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PARADISE LOST - 47 anni all'anagrafe, 13 sul palco
06/11/2017 (2220 letture)
Quando si pensa ad un gruppo di British men che suonano gothic/doom diventa facile immaginarseli come gente riservata e piuttosto abbottonata con le parole. Tra i membri dei Paradise Lost ci sono anche persone che rispondono a questa descrizione quantomeno stereotipata. Ma sicuramente non Aaron Aedy.
Che il chitarrista ritmico della band inglese fosse l'elemento più solare della combo era già abbastanza chiaro dall'atteggiamento sul palco e dal modo di porsi in generale. Ma la quasi mezz'ora di chiacchierata ha svelato una personalità vulcanica e disponibile a raccontare tonnellate di dettagli e di aneddoti riguardo alla sua vita e alla carriera della band, oltre che a parlare di strumenti come un vero guitar nerd!


Room 101: Ciao Aaron, innanzitutto tutto grazie davvero per il tuo tempo!
Aaron: Ciao, di nulla, è un piacere!

Room 101: Prima di cominciare, ti chiedo scusa fin da subito per il mio accento, spero di essere comprensibile!
Aaron: Ah ma non ti preoccupare, il mio è anche peggio (risate, NdR)

Room 101: La prima domanda è scontata: avete iniziato questo tour oltre un mese fa, come sta andando? Siete rimasti soddisfatti dalla reazione della gente alle nuove canzoni?
Aaron: Sì assolutamente, finora è stato un tour fantastico. Alcuni degli show sono stati tra i miei preferiti in assoluto. Quello di Madrid è stato decisamente il migliore che abbiamo mai fatto in Spagna e pure quello dell'altra sera a Grenoble è stato memorabile. Quindi sì, sta andando veramente bene, anche l'audience è sempre un bel mix tra giovani ragazze e uomini vecchi e calvi (risate, NdR), sai, gente della mia età.

Room 101: Ma non sei così vecchio dai!
Aaron: Lo sono abbastanza (sospira, NdR)! Qualche volta quando mi sveglio al mattino mi sento vecchio, però poi sul palco ho sempre tredici anni! (risate, NdR). Sai cosa? Sta andando bene anche perché stiamo evitando di prenderci malanni. In genere quando qualcuno si ammala sul tourbus è un attimo che passi poi a tutti. Anche se però credo che Waltteri (Väyrynen, il batterista, NdR) stia cominciando con il raffreddore, ma dovrebbe andare tutto bene finché riusciremo a tenerlo lontano da Nick, giusto per evitare che il cantato ne risenta. Comunque dai, stiamo bene quindi "so far, so good".

Room 101: Mi fa piacere sentirlo!
Passando alla prossima domanda: trent'anni di carriera, quindici album, si potrebbe pensare che sia sempre più difficile per voi mettere insieme una scaletta che presti la giusta attenzione al nuovo disco ma, nel contempo, mantenga un buon bilanciamento tra questi e il vecchio materiale. Come avete affrontato il problema?
Aaron: Sì in effetti è abbastanza difficile. In questo tour stiamo provando -molto più di quanto non ci sia capitato di fare in passato- ad avere alcune canzoni della scaletta intercambiabili, in modo da non ripetere sempre le stesse tutte le volte. Magari una sera suoneremo Shadowkings, quella dopo Forever Failure e quella dopo ancora Enchantment, qualche volta cambiamo As I Die con un'altra canzone e lo stesso con One Second. Per noi funziona molto bene, soprattutto perché se suoni sempre la stessa scaletta tutte le volte dopo un po' rischi di annoiarti, mentre così sai, magari una sera hai suonato True Belief, quella dopo Embers Fire e i concerti ne hanno beneficiato. Ovviamente se facciamo più date nello stesso paese cerchiamo ancora di più di modificare la setlist tra una sera e l'altra.
Però, per tornare alla tua domanda, è difficile, specie quando hai qualcosa come centosettanta canzoni tra cui scegliere. Ci sarà sempre qualcuno che ci dirà: "Perché non avete suonato questa qui?" (imitando la voce di un fan deluso, NdR), però è così. Ci sono tantissime canzoni che amo e che fosse per me suonerei sempre dal vivo, ma non sempre è possibile farlo. Tra queste, in particolare adoro Beneath Broken Earth e Faith Divides Us - Death Unites Us!

