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PROG METAL SCANDINAVIA - La melodia e i richiami del pop in Circus Maximus e Seventh Wonder
02/11/2017 (1673 letture)
Se la parola "pop" non ti ha già fatto desistere dal leggere questo articolo ed in più sei alla ricerca di musica complessa, sapientemente arrangiata, suonata e cantata ma che non disdegna di tentare di raggiungere una fetta di pubblico che -di norma- poco ha a che fare con il metal, allora sei nel posto giusto.
Lo scopo di questa disamina è quello di analizzare e mostrare agli ascoltatori un lato del metal più "easy listening" ed immediato, ma non per questo di bassa qualità.
Stiamo parlando del progressive metal di stampo scandinavo, che negli ultimi dieci anni ha acquisito sempre più valore e fama nel panorama musicale grazie a gruppi come Seventh Wonder, Circus Maximus, Evergrey e, con un sound differente, Pain Of Salvation, Meshuggah, Opeth.
Quest’oggi mi concentrerò su quei gruppi facenti parte di un determinato genere musicale che racchiude brani articolati, spesso costruiti su tempi dispari e molto tecnici, molte volte dalla durata non esigua che permette ai musicisti di dare sfogo alla loro creatività e bravura nel suonare gli strumenti.
Se i pionieri del prog metal furono i Dream Theater, per le loro dosi di melodia unite ad una perizia tecnica sopra la media, i loro discendenti -nati una decade dopo- seguono le orme della band americana cercando di dare freschezza al sound con miscelazioni di generi vari che rendono il tutto (quasi) originale e altamente gradevole.
Accantonando quindi sonorità più dure, vicine al black, death o alternative metal, due tra i gruppi più noti di questa scena progressiva post-2000 sono sicuramente i Seventh Wonder e i Circus Maximus, provenienti rispettivamente da Svezia e Norvegia, a conferma della bontà della Scandinavia nello sfornare band di valore in ambito più o meno underground.
Il sound di questi gruppi è riconoscibile e ben definito: stiamo parlando di canzoni composte da melodie accattivanti cantate da una voce pulita ed ineccepibile, accompagnata da parti strumentali immediate ma complesse.

SEVENTH WONDER
Capitanati da un cantante di livello internazionale come Tommy Karevik (entrato nel 2012 nella importante power metal band Kamelot ed ospite anche negli Ayreon in The Theory Of Everything e nel nuovo The Source), gli svedesi hanno dimostrato, in soli 4 dischi, di essere dei compositori e musicisti eccezionali.
Partendo nel 2005 da un lavoro ancora un po’ acerbo ma gradevole come Become (nel quale cantava il misconosciuto Andi Kravljaca), i ragazzi hanno cambiato marcia con l’arrivo al microfono dello stesso Karevik, che ha preso in mano la band trascinandola, di album in album, verso maturità e fama notevoli.
Waiting In The Wings, il secondo full lenght, ha il solo difetto di risentire di una registrazione non ottimale, ma i pezzi contenuti al suo interno sono già validi esempi di come dovrebbe essere suonato questo sottogenere per poter essere apprezzato anche da chi non è avvezzo a ritmiche particolari e tempi diversi dalla norma.
Nella tracklist spiccano brani quali Taint The Sky, che colpisce dritta nel segno col suo ritornello, Banish The Wicked, Not An Angel con la sua melodia ruffiana e la ballad conclusiva Pieces, trascinata da un Karevik emozionante.
La conferma del talento dei musicisti scandinavi avviene però con la successiva fatica, il capolavoro denominato Mercy Falls: un concept album incentrato sullo stato di coma di un padre di famiglia che “vive” varie situazioni in una vita parallela durante questo periodo, tra colpi di scena e metafore relative alla vita reale. L’idea di far vivere il personaggio principale in questo villaggio immaginario chiamato proprio Mercy Falls -ed esistente solo nella sua mente- collegandolo con la realtà, è la prova che il bassista e principale compositore Andreas Blomqvist possiede grande talento anche nel songwriting.
Liricamente ci troviamo di fronte ad una trama non innovativa, che ha attinto in parte a quella pietra miliare di Metropolis: Scenes Part II, ma che emoziona e coinvolge, arrivando a mostrare un finale tutto da scoprire e sentire nella propria pelle.
