Ci sono canzoni che vengono considerate alla stregua di Leggenda, brani completi sotto ogni punto di vista, sia musicale che delle liriche, i quali entrano di diritto nell'immaginario collettivo, riuscendo ad oltrepassare la semplice forma-canzone per divenire un vero e proprio patrimonio culturale dell'umanità, conosciuti in ogni angolo del globo, cantati sia dal colletto bianco che lavora in un ufficio al centro di Melbourne quanto dal giovane pastore indiano che pascola le pecore in un arido altopiano; ebbene Hotel California è senz'altro una di queste gemme. Il brano di fatto più famoso dei mitici Eagles è anche il loro biglietto da visita, sicuramente la canzone dei californiani più passata in tutte le radio del mondo e -sì, possiamo anche tranquillamente affermarlo- una delle più belle composizioni del combo statunitense. Questo capolavoro, musicato dal chitarrista Don Felder, si avvaleva di testi nati dalla collaborazione fra Glenn Frey e Don Henley, e vedeva alla voce proprio la fantastica ugola dello stesso batterista. Si tratta della title track dell'album omonimo, e uscì come singolo nel febbraio del 1977 (un paio di mesi dopo la realizzazione del full length, quindi) diventando di fatto un instant classic; e non c'era da stupirsene, questa perla della durata di 6:30 lascia incantati oggi come allora e, nonostante la si possa avere ascoltata centinaia di volte (come nel caso del sottoscritto) ogni volta è come fosse la prima. Merito delle chitarre semi acustiche di inizio song, della stupenda voce di Henley, così malinconica e ammaliante, delle sue rullate sui tom, mai invasive ma fondamentali o dell'infinito assolo finale di twin guitar, uno dei più belli della storia del rock e della Musica in generale... probabilmente di tutto questo, e anche -ovviamente- del testo stesso.
Diverse le interpretazioni cui si prestano le lyrics: Henley dichiarò che in più di un passaggio si parlava dell'America in generale e i relativi contrasti, passando per quelli più canonici tipo il bene e il male, la luce e il buio, gioventù e maturità; si potrebbe dire che tocchi la perdita dell'innocenza di un Paese così grande e ricco, diviso tra gli ideali di libertà e le diversità che una popolazione multietnica porta con sé. Ma ovviamente in molti ci hanno visto la decadenza degli USA, la corruzione e l'infrangersi dell'ideale di "sogno americano" altri una metafora della vita da rockstar e la tossicodipendenza, un'effimera felicità che può richiedere un tributo piuttosto pesante a chi ne beneficia: personalmente, fin dai tempi della scuola, quando ebbi modo di studiare le parole di Hotel California decisi di interpretarla -forse banalmente- come una storia di morte: quella del protagonista, forse vittima di un incidente motociclistico senza neppur aver avuto il tempo di accorgersene, e l'hotel (inferno?) in cui decide di fermarsi sarà la sua tomba per l'eternità...
On a dark desert highway Cool wind in my hair Warm smell of colitas Rising up through the air Up ahead in the distance I saw a shimmering light My head grew heavy, and my sight grew dimmer I had to stop for the night
Su un'autostrada buia e deserta, il vento freddo tra i capelli, Un tiepido profumo di colitas Si solleva nell'aria Più avanti in lontananza, vidi una luce scintillante La mia testa stava diventando pesante e la mia vista annebbiata Dovevo fermarmi per la notte
Immaginatevi una magnifica notte stellata in sella ad una motocicletta lanciata su una polverosa e deserta Route 66, in pieno stile Easy Rider, il canto dei grilli interrotto per un attimo dal rombo del motore, per poi ricominciare con ritrovata serenità non appena il veicolo sfreccia lontano verso l'orizzonte. Il protagonista ha viaggiato per tutto il giorno, è stanco e indolenzito, i suoi occhi che guardano il cono di luce creato dal fanale dell'Harley cominciano a socchiudersi mentre l'aria -in cui si espande profumo di colitas, una piantina del deserto da cui si ricava una sostanza inebriante simile alla cannabis- dapprima frizzante inizia a diventare pungente; è ora di fermarsi a riposare e per fortuna, in lontananza, si vedono delle lanterne che fanno pregustare il giusto ristoro.
There she stood in the doorway I heard the mission bell And I was thinking to myself "This could be Heaven or this could be Hell" Then she lit up a candle And she showed me the way There were voices down the corridor I thought I heard them say "Welcome to the Hotel California Such a lovely place Such a lovely face Plenty of room at the Hotel California Any time of year you can find it here”
Lei stava sulla soglia Io sentivo le campane E pensavo tra me e me "Questo potrebbe essere il paradiso oppure l'inferno" Poi lei accese una candela e mi mostrò la strada Si udivano delle voci nel corridoio Mi parve di averle sentite dire: "Benvenuto all'Hotel California Un posto così amabile Un volto così amabile Ci sono tante camere all'Hotel California In ogni momento dell'anno puoi trovarne una.”
