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21/04/23
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THE DEATH ARCHIVES: MAYHEM 1984-94 - La recensione
04/02/2017 (3888 letture)
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The past is alive Woeful people with pale faces Staring obsessed at the moon Some memories will never go away And they will forever be here
Impossibile, oggi come oggi, trattare degli attuali Mayhem in maniera completamente scevra dalle polemiche e dalle critiche. Se, difatti, una parte del pubblico continua a seguirne le gesta, a tratti più per evidente spirito nostalgico che per effettiva qualità di quanto di nuovo proposto negli anni più recenti, sarebbe sbagliato ed ingenuo non considerare anche quell’ampia fetta di ascoltatori, blackster puristi ma non solo, che vede nella variante corrente della fu gloriosa band norvegese una versione agonizzante e commerciale di quella che seppe scrivere un importante, seppur controverso capitolo della storia di un intero genere, il cui unico attuale obbiettivo sia quello di ‘far cassa’ con continue release a raffica, soprattutto live o rispolverate dal passato.
Agli occhi di questi ultimi, è quindi facile immaginare come un libro quale The Death Archives: Mayhem 1984-94, realizzato da niente di meno che Jørn “Necrobutcher” Stubberud, storico bassista della formazione di Oslo, possa sembrare l’ennesima trovata pubblicitaria per portare a casa Mayhem qualche soldo in più, con un’opera fotografica corredata da qualche semplice raccontino, capace però di attrarre lettori per gli scottanti anni che essa vada a descrivere, trattando un decennio che ha incluso eventi che perfino i meno avvezzi alle vicissitudini personali e biografiche dei gruppi ispirati alla fiamma nera conoscono e almeno una volta nella vita si sono ritrovati a discutere. Eppure, anche ad una prima lettura, The Death Archives: Mayhem 1984-94 si rivela decisamente più di un nuovo, mero espediente per vendere ulteriore merchandise legato ad un nome così noto. Il volume viene brevemente presentato dallo stesso Necrobutcher come un progetto lungamente ponderato nel tempo, ma che solamente oggi vede la luce, diventando una raccolta di foto celebri e meno note, private ed in molti casi inedite (alle volte, oramai dimenticate persino da Jørn stesso), corredate da ricordi e memorie precise legate a quegli anni, in grado così di offrire una panoramica sul lato umano e quotidiano della vita di questi ragazzacci scandinavi e diventando così una sorta di “faro nella notte” delle tante illazioni, leggende e bugie spesso circolate in merito a quanto accadde in casa Mayhem soprattutto nei primi Novanta. E, da quest’ultimo punto di vista, gli appassionati del macabro e dello scabroso non troveranno in questo tomo molto pane per i propri denti: quando si tratta di Øystein e Pelle, come Necrobutcher continuerà a chiamare Euronymous e Dead lungo l’intera narrazione, l’unico caso in cui i fanatici del torbido potranno vedere sangue scorrere a litri, sarà quello finto in alcuni, piuttosto celebri scatti del trio in una sessione fotografica del 1989.
THE DEATH ARCHIVES Superata la copertina dove troneggia l’immagine del suo celebre tatuaggio sulla schiena, nonché una breve introduzione oggettiva del giornalista norvegese Svein Strømmen, che in una manciata di pagine riassume la storia dei Mayhem come band nel decennio in questione (snocciolando tuttavia fatti già ben noti ai più), inizia il ritorno al passato di Necrobutcher, che dà avvio al suo percorso dal 1984, con un’immagine del suo abbonamento dell’autobus dell’epoca. Dalla foto, emerge un viso di un ragazzo normale che, seppur solo sedicenne, aveva già le idee chiare: non sarebbe diventato un carpentiere, non avrebbe lavorato nelle costruzioni, lui no. Lui avrebbe finito la scuola dell’obbligo e avrebbe dato vita ad un progetto musicale e quella band sarebbe stata di grande successo. Un sogno di un adolescente, certo, ma che con il senno di poi sa risultare quasi profetico. L’intervallo degli anni a cavallo dei metà e fine Ottanta scorre poi tra pagine e foto che seguono formazione nordica fin dai suoi primi embrionali mesi di vita, ponendo particolare attenzione a come i suoi