttata lì e non un cenno alla fase di registrazione o altro. Stesse lacune si respirano per quanto riguarda i rapporti nella band: praticamente sembra che i nostri, dopo il periodo iniziale nel quale praticamente dormivano assieme nel garage/sala prove/scannatoio/taverna di Hollywood, appena toccato il successo abbiano cominciato a non parlarsi più, a vivere vite parallele che raramente coincidevano. Nessuno ebbe il coraggio di affrontare Axl, che pure viene descritto come la persona più dolce e comprensiva all’interno della band, l’unica con cui Duff avesse un rapporto che può definirsi amicizia. Eppure la bruciatura di quel contratto firmato, che di fatto rendeva lui e Slash dei puri stipendiati alle dipendenze di Axl, unico proprietario del nome, allontanò i due per quasi vent’anni. Dello stesso Slash abbiamo una tratteggiatura molto indefinita, per non parlare di Matt Sorum o Gilby Clarke e Dizzy Reed, che compaiono forse in una frase nell’intero libro. L’ottica di Duff è evidente ed è anche quella che in fondo tutti conosciamo: i Guns N’ Roses sono stati tali finché erano un gruppo, finché erano i cinque di Hollywood. Da lì in poi, pezzo per pezzo, tutto è crollato e il confronto non è più stato con la band, ma con se stessi e con i propri demoni, fino al collasso e al delirio imposto da Axl. Nel tratteggiare questa prospettiva, il libro compie adeguatamente il proprio compito, ma si percepisce che tutto sommato allo scrittore faccia più piacere parlare dei propri successi di uomo, del rapporto con la famiglia, con gli amici di Seattle e del proprio attuale ruolo di musicista e padre, piuttosto che rievocare gli anni di gloria con i Guns, se non per ribadire il proprio peso nella fase iniziale della band e lo smarrimento nel momento abbacinante del successo mondiale. Sono questi i temi che stanno a cuore all’autore e certo è più facile parlare di questo che ammettere di aver perso il controllo di un sogno che diventò presto un incubo. Sicuramente, è giusto riconoscere al musicista di aver saputo trovare una nuova dimensione e una nuova vita che lo ha salvato da una morte praticamente certa e scansata per un soffio ed è giusto considerare che la sua storia di riconquista e vittoria, di obbiettivi perseguiti con forza e testardaggine potrebbe essere persino d’aiuto a molti. La caduta avvenne per eccessiva debolezza, per insicurezza, per paura di veder sfumare il sogno; tutto quello che seguì l’uscita dalla band, invece, appartiene interamente a Duff e alla sua volontà di rifarsi, di crescere, di dimostrare a se stesso e agli altri di essere un uomo migliore di quello che aveva visto la propria band e il proprio sogno andare in frantumi senza muovere un dito. Insomma, in conclusione, per chiarezza nei confronti del lettore, diciamo anche che la prosa dell’autore non è forse degna del Pulitzer e in qualche momento il libro diventa un po’ pesante, ma la testimonianza ha un suo valore indipendente dalle lacune che emergono dalla lettura e arrivati in fondo, la voglia di riprendere da capo e ricollegare meglio i pezzi del puzzle si fa avanti prepotentemente. Non si può chiedere di più ad un libro del genere.

::: ::: ::: RIFERIMENTI ESSENZIALI ::: ::: :::
TITOLO: It’s so Easy – E altre bugie
AUTORE: Duff McKagan
CASA EDITRICE: Chinaski Edizioni
COLLANA: Voices
ANNO DI PUBBLICAZIONE: 2013
PAGINE: 333
PREZZO: 19 euro



Sara
Giovedì 12 Giugno 2014, 16.06.16
35
Ho letto il libro nella versione tedesca e aldilà dei commenti superflui sulla validitá o meno della band, la biografia di Duff racconta una storia veramente interessante, perché non si parla di un cinquantenne in vena di auto celebrazioni che ricorda i fasti del passato, ma è il percorso di crescita e di sviluppo delle proprie potenzialitá di un uomo che ha deciso di migliorarsi. E questo é sempre apprezzabile. Condivido assolutamente la riflessione dell'autrice in merito al fatto che il libro possa essere d'aiuto a qualcuno che vive problemi di alcolismo o dipendenze.
