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METALDAYS 2016 - DAY 2 & DAY 3 - Tolmin, Slovenia, 26-27/07/2016
07/08/2016 (2281 letture)
DAY 2

MIST
Salgono dunque sul palco le Mist, una band quasi tutta al femminile che gioca in casa: la terra di provenienza del giovane gruppo è infatti la Slovenia.
Formate da circa quattro anni e con un EP all'attivo, le ragazze calcano coraggiosamente il palco dei MetalDays proponendo un ruvido doom old school di tanto in tanto dal sapore sabbatiano: la voce della cantante sa essere suadente. ma energetica allo stesso tempo. Sicuramente il giovane gruppo paga un po' il prezzo dell'inesperienza: manca la completa confidenza del palco, ma c'è ampio margine di miglioramento. Le Mist vengono inoltre funestate durante l'esibizione: durante una dei primi brani, all'unico componente maschile e chitarra solista del gruppo si rompe una corda e dopo un frettoloso e leggermente goffo cambio di strumento tutto ritorna comunque nella normalità. Di sicuro un bel trampolino di lancio per il quintetto sloveno.

ELFERYA
Quello degli Elferya è stato il primo concerto della giornata a cui abbiamo assistito sul Second Stage, struttura molto più piccola del main (ma comunque molto professionale nell'allestimento), sita in un boschetto al di là della struttura alberghiera che taglia a metà l'area del festival (isolando così acusticamente questo palco dal mainstage).
I sette musicisti di Losanna sono fautori di un symphonic metal (arricchito dall'uso di un vero violino) con atmosfere gotiche, che non inventa nulla nel genere ma che suone e compone con un certo mestiere. In questo caso, però, hanno avuto la sfortuna di trovarsi a suonare nel bel mezzo del picco di uno dei temporali più intensi della cinque giorni di Tolmin (cosa che ha creato qualche problema ad alcuni loro strumenti) e ha probabilmente accorciato la scaletta di una decina di minuti.
In ogni caso la prova degli Elferya è stata, per quanto professionale, piuttosto anonima, nonostante l'impegno profuso dalla singer Melody Dylem per coinvolgere il pubblico.
Molto mestiere ma ancora più sfortuna.

SKÁLMÖLD
Ammetto che il concerto degli Skálmöld era probabilmente quello che attendevo con più impazienza tra quelli della seconda giornata.
Un po' perché vedere questi ragazzi islandesi suonare divertendosi metterebbe di buon umore anche l'individuo più scontroso della Terra, e un po' perché comunque la loro è una delle proposte musicali più particolari, in senso geografico, che mi sia capitato di scoprire negli ultimi anni.
Si nota fin da subito come l'avventura della nazionale islandese agli europei abbia varcato anche i cuori dei metallari, che accolgono (e salutano) il sestetto con il tipico applauso sincronizzato (erroneamente definito dai media come "geyger sound") portato alla ribalta proprio dal tifo isolano quest'estate.
Il concerto è supportato da suoni discreti e da una scaletta che include tutti i grandi classici della band (Gleipnir, Narfi, Miðgarðsormur e l'immancabile Kvaðning). Le prove strumentali di tutti i membri son state perfettamente all'altezza, anzi addirittura il chitarrista solista Þráinn Árni Baldvinsson si è tranquillamente preso la libertà di improvvisare a caso nuove parti nei momenti più rilassati, quasi a sottolineare la naturalezza con cui gli Skálmöld suonano e cantano.
Un ottima prova che si spera sia un buon preludio al prossimo disco!

CATTLE DECAPITATION
Pochi minuti dopo il termine dell'esibizione degli Skálmöld la musica sul mainstage dei MetalDays cambia totalmente.
Salgono infatti in cattedra i Cattle Decapitation, quartetto di San Diego pronto a devastare l'area concerti con il suo technical death con tematiche animaliste.
Il concerto è imperniato in buona parte sull'ultima fatica The Anthropocene Extinction, pubblicato nel 2015, e mostra una band assolutamente chirurgica in esecuzioni che hanno obiettivamente un tasso tecnico molto alto (specie per il batterista David Mcgraw che è incredibilmente pulito anche nell'uso di una -triggeratissima- doppia cassa). Alla voce Travis Ryan (unico membro fondatore rimasto), è autore di una prestazione convincente in cui dà fondo a tutta la sua ugola guidando la band attraverso pezzi come The Prophets of Loss, Your Disposal, Kingdom of Tyrants o la conclusiva Plagueborn.
Cinquanta minuti di massacro sonoro che scorrono rapidi e letali!

