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ONCE UPON A TIME - Deep Purple, Live Magic
24/05/2014 (5028 letture)
All'inizio degli anni Settanta, la Triade inglese composta da Deep Purple, Black Sabbath e Led Zeppelin stava dettando le nuove leggi che avrebbero cambiato la Storia della musica dura: un insieme di band straordinarie, sorte quasi in simultanea per rinnovare la ricetta elettrica ibridata col blues, che dalle sei corde di Jimi Hendrix si era poi estesa a formazioni come Cream, Steppenwolf o Grand Funk Railroad. I Deep Purple si erano formati a Hertford nel 1968 -nel sud-est del paese- ed avevano trovato la propria dimensione grazie alle poderose stilettate chitarristiche del geniale Ritchie Blackmore, ma anche per la clamorosa intuizione di Jon Lord, organista di scuola classica che decise di collegare l'Hammond ad un amplificatore per chitarra elettrica Marshall 1959 SLP: 'Amplificai il mio organo invece che col Leslie col Marshall di Ritchie ed è così che svegliai la bestia; solo due anni dopo riuscii a domarla al massimo delle sue potenzialità'. Con un suono tanto personale e per certi versi ancora psichedelico, la band inglese iniziò a ridefinire i connotati dell'hard rock del tempo con un tocco sempre più potente, forma basica sulla quale altri avrebbero poi costruito le fondamenta dell'heavy metal stesso. Lo spessore sonico si irrobustì, dopo i primi tre album, con l'ingresso in formazione del talentuoso vocalist Ian Gillan, che sull'eccezionale Deep Purple In Rock permise di far risaltare possanza e pathos evocativo in pezzi come la lunga ed emozionante Child In Time. I volti dei componenti del gruppo comparivano, sull'artwork di copertina, come scolpiti nel famoso Monte Rushmore: un'immagine destinata a passare alla storia e che ben si prestava a quello che, di fatto, era uno dei primi dischi hard rock di ogni tempo. Lo scrittore Maurizio De Paola, autore di un interessante volumetto sulla storia del rock e del metal, li descrive con parole importanti: 'I Deep Purple sono coloro che hanno creato -ma sarebbe meglio dire formalizzato- i canoni della canzone hard rock. Ritchie Blackmore, prodigioso quanto innovatore chitarrista, emulo e poi erede di Jimi Hendrix, ha svezzato generazioni intere di musicisti on i suoi riff di assoluta genialità e con una vasta enciclopedia di assoli e fraseggi che hanno fatto scuola, dal monumento in tre accordi di Smoke On The Water alle frustate sonore di Black Night, passando per l'epocale drammaticità di Child In Timee le frenetiche corse di Space Truckin e Highway Star, oltre, ovviamente, all'incredibile repertorio di improvvisazioni e stravolgimenti live che ne hanno caratterizzato la carriera, rendendo diverso ed imperdibile ogni loro concerto' L'epopea purpleiana si arricchì nel 1971 dello sperimentale Fireball e, nel 1972, nell'ancor più seminale Machine Head, trainato proprio dal prepotente riff hard-metal dell'immortale Smoke on The Water; scrive Ian Christe nel suo Sound of the Beast: 'I Deep Purple erano una straordinaria furia rock che combinava il muro propulsivo dell'organo Hammond di Jon Lord, la suggestiva Fender Stratocaster di Ritchie Blackmore e l'indimenticabile svettante voce lamentosa di Ian Gillan. La band trasmetteva l'esaltazione delle auto veloci, professione di fede per la prima generazione di adolescenti benestanti con facoltà di accesso alle autostrade interstatali. Queste canzoni rombanti sembravano fatte apposta per penetrare a fondo nelle più microscopiche particelle di ferro dei nastri in Stereo8 incastonati nei cruscotti delle auto'.

