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FUNEBRARUM + INTERMENT - Circolo Colony, Brescia (BS), 02/03/2016
07/03/2016 (1293 letture)
A coronamento dell’eccellente split Conjuration of the Sepulchral del 2007, ma ristampato in vinile quest’anno, i Funebrarum dagli USA e gli Interment dalla Svezia, hanno unito le forze per un raid europeo che ha toccato diverse nazioni (in particolare l’Olanda in occasione del Netherland Deathfest) e segnando ben tre date sul suolo italiano, nell’ordine Brescia, Torino e Firenze. I primi sono tra le realtà più interessanti del panorama death metal degli anni 2000, sebbene siano ormai vicini ai 20 anni di esistenza, ripercorrendo la tradizione newyorkese degli Incantation e imbastardendola con massicce dosi di death metal finlandese à la Demigod e Abhorrence; i secondi sono tra i primi gruppi ad essersi mossi tra la fine degli anni ’80 e l’inizio degli anni ’90 in un panorama, quello del death metal svedese, che sarebbe diventato globalmente conosciuto per la propria interpretazione del genere e dando i natali a decine di gruppi, album e demo-tape. Fatte le presentazioni, accorpiamo anche i Putrisect da Baltimora e i bresciani Riexhumation per una serata decisamente interessante.

RIEXHUMATION
Con un paio di demo alle spalle, e il recente ingresso alla batteria di Giovanni (Corporal Raid, Mindful of Prypiat), i Riexhumation da Brescia sono una realtà meritevole nel panorama emergente del death metal lombardo. Le influenze nella loro musica spaziano dal death metal della vecchia guardia di gruppi come i Vomitory a formazioni più brutali come i Suffocation, passando per gruppi come Deicide, Sinister o Morbid Angel che sembrerebbero i paragoni migliori per il gruppo. L’esecuzione tecnica è sicuramente buona, soprattutto dietro alla batteria, per cui il gruppo si distingue per aggressività e compattezza, nonché il growl di Gianluca (Voids of Vomit, Mindful of Prypiat) e la varietà dei pezzi tra sezioni molto veloci ed altre più cadenzate a richiamare stili diversi ma ben conciliati. Coraggiosa ma ben riuscita è stata anche la cover di Infecting the Crypts dei Suffocation.

PUTRISECT
I Putrisect, da Baltimora, sono una realtà recente nel panorama death metal underground statunitense, con un EP alle spalle e uno split in uscita su Unspeakable Axe Records, che al primo impatto ricordano gli Incantation, con riff e drumming essenziali e cupi, rallentamenti e voce molto cavernosa, ma che poi sfociano anche in sezioni più veloci, sebbene non si perda mai l’impronta più cadenzata, e le varietà ritmiche sono comunque improntate più sulla pesantezza che su un assalto forsennato, riportando alla mente altri gruppi death americani come i Morta Skuld, magari. In ogni caso, buona prova da parte di questo nome ai più inedito, sebbene nella media magari, ma azzeccato come apertura per il tour in questione.

INTERMENT
L’attacco degli Interment è frontale e diretto, con ogni pezzo che incede principalmente in d-beat, come da tradizione del death metal svedese al cui sviluppo gli stessi Johan Jansson (Moondark, Uncanny, Dellamorte…) e Kenneth Englund (Centinex, Moondark, Demonical…) hanno contribuito fin dai primi anni. E altrettanto necessario è anche il suono corposo dell’HM-2, simbolo effettivo del sound di quella scena, a trasformare il suono delle chitarre in un solido muro ritmico. Con una presenza sul palco coinvolta ed energia da vendere, gli Interment propongono sia pezzi delle origini, tratte da demo storici come Where Death Will Increase del 1991, quali Infestering Flesh e Morbid Death, così come anche dal full di ritorno del 2012, l’eccellente Into The Crypts of Blasphemy. Numerose anche gli inediti dal nuovo Scent of the Buried, già disponibile presso il gruppo, comunque molto aderenti allo stile a cui il quartetto di Avesta ci ha abituato, tanto che i pezzi si incollano rapidamente alla memoria; questo grazie oltretutto a riff lineari ma efficaci e linee vocali, passatemi il termine, molto cantabili, che rendono questa proposta assolutamente impagabile in sede live, senza contare l’effetto di stacchi e ripartenze su cui questo stile fa generalmente leva. Ogni pezzo, anche quelli di più recente composizione, acquistano una propria distinta identità e senso compiuto, grazie al gusto compositivo che non fa scadere mai la musica degli Interment nel manierismo o nel riciclo di un sound retrò, che invece ci pare vivo e in pienissima forma.