Appena giunto a destinazione, il nostro protagonista rimane ammaliato da una figura femminile che sembra aspettarlo, così bella da confonderlo e fargli pensare che solo un angelo -o un diavolo- potrebbero emanare tanto fascino; questa lo conduce a lume di candela attraverso l'edificio e dalle stanze chiuse a chiave si leva una cantilena sinistramente allegra ma senza vera gioia, quasi minacciosa nel suo voler essere accogliente. Si può pensare che si tratti appunto dell'angelo della Morte oppure di una raffigurazione della droga, così suadente e gentile eppure potenzialmente pericolosa come solo una sconosciuta può essere.
Her mind is Tiffany twisted She's got the Mercedes bends She's got a lot of pretty, pretty boys That she calls friends How they dance in the courtyard Sweet summer sweat Some dance to remember Some dance to forget
La sua mente è ossessionata dai gioielli di Tiffany Lei ha le curve di una Mercedes Ha tanti bei ragazzi Che chiama amici Come ballano in cortile, Sudati per la dolce estate Alcuni danzano per ricordare, Altri per dimenticare
Affascinante e voluttuosa, la strana donna sembra essere circondata di amanti: qui potremmo appunto vedere una allegoria sulla gioventù "bruciata" dagli stupefacenti, ragazzi che dapprima se ne innamorano, festeggiando senza freni inibitori -soprattutto mentali- appagati dal piacere effimero della droga in cui hanno cercato rifugio, chi ricordando il passato e chi per dimenticarlo nell'oblio e lasciarselo definitivamente alle spalle.
So I called up the Captain "Please bring me my wine" He said "We haven't had that spirit here since 1969" And still those voices are calling from far away Wake you up in the middle of the night Just to hear them say "Welcome to the Hotel California Such a lovely place Such a lovely face They're livin' it up at the Hotel California What a nice surprise Bring your alibis"
Così chiamai il Capitano, "Per favore, mi porti del vino" Rispose "Qui non abbiamo quel distillato dal 1969" Ed ancora quelle voci stan chiamando in lontananza Ti svegliano nel mezzo della notte Solo per sentirle dire... "Benvenuto all'Hotel California Un posto così amabile Un volto così amabile Si stanno divertendo molto all'Hotel California Che bella sorpresa, Trova le tue scusanti"
Questa parte è effettivamente un po' criptica, ma a quanto pare il riferimento allo "spirit" (come tutti sanno il vino non è un distillato) rimanderebbe a un fenomeno sociale: alluderebbe in effetti all'avversione degli Eagles nei confronti di un genere (la disco music e la sua commercialità) che avrebbe impoverito la concezione -e quindi lo spirito, appunto- dell'impegno sociale che la musica aveva rivestito negli anni 60 fino all'avvento del fenomeno pop.
Mirrors on the ceiling The pink champagne on ice And she said "We are all just prisoners here Of our own device" And in the master's chambers They gathered for the feast They stab it with their steely knives But they just can't kill the beast
Specchi sul soffitto Champagne rosé nel ghiaccio E lei disse "Qui noi siamo tutti prigionieri Del nostro stesso espediente" E nella camera del padrone Si sono radunati per il banchetto Lo trafiggono con i loro coltelli d'acciaio Ma non possono uccidere la bestia
Lo sfarzo di cui è addobbato l'hotel stesso, con i suoi piccoli grandi eccessi in grado di appagare la lussuria di chi lo frequenta, si rivela infine per quello che è in realtà: una trappola, una vera e propria gabbia dorata le cui chiavi sono custodite da un'entità autoritaria alla quale ci si ribella inutilmente (anche qui si può intuire un chiaro riferimento alla dipendenza dalla droga).
Last thing I remember I was running for the door I had to find the passage back to the place I was before "Relax" said the nightman "We are programmed to receive You can check out any time you like But you can never leave"
L'ultima cosa che ricordo È che stavo correndo verso la porta Dovevo trovare il passaggio che mi riportasse nel posto in cui ero prima "Si rilassi" disse l'uomo della notte "Noi siamo programmati per ricevere Può lasciare l'albergo tutte le volte che vuole, Ma non potrà mai andarsene"
Il protagonista ha visto abbastanza, ha capito qual è lo stato in cui si trova chi ha soggiornato all'hotel maledetto e vuole quindi fuggire da quello che alla fine si è rivelato, come egli stesso aveva ipotizzato precedentemente, un vero e proprio inferno per la sua anima; ma la fuga gli è impedita da un freddo e cinico custode, lo immaginiamo come un portiere di notte pallido e inespressivo che, con lo sguardo vuoto e fisso, gli spiega semplicemente che, per quanti tentativi egli possa fare, non riuscirà mai ad andarsene veramente.
Siamo alla fine del viaggio, qualunque esso sia stato, ovunque ci abbia portato, ed è chiaro che non c'è più salvezza per il Nostro: forse l'Hotel California era un luogo infestato, forse un mondo parallelo a questo, forse la vita, probabilmente la morte... e così, uno degli assoli di chitarra più belli e conosciuti della storia del rock fa piombare il protagonista -e noi con lui- nella follia della notte più nera, con una vorticosa corsa senza fine nel delirio...
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