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SUMMER BREEZE - Day 1 - Dinkelsbühl, Germania, 14/08/2014
28/08/2014 (3768 letture)
INTRODUZIONE
a cura di Margherita Pletti "Böse Einhorn"

Giovedì 15 è il giorno dell’apertura ufficiale del festival: la zona del Main Stage, del Pain Stage e dell’area shopping vengono finalmente aperte al pubblico.
Già dalla mattina è possibile percepire l'atmosfera goliardica tipica del Summer Breeze: la folla, per lo più molto giovane, si ammassa in modo caotico all’entrata; l’aria si riempie di grotteschi schiamazzi e le prime vittime del met fanno la loro traballante comparsa. L’erba è ancora verde, ma inizia inesorabilmente a costellarsi di lattine vuote e impronte a carroarmato.

Ad una prima occhiata, quest’edizione si preannuncia più civile del solito: appena dentro all’area festival ci si trova davanti allo stand del merchandise, e non c’è la solita scena da pollaio all’ora del becchime, le persone si sono disposte a serpentina, con una mansuetudine così inaspettata che viene da chiedersi che diavolo stiano facendo tutti lì ordinati. Forse stanno male? Più tardi il problema diventa chiaro: la fotocopia in carne ed ossa di Thor è davanti allo stand, idolatrato dai venditori del merchandise mentre insegna minacciosamente la disciplina.

Dopo la notte piovigginosa appena trascorsa il tempo è quasi decente, con un sole a singhiozzo che asciuga un po' le ossa a chi ha dormito in tenda.
Si prospetta una giornata molto piacevole: ci sono le bancarelle da esaminare, nuove ghiottonerie da sperimentare, una lineup bella carica, e ci si chiede cosa sarà diverso, nell’area aperta oggi, rispetto all’anno scorso. Tra gli avventori, in particolare, c’è la speranza che siano stati apportati dei miglioramenti al Pain Stage, vista la posizione poco favorevole ed i suoni spesso problematici che lo caratterizzavano negli anni precedenti. Il giorno prima abbiamo provato a fare una stima a occhio e, da lontano, qualcosa sembrava cambiato nella posizione, ma per verificare la qualità della visuale (che purtroppo è rimasta scarsa) e del suono (fortunatamente migliorato) avremmo dovuto aspettare la prima esibizione della giornata: gli Aborted.


ABORTED (Pain Stage)
a cura di Nicolò Brambilla "Nicko"

Dopo una notte più fredda del previsto (e un sonno noncurantemente profondo), gli Aborted sono un ottimo modo per svegliarsi: deathgrind veloce e tiratissimo, in cui non manca la tecnica, sebbene questa sia totalmente in funzione dell’aggressione musicale, nella quale si incontrano il classico e il moderno del gore in musica. Conscio di quale grande esibizione rischierebbe di perdersi, una porzione considerevole dei frequentatori del festival è già pronta davanti al Pain Stage, sebbene sia solo mezzogiorno, ma un sole finalmente benevolo invoglia di certo la partecipazione - qualora non bastassero i blast fulminanti e i breakdown da frattura del collo, o ancora le serrate ritmiche chitarristiche, uno dei punti vincenti degli Aborted fin dai loro esordi, e le melodie solistiche di ispirazione carcassiana, un aspetto approfondito con particolare perizia negli ultimi due album. Tra gli ottimi pezzi di The Necrotic Manifesto e Global Flatline, non mancano anche alcuni classici più marci e brutal-oriented dall’imprescindibile Goremageddon, o da Engineering The Dead. Ancora una volta, da plauso la prestazione vocale di Sven, piuttosto singolare nel genere, grazie alla timbrica tutt’altro che monocorde, che avvicina gli Aborted ad alcuni acts più moderni dell’ambito estremo.

