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CRYPTIC WRITINGS - # 57 - Book of the Fallen - Caladan Brood
03/10/2016 (2661 letture)
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Non è un lavoro recentissimo, quello di Steven Erikson. La sua saga Malazan Book of the Fallen (in italiano Il Libro Malazan dei Caduti) è cominciata dapprima come un gioco di ruolo negli anni ottanta, inventato dallo stesso Erikson in compagnia dell’amico Ian Cameron Esslemont, quindi è stato trasformato in un vero e proprio mondo letterario. Erikson, autore canadese che è sia archeologo che antropologo, ha dato vita ad un’ambientazione affascinante, complessa e piena di sfaccettature, snocciolando dal 1999 al 2011 una serie di dieci volumi per un totale complessivo di più di undicimila pagine. Un’opera letteraria che è in grado di far impallidire buona parte degli scrittori moderni, soprattutto una volta che ci si rende conto del World Building che è stato messo in atto dallo stesso Erikson. Ovviamente, pur rimanendo una serie piuttosto di nicchia anche tra gli estimatori Fantasy, il suo valore è stato riconosciuto in tutto il mondo ed è valso alla Malazan Book of the Fallen la valutazione come "seconda saga fantasy migliore della storia", ovviamente dopo l’intoccabile Lord of the Rings di J.R.R. Tolkien. Questo riconoscimento potrebbe essere già sufficiente per dimostrare le qualità e la meraviglia che Steven Erikson è riuscito a creare con la sua saga, rendendo i vari Martin, Jordan, Goodkind, Brooks -con tutto il rispetto ad autori di questo calibro- poco più di semplici "mestieranti". Motivo per cui, il lettore che finirà per caso sull’opera di Erikson dopo aver terminato la ben più famosa saga di Martin, potrà trovarsi spiazzato da tanta complessità. Tornando al paragone con Tolkien, il quale vanta il suo primo posto tra gli autori fantasy allo stesso modo -condivisibile o no- di un Jimi Hendrix tra i chitarristi, è naturale che ad un autore come Erikson non si affiancasse una controparte in stile Summoning. Ecco dunque nascere i Caladan Brood, duo che, seguendo gli insegnamenti degli austriaci, sbarcano sul mercato discografico con prepotenza, con il loro Echoes of Battle, riprendendo storie ed influenze dalla Malazan Book of the Fallen allo stesso modo in cui i Summoning erano stati influenzati dai racconti di Arda di Tolkien.
Caladan Brood è il nome di uno dei tanti ascendenti presenti nella saga letteraria di Erikson e, allo stesso modo, i soprannomi scelti dai due artisti Mortal Sword (Spada-Mortale) e Shield Anvil (Incudine-Scudo), richiamano distintamente ruoli che ritroviamo nei libri. Echoes of Battle è stato registrato presso il Genabackis Studio (anche qui, riferimento ad uno dei continenti di Erikson) ed ha visto la luce sotto l’egida della Northern Silence Production. Dal 2013 ad oggi è stato uno dei dischi più richiesti dell’etichetta tedesca ed è stato ristampato più volte, tra edizioni digipack e doppio LP, confermandosi una delle migliori uscite in campo atmospheric black dell’ultimo lustro. Tra i sei brani che compongono il debut dei Caladan Brood, abbiamo scelto Book of the Fallen, l’ultima traccia di quindici minuti che potrebbe essere intesa come una vera e propria title-track della saga di Steven Erikson. Ve la descriviamo e proviamo a darvi un’interpretazione, cercando di evitare qualsiasi spoiler sulla saga, motivo per cui in certe spiegazioni potremmo tralasciare alcuni dettagli, limitandoci a dare un’idea generale del suo significato.