Room 101: Ecco, queste sono quelle che ami suonare dal vivo, ma c'è qualcosa, magari dal materiale più vecchio che invece ti ha stufato?
Aaron: Non direi, più che altro, ce ne sono alcune che sono stufo di provare prima di partire per i tour (risate, NdR). Ad esempio, As I Die è uno di questi casi, non la proviamo praticamente più ormai. Già ci troviamo a provare abbastanza poco, ma quando lo facciamo e arriva il momento di quella siamo tutti tipo "no basta, questa la saltiamo". Per il resto, quando sei davanti al pubblico e ti stai godendo le canzoni ti dimentichi di quante volte tu le abbia già suonate dal vivo, poi devi anche pensare che magari tra la gente ci sarà anche qualcuno che starà sentendo quel pezzo per la prima volta, quindi no, suonandole dal vivo non mi è mai capitato di annoiarmi.

Room 101: Parlando di Medusa, invece, ho letto alcune delle risposte che Greg e Nick hanno dato ad altri giornalisti prima della sua pubblicazione o poco dopo. Ora che sono passati oltre due mesi e avete anche suonato questi pezzi per il pubblico, siete ancora soddisfatti al 100% del risultato? Avete avuto qualche reazione inaspettata da pubblico o addetti ai lavori?
Aaron: No, no, anzi, alcune canzoni, tra cui Medusa si sono rivelate veramente ottime da portare sul palco. Abbiamo suonato un paio di volte Fearless Sky, che è probabilmente la mia preferita dell'album, ma non sembra funzionare altrettanto bene dal vivo, così la stiamo rimpiazzando con Beneath Broken Earth, anche perché sai, non vuoi mettere in scaletta due lunghissimi pezzi doom e rischiare di annoiare il pubblico (risate, NdR). Anche se, mettiamola così: personalmente penso che Fearless Sky dal vivo sia abbastanza buona, però Beneath Broken Earth in quel contesto è meglio, quindi abbiamo deciso per questo cambio.
Comunque, tutti i pezzi del nuovo album che stiamo mettendo in scaletta si stanno dimostrando assolutamente validi, poi -tra l'altro- il disco nuovo l'abbiamo anche suonato per intero a Stoccarda il primo settembre per la release date ed è andato tutto liscio. Onestamente, per quello che mi riguarda, potremmo suonarle praticamente tutte dal vivo senza problemi. In merito ho la stessa impressione che avevo e ho tutt'ora con i brani di The Plague Within, anche da quel disco sento che tutte le canzoni funzionerebbero benissimo se proposte su un palco.
Quindi sì, sono ancora soddisfatto, nessun rimpianto, mai averne! Come si dice? Quando hai scolpito qualcosa nella pietra bisogna poi andare avanti. Però è stato bello creare un mix tra le canzoni di Medusa, quelle più vecchie e quelle del “periodo di mezzo”, trovo che dia una bella dinamica alla scaletta e così il pubblico non si ritrova a sentire tutti pezzi che vanno alla stessa velocità!

Room 101: Parlando invece del processo di scrittura delle canzoni, so che i principali compositori sono Nick e Greg e che questo album è nato un po' come se fosse la “continuazione”, in termini di sound, di ciò che avevate ottenuto con Beneath Broken Earth. È stata una strada che hanno scelto di percorrere Nick e Greg o è stata più una decisione collettiva?
Aaron: Allora, considerando che sono loro due a scrivere tutto, ti direi che è più una strada che hanno scelto di percorrere loro. Mi ricordo che però, quando stavamo registrando Beneath Broken Earth (si interrompe, NdR)... faccio un inciso: quella fu l'ultima traccia composta per The Plague Within, credo che Greg mi abbia inviato il demo qualcosa come tre settimane prima di andare a registrare il disco. Quando l'avevo sentita per la prima volta ero tutto tipo “cazzo, questo pezzo è fantastico”, contando che io e Greg siamo proprio due doomster incalliti quel brano era diventato subito il mio preferito. Poi quando abbiamo cominciato a portarla dal vivo abbiamo subito capito quanto fosse efficace, sia come canzone, sia come stile, ci divertivamo proprio tutti a suonarla e credo sia stato anche questo a dare l'input a Greg e Nick per andare avanti a comporre qualcosa di quel genere. E in quel senso sono felicissimo sia andata così, anche perché sono una di quelle persone che pensa che se una cosa non è rotta allora non c'è nessuna ragione di aggiustarla.
Alla fine ci piacciono le stesse cose, poi chiaro, per altri versi abbiamo anche gusti diversi, ma quando si tratta dei Paradise Lost condividiamo tutti lo stesso focus. Probabilmente è anche uno dei motivi per cui siamo ancora insieme dopo trent'anni.