SETLIST ABORTED
Meticulous Invagination
Parasitic Flesh Resection
Coronary Reconstruction
Hecatomb
Coffin Upon Coffin
Necrotic Manifesto
Fecal Forgery
Expurgation Euphoria
The Holocaust Incarnate
Sanguine Verses (…Of Extirpation)
The Origin of Disease
The Saw And The Carnage Done


ELUVEITIE (Main Stage)

a cura di Carolina Pletti "Kara"

Siamo a metà pomeriggio, ma la presenza davanti al Main Stage per gli Eluveitie rivalegga con quella degli headliner al festival. Ad accalcarsi nelle prime file sono soprattutto i più giovani tra i visitatori del festival, ragazze in primis. Il combo svizzero, noto per il suo caratteristico mix di folk celtico e death metal melodico, ha da poco immesso sul mercato un nuovo album, Origins, che continua coerente sulle orme di Helvetios, anche per quanto riguarda le tematiche che approfondiscono la mitologia gallica, e che il pubblico sta ricevendo molto bene. Il live ha inizio appunto con l'intro Origins, al quale seguono le due prime tracce dell'album, The Nameless e From Darkness, che suonano potenti e dirette scatenando subito i crowd surfers. Purtroppo l'audio è molto difficile da bilanciare quando sono presenti strumenti folk, che anche in questa occasione si sentono e non si sentono, soprattutto per quanto riguarda il violino di Nicole e la ghironda di Anna. A peggiorare le cose, al momento del concerto soffiava un vento fortissimo che continuava a spostare i suoni rendendo i volumi fastidiosamente altalenanti. I gruppi folk attirano sempre un sacco di pubblico nei festival, dato che c'è la convinzione che il folk metal renda al meglio dal vivo, eppure è un genere per il quale sembra impossibile riuscire ad ottenere dei suoni veramente buoni in sede live. Per citare From Darkness, "Is it not ironic?". Questo non sembra però scalfire l'entusiasmo del pubblico, che lancia grida di giubilo quando Anna Murphy inizia a cantare A Rose for Epona, dando prova tra l'altro di ottime doti vocali anche dal vivo, nonostante i suoni non ottimali non valorizzino la sua performance. Dopo questo momento malinconico, è il momento di scatenarsi nel pogo sull'aggressiva Havoc e di darsi alle danze sulla melodia folkloristica di Inis Mona. Quest'ultima è l'unico accenno al passato della performance, che per il resto si concentra sugli ultimi Origins ed Helvetios, con un solo assaggio da Everything Remains as it Never Was. I riflettori sono su Anna Murphy per la seconda volta durante The Call of the Mountains, molto riuscita anche dal vivo (anche se non riesco ad ascoltarla senza fonderla mentalmente con Shot in the Dark dei Within Temptation). Il concerto si conclude su brani più duri e rocciosi con The Siege e King, per i quali il growl al vitriolo di Chrigel Glanzmann si fa particolarmente tagliente. Che dire, gli Eluveitie hanno mostrato un'ottima tenuta di palco ed hanno scelto una scaletta piuttosto variegata che ha dato espressione al lato più duro ed aggressivo della loro musica, ha lasciato spazio ai momenti più influenzati dal folk, ed ha pure trovato posto per i brani più lenti e romantici cantati da Anna Murphy, che hanno dato modo al pubblico di riposarsi dal pogo e dalle danze. Peccato solo per i suoni! Se solo il vento si fosse calmato un attimo sarebbe già stato un miglioramento. Da rivedere, magari al chiuso!

SETLIST ELUVEITIE
Origins (intro)
The Nameless
From Darkness
Thousandfold
Neverland
A Rose for Epona
Havoc
Inis Mona
The Silver Sister
The Call of the Mountains
The Siege
King


ARCH ENEMY (Main Stage)

a cura di Carolina Pletti "Kara"