Sambalzalzal
Venerdì 28 Marzo 2014, 9.43.23
34
Mark@ la stessa cosa può essere riferita anche ad ogni altro tipo di libro di cui non conosci personalmente l'autore (intedo quindi politica, storia, religione ecc), quindi nel dubbio che fai non leggi?
Lizard
Giovedì 27 Marzo 2014, 18.30.49
33
Sono loro che si chiamano così, quello che penso io vale solo per me
Mark
Giovedì 27 Marzo 2014, 18.26.38
32
@Lizard n.23: perchè i Guns attuali me li chiami Guns n roses??..
Mark
Giovedì 27 Marzo 2014, 18.22.06
31
@Argo post15: infatti sono cose inventate per pesci che abboccano... come in The Dirt dei Motley...
Sambalzalzal
Giovedì 27 Marzo 2014, 7.06.22
30
Io avevo riportato l'episodio di Cobain a cui si fa riferimento nel libro proprio per il discorso che sia Guns che Nirvana furono due fenomeni di massa che rivoluzionarono totalmente i gusti musicali ed il mercato di quegli anni la, Guns prima e Nirvana dopo. Aggiungo che a me per esempio i Nirvana non piacciono assolutamente ma la loro importanza è innegabile nella storia della musica. Il discorso è che questo libro non è una biografia dei GnR, è l'autobiografia di Duff McK, uomo e musicista, ed offre tra le altre cose uno spaccato interessante di quella che era la vita dei giovani musicisti di quell'epoca, perché criticarlo a priori? Io ci trovo invece molti spunti di riflessione ed è un peccato che come dice Deedeesonic@ ogni volta si finisca sempre per demolire discussioni potenzialmente interessanti e costruttive.
Argo
Mercoledì 26 Marzo 2014, 22.53.08
29
I Guns mi sono sempre stati sulle palle come personaggi, anche all'epoca, o meglio, non sulle palle, direi che un pò antipatici li trovavo, però i loro cd li ho ascoltati miliardi di volte e spesso li caccio su anche adesso.
Arrraya
Mercoledì 26 Marzo 2014, 21.41.04
28
I GnR non sono mai stato il mio gruppo preferito, ma è innegabile che abbiano fatto la storia che piaccia o meno, che possiate odiarli, sia all'epoca, sia ora in improponibili paragoni con il passato, ma hanno fatto epoca e segnato quegli anni e, ripeto, non sono mai stati tra i miei preferiti, ma un AFD non può mai mancare nella discografia di casa (se cosi si può continuare a definire).
deedeesonic
Mercoledì 26 Marzo 2014, 20.38.50
27
Che ca..o! Perché le discussioni devono sempre iniziare e finire in caciara? Io ho adorato "Appetite.." e ritengo "...Illusion" non all'altezza del primo, ma è un'opinione mia e i Guns mi piacciono. Però sono pronto a capire e comprendere alcune critiche (tipo quelle di Third Eye@), molo meno ne comprendo altre (tipo quelle di Basta@), che sembrano partorite sotto effetto di allucinogeni! Sono convito che se fossimo tutti seduti attorno al tavolo di un pub, birre alla mano, saremmo tutti più "comprensivi" e meno "bellicosi". Maledetto internet!
Lizard
Mercoledì 26 Marzo 2014, 19.45.50
26
Third Eye: questione di approccio, come giustamente dici tu
Steelminded
Mercoledì 26 Marzo 2014, 19.45.22
25
3rd I: Come di fa a dire sopravvalutato quando nel giro di pochi anni hanno sfornato tre dischi come Appetite e Use your Illusion. Io non amo il genere, ma pur non amando il genere non posso esimermi dal riconoscere la grandiosità di tutti e tre i loro dischi. E mi piacciono - ecco non li ascolto spesso, perchè non amo troppo il genere - ma è ottima musica - e anche se hanno fatto solo quello (Spaghetti non si conta è un cover album), vengono giustamente ricordati per quello sprazzo di grande creatività concentrato in 3-4 anni e tre dischi. Poi, sui G&R attuali niente da dire - usurpano il nome...