MADE IN JAPAN: GLI ANEDDOTI DELLA BAND SUL LIVE-ALBUM PER ECCELLENZA
Quel 1972 fu un anno epocale anche e soprattutto per la pubblicazione di Made in Japan, da molti ritenuto il miglior disco live di sempre, come confermato dallo stesso De Paola: 'Forse il disco dal vivo più celebre e celebrato di tutto il rock di sempre. A ragione, perché Made In Japan è una pirotecnica sarabanda di grandi pezzi e di strepitosi barocchismi per una band che tra le sue fila annovera forse la più impressionante parata di virtuosi mai vista fino a quel momento, peraltro dotati di ego altrettanto rimarchevoli. Il riff leggendario di Smoke On The Water funge da specchietto per le allodole, perché la vera grandezza dei Deep Purple si rivela quando dilatano oltremisura le proprie composizioni in nome dell'improvvisazione più spontanea e, al tempo stesso, ispirata. Esemplari in questo senso i quasi venti minuti di Space Truckin. Dalla chitarra di Ritchie Blackmore alla batteria di Ian Paice, passando per la voce acuta di Ian Gillan, il basso di Roger Glover e le tastiere di Jon Lord, ogni passaggio di questo doppio album è semplicemente impeccabile e destinato a fare epoca'. Nel corso dell'anno la corazzata capitanata dal riottoso ed egocentrico Blackmore aveva dunque superato se stessa, dando alle stampe il leggendario Machine Head e dedicandosi a cinque tour americani ed altri cinque tra Europa e Giappone. E' febbraio quando la band inizia seriamente ad affinare i propri shows, con pezzi quali Highway Star e Space Trucking a diventare nuovi imprescindibili cavalli di battaglia; sorprendentemente, però, è la celebre Smoke On The Water a saltare, talvolta, in quanto ritenuta non del tutto adatta ai concerti. Un'epatite mise k.o. Blackmore per alcune date e la band dovette esibirsi prima come quartetto e poi con l'aiuto di Randy California degli Spirit, riprendendo l'attività nel mese di maggio: a quel punto i Deep Purple avevano raggiunto una forma smagliante ed esprimevano tutta la loro potenza con prestazioni eccezionali dalla prima all'ultima nota. Furono mesi intensi spesi interamente on the road, con tanto sudore versato sui palchi di mezzo mondo e poco tempo per fissare negli occhi ricordi nitidi che prescindessero da un'instancabile routine, come affermato anni dopo dal batterista Ian Paice: 'Nella mia memoria quei concerti sono fusi in un unico ricordo, indistinguibili uno dall'altro'. Erano anche mesi delicati dal punto di vista relazionale, con il bassista Roger Glover e lo stesso Gillan sul piede di partenza: il singer e Blackmore si parlavano a malapena e questo indusse i discografici giapponesi della Warner a pianificare un disco live piuttosto che una nuova fatica in studio; la band accettò, a patto di poter utilizzare il proprio tecnico del suono Martin Birch e di avere l'ultima parola sulla scelta di pubblicare il materiale. Il disco sarà di fatto prodotto da Birch e Paice, mentre il risultato finale non venne neppure ascoltato da Blackmore e Gillan, che dichiarerà: 'Delle tre serate, la prima fu solo passabile, perché eravamo tutti molto stanchi per il viaggio; la terza a Tokyo aveva un sound orribile, così fummo costretti per lo più ad usare il secondo show di Osaka. Avevo appena superato una bronchite e la mia performance non è il massimo'. L'album, invece, sorprende tutti per la strepitosa qualità della registrazione, con la band capace di toccare grandiosi picchi di coinvolgimento ed una resa audio ottimale. Pubblicato inizialmente solo sul mercato nipponico come Live In Japan, esso ebbe un impatto talmente forte da richiedere la pubblicazione su scala internazionale col titolo, appunto, di Made in Japan. Curioso notare che sulla nuova copertina compariva una foto della band scattata non nel Paese del Sol Levante bensì al Rainbow Theatre di Londra, pochi mesi prima. I discografici americani, invece, snobbarono quel documento memorabile e preferirono puntare tutto su un nuovo full length, pubblicando Who Do We Think We Are e tornando sui loro passi dopo aver visto Made in Japan spopolare nei negozi -con copie d'importazione- e raggiungere un clamoroso disco di platino: rimedieranno pubblicando lo stesso live, che arriverà al quarto posto nella top ten americana, e un singolo con una doppia versione di Smoke On The Water, live e studio, capace di vendere dodici milioni di copie nel mondo. Roger Glover, semplice e diretto, ne ha parlato con toni entusiastici: 'E' il disco più onesto della storia del rock: ci siamo solo noi, difetti e imprecisioni compresi'. Ian Paice, invece, ha affermato: 'Fummo fortunati a registrare quei concerti, considerato che è sempre stato difficile catturare la magia dei Purple su disco, ciò che ci rende unici. Non abbiamo mai speso troppo tempo in sala prove, le nostre prove erano sul palco, dove ci guardavano con grandi occhi sguainati senza sapere cosa sarebbe successo, ma con l'intento di essere reali. Non so per gli altri, ma per i Deep Purple ha sempre funzionato così'. E i risultati, non c'è che dire, sono stati davvero strepitosi.

