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BEST OF 2017 - Prima parte
01/01/2018 (3457 letture)
Un nuovo anno si è appena inaugurato e noi di Metallized abbiamo pensato di fare un punto della situazione sulle migliori uscite musicali che ci hanno accompagnati nei mesi appena trascorsi. Il lavoro ha visto coinvolta tutta la Redazione e non ci siamo voluti limitare solo ad un’opera di classificazione divisa per generi, perché uno dei nostri obiettivi è stato voler far parlare, oltre che le nostre recensioni ed i nostri commenti, soprattutto la musica. Ecco perché, in ogni sezione, troverete in allegato il link alle playlist pubblicate sul nostro canale Spotify, dove sono stati raccolti i brani rappresentativi delle nostre top ten, uno per ogni album citato.
Come sapete, qualche mese fa abbiamo infatti voluto inaugurare questa nuova esperienza, fornendovi settimanalmente delle playlist che vi potessero accompagnare durante le vostre attività quotidiane, playlist guidate da fili conduttori diversi: focus sulla carriera di alcuni gruppi, playlist tematiche, raccolte di brani legati ad un genere o le novità musicali pubblicate di settimana in settimana.
Da giugno abbiamo collezionato quasi 200 playlist (il traguardo è vicinissimo!) e raccolto follower anche grazie a tutti voi che avete accolto il nostro invito a seguirci e supportarci, da lettori ed ascoltatori affezionati.

Vi lasciamo dunque a questa prima parte di Best of, sperando che questa istantanea sintetica del 2017 sia di buon auspicio per il 2018 iniziato da qualche ora.

Ovviamente siete invitati a dirci la vostra sulle vostre personali top ten.

Buona lettura, ma soprattutto.. buon ascolto!


AREA HEAVY
Ci si rende conto del valore delle uscite di un genere nell'anno passato solo quando si arriva a tirare le somme. Il 2017 non sarà forse ricordato come il migliore per l'heavy classico, ma tra conferme e novità non ci si può davvero lamentare, considerando poi le ottime prove della band italiane.
>> Ascolta la Playlist

Masters of Disguise - Alpha/Omega: Forte anche di una produzione ben curata e di una registrazione pulita e giustamente bilanciata sulle parti vocali, Alpha / Omega risulta essere un album ispirato, travolgente e terribilmente coinvolgente. Promosso a pieni voti e consigliatissimo a tutti gli appassionati di heavy metal, giovani e meno giovani. I Masters of Diguise si dimostrano una band in grande spolvero da supportare e seguire e sono la prova che l’ispirarsi al meglio della tradizione metal anni 80 non significa automaticamente attingere a soluzioni banali né tantomeno mostrare mancanza di personalità e di idee.

White Skull - Will of the Strong: Vietato pensare ai White Skull come ad una band che abbia ormai già dato il meglio di sé. Piuttosto sarebbe più corretto considerarli una splendida realtà attuale, forti di un passato glorioso, ma consolidato da un presente assolutamente all'altezza e dal futuro se possibile ancor più promettente. Sì, perché se prendiamo i White Skull degli ultimi anni ci troveremo di fronte ad una formazione che sembra addirittura in costante crescita.

Jag Panzer - The Deviant Chord: A dirla tutta, The Deviant Chord si presenta subito alla grande, con una copertina richiamante la fantascienza classica che è una gioia per gli occhi e che ben predispone per l’ascolto. Senza volerci addentrare in una lunga disamina pezzo per pezzo, l’album presenta senza dubbio una conferma dello stile classico della band, fatto di tempi medi piuttosto sostenuti, con ampie concessioni a midtempos di memoria doom, aperture melodiche e armonie corali, epicità muscolare e strutture non sempre ortodosse.

Blind Guardian - Live Beyond the Spheres: Nonostante la lunga durata, potenzialmente foriera di problemi di noia, i Blind Guardian confezionano al tirar delle somme un ottimo album dal vivo -la cui unica vera pecca è l’assenza di una versione DVD- e ci riescono essenzialmente per un motivo. Ascoltandolo, infatti, si percepisce l’atmosfera del concerto come ormai capita raramente di sentire nei dischi dal vivo registrati oggigiorno.