Third Eye
Mercoledì 26 Marzo 2014, 19.32.39
24
@ Lizard: sebbene il tuo approccio alla lettura sia interessante e in linea di massima anche piuttosto condivisibile, non riesco però a condividerlo se posto in relazione all’argomento musica: impossibile per me non tener conto di chi sia l’autore di un libro. E nel caso specifico ho sempre considerato gli americani un gruppo sopravvalutato, con buona pace di quelli che invece ne evidenziano la portata storica e si sentono offesi se qualcuno osa mettere in discussione il vangelo del rock …
Lizard
Mercoledì 26 Marzo 2014, 18.56.31
23
Third eye: nessuno scandalo, ci mancherebbe. In realtà non facevo neanche riferimento al tuo commento. Volevo solo sottolineare che un libro spesso è interessante di per sé, quando contiene argomenti interessanti. Al di là poi di chi lo scrive, dell'importanza o meno del suo curriculum etc nel caso in questione ho cercato di spiegare nella recensione perché ritengo che questo libro sia interessante. Naturalmente la mia analisi può essere più o meno condivisa, ci mancherebbe. Come si può notare guardando tra gli articoli che ho scritto, ho un certo interesse in questo tipo di pubblicazioni. Poi dei Guns attuali si può dire di tutto, io per esempio alla loro esibizione dell'Hellfest ho retto per quattro canzoni circa, poi me ne sono andato per sdegno e questo penso dica tutto sulla mia opinione in merito.
Third Eye
Mercoledì 26 Marzo 2014, 18.06.05
22
@ Lizard (n. 19): difatti non c’è nessun collegamento, mi sono semplicemente riallacciato al commento negativo (discutibile quanto si vuole nella forma e nei modi ma pur sempre negativo) di un altro utente per dire che anch’io li ho sempre ritenuti sopravvalutati. Sono off-topic? E’ probabile. E’ il caso di farne un dramma o di gridare al complotto? Non credo proprio, se tutto avviene in quelli che sono i termini della decenza e dell’educazione.
Sambalzalzal
Mercoledì 26 Marzo 2014, 15.42.30
21
Si SOL@ a quanto pare sono stati solo una band trascurabile e noi altri dei poveri coglioni che di musica non capiscono niente, che vuoi farci. Comunque, il bello è che le critiche quando sono fatte a cazzo, quindi la maggior parte delle volte, saltano sempre fuori in errata sede. questa è la recensione di un libro autobiografico di un musicista che parla della sua vita, della sua musica prima, durante e dopo i GnR, quindi intervenire (a libro non letto) per fare viaggi nel passato a smerdare la qualità o non qualità dei GnR che cazzo centra!?!? Soprattutto, io non è che cambio idea su una band che considerare storica è pure riduttivo perché il primo fra cazzo da Velletri si risveglia da paralisi e si mette a battere cappellate sulla tastiera del computer. Assurdo.