LIVE MAGIC: TUTTI I PIU' GRANDI DISCHI DAL VIVO NELLA STORIA DEL ROCK
Oggi i dischi live rappresentano un espediente di routine, un appuntamento quasi scontato che viene anche svuotato della sua verve viscerale dalle rifiniture in studio, finendo per apparire più plastificati e 'perfetti' degli studio-album. Un tempo, invece, il live album era la consacrazione, la ciliegina sulla torta che significava l'avercela fatta, l'essere diventato qualcuno. Il disco live immortalava una grande band quando raggiungeva il suo apice, la tramandava ai posteri nel momento esatto in cui scriveva la propria paginata di storia. E tante sono state le band che, tra anni settanta e ottanta, hanno legato il proprio nome ad un qualche live album memorabile, di quelli imprescindibili nelle collezioni degli appassionati di rock. Come il Live Killers (1979) dei mitici Queen, una band regale in tutto e per tutto, capace di scrivere musica complessa, sfarzosa, esaltarla con il chitarrismo versatile di Brian May e proiettarla più in alto del cielo con la voce carismatica di Freddie Mercury. Live Killers non concedeva un attimo di respiro e ci permette ancora oggi di toccare con mano la potenza di un quartetto spettacolare, avvolto nei suoi androgini costumi di scena e negli abbaglianti fuochi pirotecnici che illuminavano il palco. O come il devastante No Sleep 'Till Hammersmith dei burberi Motorhead, una serie di cannonate grezze e abrasive che non fece prigionieri nel celebre tempio londinese: l'opposto esatto della classe raffinata dei Queen, la medesima grandezza, due modi differenti di trascinare le folle e dimostrarsi grandi, grandissimi, enormi. Il live album come testamento, documento storico che delimitava la fine di un'epoca per introdurne un'altra: è stato così per Unleashed In The East dei veterani Judas Priest, che fino a quel 1979 avevano preso per mano il nascente movimento heavy metal per traghettarlo alla forma più potente, definita e compiuta che coinciderà col periodo 1980-1990. E così è stato anche per i Metallica, molti anni dopo, col monumentale Live Shit: Binge & Purge (1993), la sublimazione di una band inarrestabile ma che dopo quel 1991 avrebbe girato completamente pagina, lasciandosi alle spalle l'epopea aurea del thrash metal e la successiva scalata al successo planetario. A proposito di icone dell'heavy metal: come non citare il mastodontico Live After Death (1985) dei favolosi Iron Maiden? Anche in questo caso stiamo parlando di una serie di perle da far tremare i polsi, una sorta di greatest hits dal vivo che toccava tutti i grandi classici della prima parte di carriera dell'act capitanato di Steve Harris, quelli imprescindibili per chiunque. Celebrando le immense scenografie a tema egizio ed esaltando l'estensione vocale di Bruce Dickinson, la band inglese dimostrava al mondo il senso autentico dell'heavy metal: potenza, melodia, grandezza spropositata di ogni aspetto sonico, lirico, visivo, con le due asce (Murray-Smith) a cesellare armonizzazioni da sogno, assoli sfavillanti e riff granitici. Tornando al mondo dell'hard rock, un posto di rilievo lo merita la serie Alive dei Kiss: in particolare fu il primo capitolo della saga, risalente al 1975, quello più avvincente. Tanto da portare noi di Metallized a scrivere: ' Un album dal vivo che imprigiona tutta l’irruenza, la forza, l’energia della band per poi sprigionarla direttamente nelle orecchie dell’ascoltatore. Anche solo sparandosi in cuffia l’intera tracklist pare di vederli, i nostri eroi, dimenarsi su uno stage luccicante, percorso da bocche di fuoco e petardi, finalmente divenuto una sorta di perfetta Disneyland che incrocia un tunnel dell’orrore. Una macchina divina pronta a spandere per il globo la Kiss-mania. E proprio grazie a questa compilation registrata dal vivo, nascerà la follia dilagante che vedrà Paul, Gene, Ace e Peter assurgere al ruolo di veri super eroi. Senza mai farsi vedere in viso senza trucco, senza mai smentire le leggende che si alimentavano dietro lo spesso cerone bianco e nero che li rendeva personaggi, quasi discendenti, del teatro Kabuki'. Suoni, colori e sapori che forse non torneranno più indietro: era un'epoca in cui i Blue Oyster Cult incrociavano la potenza del rock con la loro creatività visionaria in On Your Feet Or On Your Knees (1975), un periodo in cui la The Allman Brothers Band cambiava la storia del southern macchiato di blues con Live At Fillmore East (1971), un momento epico in cui le cannonate dei Thin Lizzy e il genio di Phil Lynott culminavano in Live And Dangerous (1978); intere generazioni hanno amato i volumi massici di Live At Leeds (1970) dei The Who o i richiami West Coast di Live Rust (1979) di Neil Young, il testamento assoluto degli Ufo (Strangers In The Night, 1979) o l'ancor più remoto Ummagumma degli eterei Pink Floyd, le elaborate simmetrie dei Rush di Exit Stage Left o il tiro dinamitardo di cicloni come AC/DC (If You Want Blood, 1978) e Ramones (It's Alive, 1979, uno dei pochi dischi live punk registrati con qualità professionale), senza dimenticarsi il feeling senza tempo dei Maestri Led Zeppelin, esalato nello storico The Song Remains the Same (1976). Roba grossa, roba di classe: forse roba per nostalgici, ma di sicuro un piccolo tesoro di meraviglie da tenerci stretto stretto.