Striker – Striker: Negli Striker si manifesta chiaramente il desiderio di emergere di una band che, conscia delle proprie potenzialità e forte della gavetta che sta facendo, ci crede e mette anima e corpo in quello che fa. Aggressività ed energia ne sono le dirette conseguenze, per un album che, ancora una volta e nonostante la scarna copertina, racchiude un perfetto concentrato di heavy metal che, partendo da solidi riferimenti, si attualizza e si impreziosisce grazie anche ad un mixaggio e una produzione cristallina, precisa ed avvolgente curata da Fredrik Nordström dei Dream Evil.

Accept - The Rise of Chaos: il quindicesimo album degli Accept si attesta su una solida, abbondante e convincente sufficienza, confezionato forse con un po' di mestiere, ma sorretto da una produzione curata e cristallina che ne smussa i lati meno convincenti, in perfetto stile Nuclear Blast. The Rise of Chaos ad ogni modo merita tutte le attenzioni del caso e siamo fiduciosi che molti di questi brani potranno esprimere maggiormente il proprio potenziale quando saranno presentati in sede live.

Armored Saint - Carpe Noctum: tutto quello che arriva dagli Armored Saint è da considerarsi un vero e proprio regalo e quindi anche Carpe Noctumassume questa valenza: una testimonianza imperdibile della grandezza di una band fantastica, di livello assoluto in ogni comparto e con una discografia solidissima e piena di pezzi che fanno la differenza. Fatelo vostro senza alcuna remore. Nella sua brevità, ha tutto il sapore intenso di un bourbon bevuto d’un fiato.

Holy Martyr - Darkness Shall Prevail: Con Darkness Shall Prevail gli Holy Martyr sugellano il loro album più ambizioso. Il percorso di crescita è evidente e si può ben dire che a questo punto il gruppo abbia raggiunto un livello che giustificherebbe l’attenzione nazionale e internazionale. La produzione è praticamente perfetta e funzionale ad un disco che possiede un fascino evidente. Non è un lavoro per tutti, ma neanche un album che si può ignorare.

Labyrinth - Architecture of a God: Il senso e la durata nel tempo dell’edizione di un prodotto del genere nell’anno di grazia 2017, che non è e non vuole occuparsi di essere innovativo, è direttamente proporzionale alla sua capacità di diventare un classico perlomeno all’interno della discografia della band che lo ha prodotto. Un obiettivo il cui raggiungimento è quantomeno probabile. Quel che è certo, in ogni caso, è che Architecture of a God è un lavoro equilibrato sotto ogni aspetto ed è prodotto esattamente come la band desiderava che fosse, rendendolo così un perfetto specchio di ciò che attualmente sono i musicisti che lo hanno concepito ed eseguito.

Secret Sphere - The Nature of Time: questo non è un disco power. O almeno, non solo. La necessità di veicolare un sentire interiore, una serie di stati d’animo e la scelta di lasciar fluire la musica così come è sgorgata dalla penna di chiunque sia intervenuto nella scrittura, esige infatti una chiarezza espositiva ed un rispetto di ogni singola nota che può essere compreso solo valutando il pacchetto The Nature of Time nella sua interezza. […] Disco da assimilare lentamente e dopo decine di ascolti per apprezzarne le sfumature e l’intenzione, The Nature of Time è un album forse poco power in senso stretto, per certi versi poco Secret Sphere, ma assolutamente eccellente; e forse proprio per queste ragioni.

AREA HARD ROCK
Un anno ricchissimo per l'hard rock, che vede nomi storici e nuove leve rilasciare album di elevato spessore, tra richiami classici e qualche novità. Pur senza innovazioni reali su un tessuto ormai standarizzato, l'hard rock torna a raggiungere livelli di ispirazione davvero notevoli.
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Royal Thunder – Wick: Disco indubbiamente profondo e maturo, ricchissimo di idee ed influenze e piuttosto diverso da quanto fatto in passato dalla band, Wick dimostra quanto le ambizioni dei Royal Thunder puntino in alto. Eppure, la scelta non è quella della soluzione facile, dello svendersi e banalizzarsi, quanto all’esatto opposto di perseguire una propria strada, personale e affatto scontata.