INSOMNIUM
Proprio sul far della sera, mentre il sole lambisce con i suoi ultimi strali il palco del MetalDays, prendono la loro postazione on stage i finlandesi Insominium. Prima volta dal vivo per chi scrive e perciò suscettibili di molta curiosità, anche a causa dell'amore e odio che ruota attorno agli ultimi album di questa band. Dunque il concerto prende il suo avvio, e nella scaletta viene privilegiato l'ultimo disco dato alle stampe dal gruppo e si susseguono canzoni come While We Sleep, Ephemeral e The Promethean Song, ma anche altri pezzi più datati come the Mortal Share che chiude l'esibizione degli Insomnium.
Sicuramente siamo davanti a una band che riesce a mantenere il palco in modo sicuro e sa accattivarsi il pubblico con l'ora a disposizione, proponendo quel death metal melodico imbevuto di atmosfere oscure ma costantemente poetiche, che sono diventate bandiera per il gruppo finlandese.

ARKONA
Un cambio palco abbastanza veloce e una breve intro creano l'atmosfera giusta per l'entrata in scena degli Arkona, inutile dire come fin dall'entrata di Masha è impossibile non restare rapiti dalla sua energia manifestata sul palco: la singer russa infatti anche questa volta sa coinvolgere, non solo con le sue harsh vocals, ma anche con il suo cantato in pulito riesce ad essere emozionante.
La setlist proposta è decisamente una setlist da festival: sono infatti numerose le canzoni più ritmate e folkeggianti e non possono mancare brani quali Stenka Na Stenku e Yarilo che fanno saltellare tutto il pubblico, ma nemmeno Goi, Rode, Goi, cavallo di battaglia della band. Gli strumenti a fiato di Vladimir sono sempre presenti e danno quel tocco folk anche a momenti più concitati delle canzoni o di richiami a terre lontane come nella bellissima Slavs'ja, Rus!. Ancora una volta uno show sopra le righe.

MELECHESH
Ci spostiamo quindi dall'area del mainstage alla volta del secondo palco dove hanno appena iniziato a suonare i Melechesh, gruppo di origine israeliana, ma attualmente stabilito nei Paesi Bassi. La proposta del gruppo musicale è decisamente interessante: i Melechesh riescono difatti ad inserire in un sound decisamente aggressivo i ritmi e alcune melodie che conducono subito l'ascoltatore in un contesto culturale diverso.
I tempi cadenzati e le melodie più arabeggianti si fondono nel black metal contaminato dal death dei brani tratti dall'ultimo disco del gruppo, Enki, ma si mescolano perfettamente anche nelle canzoni tratte dai dischi precedenti. Mentre lo screaming di Melechesh Ashmedi tratteggia acidamente la tematica sumera e mesopotamica, uno dei fili conduttori delle composizione della band. Il risultato dell'esibizione è quella di aver ipnotizzato il pubblico con questo mélange accattivante, che sicuramente ha destato l'attenzione di più di un ascoltatore.

MARDUK
È ormai quasi mezzanotte quando fanno la loro comparsa su un mainstage già spettrale gli svedesi Marduk.
Dopo i Dark Funeral il giorno precedente, ecco un altro importante gruppo black calcare il palco di Tolmin, accontentando le legioni di seguaci del metallo nero accorsi in Slovenia per l'occasione. Lo show dei Marduk è però molto meno atmosferico, più diretto e senza fronzoli rispetto a quello dei citati connazionali, ma la cattiveria è se vogliamo persino superiore.
Mortuus tiene in mano il pubblico nonostante i silenzi tra una canzone e l'altra, interrotti da presentazioni rapide e una prova vocale -letteralmente- da brividi, con uno screaming lacerante allungato da brevi delay. Alla chitarra, Morgan (l'unico ad essere nella band dagli inizi nel 1990) porta avanti ritmiche che si alternano tra i più classici tremolo picking e un velocissimo riffing in power chords che caratterizza poi moltissimo le linee malate dei Marduk.
La sezione ritmica composta invece da Devo al basso e Fredrik Widigs, fornisce una base a ritmi forsennati che tolgono il fiato per tutta la durata dei pezzi.
La scaletta molto bilanciata ripercorre vari album della band, proponendo pezzi come Frontschwein e Blonde Beast, tratti dall'ultimo loro full-length e altri come Panzer Division Marduk, Azrael, Souls for Belial e la conclusiva Wolves (tratta dal seminale Those of the Unlight).
Un live che ogni blackster presente non avrà potuto fare a meno di apprezzare.

