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GOBLIN REBIRTH - La rinascita e l'evoluzione.
06/10/2015 (1574 letture)
Partendo dalla meccanica quantistica e dall'equazione di Dirac, siamo passati per una lunga analisi del nuovo lavoro dei Goblin Rebirth , giungendo alla meravigliosa consapevolezza di essere di fronte a un gran bel disco. Dopo aver avuto il piacere di recensire l'omonimo platter della nuova formazione prog rock, ci è stata concessa anche la piacevole occasione di poter fare qualche domanda. Ringraziamo così Fabio Pignatelli per le risposte e il responso tecnico, molto apprezzato dal mio lato da musicista, di Giacomo Anselmi. Buona lettura.


Michele Ridolfi: Salve, benvenuti sulle pagine di Metallized.it! Per me è un grande piacere avere l'opportunità di rivolgervi qualche domanda, così come lo è stato recensire il vostro ultimo lavoro. Parlando di Goblin Rebirth, si nota fin da subito un connubio incredibile fra le sonorità vintage e una freschezza sonora e compositiva notevole. E' stato facile per voi realizzare questa miscela che guarda avanti e indietro allo stesso tempo? Come avete fatto?
Fabio Pignatelli: Nulla di particolarmente ricercato, siamo tutti musicisti che hanno seguito e seguono tuttora il prog anni ’70, ma, soprattutto, siamo ancora in "pista" e quindi il connubio è venuto naturale. Non è stato difficile realizzare questo disco, è stato un lavoro fatto in relax, praticamente nessun contrasto, dove ognuno ha dato quello che poteva e voleva in estrema "democrazia".

Michele Ridolfi Alla storica coppia Pignatelli/Marangolo si sono aggiunti altri tre elementi estremamente interessanti, alcuni dei quali -come Aidan Zammit- non erano del tutto estranei al gruppo. Il tastierista citato poco fa, infatti era presente anche nei Back to the Goblin. Come è stato incontrarvi tutti nuovamente? Avete trovato subito empatia?
Fabio Pignatelli: Aidan è con noi dal primo concerto dei Goblin versione "Back to the Goblin" e praticamente non è mai andato via, perché subito dopo la rottura abbiamo formato i Rebirth. Con Giacomo e Danilo invece da diversi anni abbiamo un gruppo dove ci divertiamo a fare le cover degli Yes (gruppo del quale siamo innamorati!) e in particolare con Danilo lavoro da 30 anni con Antonello Venditti, quindi la scelta mi è venuta abbastanza facile e già dalla prima prova abbiamo capito che era proprio un "bel suonare"!

Michele Ridolfi: Quello che avete trasmesso con il vostro ultimo album è stata l'impressione di esservi saputi reinventare ancora una volta: in particolar modo ho apprezzato e trovato interessante Dark Bolero, nel quale si percepiscono le influenze e gli elementi della musica spagnola. Come è nata l'idea?
Fabio Pignatelli: L’idea mi è venuta mentre provavo un nuovo suono di violoncelli. Ho scritto celli, cori e timpani di getto e l’ho salvato sul computer con il nome provvisorio "Dark Bolero" perché il ritmo mi trascinava, anche se non c’entra nulla, come il Bolero di Ravel. Questo pezzo l’ho finito da solo, credo, nel 2008/2009, poi quando abbiamo fatto il disco l’ho "rifinito" con tutti e ho aggiunto percussioni e chitarre che originariamente non c’erano.

Michele Ridolfi: Requiem for X è uno dei brani che più risente della componente horror. Dal punto di vista degli arrangiamenti, ci furono alcuni artisti in particolare che vi spinsero ad abbracciare questo stile così teatrale sin dagli albori?
Fabio Pignatelli: Tutti gli artisti degli anni settanta, dagli Yes ai Gentle Giant passando per i Genesis e i King Crimson!

Michele Ridolfi: E' passato poco meno di un anno dalla scomparsa di Giorgio Gaslini, che aveva iniziato i lavori per la colonna sonora di Profondo Rosso: integrare jazz, progressive e atmosfere horror non deve essere stato facile, soprattutto con il pensiero di realizzare la musica per uno dei più famosi registi italiani e del genere. Ripescando dalle esperienze passate con Dario Argento, c'è qualche cosa in particolare (o un aneddoto) che vi vorreste raccortare e che a distanza di tanti anni ricordate in particolare?
Fabio Pignatelli: Diciamo che non si è trattato di una vera e propria integrazione. Gaslini ha fatto il "suo" e noi il "nostro"! Ci chiamarono per eseguire la sua musica, cioè, in qualità di session man. Poi durante la lavorazione Dario ebbe dei problemi con Gaslini e si trovò con la colonna sonora incompiuta. La sera stessa, dopo una conversazione con Bixio (il nostro discografico ed editore di Profondo Rosso), ci chiesero se ce la sentivamo di provare a finirla , noi chiaramente abbiamo accettato e, dopo una nottata passata a comporre, la mattina dopo stavamo già registrando Profondo Rosso!