La folla raccoltasi davanti al Main Stage per gli Eluveitie non accenna a calare, ma anzi aumenta per i successivi Arch Enemy, che entrano in scena sulle note di Khaos Overture e subito iniziano tiratissimi con Yesterday is Dead and Gone. Ancora una volta resto stupita dalle grandi capacità della nuova cantante Alissa White-Gluz dal vivo. Lo confesso, sono stata scettica nei suoi confronti e mi sono fatta prendere dai pregiudizi, prima di vederla in carne ed ossa in occasione del loro live al New Age di Roncade. Ammetto di aver pensato, sotto sotto, che una ragazza così bella e, soprattutto, che sembra investire così tanto sul suo aspetto fisico, non può essere anche brava. Ci dev'essere la "fregatura" da qualche parte. Che dire, magari c'è, ma di sicuro non si tratta della presenza sul palco: Alissa è una frontwoman di tutto rispetto, energica e comunicativa, tanto da non far rimpiangere la presenza altrettanto carismatica di Angela Gossow. E di sicuro non si tratta della performance vocale: anche dal vivo la cantante dai capelli blu è tanto in gamba da stupire, con uno scream acidissimo ed espressivo, un growl basso e ringhiante ed una potenza eccezionale.
Spostando l'attenzione sul resto della band, devo dire che, come in occasione del live di Roncade, sono rimasta piacevolmente colpita dall'impressione che gli Arch Enemy danno dal vivo: musicisti appassionati che amano la musica che scrivono e che si divertono a suonarla, tanto per quanto riguarda il giovane Nick Cordle, nuovo acquisto alla chitarra, che per quanto riguarda il fondatore Michael Amott. La scaletta spazia abbastanza su tutto il repertorio della band melodic death svedese da Wages of Sin in poi, concentrandosi soprattutto sul penultimo Khaos Legions (del quale spicca particolarmente Bloodstained Cross). Anche War Eternal si vede riservare ovviamente un posto d'onore, dimostrando come, nonostante il disco in sè non sia memorabile, dal vivo i pezzi rendano più che bene. Si procede con pochissimi intervalli tra un brano e l'altro: interviene solo di tanto in tanto Alissa a presentare le nuove canzoni, scatenando immancabilmente boati dal pubblico. La performance è valorizzata da suoni decisamente più buoni di quelli degli Eluveitie, anche per via del fatto che nel frattempo il vento si è parecchio placato.
In sostanza, sarà anche vero che negli ultimi anni la produzione in studio degli Arch Enemy non ha fatto gridare al miracolo, ma bisogna riconoscergli che dal vivo meritano ancora.

SETLIST ARCH ENEMY
Khaos Overture (intro)
Yesterday Is Dead And Gone
War Eternal
Ravenous
My Apocalypse
You Will Know My Name
Bloodstained Cross
As The Pages Burn
Dead Eyes See No Future
No Gods, No Masters
We Will Rise
Nemesis
Fields Of Desolation (outro)


EQUILIBRIUM (Pain Stage)

a cura di Carolina Pletti "Kara"