DAY 3

ABORTED
Le 15.30 di mercoledì sono l'ora della misantropia.
Sul palco che si prepara ad ospitare la giornata probabilmente più pesante dell'intero bill salgono gli Aborted, act belga che difficilmente avrà bisogno di presentazioni in ambito death.
Sotto un cielo plumbeo e piovoso può partire l'aggressione del quintetto guidato da Sven de Caluwé che con il suo growling profondo catalizza su di sé gran parte dell'attenzione.
Il combo batteria/basso composto da Ken Bedene e JB van der Wal viaggia su ritmi davvero invasati ed è proprio sui molteplici blast beat e le linee telluriche di basso che va ad innestarsi il guitar work di Ian Jekelis e Mendel bij de Leij, solido ma incredibilmente evocativo pure nella sua considerevole velocità, tra melodie dissonanti e tremolo picking a profusione.
Cinquanta minuti che scorrono in un baleno, lasciando il pubblico soddisfatto.

PRO PAIN
Dopo l'aggressivo concerto degli Aborted è il turno dei Pro Pain, gruppo che porta sui palchi una miscela immediata e violenta di death/thrash e hardcore.
Lo show del gruppo statunitense inizia senza mezzi termini e le chitarre distortissime insieme alle harsh vocals di Gary Meskil hanno l'effetto di un pugno in faccia e resta quasi impossibile non ondeggiare la testa seguendo le ritmiche serrate, ma dirette del loro sound.
L'indice di aggressività e di scapocciamento continua a salire per tutti i minuti concessi ai Pro Pain, un intermezzo che ci fa proseguire nel resto della giornata.

DYING FETUS
Più scorrono gruppi sul palco di questa terza giornata e più ci rendiamo conto che non sarà poi così facile riuscire ad arrivare in fondo con i timpani ancora al loro posto. La quantità di gruppi estremi e la prospettiva dell'esibizione dei Kreator per la serata infatti è qualcosa che avrà sicuramente fatto la felicità di ogni amante delle declinazioni più pesanti del metal che si rispetti.
La pioggia ha finalmente cominciato a dare tregua quando sale sul palco il trio di Annapolis, pronto a riversare per l'ora successiva il suo brutal death tecnico addosso agli accorsi intorno al mainstage.
La triggeratissima batteria di Williams martella con una freddezza disarmante ritmiche a velocità folli, mentre Sean Beasley e John Gallagher alternandosi al microfono esplorano ogni variabile di deep growling conosciuta. Gallagher è autore tra l'altro di svisate in sweep picking molto lineari ma che indubbiamente rompono in parte un muro ritmico altrimenti quasi invalicabile. Scorrono pezzi From Womb to Waste, Homicidal Retribution, Praise the Lord (Opium of the Masses) e la conclusiva Killing on Adrenaline.
Il tutto per un'ora ad alto tasso di brutalità che difficilmente il pubblico si scorderà.

GRAVEYARD
Dopo esserci accaparrati una postazione rialzata sulla collinetta a fianco del mainstage ci apprestiamo a goderci la performance dei Graveyard, gruppo che dopo la tripletta Aborted, Pro Pain e Dying Fetus ha il merito di consentire alle nostre orecchie una manciata di minuti di tregua e riposo.
Non bisogna farsi ingannare dalla provenienza dei Graveyard, perché nonostante arrivino da Göteborg , le loro sonorità sono tutt'altro che death, anzi il sound proposto dalla band è una miscela tra Lynyrd Skynyrd e Led Zeppelin. Le atmosfere ricreate dal gruppo svedese sono infatti blueseggianti e colorate, quasi da farci ritornare almeno per un momento agli anni '60-'70 o nel delta del Mississippi.
Un tranquillo aperitivo prima dei Napalm Death.