Black Country Communion – BCCIV: Meglio comporre che passare il tempo a litigare: l'ennesimo lavoro eccellente della band di Los Angeles ne è la prova. I due mesi passati al Cave Studio di Malibu si fanno sentire eccome su questo prodotto. Il fatto poi che i Black Country Communion abbiano fatto passare un anno dall'inizio della lavorazione del disco alla sua uscita la dice lunga sull'attenzione messa in atto dalla band per realizzare un disco che sia fruibile ad un'ampia gamma di appassionati del genere.

Alice Cooper – Paranormal: Paranormal, a distanza di sei anni da Welcome 2 My Nightmare, ci riconsegna un Alice Cooper che pare proprio avere ancora molto da dire e da regalare ai suoi fan: si tratta infatti di un disco variegato, divertente, coinvolgente e che contiene almeno 3-4 brani di livello davvero superiore, accanto ad un paio di pezzi meno brillanti e ad un contorno di tutto rispetto, qualitativamente comunque sopra la media.

Europe - Walk the Earth: un album maturo e ragionato sotto tutti i punti di vista, che pesca dichiaratamente a piene mani dalle formazioni storiche del rock e consente agli Europe di proseguire il loro percorso musicale voltando lo sguardo verso il passato ma senza temere il futuro.

Deep Purple – inFinite: ultima fatica di quest'ennesima grande formazione di artisti, è un lavoro complesso, più sfaccettato e sicuramente meno immediato del suo ottimo predecessore, ma, a parte alcune tracce meno brillanti, non certo meno valido. Se davvero si tratterà dell'ultimo album in assoluto del Profondo Viola, allora potete stare sicuri che il suo canto del cigno è di quelli da ammirare e rispettare.

Sweet & Lynch – Unified: Uno dei migliori dischi di quest’anno nel genere: gli Sweet & Lynch non sono mai banali, sanno usare perfettamente il loro immenso bagaglio esperienziale per certificare trame, situazioni e soluzioni di un gusto strepitoso e una perizia estrema. Sweet ha una voce matura, esplosiva e lavica che raggiunge picchi incredibili e di gamma, di George Lynch che volete che si dica, è migliorato nel tempo acquisendo coloriture sullo strumento che ai tempi dei Dokken non aveva, Tichy e LoMenzo formano un doppio team alla dinamite. Unified vi sorprenderà, è un Cd da urlo, impossibile tralasciare un ordigno di tale livello! Buy it or listen to Candy Candy.

Revolution Saints - Light in the Dark: Un disco letteralmente strepitoso, mai un filler o un indugio, i Revolution Saints ormai vanno annoverati tra i super big del genere, una scrittura di livello superiore, una voce stentorea e dalla grande estensione, una chitarra eruttante e indomabile, ogni solo distilla emozioni a iosa con un Doug che andrebbe clonato e tramandato ai posteri, e un Jack Blades che regala quadratura ad ogni nota, sfruttando la sua voce per alimentare partiture corali di impatto inarrestabile.

Crazy Lixx - Ruff Justice: Il qui presente e luccicante Ruff Justice si presenta come un disco molto guitar-oriented, maturo ed ispirato da nuovi sentieri, anche grazie a penne compositive rodate, esaltate da una produzione potente ed evoluta. Il quinto CD da studio di questi ragazzi nordici, sfavilla sin da subito e fa sfoggio di dieci pezzi innescati da tante melodie, chitarre devastanti e soluzioni realmente di alto spessore, un vero botto.

L.A Guns - The Missing Peace: Un buon disco questo nuovo degli L.A. Guns, con spiragli e piccole aperture filomoderniste, anche se sono preponderanti le matrici storiche che si accoppiano, più volte, con le reminiscenze sudicie del passato e di ciò che è stato, sia in termini di ispirazione che di soluzioni melodiche e scrittura.