Ci sono due cose che ai festival in Germania riescono ad attirare vere e proprie masse sotto al palco: i gruppi folk ed i gruppi tedeschi. Immaginatevi quindi il delirio che si è scatenato per il concerto dei bavaresi Equilibrium, esibitisi sul Pain Stage immediatamente dopo la fine del concerto degli Arch Enemy. Inutile dire che, trovandomi alla sinistra del Main Stage per gli Arch Enemy e trovandosi il Pain Stage a destra, quando sono riuscita a farmi strada fino là il concerto era già iniziato e non c'era verso di raggiungere un posto da cui si potessero intravedere anche solo i capelli in cima alla testa del chitarrista. Purtroppo anche quest'anno il Pain Stage è piuttosto basso (meno di una persona), e da uno dei due lati la visuale è completamente ostruita da una dannata pedana posta in modo da far sì che staff, artisti ed ospiti speciali possano assistere ai concerti. Mi sono quindi vista gli Equilibrium dal megaschermo, pur trovandomi non troppo lontana dal palco. Fortunatamente c'è un aspetto del Pain Stage che quest'anno sembra essere migliorato rispetto alle scorse edizioni, ovvero i suoni, che quest'anno non sembrano essere così problematici da gestire come l'anno scorso (spesso non sono perfetti, ma mai al punto da risultare invalidanti). Per cui, magari è difficile raggiungere un posto da cui vedere bene, ma pazienza, almeno si sente.
Gli Equilibrium sono reduci da recentissimi cambi di formazione, con l'uscita di scena dei due fratelli Andreas Völkl e Sandra Van Eldik, rispettivamente chitarra e basso. Ad accompagnare il cantante Robse, il chitarrista René ed il batterista Hati sul palco, quindi, ci sono il nuovo chitarrista Dom R. Crey, già nei Wolfchant, e la bassista Jen Majura, chitarrista live nella band demenziale Knorkator (tra le altre cose), che da quel che vedo sullo schermo sarà probabilmente un'attrazione per i fan ancor più di Sandra (comunque al basso fa il suo lavoro, niente da dire). Si parte dall'ultimo Erdentempel con la barocca Was lange währt, che lascia spazio alla più datata (ma altrettanto barocca) Blut im Auge. Si torna ad Erdentempel per una tripletta che mette in fila Waldschrein, Karawane e Wirtshaus Gaudi. Per quest'ultima, un vero e proprio pezzo da Oktoberfest nonchè forse uno dei pochi brani legittimamente definibile come "folk metal" del combo bavarese, sale sul palco una fanciulla in costume tradizionale locale a portare una birra a Robse. Si rimane sull'alcolico con la goliardica Met, dopodichè la setlist continua a concentrarsi sui lavori più datati della band, con Wingthors Hammer, Der Ewige Sieg ed Unbesiegt. Nel complesso si è posto parecchio l'accento sui momenti più goliardici e su quelli più epici della discografia, una scelta sicuramente azzeccata per un live. Ho un'unica critica da fare: trovo discutibile la scelta di utilizzare basi in sede live piuttosto che procurarsi un turnista alla tastiera (o ancora meglio un turnista alla chitarra, e lasciare che René si occupi della tastiera, dato che è lui che la suona su disco). So che la scelta di affidarsi alle basi è molto popolare negli ultimi tempi (vi rimando alla mia introduzione al report del Day 3 se volete approfondire), ma nel caso degli Equilibrium mi sembra particolarmente opinabile, dato che nella loro musica l'80% del lavoro lo fa la tastiera (soprattutto per quanto riguarda le composizioni più recenti). Sicuramente alcune delle orchestrazioni non sarebbero comunque riproducibili dal vivo, ma questa non mi pare una ragione sufficiente per rinunciare del tutto ad un sintetizzatore. Se avessero usato una base per la chitarra non sarebbe stato accettato da nessuno, no? E allora perchè per la tastiera sì?

SETLIST EQUILIBRIUM
Was lange währt
Blut im Auge
Waldschrein
Karawane
Wirtshaus Gaudi
Met
Wingthors Hammer
Der Ewige Sieg
Unbesiegt


DOWN (Main Stage)

a cura di Nicolò Brambilla "Nicko"

Il supergruppo southern metal che riunisce Keenan dei Corrosion of Conformity, Bower degli Eyehategod e ovviamente Anselmo (e non servono presentazioni) promette uno show di potenza non indifferente al pubblico riunito davanti a un Main Stage che ha per sfondo un cielo oscurato da nuvole plumbee, particolarmente evocative assieme alla musica acida e drammatica dei Down. Phil inizia a richiamare il pubblico alla totale disinibizione fin dalla sua comparsa sul palco, ancor prima che le note di Eyes of the South aprano il concerto. L’impatto musicale è forte di una batteria esplosiva, un basso assordante e una distorsione che abrade i timpani, su cui si staglia la voce incredibilmente ancora prestante di Phil Anselmo, che invece si trova al contrario a parlare, tra una canzone e l’altra, con un vocione rauco intossicato da anni di vita come quella descritta dall’acclamatissima Hail the Leaf. Oltre all’aspetto musicale, non può passare inosservata la personalità prorompente del frontman, sboccato ma con uno spiccato senso dell’umorismo nel prendere in giro il pubblico tedesco, o nel prendere a male parole gli insistenti ambulanti della birra, o anche gli astanti fermi in silenzio, ovviamente. Tra una Lifer e qualche pezzo dalle uscite discografiche più recenti, Anselmo scherza e punzecchia i propri fan, ovviamente pienamente coinvolti nello show, ma non abbastanza per il vocalist, che interrompe una canzone ricordando "che il microfono rappresenta il potere, e io ho il potere di fare quel cazzo che voglio, anche fermare una canzone, se non fate un po’ di casino" (cit.), ovviamente con la giusta ironia. Ma sa anche ringraziare il suo pubblico e l’entusiasmo che ha saputo dimostrare davanti "alla band più bella e meglio vestita del pianeta" (cit.), anche se a dire tutta la verità l’affluenza di pubblico è discreta, ma non memorabile, per un gruppo abbastanza singolare nel bill del Summer Breeze 2014. La chiusura spetta alla storica Bury Me In Smoke, con tanto di invasione di palco da parte di Robb Flynn e Phil Demmel dei Machine Head.