membri si siano incontrati e a come si sia sviluppato il loro interesse per il black (inclusi i primi accenni ai tipi di outfit diventati poi iconici del genere, così come le ‘zines tematiche), agli amatoriali e a tratti fallimentari loro concerti d’esordio, nonché a come la stampa reagì inizialmente a quanto da loro proposto, in particolare alla versione demo di Pure Fucking Armageddon, non comprendendo appieno, se non per nulla, quanto avevano tra le mani. Tuttavia, già in questi primi paragrafi traspare l’aspetto più umano di questi giovanissimi ragazzi, con storie di semplicità e avventura, di sperimentazioni e sfide alla legge di una Norvegia ancora chiusa, religiosa e davvero intransigente (dove per altro le chance per una band del genere erano pressoché inesistenti), che, lungi dal voler dipingere i personaggi presenti come adolescenti assolutamente innocenti e smaliziati, ci ricorda come comunque, dietro quei nomi altisonanti, si nascondessero comunque giovani come tanti altri. Ecco quindi un Euronymous che non esagera mai e beve solo Coca-Cola, le feste tra amici, una sessione fotografica post-concerto dei Venom a Londra quasi finita in rissa con certi tizi poco raccomandabili che invece si rivelano alla fine essere un nome noto della scena hardcore/punk inglese, un’auto praticamente allo sfascio a cui tuttavia non viene fatta mancare una personalizzazione a tema Mayhem o un estenuante Interrail in giro per l’Europa per promuovere a mano Pure Fucking Armageddon e Deathcrush, lasciandone copie a produttori e distributori vari ai quattro angoli del continente, evitando di finire di volta in volta nei guai con gli skinheads locali. Tutti ricordi maggiormente legati alle singole persone che alla band o alla loro musica, ma che senz’altro diventano strumento utile per capirne meglio le vicissitudini ed evoluzioni interne. Ciò non tragga comunque in inganno: con il procedere di The Death Archives: Mayhem 1984-94 ai ricordi personali si intrecciano sempre più quelli relativi al lato più professionale di questi ragazzi e alla nascita di dischi e demo senza, soprattutto nel secondo caso, tralasciare precise descrizioni di quanto sia stato difficile per questi musicisti, come tanti altri, dare avvio alla propria carriera, dovendo trovare seppur giovanissimi un precario equilibrio tra vita “normale” e musica, tra desideri e budget costantemente al limite, tra cambi di line-up e compromessi, tra espedienti e voglia di indipendenza. Ad esse, si aggiungono qua e là passaggi in parte più intimi ed emozionali, dove è più facile comprendere quali fossero le sensazioni e sentimenti che animavano questi strani imberbi tizi in una Norvegia ad un passo dagli anni Novanta: stupore, nostalgia, orgoglio, rabbia, solitudine, disgusto (e a volte l’orrore, come quando la cover della prima stampa dell’EP Deathcrush venne prodotta in color rosa shocking, invece che in rosso sangue), ovvero tutto quanto le release in sé non dicono, ma di cui sono figlie. In tale ambito, non mancano nemmeno interessanti panoramiche sulle personalità, i modi di fare, le volontà dei singoli membri dei Mayhem, riportati al lettore seguendo episodi reali e chiare memorie, in modo da presentarli nella maniera più semplice e de-mitizzata possibile. In particolare, da non perdere sono i racconti relativi al tour del 1990, quello di Live in Leipzig, ricchi di retroscena non sempre positivi, nonché l’introduzione, fin dal suo arrivo, della discussa, fragile, peculiare figura di Dead.
MAYHEM TRICOLORI All’interno di un’opera così ricca di caleidoscopiche memorie, non manca nemmeno qualche chicca che lega in maniera diretta la formazione norvegese all’Italia. Chi si aspettava, quindi, di scoprire che i Mayhem hanno fatto rifornimento di mazze ferrate con sfere chiodate made in San Marino a Rimini? O che un simile acquisto era stato pianificato grazie ad una pregressa conoscenza della costiera romagnola, meta di vacanze dei truci nordici? O che grande sconcerto ha portato negli elaborati palati degli scandinavi l’ordinare per errore a Milano una pizza ai frutti di mare a causa di un’incomprensione linguistica, tanto da farla definire da Necrobutcher “Qualcosa che non dovrebbe essere ammesso nel mondo culinario”?