Hell in the Club – See You on the Dark Side: Quarta fatica, quarto ottimo lavoro per i rockers piemontesi Hell In The Club, ormai molto più di un nome emergente nel panorama hard rock italiano: ad un anno e mezzo di distanza dal buonissimo Shadow of the Monster, il quartetto che annovera fra i suoi membri musicisti di comprovata abilità, già all'opera con band come Secret Sphere ed Elvenking, si ripresenta infatti con un altro album godibile e ben riuscito

AREA THRASH
Il 2017 è stato un anno incredibile per il thrash, con numerose uscite di elevato valore, a maggior ragione considerando anche il livello di chi è rimasto fuori dalla classifica per un soffio. Diamo uno sguardo tra gli highlights di questo splendido anno che ha regalato perle fino all'ultimo.
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Kreator - Gods Of Violence: Con Gods Of Violence i Kreator piazzano un altro colpo di gran classe nel panorama metal internazionale confermandosi come Mostri Sacri del genere stesso: ci troviamo di fronte a un album di qualità superiore che presenta pochissime imperfezioni, e che con tutta probabilità entrerà nella top ten thrash dell'anno. Inossidabili.

Overkill - The Grinding Wheel: The Grinding Wheel è assolutamente un gran disco, è ovvio che in alcuni passaggi c'è molto mestiere ma d'altronde non potrebbe essere altrimenti; l'integrità di questa band non ha eguali nel panorama mondiale delle grandissime band, gli Overkill sono da sempre ciò che sono, persone innamorate della propria musica e che riconoscono da sempre l'importanza dei propri fans. D.D. Verni e Bobby ''Blitz'' Ellsworth insieme hanno prodotto grandi dischi, suonato su migliaia di palchi sparsi in tutti i continenti; da qualche anno si accompagnano con musicisti incredibili e tecnicamente eccelsi, il loro diciottesimo album è l'ennesima bomba da parte dei newyorkesi.

Warbringer - Woe To The Vanquished: Woe to the Vanquished è arrivato senza grosse aspettative, probabilmente un po’ tutti pensavano ad un buon disco thrash e nulla più, invece i Warbringer sorprendono con un uscita grandemente sopra la media, una mazzata in faccia, chirurgicamente studiata dove l’assalto sonoro non è fine a se stesso, ma accompagnato da una cura certosina nei testi e nella creazione delle atmosfere ad essi collegate. Il 2016 è stato l’anno dei Vektor questo sarà l’anno dei Warbringer? Chiedetelo al vostro professore di storia, ma solo se ha un’aria truce e un chiodo di pelle…

National Suicide – Massacre Elite: Massacre Elite rappresenta non solo la riconferma di una band di cui per anni si è sentita la mancanza nell’underground tricolore ma anche la maturità e la consapevolezza che rimanendo totalmente fedeli a se stessi si può “dare la paga” a chi fa del thrash metal un momento di passaggio o una vetrina da specchietto per le allodole (con pochissima sostanza) e non uno stile di vita e una bandiera da sventolare orgogliosi e con veemenza maggiore come i National Suicide fanno da sempre.

The Haunted – Strenght in Numbers: parafrasando il titolo dell’album stesso, stabilisce in modo chiaro, netto e definitivo la maturità compositiva di questa band che risiede proprio nell’unità di gruppo e di intenti, nella varietà compositiva ben amalgamata all’interno di ogni singolo brano e alla versatilità tecnica di ogni singolo componente al servizio del proprio collega e del brano stesso: si possono vedere tutti i musicisti qui coinvolti come semplici manovali ben navigati del metal con qualche spruzzo di classe, ma probabilmente il segreto dei nuovi The Haunted sta proprio nell’unità, nell’aiuto reciproco e “familiare”, nella compattezza e nella serenità, con problemi interni finalmente lontani e una consapevolezza artistica acquisita e definita, che può portarli solo a sfornare altri piccoli manifesti di death/thrash scandinavo e a fare felici chi li ha sempre amati dal primo album.

