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20/04/24
THE OSSUARY
CENTRO STORICO, VIA VITTORIO VENETO - LEVERANO (LE)
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SINE QUA NON - # 11 - 'Melissa' e 'Deliver Us'
18/09/2015 (2705 letture)
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Altro giro, altra accoppiata vincente, seppur col primo nome destinato ad un ricordo più massificato, ed un secondo sicuramente un po’ più di nicchia: Mercyful Fate e Warlord. Per quanto riguarda i primi, il loro moniker non sarà dimenticato facilmente per molti e molti anni, dato che, oltre ad una eredità fatta di parecchi dischi di livello superiore, lasciano anche una malvagia carriera solista di King Diamond che continua tutt’ora con successo. Per quanto riguarda i secondi, invece, una storia interrotta troppo presto ed in un momento in cui le derive del metal assumevano contorni sempre più massicci, fatta di due lavori uno più bello dell’altro, di una reunion e di un successivo, nuovo scioglimento e di un ritorno recente su ottimi livelli. Poco, a confronto dei Mercyful Fate e di un King Diamond che ha continuato a percorrere e sviluppare il loro sentiero, senza stacchi troppo netti. Eppure, nonostante per loro si tratti solo di due dischi e nemmeno molto lunghi (ho già citato a parte il recente ritorno), i Warlord hanno scritto pagine importanti del grande libro dell’epic, così come i Mercyful Fate di quello dell’heavy a tinte horror. Torniamo dunque nell’incredibilmente lontano 1983, per occuparci di due pietre miliari dei rispettivi generi.
MERCYFUL FATE: MELISSA Non che nel 1983 il mondo del rock-metal fosse vergine alle contaminazioni horror, anzi, tutt’altro. Metal e rock in generale sono sempre vissuti a stretto contatto con certe tematiche, ma quando, dopo l’esordio con il mini omonimo, l’arrivo sul mercato di Melissa segnò un nuovo inizio per il genere, i Mercyful Fate impressero per sempre il loro marchio sinistro su tutti noi. Mascherato da un face painting non certo originale sotto nessun profilo, né storico, né artistico, tanto che Gene Simmons pensò bene di fargli causa per questo, King Diamond governava da empio nocchiero una band che, oltre a godere di una sezione ritmica affidabile e concreta, disponeva di una coppia di chitarristi -Hank Shermann e Michael Denner, il cui ritorno è imminente al momento in cui scrivo- dotati di un gran gusto per gli assoli ed i riff unito ad un’apparente attitudine per le atmosfere malate del Fato Misericordioso, che la poneva al vertice della categoria a rivaleggiare con i musicisti più accreditati e più amalgamati tra loro. A riempire davvero di oscura malignità la musica del gruppo, pensava la voce stridula in falsetto di King, nemmeno questa una novità in sé stessa, ma perfettamente adatta allo stile efferato dei Mercyful Fate. A pensarci bene, nemmeno la musica conteneva delle vere novità, anzi, se ascoltiamo attentamente Evil, la canzone che apriva l’album, ci accorgiamo che la sua base è assolutamente rock anni 70 e che lo stupore maggiore viene poi dai controtempi -nemmeno questi nuovi- e dalle accelerazioni furiose degli assoli che già la N.W.O.B.H.M. aveva codificato, oltre che, naturalmente dall’atmosfera malsana del testo, atout spendibile in tutte le tracce. L’attacco di Curse of the Pharaohs è molto saxoniano, ma sono ancora i cambi di tempo ad avvincere. Vogliamo parlare del break d’atmosfera di Into the Coven? Anche qui siamo a cavallo tra anni 60 e 70, ma l’immediato ritorno alla modernità degli assoli sposta il tutto su un piano di rilettura della scrittura che rendeva e rende tutto diverso. Il riff di At the Sound of the Demon Bell non ha forse un sapore antico? E non è forse l’irrompere della voce deviata di King a rendere tutto apparentemente nuovo, unitamente agli ormai stra-citati cambi di tempo di matrice progressive e quindi, anche in questo caso, non di nuova concezione? Insomma: senza fare un track-by-track dell’album, Melissa è uno di quei fondamentali casi in cui un gruppo con un solido background alle spalle riesce a miscelare in esatta proporzione ingredienti noti ed usati in varie ricette, per ottenere una pietanza nuova, dal gusto ricco di sfumature e, disponendo di uno chef all’altezza, riesce anche a trovare il modo di imbastire tutto in maniera da attirare fortemente l’attenzione ed ottenere una stella “Metalin” (orrenda crasi tra Michelin e Metal che solo un redattore stolto come il sottoscritto può permettersi). Melissa rimane un punto fermo della storia del metal sia per la sua capacità di restare moderno nel modo in cui abbiamo detto anche dopo così tanti anni, sia per l’effetto-traino avuto per vari settori del metal, sdoganando in parte certe tematiche anche tra i più refrattari e risultando capace di mettere d’accordo ascoltatori che andavano dalla N.W.O.B.H.M. ai settori più estremi e “satanici” della scena, producendo un amore per il disco e per il gruppo che rimane intatto generazione dopo generazione, nonostante i trentadue anni dall’uscita.