CONCLUSIONI The Death Archives: Mayhem 1984-94, dunque, si configura innanzitutto come un testo che non può mancare nelle collezioni di chi i Mayhem, un tempo o anche tutt’ora, li considera come una delle proprie formazioni preferite, in quanto ricco di scatti, racconti, aneddoti e storie inedite, capaci di far capire meglio le origini di questa band per molti ancora di culto, nonché dell’evolversi della scena black norvegese a cavallo tra gli Ottanta e Novanta. Per tutti gli altri, blackster militanti o meno, questo volume è utile per gettare luce sugli aspetti più semplici e meno noti della vita dei primi Mayhem, facendoci così scoprire il lato nascosto e meno da tabloid delle esistenze di questi ragazzi, la cui gioventù viene spesso dimenticata a favore di una più facile etichettatura ad effetto, a causa di quelle complesse vicende che chiusero il decennio analizzato in questo libro, facendoli poi così passare alla storia. Il tutto, checché ne dicano i (probabili) detrattori, con una certa maturità da parte di Necrobutcher, più attento in questa occasione a riportare alla luce episodi interessanti, curiosi e persino divertenti fino a questo momento caduti nel dimenticatoio, mettendo assieme importanti tasselli che agevolino il lettore nella ricostruzione del puzzle Mayhem di quegli anni (e, in molti casi, del black norvegese dell’epoca), invece di riaccendere polemiche e sterili discussioni su eventi di cui si è detto, possibilmente, davvero sin troppo, o ancor peggio tentare, per qualche misterioso motivo, di spiegare quanto di tragico è accaduto, forzando un giudizio piuttosto che un altro in merito.
::: ::: ::: RIFERIMENTI ::: ::: ::: Titolo: The Death Archives: Mayhem 1984-94 Autori: Jørn “Necrobutcher” Stubberud Lingua: inglese Casa Editrice: Ecstatic Peace Library Prezzo: 30 sterline Numero Pagine: 256
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@Lore vorrei prenderlo ma non riesco a trovarlo da nessuna parte, chi te l\'ha regalato dove lo ha preso?
Grazie se riuscirai a rispondermi  |
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Mi é stato regalato a natale e l\'ho letto tra un Jingle Bells e una Freezing Moon. I passaggi iniziali li ho apprezzati, dalla pubblicazione di Deathcrush in poi é tutto giá letto e sentito, quasi copia incolla da Wikipedia. Peró é un bel libro, alcune foto inedite sono davvero interessanti e gli aneddoti di Necro hanno un bel tono da fanculo il mondo.
Per i fan irriducibili che intasano le foto delle blackster con \"jajajajaja que linda mujer de la muerte\" é un acquisto obbligato, per tutti gli altri é l\'ennesimo libro da lasciare sullo scaffale. |
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@No Fun, con un ritardo imbarazzante vedo la tua risposta, e ti ringrazio. E' curioso come le opinioni cambino negli anni: quattro anni fa scrissi che non avrei preso questo libro, oggi invece gli darei una letta più che volentieri... |
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I primi Mayhem.. Storia del Black Metal.. Ancora oggi! |
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spremitura del limone non ancora ultimata... Avanti con un altro libro!!!
ora via le facce cattive, camicia giacca e a ritirare iGrammy norvegesi.