SETLIST DOWN
Eyes Of The South
We Knew Him Well
Hogshead
Witchtripper
Lifer
Lysergic Funeral Procession
Pillars Of Eternity
Hail The Leaf
Conjure
Stone The Crow
Bury Me In Smoke


BEHEMOTH (Pain Stage)

a cura di Nicolò Brambilla "Nicko"

Una corsa al Pain Stage per accaparrarsi una buona posizione da cui godersi pienamente lo show dei polacchi Behemoth, che ormai promette almeno tanta scena quanto musica, tra tutti gli accorgimenti scenografici dei nostri. Sullo sfondo campeggia un telo bianco con il logo di The Satanist, mentre Nergal, Seth, Orion e Inferno fanno il loro ingresso tra fumi e luci rossi, macabramente incappucciati. Sull’opener Blow Your Trumpets Gabriel i suoni risultano in generale poco chiari, ma fortunatamente la situazione migliora in breve tempo, pur non raggiungendo la perfezione.
A parte questo, è stata evidente la scelta dei Behemoth di riprogrammare la propria scaletta in funzione dell’atmosfera dello show, scandito da una recitazione quasi rituale del frontman. Mancano così all’appello alcuni classici tritaossa dei Behemoth, mentre sono privilegiati i pezzi mid-tempo e la differenza, in termini di tensione musicale, rispetto a qualche anno fa, risulta abbastanza papabile. Certo, una Christians To The Lions o una Slave Shall Serve rappresentano l’antitesi di quanto sto affermando, ma risulta chiaro che la band si trovi molto più a suo agio su pezzi come Ora Pro Nobis Lucifer o Alas, The Lord Is Upon Me. Non che manchi l’impatto ritmico, ci mancherebbe, ma l’evidente affaticamento di Nergal dietro al microfono priva di mordente le parti più concitate. Non è un segreto che la voce del frontman sia molto meno intensa che in passato, tanto che le parti lasciate a Orion e Seth sono ben più fitte nei pezzi, ma in ogni caso questa risulta essere ben più evocativa sui pezzi di The Satanist. Si veda ad esempio la conclusiva O Father O Satan O Sun, il pezzo più emblematico della più ponderata scelta stilistica dei Behemoth attuali. L'highlight assoluto è ancora una volta Chant For Ezkaton 2000 e.v., con il suo incedere inarrestabile e le linee vocali tra le migliori scritte dal gruppo. Impeccabile d’altra parte il reparto scenico, con fiammate (un vero toccasana dato il clima), getti di fumo, bocche insanguinate e la pioggia di coriandoli neri sul finale.

SETLIST BEHEMOTH
Blow Your Trumpets, Gabriel
Ora Pro Nobis Lucifer
Conquer All
As Above, So Below
Slaves Shall Serve
Christians To The Lions
Ov Fire And The Void
Alas, Lord Is Upon Me
At The Left Hand Ov God
Chant For Ezkaton 2000 e.v.
O Father, O Satan, O Sun


CHILDREN OF BODOM (Main Stage)

a cura di Carolina Pletti "Kara"