jek
Sabato 31 Maggio 2014, 20.27.56
17
Ottima osservazione @LORIN, quotone gigante, anche perché per me dopo Live in Japan c'è On Staga.
LORIN
Sabato 31 Maggio 2014, 13.35.18
16
Ora ci sono. Avrò letto st'articolo mille volte perchè c'era qualcosa che non mi tornava. Adesso l'ho scoperto. Non hai citato ON STAGE e credo che lo merita senza ombra di dubbio. E' impossibile parlare dei più bei live della storia della musica senza nominarlo.
deedeesonic
Martedì 27 Maggio 2014, 19.46.33
15
@Painkiller, tra l'altro senza tener conto che all'epoca,dal vivo, erano davvero di un altro pianeta rispetto alla concorrenza...
deedeesonic
Lunedì 26 Maggio 2014, 13.56.51
14
eheheh! Il problema è che non ho capito quali siano i dati di fatto! Live After Death è il risultato delle registrazioni audio di due/tre concerti dalle quali è stato preso il meglio. La registrazione video è invece una sola. Ecco spiegate le incongruenze con i bootleg. Il tutto ovviamente assemblato in studio, abbassando o alzando i volumi, o tagliando e aggiungendo un po' qua e un po' la come è normale che sia. Per ammissione di Mr. Birch, fece registrare alcune parti a Bruce ("in quattro cinque punti") per una questione di volumi. Se questi sono gli album totalmente rifatti in studio non se ne salva nessuno. Poi pensala come vuoi!
Painkiller
Lunedì 26 Maggio 2014, 12.16.02
13
@deedee: non hai capito. Che il live after death sia stato sovrainciso pesantemente è un dato di fatto, perchè le linee vocali del bootleg sono completamente diverse, in qualche passaggio bruce cambia tonalità etc...anche i soli hanno note diverse. Poi pensala come vuoi.
deedeesonic
Lunedì 26 Maggio 2014, 8.53.58
12
@Painkiller, non no, pensa pure quello che vuoi, e non mi sembra di averti offeso, solo che sentire sempre ste menate basate (come hai detto anche tu) sul sentito dire o letto "da qualche parte", mi ha francamente stancato... Che nei bootleg poi si senta in modo "diverso" è solo una questione di registrazione diversa. Che sia "ritoccato", lo è come lo sono TUTTI i live ufficiali di qualsiasi band, ma guarda caso viene sempre preso questo disco come "pietra dello scandalo". Molte differenze, molte volte sono dovute ad un ottimo lavoro di registrazione e mixaggio, senza necessariamente intervenire in modo "massiccio" con le sovraincisioni, ecc. Sinceramente, ascoltandolo, non mi sembra proprio che sia fatto in studio: gli errori di un live ci sono tutti. Anche io ho letto che gli Alieni vivono sotto il nostro culo, ma pretendo delle prove più concrete
Painkiller
Lunedì 26 Maggio 2014, 4.19.28
11
@deedee: il tuo commento è decisamente edificante e dimostra una certa predisposizione alla discussione civile e aperta. Complimenti. Alive! Unleashed in the East, live after Death sono esempi di album che di live hanno ben poco, sia per quel che ho letto negli anni, sia per quel che ho ascoltato. Proprio del live after Death esiste il bootleg con l'intero concerto, che contiene anche sanctuary, e con versioni di alcune delle canzoni prese da tutte e tre le serate alla Long beach arena, delle quali nessuna coincide con quanto presente nel live ufficiale, perché molte parti della chitarra ritmica, qualche assolo e la maggior parte del cantato di Dickinson sono completamente diversi. Negli anni ho letto tesi differenti, ossia che abbiamo aggiunto parti preregistrate in studio, sostituendo quelle imperfette del live, oppure che siano volati in studio effettuando nuove registrazioni per sovrapporle. Oltre al bootleg citato, dal quale è facile capire le differenze, c'è anche chi nel tempo si è messo a confrontare la note sul video con quelle del disco, ma su questo non ci metto la mano sul fuoco. Detto ciò, ho scritto che per me è stata una delusione, ma nulla toglie all'importanza del disco in quel contesto storico, e lo ascolto sempre volentieri. Ora spiegami cosa c'è di strano o di male in quel che ho scritto.