Tankard – One Foot in the Grave: Ad ogni album dei Tankard si sa sempre bene o male cosa aspettarsi (inclusa la ghost track finale con coro da stadio alcolico ovviamente in onore dell’amato Eintracht Frankfurt), ma questa volta i nostri hanno osato qualcosa di più, come detto a inizio recensione, soprattutto in fase lirica, e ciò non può far altro che stupire in maniera positiva anche chi non li ha mai seguiti particolarmente.

Havok – Conformicide: Tra i più amati esponenti della nuova ondata thrash, gli Havok si confermano con il loro terzo album Conformicide come una solida e competente compagine. Tra i tanti, il loro thrash tecnico, pur non presentando particolari novità mostra comunque una maggior ricerca di personalità che li rende come candidati ideali per un Best Of del 2017.

Municipal Waste - Slime and Punishment: si tratta di un lavoro nel quale il consolidato thrashcore targato Municipal Waste è particolarmente ben riuscito e brilla per irruenza ed aggressività. Senza inventare nulla, la band riesce a rendere fresco un genere ad alto rischio di stagnazione. Questo è quanto di meglio i Municipal Waste hanno da offrire: chi li conosce e li apprezza non rimarrà deluso, per tutti gli altri si tratta comunque di un discreto pugno sui denti.

Power Trip - Nightmare Logic: Una delle vere sorprese dell'anno in ambito thrash, i Power Trip confezionano un disco di grande spessore e ferocia, che rinverdisce i fasti di un thrash aggressivo e feroce, che non nasconde echi hardcore, ma sa guardare anche a soluzioni moderne. I ragazzi texani tornano dopo quattro anni dal precedente Manifest Decimation con un album che ha fatto saltare molti sulla sedia quest'anno.

Eruption – Cloaks of Oblivion: è un album completo, in cui ogni brano potrebbe tranquillamente fare da singolo o da hit di lancio come promo pack per qualunque tipo di etichetta, ha una produzione ottimamente bilanciata anche se con ampi margini di miglioramento (suoni non perfetti soprattutto nelle code dei piatti della batteria o nella scelta del suono del rullante, ma questa è un’opinione puramente personale), ma soprattutto ha “le canzoni”, possiede quindi l’ingrediente base per entrare subito nelle teste e nei cuori di chiunque abbia una cultura base metal e si approcci a una band giovane ma dalle potenzialità altissime e sempre più in crescita. Ascolto dopo ascolto gli Eruption hanno tutte le carte in regola per fare da subito il salto di qualità e andare a occupare un posto da tempo vacante nel panorama metal mondiale.

AREA ALTERNATIVE
Sul versante Alternative ormai da anni è lecito attendersi di tutto e così è giusto ricordare come la più variegata compagine dell'universo metal si nutra tanto di conferme quanto di preziose novità, che ne confermano una linfa vitale prorompente più che mai.
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Living Colour – Shade: Forse è stato anche meglio che i Living Colour si siano presi, volontariamente o no non possiamo saperlo, nove anni per realizzare questo Shade, perché il prodotto finale è di una qualità più alta di quella che era lecito aspettarsi da una band ormai affermata e dallo status quasi leggendario, soprattutto quando la maggior parte dei loro celebri colleghi si limita a far uscire lavori raffazzonati e mediocri. Shade è un ottimo ritorno, un ottimo album in cui, in puro stile Living Colour, confluiscono tutte le sfumature della musica nera, il metal, la politica, la protesta e una sana voglia di divertirsi nonostante tutto.

OzOra- Perpendicolari: un album perfettamente al passo coi tempi e dal respiro internazionale, un debutto magistrale e maturo che si spera non passi inosservato. Lo spettro stilistico della band passa dagli Alter Bridge a pilastri del rock italiano come Afterhours e Marlene Kuntz, senza disdegnare il cantautorato, come del resto prova la cover di De Andrè. Perpendicolari è un mondo ricco di cambi di tempo, dissonanze, riff granitici e assoli, ritmiche compatte e molto articolate, nella quali la sezione ritmica ricopre un ruolo fondamentale insieme alle chitarre, fruibile da praticamente chiunque, ma al tempo stesso portatore di una complessità tecnica non indifferente, come una quantità di influenze impressionante.