Still we ride, fight, and die Wayward path far beyond the pale We are lost, marching on Heavy hearts longing for those lands we once called home
Siamo ancora qui a cavalcare, lottare, e morire Sentieri ribelli ben lontani dal confine Siamo persi, ma continuiamo a marciare Cuori pesanti desiderosi di quelle terre che un tempo chiamavamo casa
Il primo valore aggiunto dei Caladan Brood in confronto ai suoi massimi ispiratori, sono i cori. Mortal Sword, Shield Anvil ed il produttore del disco Ryan Hunter con l’aiuto di Patrick O’ Malley hanno lavorato ad un connubio vocale da pelle d’oca che si trova, oltre che sparso nel disco, nell’introduzione e nella chiusura di Book of the Fallen. Le prime parole, cantate come da un gruppo di soldati, parlano di un esercito sfiancato, in marcia in una terra ostile (Seven Cities) per combattere una guerra sempre più logorante, seguendo una causa fedele all’Impero, che si trova a migliaia di leghe di distanza, separate da un mare. Le terre originarie dei soldati (Falar, Quon Tali, Pianure Wickan e molte altre) sono viste come un’utopia che si trasforma in un ricordo malinconico nel cuore di ogni soldato, che si appresta ad una logorante marcia sotto il sole battente del continente di Seven Cities, nel tentativo di espugnare l’ultima roccaforte della ribellione.
Emerald hills, sparkling seas Fade to distant memory Horizons blaze in foreign land Ochre seas of scorching sand
Colline di smeraldo, mari luccicanti Scemano nella memoria remota Gli orizzonti divampano in terre straniere Mari ocra di sabbia rovente
Seven Cities è un continente molto più antico di quanto le Sette Città Sante lascino presagire. Dove ora vi sono enormi distese ocra, devastate da tempeste di sabbia, un tempo vi erano mari sconfinati, intere colline cariche di vegetazione e antiche strade. Nel contesto storico in cui il Malazan Book of the Fallen ci proietta, a dominare ogni orizzonte è la terra brulla e desolata, simile ad un enorme deserto che si estende dalle Isole Otataral al lontanissimo e selvaggio Jhag Odhan. Ed è questo il continente che attende le legioni della quattordicesima armata Malazan, per una traversata lunga e sofferta. Vecchi veterani e giovani reclute pronte al massacro.
The fires of Y’Ghatan burn in the night The shadows of a fallen god Chains against light
I fuochi di Y’Ghatan bruciano nella notte Le ombre di un Dio caduto Catene contro la luce
E qui si giunge al fulcro centrale del pezzo Book of the Fallen dove viene raccontato il punto focale della marcia della quattordicesima armata Malazan. L’assalto della maledetta città di Y’Ghatan, teatro della morte -decenni prima- della Prima Spada dell’Impero, Dassem Ultor. I fuochi della città, dopo la battaglia, bruciano nella notte e rischiarano quello stesso orizzonte brullo, che i soldati dell’Impero sono stati costretti ad affrontare giorno dopo giorno, fuggendo e rincorrendo al tempo stesso. Si menziona anche l’antagonista principale dell’intera saga: il Dio Storpio le cui catene lottano e si dibattono per eliminare tutto ciò che viene raffigurato come "vita" e "luce" nel mondo in cui i protagonisti vivono.
For weeks on end we journey on Weary and worn, the glory is gone All that’s left are tired souls Aching limbs and dreams of home
Per settimane alla fine, abbiamo continuato il nostro viaggio Fiacchi e logori, la gloria se n’è andata Tutto ciò che è rimasto sono anime stanche Arti dolenti e sogni sulla propria casa
Torna il senso della stanchezza, di quella che è una sconfitta in ogni caso. Membra sofferenti che non hanno la possibilità nemmeno di crogiolarsi nella falsa gloria che la guerra omaggia ai vincitori. La necessità psicologica di tornare nelle proprie terre si va a scontrare con il timore di perdere la propria sanità mentale, una volta abbandonati i ranghi di battaglia. Un soldato dell’impero Malazan sa fare una sola cosa: combattere. Giovani reclute già sfiancate da poche battaglie, strappati dalle proprie terre in nome della gloria ed abbandonati tra le braccia di rudi veterani. Nella guerra di Seven Cities non ci sono vinti e vincitori. Ci sono solo i Caduti. E questo testo parla di loro.