Room 101: Invece, durante il processo di composizione, tu, Waltteri o Stephen riuscite a dare qualche suggerimento a Nick e Greg?
Aaron: No, no, in genere ci troviamo ad avere a che fare con delle canzoni pressoché finite. Chiaramente, se chiedono la nostra opinione non ci tiriamo indietro, ma in genere mi trovo a metterci del mio con il mio modo di suonare la chitarra, Steve è bravissimo ad aggiungere sempre un po' di colore all'insieme e Waltteri poi è un batterista fenomenale, in questo album trovo abbia fatto davvero un lavoro magnifico. Poi è un bravo ragazzo, è molto più sensibile di tutti quanti noi!

Room 101: E tutto questo pur essendo molto giovane.
Aaron: Davvero! Ventitré anni... ha abbassato l'età media del gruppo a otto anni! (risate, NdR)

Room 101: Tra l'altro, Medusa è stato il primo disco che avete pubblicato con la Nuclear Blast, siete soddisfatti del loro lavoro fino ad ora?
Aaron: Sì assolutamente, sono persone che si danno tantissimo da fare. Tra le altre cose, li conosciamo già da decenni, anche perché hanno cominciato la loro attività poco prima di noi alla fine. Credo in passato ci sia anche già capitato di essere stati vicini a raggiungere un accordo con loro, ma poi sai, sono quelle cose che sembra non debbano mai concretizzarsi. Comunque per adesso sono stati assolutamente fantastici, lo erano anche i ragazzi della Century Media ad essere onesti, quindi in generale si può dire che siamo sempre stati fortunati da questo punto di vista, a parte forse un paio di situazioni in cui ci siamo trovati quando eravamo con delle major. Alcuni dei ragazzi con cui lavoravamo erano veramente delle brave persone, specie quelli di EMI Germania e EMI UK, e lo stesso si può dire di quelli di SONY BMG sempre in Germania e in Gran Bretagna, in altri posti però non siamo mai riusciti ad allacciare rapporti con persone di quelle label perché semplicemente non gli importava. Quando invece hai a che fare con etichette come Music for Nations, Century Media o Nuclear Blast, ti rendi conto che gli importa davvero di seguirti ovunque.
La NB in particolare trovo sia stata una di quelle label che ha saputo davvero anticipare i tempi in certi casi e raccogliere sotto la sua ala un gran numero di band davvero valide, è gente a cui importa davvero della musica. Ci siamo girati attorno a vicenda per molto tempo e finalmente le cose si sono concretizzate, ne siamo davvero contenti. Poi stiamo conoscendo sempre nuove persone, anche oggi ad esempio ne abbiamo incontrate, si vede subito che gli importa di quello che fanno e che sono appassionati del loro lavoro. Ci tengono alla musica, ed è un bene perché, anche se da prospettive diverse, siamo tutti qui per quella.

Room 101: Mi fa piacere sentirlo. Ti chiedevo più che altro perché, sai la NB è probabilmente la label più grande all'interno della scena metal...
Aaron: Sì, credo sia decisamente la più grande.

Room 101: Esatto, e proprio per questo continuo a sentire molte persone che si lamentano quando questo o quel gruppo firma con una label del genere. Perché hanno paura che questo andrà ad influire sul sound e via dicendo, mentre casi come il vostro mi sembra proprio che dimostrino il contrario, Medusa ha una delle produzioni più old school che mi sia capitato di sentire ultimamente…
Aaron: Guarda, detto proprio onestamente, nessuna label ha mai provato ad influenzare il nostro sound. A parte che, anche ci avessero provato, non li avremmo mai ascoltati, ma in generale credo che non ci capiti perché, essendo ormai in giro da molti anni, siamo arrivati al punto in cui tutte etichette si fidano del fatto che sappiamo cosa stiamo facendo.
Per dirti, quando firmammo con la EMI molti pensarono che Host fosse il risultato delle loro pressioni, ma in realtà noi ce ne andammo per conto nostro a registrare il disco e quando tornammo semplicemente gli demmo in mano il master già chiuso. Loro ci dissero qualcosa tipo “ah, ok, ci aspettavamo qualcosa di più pesante” (risate, NdR)
Quindi è sempre stato tutto dettato dalle nostre scelte e continua ad essere così anche oggi, in questo senso la NB non ha mai fatto nessun tipo di pressione, se ci pensi, hanno anche sotto contratto gli Slayer e non ce li vedo a cambiare sound solo perché sono con loro. Lasciano che siano le band decidere la propria strada, poi magari con i gruppi più giovani può essere che gli affianchino qualcuno per consigliarli, ma in generale il grosso dei gruppi sono stati messi sotto contratto perché erano già importanti.