Musicalmente, invece, Blomqvist e compagni danno sfoggio di tutta la loro bravura confezionando un disco senza alcun filler, anzi composto da piccole perle difficilmente dimenticabili come Unbreakable e Tears For A Father (dimostrazione di cosa si possa fare con una sola chitarra e una grandissima voce), oppure Paradise, la lunga Break The Silence e One Last Goodbye, una canzone triste e profonda, nella quale Tommy duetta con la sorella Jenny, già presente come ospite nel disco precedente e che si potrà sentire anche nel successivo, per un finale da brividi.
Gli assoli di chitarra iper melodici di Johan Liefvendahl rimangono in testa per non andarsene mai più, le corse di tastiera di Andreas "Kyrt" Söderin si uniscono alla precisione di un batterista come Johnny Sandin e di un bassista strepitoso come Andreas Blomqvist: questi sono i Seventh Wonder di Mercy Falls, che hanno avuto la fortuna di poter contare su il timbro unico di Karevik, che in questo album splende e stupisce per la facilità con cui può raggiungere tonalità difficili, sia alte che basse.
Dopo due anni il gruppo torna sulle scene più carico che mai e presenta il nuovo The Great Escape, altro lavoro ambizioso che si conclude con una suite della durata di 28 minuti narrante delle vicende occorse nel poema Aniara', del premio nobel svedese Harry Manrtinson, summit di tutto quanto fatto in passato della band.
Per quanto riguarda la parte musicale siamo sui livelli di Mercy Falls; ormai i Seventh Wonder sono immediatamente riconoscibili avendo creato uno stile unico di classe e ricercatezza sonora.
The Great Escape si muove tra brani come The Angelmaker e Move On Through che richiamano Waiting In The Wings, per poi arrivare a una ballad splendida come Long Way Home, delicata e valorizzata anche dall’accompagnamento vocale di Jenny Karevik.
Il singolo apripista Alley Cat -ad oggi il video più visualizzato del gruppo con 1 milione di views su YouTube- permette di capire come sia possibile creare un pezzo catchy e accattivante in 4 minuti di durata, senza tralasciare però parti strumentali complesse.
Questo nuovo album rappresenta sicuramente un ulteriore passo di maturazione per quanto riguarda il songwriting, confermato anche dalla pubblicazione del singolo Inner Enemy avvenuta nel 2014, che avrebbe dovuto essere un antipasto del futuro studio album ancora in attesa di completamento.
Questi ritardi sono dovuti principalmente al lavoro di Tommy nei Kamelot, considerando l’importanza di questa band che è diventata, giustamente, il pensiero principale del cantante svedese.
L’ultima fatica dei Seventh Wonder però è recente, e stiamo parlando del live album/dvd Welcome To Atlanta Live 2014, registrazione dello show tenutosi al ProgPowerFest in America dove il gruppo ha suonato per intero Mercy Falls, oltre ad altri classici e all'inedito The Promise, mini suite eccellente sia nel testo che nella costruzione, presente solo nella versione studio non essendo stato eseguito dal vivo, ma che fa ben sperare in vista del tanto atteso nuovo disco.

CIRCUS MAXIMUS
Melodie sopraffine e sperimentazioni con generi diversi: questi sono i Circus Maximus, gruppo norvegese attivo dal 2000 il cui frontman risulta essere Michael Eriksen, anche lui già ospite negli Ayreon di A. Lucassen, cantante dotato di un timbro non particolarmente originale ma pulito, acuto e tecnicamente di livello, paragonato, qualche anno fa, al Geoff Tate dei primi tempi.
I Circus Maximus si fanno notare nel 2005 deliziando le orecchie degli amanti del prog metal scuola Dream Theater: The 1st Chapter -questo il titolo del loro debut album- può essere considerato come il successore di alcuni dischi dei DT, ricalcando le orme degli americani con soluzioni a volte già sentite ma riarrangiandole con classe ed intelligenza.
Il risultato sono otto brani coinvolgenti e mai noiosi, con la chiusura del lavoro affidata alla titletrack della durata di 19 minuti, che personalmente ritengo non riuscita totalmente a causa della eccessiva durata e della mancanza di melodie di rilievo.
Sin e la strumentale Biosfear mostrano le qualità dei musicisti coinvolti, ma è con Glory Of The Empire -il cui testo è basato sul film Il Gladiatore- che il quintetto tocca vertici compositivi non comuni.