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@Elluis, un po' in ritardo qualcuno ti risponde, sono i Disorder. Qui sotto ho scritto un commento idiota, ma il libro è davvero bello, foto e testo ci accompagnano all'interno di una sincera e selvaggia storia di rock n roll, amicizie, prove, viaggi per l'Europa incontrando altre band (Kreator e Napalm Death ad es), fughe da naziskin che li vogliono pestare, concerti diventanti mitici come quello a Lipsia (l'urlo "Come on Liepzig!!", avevo sempre dato per scontato fosse Dead, invece è Jorn che si era rotto di vedere gente che non reagiva) o altri interrotti dopo tre canzoni come a Smirne. Personalità diverse (la poetica follia di Dead, la volontà e la consapevolezza di Jorn e Oystein di diventare una grande band) e influenze diverse (Venom, musica elettronica, Dead Kennedys etc) per creare qualcosa di nuovo. Come dice Thurston Moore nella posfazione "There are very few bands in the history of rock n roll that are undeniable as genuine innovators, Mayhem is one of them". |
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Io l'ho preso però le foto dei Mayhem a Rimini con Raul Casadei non ci sono. Pazienza. Tra l'altro è la casa editrice di Thurston Moore dei Sonic Youth. "Embè?" No niente, così. @Stefano, non credo, ma comunque tieni conto che è più che altro un libro fotografico, non c'è tantissimo da leggere. |
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Ma è uscito in italiano? |
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Ma lo faranno anche in lingua italiana? |
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grande band finita con il suo fondatire... poi i lbuio. Ne conservo ivinili e i demo e le lettere scanbiate all epoca. Finitela li. |
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@Elena Akaah, si può sapere il nome della band hardcore inglese con cui hanno fatto quasi fatto a botte e per quale motivo? Please! Te lo chiedo perché non credo che prenderò questo libro, ma sono curioso su questo fatto. |
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e per quale motivo dovrebbero vendere libri fare concerti stampare cd ecc se nn per guadagnare qlksa? |
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@d.r.i. vero che di libri sul black ce ne sono parecchi, ma quelli davvero validi e utili sono ben pochi. questo non l'ho letto ma mi incuriosisce |
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Per me libro abbastanza inutile perchè a quel prezzo mi prendo tre libri sul black metal in generale e dentro quelli ci trovo più o meno tutte le cose scritte qui. Personalmente credo, magari sbagliando, che quello che c'è scritto lo so già preso da altri libri o da chi queste persone le ha conosciute e mi ha raccontato aneddoti. |
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@Riccardo, per carità il tuo parere e' sacrosanto e sono contento per te se questo libro ti potra' risultare utile. Ma personalmente proprio perche' anche io son cresciuto fino ad un certo punto con la musica dei Mayhem mi da' fastidio che questo osso sia stato fin troppo sfruttato..poi vabbe' passi per Necrobutcher ma quando leggo dei nomi associati agli attuali Mayhem che non c'entrano una mazza con loro e si esaltano a The True Mayhem..mi sale il veleno. Poi per carità ripeto...punti di vista. Io non ne ho bisogno anche perche' la maggior parte degli episodi son gia ben noti in altri libri. Pero' ripeto contento per gli altri..ma qui le paranoie non se le fanno di certo i fan. |
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Mah, sarà perché a me appassiona leggere le biografie dei gruppi che in periodi diversi hanno fatto da colonna sonora alla mia vita, quasi fosse per conoscere le vicende di vite che inconsapevolmente sono legate alla mia, che non ci trovo nulla di male nella pubblicazione di questo libro da parte di Necrobutcher. Credo che lo comprerò e lo leggerò con interesse. Senza offesa, ma trovo che ogni tanto qualcuno di noi sia un po' paranoico sul fatto di fare soldi con quello che si fa. |
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Meno male che qualcuno se n'è accorto. Capisco che è bello vivere di rendita ma adesso chiudetela lì. |
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Infatto e' per questo che sono d'accordo con te @Gervasius.. Non ho mai sopportato quelli che "in corsa" salgono sul carro della vittoria. Loro però stanno davvero esagerando secondo me...Poi so' che ci sono tanti fans a cui stanno bene...massimo rispetto. Ma per me sono davvero morti e sepolti dal 1994...solo che poi me li ritrovo sempre li con qualche cazzata da far uscire. Vabbe', pazienza! |
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Il fatto è che non sopporto tutta questa aura che si portano dietro. Ok avete fatto lavori importanti e fondamentali per certi versi nel vostro genere, ma se non era per tutta la "pubblicità negativa" attorno al vostro e a altri nomi della scena forse il "mito" non saltava fuori. Chi aveva davvero qualcosa da dire era Dead, veramente problematico e fuso di testa ma anche vero. Gli altri? Son solo saltati sul carrozzone. Quando si dice al posto giusto nel momento giusto. |
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Ormai neanche li calcolo...mi sono andati troppo di traverso sti The True Mayhem ( ma poi True di che?) da parecchi anni a questa parte. Sono d'avvero d'accordo con Gervasius su quello che ha scritto..forse sarei meno severo su Euronymous, ma tutto sommato e' vero anche quello. Finisce tutto sulle mie copie di Deathcrush e DMDS. Il resto non ha nessuna ragione di esistere per me. |
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Un "mito" quello dai Mayhem sfruttato ormai fino all'osso, quello che ci credeva veramente ed era veramente un disadattato era Dead, tutti gli altri erano finti disadattati/ribelli. Lo stesso Euronymous era solo un poser che sfruttò la depressione di quel povero ragazzo per avere visibilità. |
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