Room 101: Parlando della produzione, visto che la si accennava prima. La scelta di lavorare, insieme a Jamie Gómez Arellano per ottenere quel tipo di suoni è qualcosa che avete sentito come necessità perché eravate stanchi di certe produzioni moderne molto standardizzate o è stato più perché vi sembrava stesse meglio con questo tipo di canzoni?
Aaron: Quando abbiamo lavorato per la prima volta con Jamie è stato per il mix di The Plague Within, ma mentre stavamo registrando ho suggerito proprio che ci seguisse lui, perché, soprattutto in termini di mixaggio, ha subito capito al volo quello che stavamo cercando. Per farti un esempio: lui è anche un ottimo batterista ed è piuttosto appassionato quando si tratta di lavorare per registrare la batteria, quindi sul nuovo album ha deciso di renderla nel modo più naturale possibile. Sai, in molti dischi di oggi il suono del drumkit viene ottenuto con trigger e sample, ovviamente per sample intendo sempre registrazioni di quella sessione, però si va a prendere un colpo riuscito particolarmente bene e lo si usa per rimpiazzare anche altri colpi successivi. In questo caso invece abbiamo rischiato di far tardi con le registrazioni perché lui ha passato i primi due giorni e mezzo soltanto a settare batteria, microfoni e stanza in modo che suonasse tutto perfetto. Quando stavo registrando io non c'erano effetti sulla batteria, nemmeno un compressore, eppure suonava già benissimo. Per certi versi ottenere quel tipo di risultati con quei mezzi è veramente un'arte, ed è davvero difficile, quindi in questo senso siamo stati fortunati a lavorare con qualcuno che sapeva quello che faceva.

Room 101: Ma infatti il risultato sì sente, anche soltanto il riverbero della “stanza” intorno alla batteria, si sente che è reale.
Aaron: Sì, era quello che cercavamo, abbiamo cercato di fare in modo che il tutto suonasse il più amalgamato possibile.

Room 101: Direi che ci siete più che riusciti.
Cambiando un po' argomento invece, quando stavo scrivendo la recensione di Medusa mi capitava spesso di usare la perifrasi “la band di Halifax”, giusto per non stare sempre a ripetere “Paradise Lost” ogni due righe. Poi, qualche giorno dopo stavo lavorando alla recensione di un vecchio lavoro dei My Dying Bride e di nuovo, mi sono ritrovato ad usare le stesse identiche parole. Quindi, la domanda è: che stava succedendo ad Halifax in quel periodo? Com'è che due delle band gothic/doom più importanti mai nate in Gran Bretagna arrivano dalla stessa città?
Aaron: Pioggia e brutto tempo! (risate, NdR).
In realtà conosco Aaron (Stainthorpe, il cantante dei My Dying Bride, NdR) da quando avevo diciassette anni credo. Quindi molto prima sia dei Paradise Lost che dei My Dying Bride. Andavamo negli stessi locali notturni, ce n'era uno a Bradford, che è la città proprio accanto ad Halifax, in cui ci trovavamo sempre ed è lì che abbiamo conosciuto Hammy (Paul Halmshaw, NdR), il fondatore della Peaceville Records, che ha poi messo sotto contratto sia noi che i My Dying Bride. Era anche il luogo dove tenemmo il nostro primo concerto in assoluto, nel giugno del 1988, era il 23 giugno se ben ricordo! Comunque, suonavamo insieme da tre mesi e mezzo e finimmo a suonare proprio in quel locale come apertura per Acid Rain (band thrash metal inglese attiva tra l'85 e il ‘91, NdR) e Re-Animator (altra band thrash metal inglese del periodo, NdR). Tornando al rapporto con i My Dying Bride, ci conosciamo tutti da tantissimi anni, ora non riesco più a vederli così spesso perché non vivo più ad Halifax, però riusciamo ad incrociarci a qualche festival quando capita. Comunque tra tutti loro è Aaron quello che conosco da più tempo, anche Calvin (Robertshaw, chitarrista dei My Dying Bride, NdR) in realtà, ma Aaron era proprio il mio compagno di uscite ai tempi in cui iniziavamo a bere, proprio un bravo ragazzo!