Il brano colpisce e non annoia nei suoi 10 minuti di durata, tra un bridge luminoso ed un ritornello azzeccato. Eccellente.
Questo debutto ha fatto sì che il nome del gruppo iniziasse a circolare tra gli amanti del genere, pur dividendo gli ascoltatori tra chi apprezzava il sound che richiamava i grandi nomi del prog, e chi li criticava per la troppa somiglianza con gli stessi.
Isolate, il secondo album, vide luce nel 2007 e mise d’accordo tutti grazie a canzoni splendide come Abyss, Arrival Of Love, la complessa Mouth of Madness e le emozionanti Wither e From Childhood's Hour, che completarono un lavoro confezionato ottimamente, discostandosi un poco dalla precedente release e mostrando già segnali di personalità notevoli.
Da quel momento, i fan iniziarono ad essere in ansia per la nuova fatica della band -che partì in tour con gli storici Symphony X-, chiedendosi che strada avrebbero preso in termini di sound.
Ebbene, quei fan dovettero aspettare ben cinque anni per avere risposte alle loro domande.
Entrando nell'anno 2012, i Circus regalarono al mondo del progressive un gioiello, per ora, ineguagliabile nella loro carriera: Nine.
Disco che ha fatto storcere il naso a numerosi sostenitori che si attendevano un sound simile a quello di Isolate e The 1st Chapter, Nine ha spiazzato tutti coniugando un sottogenere definito come il modern metal con qualche spruzzo AOR (!) e progressive, però in misura nettamente minore se paragonato con i lavori precedenti.
Nine si apre con un'intro classica che fa strada ad un pezzo grandioso come Architect Of Fortune, dove tutto funziona alla perfezione e dove le melodie scorrono dolcemente cullando l’ascoltatore.
Da una cavalcata contro la guerra come Namaste si passa poi a Reach Within e Game Of Life, dove emergono prepotentemente gli aspetti più ruffiani del sound della band.
Se I Am potrebbe arrivare in radio per la sua “commercialità”, studiata e confezionata in modo esemplare con l'intro di tastiera e l’entrata di batteria di Truls Haugen da manuale, Used torna su territori più vicini al prog, per poi scivolare verso due pezzi da novanta quali Burn After Reading e Last Goodbye, lunghi ed emozionanti, cantati splendidamente da un Eriksen in formissima che dà sfoggio di tutte le sfumature del suo timbro.
Menzione speciale per il chitarrista Mats Haugen (fratello del già citato batterista) che non sbaglia un assolo e incanta con suoni sempre adatti al contesto.
Insomma, dopo un lavoro di tale portata il gruppo ha girato il mondo per promuovere l’opera (gustatevi su Youtube il "Live in Japan", ne vale la pena) fino ad arrivare al 2016, quando viene pubblicato il nuovissimo Havoc.
L’uscita dell’attesissimo album avviene a marzo di quell'anno e nuovamente spiazza gran parte del pubblico, per via di un sound forse ancora più debitore di influenze pop rock, quali U2 -ascoltate le splendide Flames e Loved Ones per farsi un’idea di quanto detto- e, addirittura, suoni vicini all’elettronica, come nell'altrettanto bella Remember, leggera e profonda nel suo testo e nel video che merita di essere guardato.
Il livello qualitativo è sempre altissimo, le tematiche trattate riguardano l’eterno duello tra amore e odio e non si trovano cali nei 9 brani contenuti.
Difficile annoiarsi grazie alla diversità del sound, che a volte risulta essere soft per poi passare a parti prog nude e crude, come nella lunga After The Fire.
Il gioiello più brillante può essere considerato Chivalry che colpisce nel segno, mentre The Weight sembra essere uscita da Nine, e ciò non può che essere un segno positivo.
L’unica traccia talmente particolare da essere difficile da comprendere è la titletrack, molto, forse troppo moderna.
Chiudendo la parentesi di Havoc arriviamo a luglio 2017, quando sullo scaffale dei negozi specializzati troviamo il primo album/dvd live dei Circus Maximus, intitolato Havoc In Oslo, che ripropone la serata del 6 febbraio 2016 al Rockfeller di Oslo, durante la quale il gruppo ha suonato davanti al proprio pubblico tenendo uno show eccezionale per precisione, coinvolgimento ed emozioni.