Michele Ridolfi: Nonostante la divisione, in molti dei vostri progetti successivi avete continuato a portare avanti lo stile che vi ha caratterizzato da sempre. Insieme ad esso avete portato avanti il nome "Goblin" anche nei progetti successivi. Ai tempi come mai avete scelto questo nome? Che significati, simbolici o meno, ci sono dietro questa decisione?
Fabio Pignatelli: Non ricordo con precisione, ma credo che fu Bixio a trovare il nome "Goblin". Ai tempi il nostro nome era "Oliver" (come il titolo di un brano di Cherry Five) e il nostro primo disco (Cherry Five) sarebbe dovuto uscire proprio sotto il nome "Oliver", ma per non intralciare le uscite che erano contemporanee, si decise per due nomi diversi. Idea singolare, ma che dopo 40 anni si è rivelata... vincente! Un saluto al grande discografico e amico Carlo Bixio, che purtroppo ci ha lasciati da qualche anno.

Michele Ridolfi: Sia per il progressive rock che per il progressive metal, l'ultima decade è stata ricca di dischi -di gruppi nuovi e non- veramente di alto livello. Nello scenario degli ultimi anni ci sono dei gruppi o alcuni album che vi sono piaciuti particolarmente?
Fabio Pignatelli: Gli ultimi due lavori di Steven Wilson.

Michele Ridolfi: Una domanda più tecnica e da musicisti: essendo anche io chitarrista, ho gradito molto, fra gli assoli presenti, quello di Forest. Il sound adottato da Giacomo Anselmi rimanda un po' a quello di David Gilmour: quali sono le chitarre e l'effettistica preferita dal vostro chitarrista?
Giacomo Anselmi: Sull'album abbiamo optato per dirette e simulazioni con Eleven e Amp Farm. Il solo di Forest viene da una Les Paul Standard Gold Top '79. Live uso Chitarre elettriche Scala, acustiche Richwood, testate e casse Mezzabarba, pedali Costalab e Carella.

Michele Ridolfi: La Relapse Records è un etichetta molto vicina alle fasce più estreme del metal, come vi siete trovati a lavorare sotto questa label? Ha influito nel vostro lavoro?
Fabio Pignatelli: Ho avuto il contatto con la Relapse da Steve Morse degli Zombie che aveva sostituito Aidan nel tour americano con i Goblin (non Rebirth). Il disco era praticamente finito e ho mandato dei rough mix a Rennie della Relapse che dopo l’ascolto era entusiasta! E’ stato facilissimo accordarci e ci siamo trovati benissimo. Efficientissimi sotto ogni aspetto e persone veramente carine. Non ci conosciamo ancora di persona, ma spero di incontrarli al più presto.

Michele Ridolfi: C'é un'ultima domanda che è di rito nelle interviste. Metallized vi ha seguito anche alla FIM di Genova, trovando la vostra esibizione assolutamente spettacolare. Avete qualcosa in previsione per il futuro?
Fabio Pignatelli: Sta per uscire un doppio CD, Vinile e DVD live con la Black Widow, di concerti per ora ne abbiamo solo due certi, uno il 19 Dicembre al Giardino di Lugagnano (Verona) e l’altro il 6 Febbraio 2016 al Govi di Genova e forse altri due in Aprile in ... non faccio il nome per scaramanzia. Sono un po’ pochine ma stiamo cercando di prenderne altre. La voglia di suonare è tanta e speriamo di riuscirci!

Michele Ridolfi: Ringraziandovi per il tempo concesso e per l'opportunità, vi chiediamo cortesemente di lasciare un messaggio ai lettori di Metallized.it! Grazie ancora di tutto!
Fabio Pignatelli: Usate la musica che vi piace per fuggire, ogni tanto, da tutto quello che ci accade intorno, che... è veramente una "schifezza"! Grazie e spero di incontrarvi presto in qualche concerto.



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