Room 101: Passiamo invece a parlare un po' di chitarre e chitarristi, chi erano le tue principali influenze quando hai cominciato a suonare?
Aaron: Ah, ne avevo tantissimi. Vediamo... (si ferma un attimo a pensare, NdR) Michael e Rudi Schenker, Wolfgang Hoffmann degli Accept, sicuramente James Hetfield. Tantissimi tedeschi (risate, NdR)! Poi guarda, il disco che mi ha portato ad ascoltare metal è stato The Number of the Beast quindi devo assolutamente citare anche la coppia Smith/Murray. Mi piaceva anche Randy Rhoads, però se dovessi sceglierne uno direi sicuramente Michael Schenker, tutt'oggi trovo il suo modo di suonare e i suoi suoni tra i migliori in assoluto, almeno per me. Questo nonostante io non sia un solista, ed è anche un po' il motivo per cui ti citavo anche Rudi Schenker e James Hetfield, sono loro ad avermi mostrato che fare il chitarrista ritmico può essere una cosa altrettanto bella! Quando avevo quattordici o quindici anni mi ricordo che facevo di tutto per copiare il palm muting di Hetfield, per cui forse a ben pensarci è lui la mia maggior influenza per quanto riguarda il tipo di chitarrista che sono oggi. A seguire metterei Wolfgang Hoffmann, che è ancora un ottimo chitarrista, io vado pazzo per gli Accept tutt'oggi! Ho scoperto che anche Udo Dirkschneider continua a portare dal vivo tantissimi pezzi degli Accept, l'altra settimana eravamo in un camerino e c'era ancora una sua setlist recente appesa al muro, ed ero lì tutto contento perché era piena di classici!
Quindi dai, ti direi questi, sono veramente tanti, ma per riassumere: come solista Michael Schenker e come ritmici James Hetfield e Rudi Schenker, ero veramente un fan sfegatato degli Scorpions all'epoca. Mi ricordo ancora che allora tra me e i miei amici avevamo comprato insieme tutta la loro discografia, avevamo tipo cinque dischi a testa, però tanto abitavamo tutti nella stessa strada quindi scambiarseli era un attimo! All'epoca non è che avessi chissà quanti soldi e quei pochi finivano tutti a finanziare le parti della mia BMX (risate, NdR), che poi è come ho conosciuto Nick, andavamo in bici assieme quando avevamo dodici anni! “Tudds” Archer, il nostro primo batterista, sedeva dietro di me a scuola quando avevamo undici anni e sempre allora Greg stava nella classe a fianco alla mia, quindi li conosco tutti da un po' di tempo.

Room 101: Bellissimo! Rimanendo un po' nel campo delle curiosità: quando si assiste ad un vostro concerto si nota subito come Greg suoni da mancino, però -e correggimi se sbaglio visto che ho letto questa cosa qualche tempo fa su internet- sei mancino anche tu vero?
Aaron: Sì esatto, e pure Waltteri è mancino! Siamo un gruppo di mancini (risate, NdR)!

Room 101: E quindi com'è che sei finito a suonare la chitarra da destro?
Aaron: Guarda, la verità è che io volevo essere un batterista, anzi, avrei proprio “dovuto” essere un batterista! Quando ho compiuto quarant'anni mi sono regalato un bel Roland V-Drumkit (una batteria elettronica, NdR) e quindi si può dire che oggi riesca a fare il batterista per hobby! Però quand'ero più giovane mia mamma non mi ha mai lasciato prendere una batteria perché all'epoca le mie sorelle erano molto piccole e non le pareva il caso. In quello stesso periodo un mio amico a scuola vendeva una chitarra per dieci sterline e allora gli ho subito detto “ok, la prendo io!”, complice il fatto che mio padre avesse suonato anche lui la chitarra quand'era giovane, anche se poi aveva smesso. Comunque, quando ho preso questa chitarra, essendo mancino, ero tutto tipo “ah ok, questo è strano” (mima di tenere la chitarra al contrario ridendo, NdR). Tra l'altro quella chitarra era veramente tremenda!

Room 101: Immagino, le solite chitarre economiche con un'action (altezza delle corde dalla tastiera, NdR) alta qualche cm?
Aaron: Sì esatto, sembrava un taglia uova! Però nonostante quello mi era scattato qualcosa. Ovviamente all'inizio mi ci è voluto un po' di più del normale per abituarmici. Però non è che avessi alternative, nei primi anni Ottanta le chitarre per mancini, oltre ad essere rarissime, erano veramente costose, uno stesso modello in versione mancina poteva arrivare a costare tre volte tanto quello per destri.
Ma anche dopo gli anni Ottanta non è che le cose cambiarono molto, mi ricordo che quando Greg iniziò a puntare su delle belle chitarre se ne fece costruire una apposta perché, anche così, costava comunque molto meno che comprarne una di fascia alta per mancini in un negozio.
Comunque sì, la mia prima chitarra era veramente uno schifo, però pazienza, costava dieci sterline, cosa potevo aspettarmi? Appena presa mi misi ad imparare il giro di I Surrender (dei Rainbow, NdR), è stata la prima canzone che abbia mai suonato. Poi passai al riff di Top of the Bill degli Scorpions e da lì poi tutto il resto. Però sì, il giro di I Surrender non me lo scorderò mai (si mette a canticchiare le note mimando di suonarlo alla chitarra, NdR), fu veramente molto difficile da imparare (risate, Ndr). Poi da lì mio padre mi insegnò un paio di vecchie canzoni rock'n'roll e un mio amico che abitava nella stessa strada, che suonava la chitarra acustica, mi insegnò le basi degli accordi e mi mostrò come fare un po' di finger picking.

