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19/04/24
𝐍𝐎𝐃𝐄
CENTRALE ROCK PUB, VIA CASCINA CALIFORNIA - ERBA (CO)
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KLIMT 1918 + DIVENERE - Kraken Pub, Milano (MI), 08/12/17
13/12/2017 (1137 letture)
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Recente novità nell’ambito dei locali alternativi milanesi, il Kraken sorge in piena Bovisa, quartiere milanese un tempo centro industriale e ora ravvivato principalmente dalla presenza del Politecnico. L’area circostante il locale assume, in una fredda sera dicembrina, i connotati del luogo post-apocalittico, reso ancor più credibile dal gasometro abbandonato che s’innalza proprio di fronte alla porta d’ingresso del piccolo pub. Da lì, dopo aver disceso alcuni gradini, si raggiunge l’area concerti, dalla volta arcuata di mattoni a vista, una via di mezzo tra una cantina e una galleria sotterranea. Fresca e suggestiva, cornice insolita, per alcuni aspetti contrastante e per altri incredibilmente adeguata alla musica che è stata proposta la sera dell’8 dicembre, data del ritorno a Milano dei romani Klimt 1918.
DIVENERE Attivi dal 2005, i Divenere sono una formazione dedita a sonorità abbastanza affini alla proposta musicale degli headliner della serata al Kraken Pub, e per questo motivo risultano essere una spalla pressoché perfetta. Poco appariscenti, prendono possesso del piccolo palco del locale intorno alle 22:40 e presentano una manciata di brani tratti dalla loro non ricchissima produzione discografica. I brani sono leggermente più lunghi della media, caratterizzati da venature malinconiche, qualche tocco di alternative rock, di shoe-gaze, volendo anche una punta di dream pop. L’interazione col pubblico è nulla, palesando una certa mancanza di sicurezza e di abitudine a quel tipo di contesti. Inoltre, i suoni sono decisamente insoddisfacenti, non consentendo di apprezzare in modo adeguato sia la performance strumentale, sia quella vocale, sia la qualità delle composizioni e del sound della band in termini assoluti. E questo, purtroppo, per chi non conosceva già la produzione dei Divenere, è stato un handicap impossibile da superare, inficiando di molto la presa della prestazione sul pubblico e la possibilità da parte di quest’ultimo di farsi un’idea anche solo parzialmente esaustiva sul genere e sulla validità della proposta. Da rivedere con suoni migliori.
KLIMT 1918 Ho visto i Klimt 1918 per la prima – e, fino a questa serata, unica – volta nel maggio 2006, all’Alpheus di Roma, quando suonarono di spalla ai Novembre, freschi autori di Materia. I Klimt avevano dato alle stampe a fine 2005 quello che rappresentava l’apice del loro percorso di evoluzione musicale, l’intenso e passionale Dopoguerra. A undici anni di distanza, la formazione romana ha probabilmente superato sé stessa col doppio album Sentimentale Jugend, splendida astrazione dei concetti espressi liricamente e musicalmente da Marco Soellner, voce, chitarra e anima pulsante della band. Pur non essendo una live band attivissima, è tanta la curiosità di rivederli a distanza di così tanti anni, e ancora una volta a valle di un percorso musicale evoluto, personale e sfaccettato. I sotterranei del Kraken sono abbastanza popolati, pur garantendo a ogni avventore il giusto spazio. I numeri della serata si aggirano nei dintorni della sessantina di presenze, in apparenza tutte partecipi e a conoscenza della band e delle sue composizioni. Marco Soellner, suo fratello Paolo, Francesco Conte – unico nuovo membro rispetto alla mia prima volta – e Davide Pesola salgono sul palco e dedicano la quasi totalità del loro concerto all’ultimo nato, quel Sentimentale Jugend che veniva pubblicato a fine 2016 e che a distanza di un anno suona ancora fresco e ricco di sfumature da continuare a cogliere. Quella stessa ricchezza compositiva che alberga nei solchi del disco è stata diffusa dagli strumenti dei Klimt 1918 che, seppur poco supportati dall’acustica e dalla qualità dei suoni, hanno saputo ricreare quelle stesse atmosfere soffuse, eteree e sognanti che hanno saputo incantare chi ha apprezzato la loro ultima fatica compositiva. Definire la loro attività live non particolarmente intensa è un eufemismo, ma se la memoria non inganna li ho trovati più precisi e rilassati rispetto alla prima volta, oltre che con una convinzione e una maturità che non avevano per ragioni anche anagrafiche nel 2006. L’ora e mezza di concerto vola leggera, dolcemente e verso il finale viene dato spazio ai vecchi album, ripescando Parade of Adolescence da Undressed Momento e Snow Of ’85 da Dopoguerra, per chiudere con la versione rarefatta di They Were Wed By the Sea, tratta dal disco bonus della versione digipack del disco del 2005. Notevole la differenza stilistica tra i brani dell’ultimo lavoro rispetto ai primi due dischi, e infatti la percezione è quella di una band che ormai si trova decisamente più a suo agio con le sonorità sviluppate nel corso degli ultimi anni, quelle che il loro percorso musicale li ha portati a sentire come più affini al loro attuale gusto e sentimento.
CONCLUSIONI Quando si ha la possibilità di assistere a un concerto di una band che si apprezza e che, oltretutto, non è prolifica a livello di produzioni discografiche né di presenza live, bisogna provare ad approfittarne. Farlo per vedere i Klimt 1918 è stato inevitabile, ripagato da una performance spartana, diretta, sentita. I suoni non saranno stati perfetti, ma la resa ne ha risentito solo in piccola parte: se alcune sfumature, certe delicatezze e raffinatezze sonore non sono state messe nella giusta evidenza, va altresì detto che l’intensità emotiva della performance e del coinvolgimento sia stata in linea con quanto era lecito aspettarsi da una formazione così personale, ricercata e autentica. Subito dopo il concerto i membri della band si sono mischiati al pubblico, prestandosi a chiacchierate, autografi e foto, talvolta apparendo quasi stupiti dell’affetto loro dimostrato dagli astanti. Pur rimanendo preferibili e meglio fruibili in cuffia e in contesti di tranquillità, buio, ancora meglio in cuffia, questi “nuovi” Klimt 1918 funzionano anche nella dimensione live, e il loro status meriterebbe sicuramente una chance in contesti che possano valorizzarli e farli giungere a quante più orecchie possibili. Da fan ormai di vecchia data, tuttavia, ammetto che godermeli in maniera così intima, a contatto quasi fisico, sia la miglior forma di interazione col post-rock sognante e raffinato della formazione capitolina. Un plauso al Kraken per aver ospitato una serata perfettamente riuscita e soddisfacente sotto ogni punto di vista.
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@Vittorio: oltre a Davide, nei Foreshadowing suona - tuttora - anche Alessandro Pace, che è stato chitarrista dei Klimt tra il 2002 e il 2006. La scena alla fin fine è piuttosto piccola, se consideri che gli stessi Novembre hanno contribuito ai TF con Giuseppe Orlando. |
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I Klimt 1918 sono una band di alto livello e lo hanno dimostrato anche in questa data. Del resto provengono dalla scena romana, che negli ultimi 20 anni ha dato prova di grandissime uscite. A tal proposito, mi rendo conto solo adesso che Davide Pesaola ha suonato anche sui primi dischi dei The Foreshadowing. |
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