SOL
Mercoledì 26 Marzo 2014, 14.50.05
20
Poco altro mediocre? Liquidiamo così i due Illusion? Che piaccia o meno, i Guns del '92 erano IL gruppo del momento, destinati a diventare i nuovi Rolling Stones. Erano i più bravi? No di certo, ma avevano dei pezzi pazzeschi e hanno dato un calcio nel culo enorme a tutta la scena ultrapatinata in uscita dagli anni '80. Non sono opinioni, sono fatti, numeri. Poi ognuno può avere il suo giudizio in merito su libri, coerenza, axl o altro, ma io rigiro la questione: 30 anni dopo c'è ancora gente che passa il tempo a flammare cercando di spiegare a milioni di persone che i dischi e e le canzoni con cui sono cresciuti e che hanno segnato la storia del rock sono sopravvalutati e successi immeritati? Qui si sta parlando dell'autobiografia del bassista di un gruppo cardine del rock.... ha senso trasformare il tutto nell'ennesimo topic revisionistico contro i Guns? Tra l'altro, le biografie è giusto che le scrivano i vecchi, tirando le somme del loro vissuto artistico... è quando le scrivono i trentenni che bisogna preoccuparsi... A uno come Duff si può dire tutto meno che non abbia un vissuto artistico degno di nota e di testimonianza... se poi uno compra 'sti testi solo per masturbarsi sulla descrizione dei suoi pompini da rockstar, buon per lui. La scena dei Guns potrà stare sul cazzo, essere vecchia e blasonata... ma ha avuto un tale impatto su quell'epoca che mi sembra lecito raccontarla ....
Lizard
Mercoledì 26 Marzo 2014, 14.35.24
19
Non riesco a cogliere il collegamento per cui le -meritate- critiche ai Guns N' Roses attuali e/o passati, dovrebbero in qualche rendere piu o meno interessante il libro.
Sambalzalzal
Mercoledì 26 Marzo 2014, 13.44.05
18
Third Eye@ le critiche precedenti alla tua sono scritte da gente che sembrerebbe avere 12 anni per i toni usati e lo spessore, contento tu.
Third Eye
Mercoledì 26 Marzo 2014, 13.23.52
17
Li ho sempre considerati una band sopravvalutata per cui mi ritrovo a condividere le critiche di chi mi ha preceduto; poi è ovvio che, trattandosi di un libro autobiografico, il target di riferimento sia costituito sostanzialmente da fans.
Sambalzalzal
Mercoledì 26 Marzo 2014, 12.42.46
16
Argo@ lo sai me lo sono chiesto varie volte anche io e non credo perdessero tempo a redigere diari con lo stile di vita che avevano. Certo alcuni fatti, tipo l'esperienza di quasi morte che racconta Duff sicuramente rimangono impressi ma sul resto non so che dire.Io sto aspettando la biografia, purtroppo postuma viste le circostanze, di Peter Steele dei Type 0 Negative. Quella sarà un po particolare in questo senso... l'autore si è basato sulle confidenze e le esperienze di quelli che durante gli anni gli sono stati più accanto... sarebbe dovuta uscire lo scorso Novembre ma è stata posticipata perché sono saltate fuori nuove testimonianze.
Argo
Mercoledì 26 Marzo 2014, 12.17.44
15
Ho letto 3-4 libri di biografie o autobiografie di personaggi della scena metal, quello che mi ha sempre stupito è come si facciano a ricordare nel dettaglio passaggi di vita vissuta ormai 25-30 anni fa, in momenti dove sicuramente non erano del tutto lucidi.
Sambalzalzal
Mercoledì 26 Marzo 2014, 12.15.27
14
food for pigs@ cazzo addirittura i Maiden hanno fatto pure di più?
food for pigs
Mercoledì 26 Marzo 2014, 12.06.47
13
è incredibile che una band che ha fatto alla fine solo un disco eccellente, Appetite ,e poco altro mediocre a distanza di 30 anni da quel disco viva ancora sugli allori... pubblicando ste cazzate di libri nulli. Ma cazzo, ma gli ascoltatori si evolvono musicalmente o ascolta sempre le stesse cose che ascoltava a 14 anni??!! E' ridicolo.. Per non parlare poi che è sempre stata una band che a molti sta sul cazzo..concerti annullati all'ultimo, performance live soprattutto di Axl disastrose..Troppo fumo e poco arrosto.. I Metallica hanno fatto 4/5 dischi epocali per lo meno, i Maiden pure di più.. Fosse almeno la biografia di un musicista di ottimo livello tipo un Randy Rhoads, per fare un esempio. Per dare credito ancora ai GNR 30 anni dopo o bisogna essere dei dinosauri ancorati a 30 anni fa, dei ragazzini imberbi o degli ignorantoni. Non c'è altra spiegazione..