WARLORD: DELIVER US Completamente diversa e meno appariscente, ma certamente altrettanto importante, la cifra stilistica propria dei Warlord. Appartenenti al settore epic più vero, quello lontano dalle pacchianate di certi gruppi e pienamente calato in una musicalità intimamente fiera, quasi privata, ma tutta sostanza e lontana da certe spacconate molto utili dal punto di vista pubblicitario e meno da quello strettamente musicale, i californiani pubblicarono nel 1983 un vero caposaldo del settore: Deliver Us. Nonostante si tratti solo di un EP di sei pezzi (sette nella versione giapponese) e presenti un “volume di fuoco” nettamente inferiore sia al disco prima analizzato (comunque all’apparenza ben poco paragonabile a questo) che a quello dei gruppi direttamente concorrenti nell’immaginario collettivo (i Manowar fanno uscire nello stesso anno Into Glory Ride), i Warlord confezionarono un lavoro semplicemente basilare, fondando tutto su un sentire la musica al di dentro più che farla esplodere all’esterno, basandosi anche loro -e qui ci si può ricollegare ai Mercyful Fate- sulla rielaborazione di alcuni schemi preesistenti già tracciati da gruppi storici dell’hard rock quali Rainbow ed altri, per miscelare quello stile con un sentimento di indomita fierezza che non aveva e non ha bisogno di troppi watt e di troppa distorsione per arrivare all’ascoltatore, perché non parla alla pancia di quest’ultimo, ma direttamente al cervello. Solo sei pezzi, dunque, ma diversi da tutto il resto e non solo da quei Manowar sempre richiamati, a torto od a ragione, quando si parla di epic, ma anche dall’approccio più cavalleresco dei Manilla Road e dei Dark Quarterer, se vogliamo. Un approccio epico fatto di arpeggi, di chitarre spesso sottili nei loro interventi e di malinconia descrittiva, a trasmettere uno sconfortante senso di ineluttabilità che ha reso i Warlord piacevoli anche alle orecchie di ben più di un doomster. A dirla tutta, il suono già superato all’epoca dell’uscita del disco, che ne provocò il rigetto da parte di un certo numero di ascoltatori più giovani ed avvezzi a sonorità più moderne ed estreme (e mi ci metto in mezzo anche io, giovane “venomizzato”), non era solo conseguenza di una precisa cifra stilistica, ma anche di mezzi economici contenutissimi disponibili al momento della registrazione. Tuttavia, accade spesso che incontrollabili elementi esterni apparentemente negativi contribuiscano a creare lavori che contengono quella scintilla che fa sì che tutto vada magicamente a posto e tutto suoni come da dovere, quasi a prescindere dalla volontà dei musicisti, ed è questo, almeno parzialmente, quanto accadde con questo vinile. Un altro asso nella manica di Deliver Us era la sua semplicità ed il suo essere diretto e trasparente dal punto di vista compositivo. Una semplicità in cui tutti i musicisti coinvolti riuscirono a dare il meglio, ispirati come non mai, ed ispirando a loro volta le generazioni future. Anche stavolta raccogliendo poco (anche loro) ma restando sicuramente nella storia.