Room 101: Saltando invece ad oggi e parlando della tua strumentazione attuale, puoi descriverci un po' il tuo setup? Stai ancora usando la ESP Eclipse (modello di chitarra che Aaron usa da anni, NdR), vero?
Aaron: Sì sì, assolutamente, sono fantastiche. Sto ancora usando proprio le stesse due che ho da quando sono passato ad ESP. In particolare sono delle Eclipse E-II, che sono un po' il vecchio standard delle ESP costruite in Giappone. Ho ordinato da poco una custom shop da loro ma per adesso non svelerò niente riguardo a com'è fatta, voglio che sia una sorpresa! Comunque Eclipse E-II, entrambe equipaggiate con una coppia di pickup Bare Knuckle modello Black Hawk, anche se stavo pensando di montare dei Cold Sweat (altro modello di pickup sempre della Bare Knuckle, NdR) su una delle due, anche perché trovo che suonino davvero bene. Come corde uso le Elixir, tra l'altro per un motivo particolare: io soffro di asma e mi viene scatenato dal fatto che sono allergico ad alcuni metalli (ride, NdR), che è ironico se ci pensi. Sono molto amico con il chitarrista dei Blur (importante band britpop, NdR) Graham Coxon, lui quando ha saputo che ero un chitarrista metal allergico ai metalli, beh, si è tipo messo a ridere per un'ora di fila, anche se credo fosse un po' ubriaco, ogni tanto mi scrive ancora per ricordarmelo, giusto per provare a farmi incazzare!
Comunque le Elixir in quel senso sono -involontariamente- perfette (Elixir è una marca nota per “insaccare” le proprie corde in un sottile rivestimento di materiale plastico, che serve a farle durare più a lungo, NdR), non è che loro le facciano così per quel motivo, ma ho trovato che il rivestimento aiuti tantissimo con la mia allergia, soprattutto per quella al nichel. Poi dal vivo sto usando un Kemper (una testata digitale in grado di simulare tantissimi tipi di amplificatori diversi, NdR) abbinato ad un power amp della Matrix. Il Kemper trovo sia davvero comodissimo in questi contesti. Suona bene ed è semplice da portare in giro, poi pensa che uso ancora i classici cavi, tanto non è che mi muova molto sul palco, non me ne farei nulla di un sistema wireless! Ho quel modo molto “fisico” di suonare e stare sul palco ma non è che me ne vada in giro durante i concerti, quindi rimango con il cavo che va benissimo. Anche perché meno roba hai e meno possibilità ci sono che qualcosa non funzioni. Poi che altro? Non uso praticamente mai il pickup al manico, lo usavo soltanto per suonare l'intro di Mouth (da Believe in Nothing, NdR) ma è da un po' che non la suoniamo più, quindi sulla chitarra alla fine tocco soltanto la manopola del volume e basta. Meno c'è e meglio è, questo è anche il motivo per cui, come ti dicevo, non uso sistemi wireless e nemmeno monitor in ear, sono tutti pezzi che per qualche motivo potrebbero non funzionare e mi piace tenere le cose semplici. Poi sì, magari il Kemper non è esattamente così semplice da usare all'inizio, però suona davvero bene. Invece quando ci capita di dover prendere dei voli per andare a suonare, tendo ad usare anche la Line 6 HD500X (una pedaliera con simulatore di amplificazione integrato, NdR), che ha dei bei suoni, sta in valigia e soprattutto è molto robusta, quindi sopravvive anche ad eventuali lanci degli addetti ai bagagli.