Radamanthis
Mercoledì 26 Marzo 2014, 10.14.37
12
...sono cresciuto con i GN'R....onore a loro, nonostante tutto!!!!
LAMBRUSCORE
Martedì 25 Marzo 2014, 21.55.50
11
I Guns mi piacevano da ragazzo, da parecchio non li sopporto per niente musicalmente, però testimonianze come queste per me sono sempre interessanti, adoro le storie di musicisti o artisti "maledetti" in genere....
deedeesonic
Martedì 25 Marzo 2014, 17.41.17
10
Ahahahahahh!
Lizard
Martedì 25 Marzo 2014, 17.38.31
9
In effetti la cosa incredibile è che qualcuno legge ancora.
NABO
Martedì 25 Marzo 2014, 16.15.07
8
Si a quanto pare c è ancora gente che legge questi libri nel 2014 , roba da suicidarsi.
Arrraya
Martedì 25 Marzo 2014, 15.08.45
7
Beh, chi non apprezza i Guns e i suoi componenti puà leggere libri del genere come romanzi di vita vera. Si leggono tanti libri con storie inventate (o film) perchè non leggere una biografia che piò essere presa anche come una testimonianza di una certa epoca? "Appetite For Destruction" è un pò come i Beatles, anche chi non possiede nemmeno un loro disco i pezzi li conosce tutti benissimo. Se avessi soldi da spendere , e dovessi scegliere di comprare un libro sul rock, opterei prima per quello di Nikki Sixx, ma alla fine per noi poveri Ascoltatori, sono interessanti testimonianze degli anni '90.
Sambalzalzal
Martedì 25 Marzo 2014, 14.43.18
6
Basta@guarda,se non fossimo stati in pubblica ti avrei mandato a fare in culo!
blackiesan74
Martedì 25 Marzo 2014, 14.41.58
5
Complimenti a Lizard per la recensione, pensavo di comprarlo perché Duff è sempre stato il componente dei GN'R che preferisco; la tua recensione mi convince definitivamente a comprarlo.
Lizard
Martedì 25 Marzo 2014, 12.51.47
4
E tu che perdi tempo a commentare una cosa che non ti interessa.....
Basta
Martedì 25 Marzo 2014, 12.06.17
3
ma c'è ancora gente che comprerebbe un libro addirittura del bassista dei Guns'n roses? Samba: Chi cazzo se ne frega di quel coglione di cobain e di quest'altro qua. E gente che perde GIORNI a leggerlo e a scriverne PURE UNA RECENSIONE...
Sambalzalzal
Martedì 25 Marzo 2014, 5.51.53
2
*settimane successive*
Sambalzalzal
Martedì 25 Marzo 2014, 5.45.56
1
Bella recensione Lizard@ e libro che tutti i vecchi (e pure nuovi) fans dei GnR dovrebbero avere nonostante le "potature" degli avvenimenti che interessarono band, crew ed altri musicisti. Lo presi l'anno scorso in inglese e lo finì in poco tempo ed è vero, ci ritorno spesso a dare un'occhiata. Aspetto sempre una biografia ufficiale e quindi più completa della band ma a questo punto la vedo difficile considerando che mister Axl ha il controllo assoluto sul marchio e che da sempre è noto per non mettere in pubblica fatti che hanno a che fare con la propria vita privata. Mi soffermo in particolare su un episodio riportato nel libro, un episodio significativo dove si incontrano due bands leggendarie alla fine del loro cammino. ovvero di quando Duff di ritorno a Seattle incrocia Cobain anche lui in viaggio sulla stessa tratta... si lasciano con il proposito di sentirsi nelle settimane precedenti... Duff distrutto dai suoi problemi di salute ha altro a cui pensare e Cobain si suiciderà solo qualche giorno dopo con grande rammarico di DM di non aver potuto far nulla per, forse, aiutarlo.
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La copertina del libro
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24/03/2014
Articolo
IT`S SO EASY E ALTRE BUGIE
La recensione
 
 
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