I Children of Bodom cominciano a suonare sul Main Stage circa cinque minuti dopo la fine dello show dei Behemoth sul Pain, quindi giusto il tempo di spostarsi da un palco all'altro. Dopo lo show a tutto tondo dei polacchi, dove non solo la musica, ma anche le luci, gli effetti di fumo, la scenografia e la teatralità dei musicisti contribuiscono ad immergere gli ascoltatori in un'atmosfera ritualistica, è dura riuscire a concentrarsi sullo spettacolo molto più canonico di Laiho e colleghi. Per fortuna si inizia subito alla grande, dato che i cinque finlandesi tirano subito fuori i pezzi grossi iniziando con Hate Me! da quel grandioso Follow the Reaper che ha conquistato così tanti giovani metallari e che ancora continua a mietere vittime senza mostrare un segno di invecchiamento. I cinque finnici scelgono per l'occasione una scaletta che lascia fuori Bloddrunk e Relentless Reckless Forever, a detta di molti i capitoli meno riusciti della storia della band, e pesca a piene mani dai classici: ben 5 pezzi da Follow the Reaper e 2 da Hatebreeder. Viene addirittura scomodato il debutto Something Wild, con Lake Bodom. D'altro canto non c'è da biasimarli, visto che - mi spiace dirlo - i Children of Bodom non sono più riusciti a sfornare nulla di altrettanto convincente dei primi album, nonostante non vi si siano mai troppo allontanati come stile (parentesi thrash o industrial che sia, bastano due minuti di qualsiasi canzone dei Children of Bodom per riconoscerne gli autori - non che la cosa in sè sia un difetto). Ma questa, più che una condanna dei lavori più recenti, vuole essere una lode a quelli più datati. Anche il discusso Hate Crew Deathroll viene richiamato più volte, con una Needled 24/7 eseguita con tanto di intermezzo cyber direttamente dopo la fine di Hate Me!. Sul palco i Children of Bodom sono parecchio dinamici, con le due asce ed il basista che si muovono a destra e a sinistra ed incitano il pubblico appena ne hanno l'occasione. Laiho, in particolare, sta fermo solo mentre canta o durante gli assoli più complessi, con le sue secche dita nerosmaltate che si muovono fulminee e precise sul manico del suo strumento. Il co-protagonista della serata è senza dubbio il tastierista Janne, che spesso beve mentre, con nonchalance, suona con una mano sola la sua tastiera inclinata verso il pubblico. Si torna brevemente a Follow the Reaper con Kissing the Shadow, per poi reimmergersi in Hate Crew Deathroll con una Bodom Beach Terror ricca di assoli e con la più groove Sixpounder. Viene quindi toccato l'ultimo album, Halo of Blood, da cui vengono eseguiti il pezzo omonimo e Scream for Silence. La continuità stilistica dello show non viene comunque intaccata, dato che questo ultimo album ha segnato una rottura con i due capitoli precedenti della storia della band ed un riavvicinarsi al sound delle origini. Con "how would you like to hear something older?" Alexi introduce Hate Crew Deathroll, a cui fa seguito un'entusiasmante Lake Bodom. Una breve uscita di scena, dopodichè alcune note di tastiera introducono la più lenta Angels don't Kill, alla quale segue in coda Are You Dead Yet?. Si torna quindi a Follow the Reaper, con l'acclamatissimo brano omonimo, l'altrettanto celebrata Everytime I Die e, come se non fosse sufficiente, l'orrorifica Bodom after Midnight. A questo punto i nostri sfoderano il "meglio" dell'umorismo finlandese dicendo "noi ora avremmo finito la scaletta, ma ci dicono che dobbiamo suonare ancora per un po'... Facciamo qualche altro pezzo?" Ovviamente tutti li prendono sul serio e nessuno ride, ma conoscendo l'umorismo nordico temo volesse essere una battuta. C'è ancora spazio, quindi, per Silent Night Bodom Night e Downfall prima che la band esca di scena. I cinque rientrano sul palco per il bis sulle note di una sirena, e concludono il concerto con la più scarna e diretta In Your Face. Che dire, un concerto che di sicuro non ha lasciato nessuno insoddisfatto: il combo finlandese ha tirato fuori i suoi pezzi migliori e li ha eseguiti magistralmente.