He is Legend – Few: Few è un disco fresco, ispirato, coinvolgente, che nella brevità dei brani riserva sorprese una dopo l’altra. Molto melodico, a suo modo, fruibile praticamente da chiunque, ma al tempo stesso portatore di una complessità tecnica encomiabile, come anche di una quantità di influenze a dir poco stordente.

Life Of Agony – A Place Where There’s No Pain: un ottimo ritorno per una band che occupa un posto di rilievo nel cuore di molti amanti del genere e non. Le canzoni suonano fresche e immediate, e in molti punti la band dimostra una voglia di sperimentare finora quasi totalmente inedita.

Body Count – Bloodlust: Complessivamente Bloodlust è un disco ben suonato e compatto, ma forse ancora troppo simile ai precedenti. Gli amanti della band non avranno nulla da ridire, anzi lo accoglieranno con grande entusiasmo, mentre chi fa più fatica ad apprezzare il sestetto californiano non cambierà idea. Bisogna comunque constatare un ulteriore piccolo passo avanti dal punto di vista qualitativo, dovuto in gran parte all’ottima produzione, mai plasticosa e ruvida al punto giusto. Inoltre le collaborazioni di alto livello hanno contribuito all’esito positivo.

LambStone - Hunters & Queens: Quello che viene suonato dalla band è un alternative rock con influenze che vanno dal post grunge al nu metal, due generi che avevano spopolato tra la fine degli anni 90 e l’inizio del nuovo millennio, il tutto però rivisto in chiave moderna, al fine di non risultare nostalgici.

Oxbow – Thin Black Duke: Dopo dieci anni di silenzio, tornano gli Oxbow di Eugene Robinson con un album che conferma la natura poliforme ed inafferrabile di questa strana creatura. Post qualunque cosa, alternativa a qualunque definizione, d'avanguardia ma virtualmente per tutti, art rock e core, Thin Black Duke è un disco affascinante e carico di suggestioni disparate.

Quicksand – Interiors: Uno dei gruppi cardine del post-hardcore, tra i prime movers di un genere che ha poi pienamente preso piede tra le frange di giovanissimi in cerca di qualcosa capace di veicolare malinconia e rabbia nello stesso tempo, i Quicksand tornano a 22 anni dal loro ultimo Manic Compression per riprendersi lo scettro. Capaci di oscillare tra post hardcore, alternative e post rock, i Quicksand sono una band capace come poche altre di colorare di emozione le proprie canzoni.

Klogr – Keystone: I Klogr< quello che fanno lo sanno fare maledettamente bene e per questo si può soprassedere, almeno fin quanto la band di Carpi continua a sfornare album di questo livello, sul discorso originalità. Keystone è un album ben strutturato e dotato di un’eccellente varietà compositiva, seppur, come già detto, privo di una necessaria voglia di ampliare i propri orizzonti.

Movements – Feel Something: Feel Something si candida ad essere uno dei migliori debutti dell’anno in campo rock e non ci resta che iniziare ad attendere un secondo album in cui la band californiana riesca a far esplodere tutto il talento che in questa prima prova ha lasciato ammirare solo parzialmente, forse coperto da un leggero timore di essere troppo presto etichettati.

AREA HARDCORE
Un anno caratterizzato dall'uscita di numerosi album di confine rispetto al classico hardcore e con una sempre più evidente infiltrazione di influenze metalcore o più in generale "modern" nel tessuto di un genere che comunque continua a vivere una giovinezza infinita.
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Dead Cross – Dead Cross: Il suo grande pregio è quello di tenere a bada il rischio di indigestione, possibile ad ogni momento con una simile composizione sonora. La band riesce a tradurre tutti i propri ingredienti in un suono polimorfo ma comunque unitario e non eccessivamente ostico. Certo, i Dead Cross non sono un gruppo per tutti, ma rispetto ad altri progetti di Patton risultano decisamente più lineari e facilmente assimilabili. Un album non evidente ma estremamente ben congegnato e prodotto, suonato da musicisti con un’esperienza e un savoir faire incredibili.