The fires of Y’Ghatan burn in the night The shadows of a fallen god Chains against light
I fuochi di Y’Ghatan bruciano nella notte Le ombre di un Dio caduto Catene contro la luce
Marching on as one as the ghosts of brothers sing Deep in the night where their faces haunt our dreams Halfway through the veil we are summoned to Hood’s gate Lands rimed in frost, they will damn us to our fate
Marciando come una persona sola, mentre gli spettri dei compagni d’arme cantano Nel profondo della notte, quando i loro volti affollano i nostri sogni A metà strada, attraverso il velo, siamo convocati alle porte di Hood Terre coperte di brina, loro ci condanneranno al nostro fato
Senza entrare troppo nel merito di argomenti "spoiler" per chi si volesse addentrare nella lettura, questa strofa richiama il "dopo-morte" del mondo creato da Steven Erikson. Il quattordicesimo esercito marcia, come se fosse un unico essere umano, attorniato dagli spettri dei compagni che sono Caduti in altre battaglie, in luoghi molto lontani. Uomini che hanno combattuto insieme per anni, strappati l’uno all’altro al momento della morte, si attendono reciprocamente al di fuori delle porte di Hood, il Dio della Morte. Che si tratti di ascendenza o di semplice ritorno alla vita per un motivo scelto dagli Dei, gli spettri dei compagni d’arme cantano e fanno visita nel profondo della notte, emergendo nei sogni dei soldati sfiancati, ancora in vita.
Push on through the din of the slaughter Flight through this perilous land To where our blades spring forth Soldiers of Empire Malazan We fight for the seat of the highborn Our fates were never our own Weathered skin is battered and broken Bloodstained dawn in a land unknown
Avanzare decisi tra il frastuono del massacro Volare attraverso questa terra pericolosa Dove le nostre lame scattano avanti Soldati dell’Impero Malazan Lottiamo per il trono dell’alto lignaggio I nostri destini non sono mai stati nostri La pelle consunta è logora e spezzata Un’alba macchiata di sangue in una terra sconosciuta
Si prosegue con un’ulteriore descrizione riguardo alle battaglie campali avvenute sul suolo di Sette Città, in avvicinamento alla città di Y’ghatan e si ribadisce il concetto di quanto i soldati dell’impero Malazan siano pilotati e manovrati da poteri ben più forti di loro, il più apparente quello che appartiene al "trono dell’alto lignaggio" dell’imperatrice Laseen. Ma non tutto è come sempre, nella strabiliante storia costruita da Erikson.
Stars reign in the sky of the desert Lost in the blistering sands A host now long forgotten Soldiers of Empire Malazan Far away from the hearths of our fathers We’re never returning home Weathered swords are a warrior’s burden Battles fought but our deeds will go untold
Stelle regnano nel cielo del deserto Perse nelle sabbie roventi Un ospite da tempo dimenticato Soldati dell’Impero Malazan Molto lontani dai cuori dei nostri padri Non torneremo mai a casa Spade consunte sono il fardello di un guerriero Le battaglie sono state combattute, ma le nostre gesta non verranno mai raccontate
Nel deserto le stelle regnano sovrane: che si tratti di altri mondi paralleli, o di una semplice rappresentazione del nostro universo, è difficile da comprendere nella lettura di Erikson. In ogni caso, questa rappresentazione diventa fulcro di speranza per ogni soldato che guarda verso il cielo, cercando di distaccarsi dalle proprie esistenze terrene. Giunge anche la consapevolezza dell’impossibilità del ritorno a casa, a cui va ad associarsi la disperazione per gesta e battaglie che non verranno mai raccontate ai posteri. O, almeno, non nei modi in cui la storia si è svolta realmente.
Still we ride, fight, and die Wayward path far beyond the pale We are lost, marching on Heavy hearts longing for those lands we once called home
Siamo ancora qui a cavalcare, lottare, e morire Sentieri ribelli ben lontani dal confine Siamo persi, ma continuiamo a marciare Cuori pesanti desiderosi di quelle terre che un tempo chiamavamo casa
Dawn has brought its cleansing light So we behold a mournful sight The fading sounds of clashing steel Bodies strewn across the field
L’alba ci ha portato la sua luce purificatrice Così che noi possiamo scorgere una visione lugubre I suoni lontani di urti d’acciaio Corpi disseminati nei campi
L’alba bagna le macerie fumanti di Y’Ghatan con il suo chiarore, lasciando ai sopravvissuti una visione lugubre, tra distruzione, fiamme ancora alte nel cielo e cadaveri sparsi. Anche qui, nella ricerca di una purificazione per tutto ciò che è stato compiuto nelle battaglie, da parte dei soldati stanchi e provati, si fruga addirittura nella luce del sole che saluta una nuova giornata.