DELIVER US FROM MELISSA Atteggiamenti diversi, suoni diversi, forse anche pubblico parzialmente diverso, ma due band che hanno in comune più di quanto appare. Ambedue in grado di produrre almeno un disco fondamentale, ambedue capaci di catalizzare l’attenzione degli appassionati utilizzando moduli comunicativi in parte antichi per trarne linguaggi nuovi, in grado di parlare ai giovanissimi dell’83 e di continuare a farlo negli anni a venire, ed ambedue di riuscirci parlando al subconscio più che al conscio, pur su diversi piani di sensibilità. Tutto ciò pur essendo fondamentalmente gruppi diversissimi, per impatto, per violenza visiva, per gusto, per teatralità e per durata nel tempo. Quello che è certo è che al momento dell’uscita dei due dischi, la sorte riservò loro un trattamento molto differente. Tanto immediatamente osannato fu l’album più fresco e dannato dei Mercyful Fate, tanto apprezzato da un numero ristretto di intenditori, ignorato da molti e addirittura apertamente spernacchiato dalla grandissima parte dei thrashers e dei blacksters della prima ora il secondo, salvo poi essere rivalutato da quel lungimirante galantuomo che è il tempo. Che siate stati tra gli illuminati che nell’83 amarono immediatamente Deliver Us (francamente non riesco ad immaginare qualcuno che non abbia riservato lo stesso destino a Melissa) o tra quelli che, come me, hanno recitato il mea culpa raggiunta l’età della ragione, od ancora se eravate troppo piccoli all’epoca dell’uscita dei dischi o addirittura non ancora nati, quelli che oggi possiamo ancora apprezzare sono due lavori impermeabili allo scorrere dei lustri e capaci di restare non solo fruibili, ma modernissimi e meravigliosamente, diversamente metal anche nell’anno di (ben poca) grazia 2015. Melissa piangerebbe calde Winter Tears, se lo sapesse.
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bellissimo articolo. mi è venuta voglia di ascoltarli! entrambi per me dei capolavori. tra l'altro dei Warlord ascolto spessissimo Holy empire, altro super lavoro. |
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Li ho comprati a Milano tutti e due assieme 20 anni fa e adesso vengono recensiti assieme . . . la casualità. In campo Metal non sono solo due dischi importanti ma sono l'unica cosa che conta, assieme ad altri capolavori. |
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anche l'epic dei Cirith Ungol è diverso e inimitabile |
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Anche io concordo abbastanza con Cristiano Elros, diversi tipi di epic, anche se io accostere forse piu' i warlord ad piu'ad un fantasy melodic heavy che all'epic heavy vero e proprio. E poi anche lo stile dei Manowar e' unico, e inimitabile, il loro e' un sound marchi di fabbrica storico , leggendario, uno stile tutto loro, del tutto particolare, una meraviglia delle meraviglie, rpmanticismo, rocciosita' possente e vigorosa, fantasia e furia rabbiosa, delicatezza e forza, l'unione alchemica degli opposti, la completezza dell'epicita'.Ascoltate attentamente Into Glory Ride, e vi renderete (anche senza fare classifiche tra gruppi) conto di quanto sia ineguagliabile e inimitabile, gia' solo per il range vocalico e il timbro particolare e completo di Adams , una vera forza della notura e uno strumento e marcia in piu' per il gruppo.Evviva comunque tutti i tipi di Epic, uno dei generi piu' belli del metal , cge nelle sye diverse varita',sfaccettature rirsce a dare delle emozioni incredibili. |
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Quoto Cristiano, due tipi di Epic differenti, entrambi di valore assoluto. Amo i Manowar, ma lo stile dei Warlord ė inimitabile, e Deliver Us ė assolutamente storico e meraviglioso. Mi stupisco che pochi siano legati a questo disco, capisco che Melissa ė leggenda ma cavolo, Deliver Us ė totalmente un mondo a parte, con una voce "banale" ma perfetta per le melodie create, una seziona ritmica sognante e testi atmosferici. Penso che la titletrack ė une delle mie canzoni Epic preferite, e in questa classifica, ovviamente, non possono mancare molti brani dei Manowar. Lunga vita a Bill Tsamis! |
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Grandi Mercyful Fate,Warlord |
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Concordo sia con evileelvis che con metallo! I Warlord facevano un tipo diverso di Epic da quello dei Manowar, tutto qui! Come l'Epic dei Manilla Road è diverso da quello dei Virgin Steele o degli Omen, e così via... Diversi tipi di epicità, diversi tipi di emozione! |
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Non metto in dubbio quello che dice metallo,ognuno viene "toccato"dalla musica in maniera differente e il mio affermare manowar=barbari non era denigratorio,anzi... e secondo me i warlord non avevano bisogno di un cantante alla eric adams,tutto sta nell'atmosfera sognante delle loro canzoni e queela voce ci sta tutta. In conclusione:epic è bello!!! |
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Non vado pazzo per l'epic ma anche se meno enfaticamente concordo con @metallo sui manowar |