NAPALM DEATH
È giunto quindi il momento dei Napalm Death e fin dalle prime note non solo la band si scatena sul palco, ma anche sotto il palco sembra esserci un pogo continuo.
Le brevi canzoni si susseguono una dopo l'altra senza lasciare troppo respiro, il cantante si concede di tanto in tanto solo qualche momento per manifestare il suo pensiero e le sue posizioni politiche dichiaratamente anti-fasciste e il concerto scorre così velocemente che quasi non ci si accorge del rapidissimo passaggio di You Suffer.
Mark Greenway con il suo aplomb molto britannico sembra essere in forma smagliante, quasi come un invasato scaglia con rabbia i testi di Scum, Suffer The Children, Taste The Poison e dell'immancabile cover dei Dead Kennedys, Nazi Punks Fuck Off. Mentre l'intesa tra i membri del gruppo è palpabile: i muri creati dalla chitarra di John Cooke e dalla batteria contribuiscono ad incrementare l'adrenalina anche di chi non è al centro del pogo. Un gruppo da vedere almeno una volta nella vita dal vivo.

KREATOR

Eins, Zwei, Drei, Vier.....The Kreator is back!

A Mille Petrozza basta contare fino a quattro per avere il pubblico ai suoi piedi.
Come potrebbe essere altrimenti d'altronde?
I Kreator rappresentano la quintessenza del thrash teutonico, uno dei massimi livelli a cui il genere è arrivato in Europa (e non solo). Non necessariamente per abilità tecnica, non per fortuna, ma perché la voglia di gridare il suo disagio di un certo ragazzo di Essen di origine italiana era troppo forte per essere contenuta.
Una carriera incredibile che viene riassunta in una prestazione memorabile.
Pezzi fondamentali come Phobia, Extreme Aggression, Pleasure to Kill, Violent Revolution o la conclusiva Flag of Hate, sciorinati con una voglia di suonare e di interagire con il pubblico che ha pochi eguali. Moshpit continuamente invocati da un Mille soddisfatto di una folla che reagisce ai comandi del "Creatore" come a quelli di un abile burattinaio, mentre Ventor e Giesler creano un muro ritmico sporco e brutale. Sami Yli-Sirniö con compostezza si occupa delle linee soliste con una pulizia invidiabile, mentre il compito di scatenarsi è totalmente riservato a Petrozza, che nonostante l'impegno nella prestazione vocale, suona comunque le sue parti con la tranquillità del musicista navigato che è.
Un'ora e mezza di thrash che riempie l'area del mainstage obbligando tra luci rosse, fiamme vere e piccoli scoppi pirotecnici a non scollare l'occhio dal palco e dai maxischermi.
Imprescindibili.


Tutte le foto e report di Mist, Insomnium, Arkona, Melechesh, Pro Pain, Graveyard e Napalm Death a cura di Giada Boaretto "Arianrhod"
Report di Elferya, Skálmöld, Cattle Decapitation, Marduk, Aborted, Dying Fetus e Kreator a cura di Gianluca Leone "Room 101"