The fires of Y’Ghatan burn in the night The shadows of a fallen god Chains against light
I fuochi di Y’Ghatan bruciano nella notte Le ombre di un Dio caduto Catene contro la luce
Buried seeds, scattered bones Blazing hearts by steel sent home Mortal screams, names unknown Shattered dreams by steel sent home
Semi sepolti, ossa sparpagliate Cuori sfolgoranti mandati a casa dall’acciaio Urla mortali, nomi sconosciuti Sogni infranti mandati a casa dall’acciaio
Le vite sono state sepolte, le ossa sono sparpagliate tutto intorno e cuori palpitanti che si sono lanciati in battaglia, sono stati zittiti per sempre dal grido dell’acciaio. Le urla di combattenti di cui nemmeno si conosce il vero nome di battesimo, sfumano quando i loro stessi sogni vengono fatti a pezzi da una lama affilata. Sempre più, la tematica della guerra e della sua inutilità a fronte delle conseguenze, viene messa in risalto come nello stesso scritto di Erikson.
Strap on your shields and raise your banners Hear the call of raging battle Beneath a hail of burning arrows Push ever forward, never surrender Siege weapons tolling out like thunder Ripping the city walls asunder Columns of flame reach ever skyward Horizons filled with burning pyres
Allaccia gli scudi e solleva i tuoi stendardi Senti il richiamo della battaglia furente Sotto una grandinata di frecce infuocate Spingi sempre avanti, non arrenderti mai Armi da assedio risuonano come un tuono Squarciando i muri delle città, a pezzi Colonne di fuoco si estendono verso il cielo E gli orizzonti sono colmi di pire infuocate.
E siamo alla chiusura. L’impeto e gli ordini del quattordicesimo esercito Malazan nella preparazione all’assalto ad Y’Ghatan. Gli stendardi vengono sollevati verso il cielo, mentre le urla dei soldati cominciano ad infestare la piana esterna alla città maledetta di Seven Cities. Non si torna indietro, si spinge e si va avanti, verso la propria morte. Le munizioni Moranth e le altre armi da assedio risuonano con un boato nella notte, mentre le alte mura di Y’Ghatan vengono infrante. Poi, colonne di fuoco salgono al cielo ed il numero di morti è tale da colmare ogni orizzonte di pire infuocate. E questo ultimo significato, ve lo lasciamo da scoprire quando arriverete a leggere I Cacciatori di Ossa. La chiusura del brano, così come l’apertura, è affidata a cori da pelle d’oca, costruiti a tavolino e capaci di avvolgere l’ascoltatore con un incredibile senso d’epicità. Il miglior tributo musicale attuabile alla miglior saga fantasy mai concepita da una mente umana.
CONCLUSIONI Il lavoro messo in piedi dai Caladan Brood rasenta la perfezione, diventando un perfetto esempio musicale dell’universo creato dal genio di Steven Erikson. L’intero album trascende momenti indimenticabili della lettura del Malazan Book of the Fallen, a partire dalla City of Azure Fire (Darujhistan, la bella) sino ad arrivare alla condanna sociale e belligerante dei T’lan Imass. Se siete appassionati di atmospheric black, Echoes of Battle è una delle uscite più clamorose ed eccezionali degli ultimi anni, capace di superare la band capostipite (Summoning) a cui tanto si rifanno, nello stesso modo in cui Erikson è riuscito ad accantonare Tolkien, visivamente e qualitativamente. Le emozioni, sia nell’ascolto che nella lettura, sono moltissime: entrambi gli artisti hanno saputo centrare i momenti salienti di una saga che gioca con i nostri sentimenti, in continuazione, senza lasciarci un momento di tregua in più di undicimila pagine complessive. Chiudiamo la nostra disamina consigliandovi vivamente di provare a leggere questa saga fantasy che è stata in grado di rivoluzionare e di raggiungere il culmine qualitativo di un intero genere. È una lettura non per tutti, difficile e complessa, soprattutto per quanto riguarda il primo libro. Ma è in grado di ripagare cento volte tanto la fatica iniziale, una volta che si arriva a veri e propri capolavori del fantasy come Memorie di Ghiaccio e I Cacciatori di Ossa. Non abbandonate la lettura ad un primo tentativo, perché sprechereste una possibilità. La possibilità di vedere un vero e proprio gioiello crescere nella vostra testa, durante la lettura. Quello stesso gioiello che i Caladan Brood sono riusciti a rappresentare musicalmente con tanta maestria. La lettura non è per tutti, come lo stesso black metal non lo è. Ma, in fondo, noi ascoltatori di tale musica, non siamo soliti arrenderci facilmente, vero?