L’unica nota stonata del concerto la si può riscontrare nel fatto che, per via di ritardi vari, il disco Havoc non venne pubblicato prima di questo concerto, ma vide la luce solamente qualche giorno dopo.
Pertanto, le persone presenti al Rockfeller hanno assistito all'esibizione dei nuovi brani senza averli mai ascoltati precedentemente, non riuscendo ad essere coinvolte totalmente nell'esecuzione.
Ma sono dettagli che non inficiano un’ottima release, considerando che è sempre notevole sentire versioni live di I Am, Sin, Remember o Architecht Of Fortune.

CONCLUSIONI
Dopo aver elencato e descritto alcuni dei motivi per i quali queste due band possano essere considerate come alcuni tra i gruppi cardine del progressive metal odierno, siamo arrivati alle conclusioni.
Abbiamo visto che, sia i Seventh Wonder che i Circus Maximus, hanno prodotto pochi dischi ma di qualità ed entrambi hanno raggiungo un certo apice con un lavoro discografico specifico, cosa non scontata nel panorama musicale attuale.
I testi non raccontano di vicende storiche e non sono ricercati come quelli di dischi di formazioni più blasonate, ma se siete alla ricerca di analisi introspettive e riguardanti spesso i problemi comuni a tutti noi, questi sono i gruppi che fanno per voi.
Se siete alla ricerca, invece, di liriche più leggere, siete capitati nell'articolo errato.
Ricapitolando: da una parte è presente il carisma e la tecnica vocale di Tommy Karevik, supportate da una band capace di unire tecnicismi a melodie memorabili, mentre dall'altra emerge la perfezione nella resa sonora dei musicisti e la pulizia canora di un cantante ancora poco (ed ingiustamente) conosciuto come Michael Eriksen, neo partecipante all'edizione norvegese di The Voice, nella quale ha portato alle blind auditions Where The Streets Have No Name degli, guarda un po', U2.

E voi, cari lettori, cosa pensate della situazione attuale del prog metal scandinavo?
Avete apprezzato i lavori delle due band citate, o preferite il lato futuristico ed ancora più complesso di gruppi come gli Haken, per citarne uno?
Dichiaro aperta la discussione, a patto che sia ben strutturata, come il progressive richiede.



ObscureSolstice
Sabato 18 Novembre 2017, 10.20.03
6
Il prog metal sta un po' dominando, vidi i Circus Maximus anni fa come gruppo spalla ai Symphony X. Niente male, -dopo l"appannamento" in discesa dei Dream Theater- c'è sempre stato questo passaggio tra Usa ed europa a sferrarsi colpi e prove di alta bravura di band cardine di alto calibro a chi doveva dominare il genere, come anche in altri generi...si spera che torni importante anche l'heavy metal, da qualche parte bisognerà pur ripartire e la scandinavia ne è la prova consolidata in gran rispolvero..
Armonie Universali (M. G.)
Venerdì 17 Novembre 2017, 20.49.21
5
Articolo davvero ben scritto e pensato. Amo entrambe le band prese in esame, tra l'altro. Un po' di più i Seventh Wonder, ma perché la voce di Tommy è OHMIODIO.
HeroOfSand_14
Venerdì 17 Novembre 2017, 18.48.10
4
Grazie mille Michele! Questo ed altro per gruppi di tale caratura
Michele "Axoras"
Venerdì 17 Novembre 2017, 15.19.31
3
Complimenti per l'articolo collega omonimo !
d.r.i.
Venerdì 17 Novembre 2017, 13.55.17
2
Circus maximus: per me the 1st chapter e isolate sono nettamente sopra la media del genere, grandi dischi. Già nine mi ha lasciato perplesso, non tanto per i ritmi più easy listening, ma per la piattezza del platter. Havoc non l'ho ascoltato così bene da giudicarlo. Seventh wonder: grandi, bravissimi, con il plus di avere Karevik che è un grande!
Vanni Fucci
Venerdì 17 Novembre 2017, 9.46.43
1
Bell'articolo, aggiungerei a questa lista anchei Pagan's Mind, che con questi due gruppi hanno in comune il destino... grandi album, ma non abbastanza per entrare nell'Olimpo.
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Prog Metal Scandinavia - Svezia e Norvegia
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PROG METAL SCANDINAVIA
La melodia e i richiami del pop in Circus Maximus e Seventh Wonder
 
 
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