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Amo tutto l'epic, ma essuno e' riusciuto come i Manowar, sono i meglio, almeno i prii Manowar, gli unici che agiscono sia sul piano interno del foro interiore animico, che su quello esterno , della fuorisciuta delle emozioni in modo diretto ed esplicito, hanno sia il tocco romantico nelle parti piu' lente, sia l'incedere potente e furioso, nessuno prima di loro aveva creato delle canzoni che sembrano marce militari e al contempo tramite cori possenti,arpeggi, , riffs e sssoli di chitarre e batterie al galoppo che hannno nel loro incedere una virillita' dignitosa , possente, insomma epica e guerresca all'unisono, marzialita', romanticismo ed epicita' fuse magicamente nello stesso crogiolo, il primo vero epic heavy possene e' il loro, inoltre le loro ballads ti trasportano in un mondo senza confini al di la dello spazio e del tempo ma dandoti srmpre la sensazione di viverlo nella realta', per concludere mai nesduno prima di loro ha avuto strumenti, cori e voce possente e completa di Adams una cosi' grande interpretazione epica, non si battono, l'epic e' bello tutto, ma pur con tutto il rispetto per i Warlord e Deliver Us , Into Glory Ride non se batte, troppo , profondo e epicco, possente e vigoroso, la sola voce di Adams svetta imperiosa, un vocal range epico e possente,senza rivali, che in confronto la vocevdei Warlord srmbra un uccellino spaurito, quindi oore a tutto l'epic,ma I manowar son i Manowar eheheh.E ribadisco, ascoltate Melissa, per chi non lo conosce, e' un album da avere sicurmente. |
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Deliver Us ha quel tocco romantico e delicato che rende tutto più magico, soprattutto in pezzi come Deliver Us From Evil (uno dei pezzi che sceglierei di mettere tra i simboli dell'Epic Metal) e Winter Tears. |
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Per essere terra terra Manowar=barbari Warlord=cavalieri |
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Per capire i warlord basta guardare il disegno di copertina!fantastici!io li ho scoperti "solo"nel '94,ventuno anni fà,cacchio,quando uscì e comprai la compilation che riuniva sia deliver us che and the cannon...non sono tanto da battaglia sul campo quanto da sogno di gesta epiche!meravigliosi!!! |
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Beh per me non c'è storia Melissa e ancor più Don't break the oath sono tra i migliori dischi della storia dell'Heavy Metal. Per quanto riguarda i Warlord come il Raven 1.0 non l'avevo apprezzato ai tempi ma differenza del Raven 2.0 non mi sono ancora ravveduto anche se per la verità non li ho più riascoltati.. |
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Beh i mercyful e il King sono sempre stati tra i miei gruppi preferiti. Ho anche la foto con Michael denner fatta nel suo negozio nel 1990! |
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Ci puoi giurare Renzo Mattei, Melissa ha fatto scuola, e' leggenda, ha aperto un nuovo modo di approcciarsi al metal, goduria pura ogni volta lo si ascolta, consigliato vivamente a chi e' neofita, da avere. |
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Melissa uno degli album più belli di tutti i tempi. Dont break di più |
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Due album veramente belli, anche se a mio avviso il primo lo e' di piu' del secondo, e al secondo preferisco il coetaneo piu' vigorosamente e potentemente heavy epic cioe' quello dei Manowar Into Glory Ride, pero ' si in sostanza due album da avere assolutamente. |
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Due album da insegnare a Scuola. |
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Due classiconi....personalmente anche io sono legato più a Melissa perchè innamorato dei Mercyful e del Re....ma anche i Warlord cavolo...che album. Di Melissa inoltre ho anche il vinile...l'unico che ho dato che il mio giradischi o meglio di mio padre ha sempre avuto dei problemi e quindi per forza di cosa la mia collezione è quasi tutta su CD. |
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Sicuramente tra i pochissimi di Messina, circa tre o quattro nell'83 |
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grande raven!! questi sono una coppia di dischi che ho adorato!!! davvero!! di deliver us ho da poco avuto il vinile dell'epoca dal mio zio ex-metallaro! un pezzo da collezione che custodisco gelosamente (tra altro credo che voi siate stati all'epoca tra i pochi metallari siciliani). Per i mercyful credo che anche don't break the oath possa ritenersi un capolavoro da sine qua non... |
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Bring the black box to the altar! |
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altri due DISCONI immancabili nella propria discografia! MUST HAVE! |
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direi che sono entrambi ottimi dischi, soprattutto Melissa che è probabilmente uno dei miei album preferiti. Deliver Us non l'ho ascoltato molto, ma dopo aver letto l'articolo credo che gli concederò almeno un altro ascolto. |
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