Push ever forward, never surrender.
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Monky devo ringraziarti perché è grazie a questo tuo articolo che ho ripreso la lettura del primo libro della saga dopo averlo abbandonato perché troppo ostico. Una volta terminato devo dire che ne è valsa davvero la pena, ho scoperto un'ambientazione fantasy superlativa e una narrazione avvincente che non scade mai nella banalità o nel fatto di non saper dove andare a parare con certi intrecci (vedi Martin).
Se poi dal punto di vista musicale aggiungiamo che i Caladan Brood sono uno di quei rarissimi casi dove l'allievo supera il maestro ovvero i Summoning (i SUMMONING....) devo dire che il connubio narrativa e colonna sonora rasenta la perfezione.
Unica nota stonata è che della band non si hanno più notizie.. |
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Bell'articolo! A leggerlo mi è venuta ancora più curiosità per questa saga. Comunque uno dei migliori album degli ultimi anni secondo me. |
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Non solo da Tolkien in avanti e non solo tua opinione, ma diciamo non tutti in determinate caratteristiche o nella scrittura in particolare, forse nell'insieme della saga e dell'opera si, sono perfettamente d'accordo Bell'articolo, li conoscevo già per il legame con Erikson ma devo essere sincero non li ho mai ascoltati bene e completamente visto il genere, che solitamente non seguo, ora mi hai messo curiosità e vado ad ascoltarmeli meglio, ma chissà perché hanno scelto il nome di Caladan Brood a fronte dei tantissimi della saga. |
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Figurati Rispetto a quelli che hai appena letto e citato, Erikson ha il solo difetto che devi perseverare all'inizio. Se smetti al primo libro, è come smettere dopo dieci pagine di Martin, ovvero non hai conosciuto nemmeno un miliardesimo del suo mondo il primo libro è come se fosse un enorme prologo. Il peso che io do ad Erikson è quello di mio artista Fantasy preferito, quindi tutti gli scrittori da Tolkien in avanti se li mangia a colazione (ma questo è un mio parere personale). La Fantasy Book Review invece lo ha messo al secondo posto, subito dopo il Signore degli Anelli, quindi non è poi tanto distante dal mio parere. Buona lettura e grazie per i complimenti |
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Era solo per chiarirsi, nesuna polemica, e infatti mi pareva strano, avevo interpretato molto più in la io @Monky sul termine "moderno", so benissimo che non ci azzecca, pensavo che con il peso, l'enfasi e lo stlile letterario che dai ad Erikson volessi dare un importanza enorme tanto che travalicasse i confine dell termine fantasy e approdasse nelle fantascienza o nel futuribile, con il peso voluminoso che sembri dare ad Erikson, poi non so io gli ultimi che ho letto sono,Feist, Tad Williams, C. C friedman (il ciclo del sole nero),Brooks,Scott Bakker,Goodkind,Martin, ma se dici che specialmente gli ultimi che hai citato Erikson se li mangia a colazione ci credo, comincerò a leggerlo quando mi scapperà da dedicarli il tempo necessario.Grazie dell'articolo, molto bello e intrigante |
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Il riferimento è sempre nel genere Fantasy comunemente inteso in questi ultimi decenni. Partendo da Tolkien in avanti, quindi non includendo gli autori "moderni" russi che qui ci azzeccano ben poco nel paragone, escludendo Asimov che è piuttosto irraggiungibile nel suo genere. Intanto Pullman, Brooks, Goodkind, personalmente non li reputo nemmeno della stessa categoria, in quanto Erikson è decisamente "oltre" sia nel world-building, sia nella costruzione della storia. Martin e Jordan sono due tra gli autori più amati nella mia accezione di "moderno" ed è a loro che viene riferito il termine "mestieranti", soprattutto per il modo in cui Erikson riesce a costruire trame ed intrecciarle, senza perdere il filo (come fa Martin a volte) né allungare il brodo senza alcun senso (come ha fatto Jordan). Sanderson è un autore ancora più giovane e personalmente lo apprezzo molto, ma anche lui non ha quel tocco da "antropologo" di Erikson e non mantiene lo stesso piglio nella scrittura. Infine, paragonare Erikson con tutti gli altri citati, non ha alcun senso. Sarebbe come paragonare i Bathory con Tchaikovsky. |