Gian
Sabato 24 Dicembre 2016, 18.28.08
17
@Ciccio: evidentemente mi avevano bannato perché non riuscivo a scrivere. Io ci ho messo 4 mesi a commentare, tu ci metterai 8 mesi per andare al prossimo concerto: Marilyn Manson è il 25 luglio
Ciccio
Giovedì 22 Dicembre 2016, 19.44.54
16
Ti ci sono voluti più di quattro mesi per formulare una risposta di così elevata caratura. Non ne hai azzeccata nemmeno una.
Gian
Giovedì 22 Dicembre 2016, 19.11.39
15
@Ciccio: io al metaldays c'ero ma non suonavo. Ero lì a sentrli i gruppi, alle 14:15...quindi la mia è una critica TOTALMENTE disinteressata. Invece quello triste sei tu. Secondo me sei uno di quelli che non va a sentire nessun gruppo underground perché "troppo lontano" o "non pago 5€ per sentire quelli lì". ahahah ti guarderai due concerti l'anno dei soliti grupponi: Behemoth e Slayer ahahahah.
L'adoratore del cespuglietto muliebre
Sabato 13 Agosto 2016, 12.16.13
14
Interessante punto di vista. Quindi per una piccola band partecipare ad un grande evento è sempre controproducente: ha un impianto audio di merda, che non è mica lo stesso dei grupponi, con annesso fonico di merda che non fa il suo mestiere; suonano praticamente la mattina e quindi vanno a vederla solo gli amici, se ci sono, a cui ha già regalato il cd; le riviste la snobbano; e, dulcis in fundo, dicono che quel palco se l'è comprato col vil denaro di papino. La cosa divertente è che a confermare questa pratica ignobile -IGNOBILE- ci sono gli stessi "artisti" che non combattendola, la avallano... che ormai si sa che il mondo va così e bla bla bla... molto metal, sì sì.
Ciccio
Sabato 13 Agosto 2016, 0.01.14
13
Beh direi proprio che la recensione va benissimo così, nessuno ne sente il bisogno se non, forse, i membri delle band stesse. Ma magari neanche loro.
L'adoratore del cespuglietto muliebre
Venerdì 12 Agosto 2016, 19.19.00
12
Quindi, pippotti su meritocrazia e su manie di protagonismo a parte, è giusto o no nominare le band presenti anche se non recensite?
Third Eye
Venerdì 12 Agosto 2016, 18.47.22
11
Io il discorso che fa Trevor lo reputo abbastanza desolante; fra l’altro, mi pare di poter dire che non deve avere una grossa considerazione del metallaro medio se, come si evince dalle sue parole, reputa pienamente efficace talune strategie di marketing (tipo quelle che ruotano attorno ai festival). Inoltre, provo un certo fastidio nel notare come per molti sia ormai diventata una prassi comune puntare il dito contro il provincialismo italiano anche nei casi in cui il suo palesarsi sia da ritenersi una cosa dubbia. Ad ogni modo, il problema secondo me è molto più semplice e direi datato, e nasce cioè dall’egocentrismo smisurato che accompagna e caratterizza l’artista medio o presunto tale; esistono infatti schiere infinite di gruppi rock o metal che pensano (a torto) di avere qualcosa da dire in ambito musicale e di avere dunque diritto ad occupare un posto di rilievo nel movimento, e per farlo sono pronti a tutto, ignari però del fatto che in realtà dietro a tanta presunzione (quella che immancabilmente li contraddistingue) si nasconda spesso tanta mediocrità. Tanti piccoli ‘followers’ che aspirano a non si sa che cosa o che scalpitano per avere il loro momento di notorietà…!! Un po’ come accade per i casting degli innumerevoli talent-show che insozzano regolarmente l’Italia; orde di aspiranti artisti che vogliono a tutti i costi apparire, esserci, al di là di quelle che sono le loro reali capacità o qualità…
Il Cinico
Martedì 9 Agosto 2016, 14.26.53
10
In quell'intervista dice molto onestamente e chiaramente come girano le cose...io disapprovo totalmente, ma a quanto mi si dice l'alternativa non esiste, o cacci il grano o resti a suonare nella tua cameretta. Ora che ognuno dei propri soldi faccia ciò che vuole, ma piuttosto che questa situazione sarebbe meglio che le case discografiche e le agenzie facessero una selezione spietata e si tenessero solo i gruppi che artisticamente a loro giudizio valgono, anche a costo di considerare una sola demo su 10000 che gli arrivano. Ovvio che questa è utopia, ormai c'è un business ben consolidato e senz'altro ormai è quasi impossibile trovare qualcuno che si prende il rischio di investire su un gruppo senza chiedergli soldi...
Ciccio
Martedì 9 Agosto 2016, 11.53.31
9