Il pubblico, piuttosto nutrito nonostante sia un piovoso mercoledì sera, mostra una sentita partecipazione durante tutto il set, con il compiacimento degli stessi Interment, che a mala pena si prendono delle pause tra un pezzo e l’altro, con l’effetto di rendere il loro concerto ancora più coinvolgente e concitato. La resa vocale di Johan è ottima, ma è l’assalto chitarristico a vincere a mani basse, rievocando il marcio tipico del periodo d’oro del death metal svedese, senza compromessi né contaminazioni. Non si possono quindi che spendere parole di supporto per un nome originale, seppur minore, della scena svedese, ancora coerentemente, e con un po’ di sana intransigenza, ancorato allo stile primordiale di questo genere; naturalmente senza pretese oltranziste essendo loro stessi tra i pionieri di quel periodo, nonché testimoni visibilmente appassionati di quel sound sporco ed energico.

SETLIST INTERMENT
Death And Decay
Eternal Darkness
Infestering Flesh
Sinister Incantation
Torn From the Grave
Chalice Of Death
Faces of Death
Breeding Spawn
Morbid Death
Nailed To The Grave

FUNEBRARUM
Anche l’attesa per l’esibizione degli statunitensi Funebrarum termina con il puntuale inizio del quintetto, che come detto in testa all’articolo propongono una varietà di death americano à la Incantation (ricordo peraltro la passata militanza del cantante Daryl Kahan come chitarrista dei Disma), ma più fortemente influenzato dalla scena finlandese, in stile Demigod o Abhorrence, con quindi degli inevitabili richiami al sound svedese, ma con scelte decisamente meno lineari, più eterogenee ma anche più interessanti. Non per nulla, si poteva notare che la reazione per gli Interment sia parsa più calorosa e fisica di quella per i Funebrarum, in un certo senso più concentrata, o frenata dall’orario, almeno. Anche perché non è certo un gruppo che manchi di aggressività e potenza, con un sound veramente massiccio e un drumming assolutamente impressionante, anche su velocità notevoli. Notiamo innanzitutto che la line-up è totalmente rinnovato se non per lo stesso vocalist, di fatto unico membro fondatore – gli altri quattro musicisti sono presenti in formazione solamente dall’anno scorso, ma senza ovviamente la ben che minima penalizzazione in termini di resa esecutiva. Sebbene un po’ meno prestanti scenicamente dei loro seppur più anziani compari svedesi, i Funebrarum possono vantare una potenza musicale e un gusto compositivo che ne giustificano la posizione alla vetta della scena death metal internazionale. I loro pezzi, per chi non fosse familiare ai loro lavori, spaziano dalle sezioni lente e putride a vere e proprie sfuriate di death americano che non si risparmia su blast e tempi di doppia cassa, ma anche tanto d-beat e un sentore di marcio che richiama proprio la scena death metal scandinava, più sanguigna e diretta. Particolare anche l’esecuzione vocale, perlomeno per gli standard del genere, essendo l’approccio di Daryl al microfono molto gutturale, ma quasi più nel senso di un gruppo brutal death, per tecnica vocale si intende, che di un growl cavernoso alla death metal anni ’90; a questo alterna però anche sezioni su registri più alti, il che rende la prestazione tutt’altro che monocorde.

Questa rinnovata formazione ha anche modo di presentare in questo tour il proprio nuovissimo lavoro, l’EP Exhumation of the Ancients, uscito su 12” via Doomentia Records, con qualche novità proposta di conseguenza e assolutamente convincente, a dimostrazione della solidità della line-up con cui i Funebrarum si sono presentati in questo 2016. Nella speranza di un solido terzo full, dal vivo ci siamo goduti gli estratti del ridicolmente ottimo The Sleep of Morbid Dreams del 2009, tra cui Grave Reaper, veloce e tipicamente “alla scandinava”, e Inceneration of Mortal Flesh, così come anche del primo full Beneath the Columns of Abandoned Gods, con un macigno come Dormant Hallucination a imporre un pace più cadenzato e pesantissimo. Impossibile non menzionare la prestazione batteristica del ventiduenne Charlie Koryn, proveniente dai californiani Ghoulgotha, che domina il palco con un esecuzione eccellente. Ultima nota favorevole, infine, la cover di Caught in a Vortex dei finlandesi Abhorrence, che citavo appunto come loro importante ispirazione, la quale è anche presente sullo split con gli Interment che ho menzionato in apertura.

SETLIST FUNEBRARUM
Cursed Eternity
Draped in Silence
Dormant Hallucination
Into Dark Domains
Grave Reaper
Beyond Recognition
Exhumation of the Ancient
Incineration of Mortal Flesh
Depths of Misery
Caught in a Vortex (Abhorrence cover)



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