Room 101: Invece, come avevi vissuto la transizione dalla chitarra a sei corde a quella a sette?
Aaron: Sai cosa? All'inizio faticavo un po' e mi venivano i crampi alle mani, perché, come avrai avuto modo di vedere, tengo la chitarra piuttosto bassa e da quella posizione era difficile raggiungere la settima corda, però devo dire che mi sono abituato abbastanza in fretta. Poi, sempre per colpa del mio modo di suonare un po' fisico, ho dovuto imparare molto bene a mutare le corde che non uso, così qualora nella foga le toccassi per sbaglio con il plettro comunque non suonerebbero. Poi, nonostante abbia delle mani abbastanza grandi, trovo che la forma del manico della Eclipse sia perfetta per me. In generale mi trovavo molto bene anche con le Mayones (marca semi-artigianale di cui sia lui che Greg erano endorser in passato), ma la forma del manico non era esattamente quella giusta per me, anche se me ne sono accorto davvero soltanto dopo il passaggio alla ESP, quando ho preso in mano queste mi son proprio detto “oh, ma con questa forma è tutto più facile!”.
Comunque, pensa che oggi trovo strano suonare le sei corde! A casa ho un paio di Stratocaster, una Telecaster, una Les Paul e una SG, quando le prendo in mano mi sembrano tutte così piccole.
In generale quindi dovrebbero piacermi i manici più sottili, come quelli che si usavano negli anni Sessanta per dire e non quelli delle Fender o delle Les Paul, ma essendo abituato ora alla sette corde mi ritrovo ad apprezzare i manici più spessi sulle sei, ho una Les Paul che ha una forma del manico tipicamente anni Cinquanta, ho sempre pensato fosse troppo spessa mentre ora mi ritrovo ad apprezzarla, così come la mia Tele, che continuo sempre ad usare molto quando sono a casa!
Sai, è strano ritrovarsi a suonare così tante cose diverse dopo tanto tempo in tour o in studio con le stesse chitarre. Ho anche delle altre ESP a casa e tra queste c'è una Eclipse LTD 407 (LTD è la linea economica della ESP, NdR), che è più o meno simile alle mie chitarre principali, con le sole differenze nella tastiera, che è di palissandro e nella forma del manico che è leggermente più largo.
Devo dirti che mi trovo anche molto bene con quella, quando me l'hanno mandata ero leggermente preoccupato perché sapevo che la Eclipse LTD 1000 fosse il top della loro serie più “economica”, quindi immaginavo che la 407 fosse una chitarra che alla prova dei fatti valesse davvero meno della metà della 1000, invece sono rimasto sconvolto da quanto fosse performante anche quella, giuro, con la 407 ci farei anche un live dei Paradise Lost senza nessun problema. È davvero una grandissima chitarra, sono davvero contento sia della qualità di costruzione che di come suona. Poi in generale è sempre piacevole aver a che fare con i ragazzi della ESP, sono tutte persone molto gentili e appassionate.

Room 101: Capisco molto bene cosa intendi, io a casa ho un basso della LTD, nato già con dei pickup EMG di base e per quel poco che costa è davvero uno strumento notevole.
Aaron: Esatto, ma è proprio quello il punto, quando ero più giovane, quindi ti parlo del 1986 o giù di lì, le chitarre da trecento o quattrocento sterline che potevi trovare non erano nemmeno lontanamente paragonabili a quelle che puoi avere oggi per duecentocinquanta. Fa davvero impressione rendersi conto in prima persona di quanto la qualità di costruzione degli strumenti sia migliorata in questi anni. Ed è un'ottima cosa, perché ti permette di migliorarti come musicista molto più velocemente e non hai problemi come il ritrovarti ad accordare la chitarra ogni cinque minuti perché come la suoni fa (verso di strumento che si scorda, NdR), la mia prima chitarra era esattamente così (risate, Ndr)! All'epoca non sapevo nemmeno che si potessero cambiare le meccaniche, ma sono cose che si imparano crescendo. Comunque sì, ormai con duecentocinquanta sterline prendi degli strumenti di una qualità che ai tempi era davvero impensabile, quindi imparare diventa più facile e ti eviti tante frustrazioni all'inizio, perché avere uno strumento con cui non ti trovi bene a suonare è qualcosa che rischia anche di portarti ad abbandonare tutto purtroppo. Comunque, non so se si è capito, ma sono davvero entusiasta anche della 407, è la chitarra che suono di più quando sono a casa.

Room 101: Ma tra l'altro, da quando avete introdotto la sette corde, come accordatura sbaglio o avete anche deciso di abbassare di un tono il Si basso (B) in La (A)?
Aaron: No, abbiamo proprio abbassato di un tono tutte le corde! Quindi l'accordatura è diventata La-Re-Sol-Do-Fa-La-Re (A-D-G-C-F-A-D). Alla fine è una soluzione davvero comoda, perché c'erano alcune canzoni che dovevo suonare in Drop C sulla sei corde (Do-Sol-Do-Fa-La-Re o C-G-C-F-A-D, NdR), così sulla sette corde posso trasporle senza problemi e invece che suonare il Do (C) a corda libera ora me lo trovo sul terzo tasto della corda di La (A). Ma mi ci trovo bene, anche perché per tenere quell'accordatura uso una muta di corde abbastanza spessa, perché non mi piace che perdano di tensione e ballino tutte mentre suono (imita il rumore che fa una corda poco tesa, NdR), pensa che monto delle 12-68! Il Si (B) da 68 effettivamente è una corda bella spessa, quasi da basso in pratica, quando la suono fa davvero un suono bassistico, proprio uno “sdang” (imita il suono, NdR).