Si Cinico, ormai è risaputo del pay to play, ma è la modalità fantasiosa che si utilizza per quel festival che rende veramente eroiche le nostre band e meritevoli di essere citate su metallized Non vogli aprire una polemica su questa pratica, dove ormai è già stato detto tutto. Il mio messaggio si ricollegava a quelli di Gian per dire che quasi mai la band underground che suonano in quei festival, ci suonano per meritocrazia prettamente musicale. Molto spesso è perché hanno acquistato il "carnet", o più carnet di altri, piu squattrinati e quindi meno meritevoli. Quindi ritengo più che corretto il taglio reportistico di Metallized in questo caso. PS: Restando in tema, anche il citato Trevor parrebbe essere un bel furbacchione sotto questi aspetti.
Il Cinico
Martedì 9 Agosto 2016, 8.53.55
8
Ciccio parli del solito pay to play? Suonare è sempre più un lusso, se appena appena vuoi avere visibilità tocca sganciare cash, ora non so se sia questo il caso, ma di certo l'andazzo ormai è consolidato. Se vuoi fare la rockstar ora lo fai col permesso di paparino che sgancia i soldi. Poi permettimi Gian ma con tutto il rispetto per metallized che io reputo uno tra i migliori siti in ambito metal, l'affermazione "anche solo essere citati" mi pare un tantino esagerata, anche se questo tuo ragionamento pare condiviso, tant'è che lo stesso Trevor dei Sadist(in un intervista qua su metallized) diceva che per certi gruppi non è importante suonare davanti ad un pubblico più o meno numericamente consistente, ma avere il loro nome in cartellone accanto ai "big", insomma paghi si per suonare ma anche perchè ti stampano il nome sui volantini del concerto....bah!
Ciccio
Lunedì 8 Agosto 2016, 23.31.38
7
Ma vogliamo parlare delle modalità con cui certi gruppi italiani riescono a partecipare al Metaldays/Metalcamp? Gian senza offesa ma si capisce benissimo che sei un membro di una di quelle band...dai che tristezza.
Gian
Lunedì 8 Agosto 2016, 21.19.36
6
@Room 101: io al metaldays c'ero e li ho visti. Penso che comunque sia già buona cosa per le bands in questione anche solo essere citati dalla redazione di metallized. NOn segue il report? ok pazienza, è chiaro che i gruppi maggiori son quelli che "trainano" la scena, certe cose si sanno ma almeno mettere a conoscenza chi vi legge che vi sono gruppi italiani che si espongono in un festival così sarebbe molto bello Non dico di recensire TUTTI i gruppi, ma perlomeno spendere un paio di parole per gruppi italiani da parte di una redazione italiana. tutto qua
Room 101
Domenica 7 Agosto 2016, 17.01.12
5
@Gian: Come penso potrai immaginare/saprai un festival del genere è un posto abbastanza movimentato e quando ci si occupa di fare i report si devono anche -per motivi di cronaca- fare delle scelte, poi abbiamo cercato di coprire anche realtà del second stage, però non si può oggettivamente vedere tutti i gruppi, sia perché suonano in contemporanea e sia perché comunque anche noi oltre a reportizzare abbiamo necessità di mangiare, dormire e prendere fiato quando capita. Quindi non abbiamo avuto possibilità di coprire altri gruppi italiani e ce ne dispiace non credere, ma si fa quello che si può, avremmo potuto anche citarli così (Howling in the Fog, Fogalord, Blaze of Sorrow giusto per far capire che non è che qui si ignori la scena italiana, anzi, sottoscrivo le mie parole riguardo ai Fleshgod Apocalypse e continuo fortemente a sostenere le band italiane meritevoli quando mi capita di trovarle, sia dal vivo che recensendo) però appunto, una citazione non seguita da un report sarebbe stata fine a sé stessa e sicuramente di poco aiuto per le band in oggetto.
Gian
Domenica 7 Agosto 2016, 14.52.27
4
Cito testualmente dal live report del giorno 1: "Noi italiani siamo un popolo strano. Pur trovandoci talvolta in casa gruppi di grande spessore tendiamo a non supportarli quanto meriterebbero, cadendo preda di non si sa bene quali strani ragionamenti o provincialismi. Così capita che gruppi promettenti purtroppo si sciolgano sconfitti dalla situazione." Redazione di metallized: perché non omaggiare anche altri gruppi italiani presenti al metaldays? una citazione perlomeno sarebbe potuta bastare
Er Trucido
Domenica 7 Agosto 2016, 13.49.22
3
Sì Denak, in effetti Harris da quasi due anni è in pausa a causa di problemi salute di un familiare ed al Metaldays dovrebbe aver suonato John Cooke dei Venomous Concept. Grazie per la segnalazione, provvederemo a sistemare.
Denak
Domenica 7 Agosto 2016, 13.02.24
2
Mitch Harris non suona con i Napalm Death dal vivo da almeno due anni, dubito ci fosse lui al Metal Days.
unjustice for none
Domenica 7 Agosto 2016, 12.35.32
1
va beh dai ma che bill di merda, avete sbattuto al campeggio perché la musica lasciava a desiderare... [Edit]
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METALDAYS 2016 - DAY 2 & DAY 3
Tolmin, Slovenia, 26-27/07/2016
 
 
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