SETLIST CHILDREN OF BODOM

Hate Me!
Needled 24/7
Kissing the Shadows
Bodom Beach Terror
Sixpounder
Halo of Blood
Scream for Silence
Hate Crew Deathroll
Lake Bodom
Angels Don't Kill
Are You Dead Yet?
Follow the Reaper
Everytime I Die
Bodom After Midnight
Silent Night, Bodom Night
Downfall

--------ENCORE----------

In Your Face


TESTAMENT (Pain Stage)

a cura di Nicolò Brambilla "Nicko"

Se vi siete persi l’assestamento della line-up dei Testament negli ultimi anni (o mesi), allora i thrasher californiani hanno una sorpresa per voi, e sono sicuro che non farete fatica ad ammettere che si tratta del full di musicisti più interessante che la schiera di veterani del thrash abbia da proporvi attualmente. Oltre agli irriducibili fondatori, il chitarrista Eric Peterson e il vocalist Chuck Billy, nonché Alex Skolnick, uno dei solisti più invidiabili del panorama metal, la sezione ritmica dei Testament si fa forte del leggendario bassista Steve Di Giorgio e dell’orologio atomico Gene Hoglan. Questo dovrebbe essere sufficiente a farvi comprendere la portata dello show che i nostri avrebbero di lì a poco messo in piedi per chiudere la gelida nottata di Dinkelsbühl. Con dei suoni incredibilmente ben calibrati (non una certezza sul Pain Stage, appunto) e un repertorio di pezzi da novanta e altri estratti recenti più che dignitosi, l’impatto sfoderato è impressionante e lo show diventa più entusiasmante pezzo per pezzo, grazie sia al carisma e al coinvolgimento di chi sta sul palco, sia all’inesauribile voglia del pubblico tedesco di fare festa, che elettrizza l’atmosfera di una Rise Up (con tanto di fiammate sul palco) tanto quanto quella di The Preacher. Numerosi anche i musicisti venuti a tributare, a bordo palco, le leggende del thrash a stelle e strisce, tra cui Phil Anselmo, Robb Flynn e Alissa White-Gluz, la cantante degli Arch Enemy, che addirittura sale sul palco e partecipa a Into The Pit, cantando il chorus accanto al ben più imponente (ma decisamente meno aggraziato) Chuck. Su pezzi come New World Order, o anche sulla più immediata Over The Wall, la definizione e la precisione delle chitarre dà chiarezza e tono a delle ritmiche appassionanti, supportate dalla cassa chirurgica di Hoglan e il suono naturale del basso di Di Giorgio, che suona il suo cinque corde (riadattato a 3, come suo solito) con una tecnica e un tocco assolutamente inediti nel thrash. E come se non bastasse, basta dare un occhio alla setlist per capire che lo show è stato esplosivo fino all’ultimo minuto, prima che potessi finalmente andare in tenda e scongiurare un decesso per assideramento!

SETLIST TESTAMENT
Rise Up
The Preacher
More Than Meets The Eye
Native Blood
Dark Roots Of Earth
Into The Pit
New Order
Practice What You Preach
Over The Wall
D.N.R. (Do Not Resuscitate)
3 Days In Darkness


CONCLUSIONE

a cura di Margherita Pletti "Böse Einhorn"

La giornata si conclude con un freddo siberiano che ci accompagna sibilando fino alla tenda, mentre rielaboriamo le impressioni di oggi. Molto buona l’idea delle due stradine ai palchi anziché una, e altrettanto buona l’idea di ricoprirle di ghiaia in modo da impedire al fango di fare effetto sci d’acqua. Lasciamo un’area festival che inizia a prendere il suo caratteristico aspetto da battaglia: l’erba è già completamente sparita, il terreno inizia ad essere melmoso e a puzzare. Dal mio punto di vista il freddo è stato l’ideale, perché ha cacciato sotto i vestiti quelle parti del corpo che nessuno solitamente espone, nei paesi civilizzati, ma che l’anno scorso fioccavano e ti facevano voglia di cavarti gli occhi e tirarglieli addosso.
La sera del secondo giorno, memore del polverone che ci riempiva le narici l’anno prima, ero anche grata alla pioggerellina, ma mi sarei presto ricreduta perché quello è stato il giorno più caldo e meno piovoso di tutto il festival.
Ci infiliamo in tenda, stanchi e infreddoliti, ma già pronti a goderci i concerti del terzo giorno.

