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GOD IS AN ASTRONAUT - Orion Live Club, Ciampino (RM), 14/10/2015
21/10/2015 (1692 letture)
"Ho la vaga impressione di sapere dove sarò, in una delle sere di questo periodo, l'anno prossimo."

Iniziare un articolo con del becero autocitazionismo è una cosa che volevo fare da tempo, un po' per spirito goliardico, un po' per celebrarmi! Ironia a parte, è stato veramente un piacere constatare la veridicità di quell'ultima frase con cui chiusi il live report dei God is an Astronaut poco più di un anno fa. Ormai da qualche tempo l'appuntamento con gli irlandesi è un cliché irrinunciabile e, come ogni volta, è bello vedere quanto il pubblico dell'Orion sia variegato in queste occasioni. Da ragazzi con la felpa di Welcome to Hell dei Venom a signori di mezza età in camicia, la formazione post rock raccoglie sempre persone con diversi gusti musicali, un punto senza ombra di dubbio a loro vantaggio. Giunti, per esigenze lavorative, praticamente alla fine del set dei The Shiver, entriamo rapidamente all'interno del locale, appurando una grande affluenza, probabilmente maggiore anche dell'anno precedente. Per grazia ricevuta quest'anno il banco del merchandising non si limita solo all'ultima uscita, ma propone tutta la discografia sia in CD che in vinile. Mai sorpresa fu più gradita e, considerati i prezzi decisamente onesti al banco, non ho tardato a completare la collezione con i titoli mancanti. Il cambio palco non è eccessivamente lungo e dopo un po' di silenzio, da fuori, si sente una sorta di boato: in pochi momenti vengono finite birre e spente sigarette e tutti si apprestano ad entrare all'interno dell'Orion, riconoscendo le inconfondibili note di uno dei più grandi classici del gruppo.

GOD IS AN ASTRONAUT
Ovviamente sto parlando di When Everything Dies. Le note di pianoforte che aprono il pezzo costruiscono un'atmosfera drammatica e sospesa, che monopolizza in maniera prepotente l'attenzione di tutti gli ascoltatori. L'evoluzione sonora del brano ci permette di apprezzare moltissimo l'acustica curatissima e potente dell'Orion, capace di emancipare perfettamente tutti i suoni del gruppo ed in particolar modo il basso di Niels Kinsella. In apertura non poteva mancare un altro dei miei pezzi preferiti del gruppo, forse quello che dal vivo rende meglio: Echoes è una vera e propria cannonata e l'equalizzazione marcatamente rock emancipa ulteriormente le distorsioni delle chitarre, in particolar modo su tutta la sezione finale che risulta estremamente trascinante. Una delle cose che mi incuriosiva di più era la resa dei nuovi pezzi dal vivo e, con piacere, Vetus Memoria è un primo assaggio soddisfacente di Helios | Erebus. Le sfuriate cupe e violente rendono benissimo dal vivo, grazie a suoni più graffianti e pieni. Da un estremo all'altro della loro discografia i God is an Astronaut tornano alle origini con Point Pleasant, direttamente pescata dal loro esordio The End of the Beginning (2002). La vena più elettronica del gruppo procede anche con la longeva ed elaborata Worlds in Collision e con la fiacca The Last March. Una scelta particolare quella del gruppo, che esegue una serie di brani così particolari, in un trittico senza ombra di dubbio originale, ma un po' troppo freddo in alcuni momenti. Annunciata e acclamata da tutti la nuova Helios | Erebus rende ancora meglio di Vetus Memoria, in ambo le parti. Sia la chitarra pulita prima, che la distorta dopo, godono di un'ottima resa acustica capace di incantare il pubblico. Il pezzo ha la qualità di scorrere via con leggerezza, nonostante la lunghezza non indifferente. L'atmosfera cupa tocca il suo apice con From Dust to the Beyond, che con i suoi synth un po' acidi, dona un'ombreggiatura d'angoscia al tutto. La prestazione del quartetto rimane a livelli altissimi, con una sezione ritmica impeccabile e un coinvolgimento notevole da parte di Jaime Dean che interagisce continuamente con il pubblico. Pig Powder è destinato a essere uno dei nuovi classici del gruppo, risultando il brano dell'ultimo album che rende al meglio in sede live: tutta la sezione in palm mute, preceduta da un grande stacco, è veramente magnifica e conferisce un'accezione marcatamente metal al pezzo. Non finiscono le gioie e il pubblico sembra apprezzare particolarmente Centralia, presentata sempre sullo stesso palco l'anno precedente come Dark Passenger. Se già il pezzo aveva colpito dodici mesi fa, oggi risulta ancora più rodato e perfezionato, con una gran bella linea melodica a fare da colonna portante. Richiesta plurime volte, arriva anche il grande classico del gruppo, ovvero Forever Lost. La canzone soffre qualche piccolo problema tecnico alla chitarra di Torsten Kinsella e alla tastiera di Jamie Dean, ma nulla che possa inficiare la performance. Il supporto tecnico infatti è rapido ed efficiente e l'esecuzione del brano scorre via senza che nessuno si accorga di interventi o quant'altro. Il ritmo del concerto rimane altissimo e il pathos non cede grazie all'energetica Agneya, durante il quale lo stesso Jamie Dean salta in mezzo al pubblico nella devastante sezione conclusiva. Osannato dal pubblico e con l'aiuto di un tecnico il chitarrista risale sul palco, pronto insieme al gruppo per l'encore. Dopo un paio di battute sul fatto che, almeno da vent'anni, nessuno cade più nello scherzo della finta conclusione dello show vi è una sorta di gag in cui tutti fanno finta che il gruppo sia andato via, per poi accoglierlo nuovamente. Fra risate e applausi inizia uno dei grandi classici che chiude quasi tutti i concerti dei God is an Astronaut: Suicide by Star a distanza di anni rimane un crescendo di emozioni fortissimo e ci regala il miglior finale di ogni canzone del gruppo, martellante ed esplosivo. La serata si conclude con Route 666, che è una sorta di embrione del genere, nonché un pezzo di valenza storica notevole. Non uno dei miei preferiti e forse non il più adatto a chiudere un concerto, ma sicuramente una parentesi interessante.

L'impressione che si ha, quando le luci si riaccendono e il gruppo sparisce, è che tutto sia durato troppo poco. Il banco del merchandising viene letteralmente preso d'assalto e Torsten Kinsella si presta simpaticamente ad autografare dischi ed altro. Avrei qualche altra riga da scrivere, ma rischierei di citarmi da solo ancora una volta. Non credo servano altre parole. Come sempre, imprescindibili.

SETLIST GOD IS AN ASTRONAUT
1. When Everything Dies
2. Echoes
3. Vetus Memoria
4. Point Pleasant
5. Worlds in Collision
6. The Last March
7. Helios | Erebus
8. From Dust to the Beyond
9. Pig Powder
10. Centralia
11. Forever Lost
12. Agneya
13. Suicide by Star
14. Route 666



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