deedeesonic
Domenica 25 Maggio 2014, 22.11.23
10
Basta co sta stronzata che Live After Death è fatto in studio! Non si può più sentire!
Painkiller
Domenica 25 Maggio 2014, 20.31.51
9
Anche io come Lorin, sono un grane fan dei Purple, e macino i loro live di contiuo. Ho moltissimi vinli, tutti nella prima tiratura inglese, da in rock, a machine head, allo stupendo Made In Japan. Niente da dire sull'articolo di Rino, sempre bravissimo, circa l'importanza storica di certi live...eppure, sapere che alcuni sono praticamente dei live in studio (Live after Death in particolare) mi ha lasciato l'amaro in bocca. E comunque ci sono live ufficiali o semi ufficiali che preferisco, anche perché evidente,ente non sono così ritoccati, e perché la performance delle band mi piace di più. Tra questi cito il bootleg "live in concert" dei Judas, stesso tour di Unleashed i.t.e., Maiden Japan (lo adoro), Live in London dei DP (mi piace di più di Made in Japan, c'è Coverdale...e il suono è da paura!). Tra i live secondo me seminali, per importanza della band che l'ha suonato/registrato, per il fatto che abbia chiuso un'epoca, spesso unica, etc....secondo me nell'articolo manca Decade of aggression degli Slayer. Ha tutto per esserci: chiude l'epoca d'oro del degli Slayer ed un lunghissimo tour di supporto al masterpiece seasons in the abyss, chiude, insieme al live shit dei 'tallica, l'epoca d'oro del thrash old school, è il testamento di quella line-up e del suo straordinario stato di forma, ha un suono potentissimo, è ritoccato solo in parte. \m/
deedeesonic
Domenica 25 Maggio 2014, 15.23.40
8
Sono d'accordo con LORIN, negli anni 70 le band che ho amato di più (e che secondo me hanno dato di più alla musica) sono due: i Deep e i Pink Floyd!
HeroOfSand_14
Domenica 25 Maggio 2014, 14.57.10
7
Non sono amante dell'hard rock e dei Deep, ma, di fronte a un certo livello di grandezza, ci si può solo inchinare. Interessanti alcune notizie meno famose riguardo Made in Japan, personalmente aggiungerei pure Operation LiveCrime come gran, gran disco live eseguito ai livelli della versione studio (se non migliori). Certo, superare le improvvisazioni di quei pazzi dei Purple è impossibile!
LORIN
Domenica 25 Maggio 2014, 10.23.19
6
@The Thrasher- le band che hanno cambiato il modo di fare musica sono più di una ma quelle che lo hanno fatto suonandola, sono loro: i Deep Purple. I dischi che hanno pubblicato sono di grandissima qualità ed anche no ma i loro concerti sono SEMPRE un grandissimo evento, anche ora!
The Thrasher
Domenica 25 Maggio 2014, 1.40.15
5
@LORIN: aspettavo il tuo commnento
LORIN
Sabato 24 Maggio 2014, 15.09.09
4
Sul palco nessuno come loro. Io li ho visti decine di volte e mi ascolto i loro concerti in quantità industriale. Nessuno è uguale ad un'altro. La fantasia dei membri della band (parlo di tutti) è inarrivabile. UNICI.
The Thrasher
Sabato 24 Maggio 2014, 13.44.14
3
grazie mille, veramente!
CYNIC
Sabato 24 Maggio 2014, 13.30.46
2
"The Thrasher" SUPER COMPLIMENTI per gli articoli che scrivi ripeto SUPER COMPLIMENTI
CYNIC
Sabato 24 Maggio 2014, 13.30.46
1
"The Thrasher" SUPER COMPLIMENTI per gli articoli che scrivi ripeto SUPER COMPLIMENTI
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