Foto di Aborted, Eluveitie, Arch Enemy, Down, Behemoth, Children of Bodom e Testament a cura di Vincenzo-Maria "Viç" Cappelleri




Raven
Domenica 31 Agosto 2014, 15.52.17
6
Infatti per me è la seconda che ho detto
Viç
Domenica 31 Agosto 2014, 15.01.42
5
Raven, non concordo sul fatto che la differenza sia tra festival "grossi" o "piccoli". Nel corso di questo SBOA ho avuto più volte la possibilità di vedere che gli artisti continuano ad interessarsi gli uni degli altri. La differenza tra evento grosso e piccolo al massimo la posso vedere da un punto di vista di "diluizione". Vedere il membro di una band in mezzo a mille persone è certamente più semplice che vederlo in mezzo a trenta e passa mila. Inoltre (come Giasse certamente ricorda) a SBOA ci sono quelle dannatissime pedane alla sinistra di Pain e Party (ora T-Stage) e quella "interna" del Main dove spesso gli artisti si "imboscano" a vedere i concerti. In questo momento ad esempio mi viene in mente René degli Equilibrium (descritti in questo report del day 1) che guardava con occhi sognanti da detta pedana il concerto dei Wintersun (day 3)...
Raven
Domenica 31 Agosto 2014, 9.04.06
4
Anche se OT rispetto all'oggetto del pezzo, posso portare la mia esperienza recente all'Agglutination: Petrov che segue alcune band italiane ed i Carcass ed i Carcass che seguono gli Entombed fino a quando non devono prepararsi loro stessi per suonare. Anche i Belphegor erano spesso in giro a guardare gli altri. Fest più piccoli e più familiari o gente che semplicemente si diverte ancora a suonare?
Lizard
Sabato 30 Agosto 2014, 22.49.38
3
Lo spunto è ottimo Giasse e mi spiace che nessuno abbia colto per adesso l'idea. Tra l'altro, mi raccontano anche i backstage sono molto meno frequentati e interessanti di prima. Si vede che circolano meno i generi di conforto. Io penso che molti siano troppo impegnati a fare le rock star per godersi i concerti e troppa presunta 'concorrenza' per un posto al sole. Far vedere che gli altri che ti diverti perché gli altri sono bravi e forse anche meglio di te evidentemente è un rischio troppo grosso. Si potrebbe pensare che molti siano ragazzi "normali", che finito di suonare non vedono l'ora di tornare a casa o sul bus per la data successiva... insomma... le ipotesi sono tante e prima o poi mi piacerebbe sentire la tua
Giasse
Sabato 30 Agosto 2014, 7.53.25
2
Lizard, involontariamente apri un argomento spinoso che sara' bene trattare altrove per non levare spazio al SBOA (il rammarico per non esserci stato e' stato attutito solo dai rilevamenti termometrici degli inviati nei tre gg). I musicisti, non solo quelli delle top band, non frequentano minimamente la scena. Ai vari concerti si vedono sempre meno "addetti" di quanti ce ne fossero nel lontano passato. Non voglio dare una spiegazione (ho la mia idea ma me la tengo) e lasciare solo una domanda fredda: se nei live non ci credono loro, perche' si pretende che ci creda il pubblico?
Lizard
Venerdì 29 Agosto 2014, 17.15.45
1
L'anno scorso Phil Anselmo all'Hellfest spuntava ovunque, è entrato come ospite subtre palchi diversi e ha seguito un sacco di concerti dal backstage. Un vero metal fan. Mi fa piacere che fosse vocalmente in forma.
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La locandina del festival
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05/09/2017
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04/09/2017
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Day 3 & 4 - Dinkelsbühl, Germania, 19-20/08/2016
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28/08/2013
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Day 2 - Dinkelsbühl, Germania, 16/08/2013
26/08/2013
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Day Three– Dinkelsbuhl, Germania, 18/08/2012
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Introduzione e Day One, Dinkelsbuhl, Germania, 16/08/2012
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A.D. 2011, uno sguardo al festival
 
 
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