Room 101: Sì, con quella scalatura lì è decisamente quasi più una corda da basso che da chitarra!
Aaron: Sì, in pratica è come fosse la muta Elixir 12-52 con l'aggiunta di un 68 basso. Tra l'altro vanno anche benissimo per registrare perché essendo così tese non hanno quel suono più sporco e impreciso delle corde smollate.

Room 101: Certo che con il fatto che usi un Si (B) basso da 68 mi immagino che Stephen debba correre a comprare corde ancora più spesse!
Aaron: No no, il basso di Steve sta benissimo così (ride, NdR), anche se credo che -pur suonando un cinque corde- lui si troverebbe meglio a suonare un quattro. Cioè, gli piace il cinque, la corda bassa comunque quando serve ha quel qualcosa in più in termini di suono grave che un quattro corde non potrebbe mai darti, però lui è più una bassista da quattro corde!

Room 101: Meno male! Aaron, mi sa che il tempo a nostra disposizione è terminato, ti ringrazio davvero tanto per la tua disponibilità e per le risposte esaustive.
Aaron: Grazie a te, è stato un piacere, poi come avrai capito potrei stare a parlare di chitarre tutto il giorno.
Ecco, a proposito, non ti ho detto che mi sono comprato anche un Kemper da tenermi a casa, e anche una testata Mini Krank. Poi quando lavoravamo insieme alla Blackstar (nota marca di amplificatori, NdR), mi diedero una testa di quelle da 1 watt (meno che una testata da viaggio in pratica, NdR) e così la attaccai ad una cassa 4x12, giusto per provare e il risultato fu sorprendente (ridendo, NdR). Riuscivo a regolare il gain come piace a me, non sono uno che ama le distorsioni troppo spinte, preferisco che ci sia sempre una componente più clean nel mio suono per le ritmiche, anche perché così i palm mute non perdono di definizione e non spariscono nel mix. Nel complesso ho un suono che è un po' più pulito di quello che ci si aspetterebbe visto il genere, ma trovo che aggiunga una definizione che non ha davvero prezzo. Comunque sì quella testata microscopica suonava benissimo con la 4x12, la userei senza problemi se andassi a fare qualche serata a suonare con gli amici, anche se non capita spesso. Anche se recentemente me ne è capitata una con il mio amico Gizz Butt che è il chitarrista degli English Dogs (gruppo hardcore punk britannico, NdR), era il suo cinquantesimo compleanno lo scorso anno e io non pensavo di poter esser presente quel giorno per festeggiare perché era in mezzo alla stagione dei festival. Poi due giorni prima del suo compleanno l'ho chiamato dicendogli “guarda, riesco a venire, ho già prenotato l'hotel, dammi poi i dettagli” e lui mi ha risposto “Oh bene, fantastico, comunque tu suonerai Ace of Spades” e io ero tipo “no aspetta cosa?” e lui “sì, Ace of Spades, non preoccuparti comunque”. Fatto sta che mi sono imparato Ace of Spades con la sette corde e l'ho adattata in modo che potessi anche suonare la parte che fa (canticchia la parte del basso, NdR). Credo che quel compleanno sia stata l'unica volta che ho suonato come guest per qualcuno, tra l'altro Ace of Spades l'avevo suonata con la LTD 407 accordata in standard ma sempre con le 12-68, con quella tensione praticamente mi sembrava di suonare le corde di un pianoforte (risate, NdR), è stato assurdo, però stranamente è rimasta comunque accordata anche se ha le meccaniche più economiche. Davvero memorabile quel compleanno a suonare con Gizz, alla fine era stata una serata di jam session con lui e tutti i suoi amici di altre band, c'era anche un nostro amico comune che suona nei Fields of the Nephilim, ci siamo fatti delle gran risate!

Room 101: Che belle le serate così!
Aaron, di nuovo, davvero grazie tantissimo per il tuo tempo e i tuoi racconti. Buona fortuna per il resto del tour.
Aaron: Grazie a te per la chiacchierata e ci vediamo allo show!



gabriele
Mercoledì 8 Novembre 2017, 21.23.30
2
lo spirito dell'heavy metal, grande passione e cuore! Bravo Aaron e compilimenti anche all'intervistatore .
Antonello
Mercoledì 8 Novembre 2017, 18.04.44
1
Ho conosciuto Aaron a Copenaghen lo scorso settembre, ragazzo gentilissimo, ero senza e biglietto ( ... e disperato) per il concerto dei Paradise Lost, sold out, mi ha fatto entrare aggratis
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