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Sto finendo di leggere questo interessante articolo di Monky, conosco la band e conosco Erikson, ho due libri di lui, regalati 8 mesi fa, ma devo ancora leggerli, una volta ero un appassionato lettore di scrittori fantasy, ora ho pochissimo tempo per leggere e approfondire ciò che leggo, ma ci proverò, ne ho un po di tutti gli autori, e fu proprio il metal a farmeli conoscere almeno i più importanti, poi approfondii, Tolkien, Howard, Lovecraft, Melville, Poe, Smith, Burrougs, kirby, Moorcok,Mc Caffrey,Eddings,, Vance, ,Bradley,L'Engle, ende, Pullman, Gaiman,, Clarke,Hickman, Clare, Sanderson, Pratchett, Martin, Jordan, Goodking, Friedman,Williams, Brooks,Feist, la maggior parte presi tutto incluso con l'aquisto di una enciclopedia, altri regalati, li cito perchè vorrei domandare a voi lettori e soprattutto a Monky se per lui questi autori classici o meno Erikson li supera davvero come semplici "mestieranti", altra curiosità da chiedere a @Monky, che cosa intenda con il "da far impallidere gli autori moderni", ecco, in particolare cosa intende nell'accezione di "moderno", li hai/avete letti per causo gli scrittori "moderni" russi? Bogdanov, , Ciolkovskij, Zamjatin (una sorta di pre Orwell, che scrisse "Noi", che influenzò non poco Huxley e il regista Lucas per il film THX 1138, Asimov (non ha bisogno di presentazioni), Tolstoj, non quello che pensate, ma l'autore di Aelita di cui fu tratto anche il film, e che ispirò anche Flash Gordon.E poi ancora Zhuravieva suo marito Altov(iniziamente vero nome era Altshuller), Dneprov che pionieristicamente affrontò il tema degli universi paralleli nel 1960, o i famosissimi fratelli Arkadiij e Boris autori del capolavoro internazionale "Stalker" da cui Tarkovsky trasse l'omonimo film,, Luk'janienko, autore della famose serie "I Guardiani", un cult fantasy horror che il regista Bekmambetov traspose cinematograicamente con successo, tanto da ricevere l'appellativo di signore degli anelli sovietico.Oppure un Gluchovskij autore dei due bellissimi best seller da fururo prossimo devastato da guerra nucleare, rispettivamente, 2033, e 2034.E che dire di autori occidentali come Clarke, Ballard, Dick, LÒeiber,Shepard,Disch, Delaney, Zelazny, Sheckley...., dubito che Erikson li superi questi giganti "moderni". |
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@Rob: Iniziali tranquillo. Tra un mese verrà pubblicato l'ultimo della serie. Se stai ad aspettare Martin, è finita e comunque qui siamo su ben altri livelli leggi pure anche l'articolo, è spoiler free |
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I libri di Erikson sin qui pubblicati li ho tutti lì in attesa di essere letti. Sono reduce dal termine della Ruota del Tempo e quindi devo trovare "l'ispirazione". L'articolo non l'ho letto tutto per timore di spoiler. Se non ve ne sono procedo ad ultimarlo. Di sicuro andrò ad ascoltare il gruppo. Solo una cosa: se devo attendere il termine della Cronache del Ghiaccio e del Fuoco di Martin per iniziare Erikson mi sa che, visti i tempi, aspetterò il 2023... |
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Bell'articolo complimenti. Sono un accanito lettore della saga di Erikson (ora dovrei iniziare l'ottavo libro) e i Caladan Brood sono stati una delle più gradite sorprese degli ultimi anni. La loro musica, seppur debitrice dei Summoning in diverse occasioni, riesce a racchiudere perfettamente piccole fotografie dell'enorme mondo immaginario creato da Erikson ed il brano qui trattato ne è uno degli esempi meglio riusciti. Evito di andare avanti per evitare spoiler |
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