Rancid – Trouble Maker: L'album non porta sostanziali cambiamenti nello stile dei quattro, presentando così un prodotto ben confezionato e tipicamente nei loro standard, che senz'altro appagherà i fan della prima ora e chiunque voglia dedicarsi a quarantadue minuti buoni di punk rock spensierato ed orecchiabile, sebbene la sensazione della minestra riscaldata sia forte in particolar modo nelle battute conclusive.

Dropkick Murphys – 11 Short Stories of Pain & Glory: I Dropkick Murphys sono ormai una istituzione del cosidetto celtic punk e pur senza sostanziali novità rispetto al loro classico trademark, riescono ancora una volta a tirar fuori un album che puzza di birra, sale, mare, scazzottate e rivendicazioni di classe. Non è il disco dell'anno e non è neanche il loro miglior album, ma questi inni si fanno cantare a squarciagola come al solito e tanto basta per salutare ancora i ragazzi di Boston come cari amici ben ritrovati.

Tau Cross - Pillar of Fire: Quello che più stupisce di Pillar of Fire è la capacità della band di creare atmosfere e sensazioni caleidoscopiche e atipiche a partire da elementi tutto sommato semplici: il riffing di chitarra è basilare e a tratti volutamente monotono, mentre il drumming di Away, seppur preciso, non brilla per tecnica o singolarità. Ma gran parte del fascino del presente lavoro risiede proprio qui, in un risultato davvero notevole – e non da primo ascolto – ottenuto da ingredienti semplici. È in questa caratteristica che emergono tutta la classe, la genialità e l’esperienza dei musicisti coinvolti, che hanno dato vita ad un Golem singolare ed affascinante.

GBH – Momentum: Basta guardare la copertina di Momentum per avere subito un colpo al cuore e uno alle parti basse. Come poter rinunciare ai GBH e alla loro musica? Non c'è niente di meglio di questo sguaiato, sarcastico, feroce guazzabuglio di canzoni per ricordare a tutti che i Maestri restano tali a distanza di quarant'anni, senza bisogno di gigioneggiare, ma con ancora tante storie da raccontare e tanti benpensanti da terrorizzare.

Korrupt – Preachers and Creatures: Preachers and Creatures presenta un suono composto e corrosivo, nel quale l’hardcore convive con il black metal e una forte vena melodica. E tutto ciò nella più assoluta naturalezza. Quello che infatti stupisce maggiormente nel debutto dei Norvegesi, è la loro capacità di creare un suono organico e coerente a partire da una paletta di influenze variegate.

The Adicts - And It Was So: Come facciano questi attempati signori pittati di bianco a trasformare degli ingredienti stantii e abusati in una manciata di hit resta un mistero, fatto sta che l’album scorre via che è un piacere, e coinvolge dall’inizio alla fine senza cedimenti. O forse non è un mistero, è solo il frutto di anni di esperienza, di mestiere e di attitudine. I The Adicts suonano come hanno sempre fatto, e lo sanno fare sempre bene. Si tratta pur sempre di un pezzettino della storia del rock.

Expander – Endless Computer: La cangiante copertina di Endless Computer e le tematiche sci-fi che vi sono trattate potrebbero far pensare ad un album di quel thrash metal progressivo e tecnico, lanciato dai Voivod e ripreso oggi con successo da gruppi come i Vektor. In verità, il debutto degli Expander è accostabile a tali act solo per la dimensione tematica, mentre musicalmente si pone in territori decisamente più cupi.

Raw Power – Inferno: Cosa aspettarsi dai Raw Power del 2017? Semplicemente i Raw Power del 2017, ovvero una band che da oltre 35 anni continua a scrivere e a proporre la propria musica, a testa bassa e con coerenza, fedeli alla linea ma mai stanchi o ripetitivi. Inutile cercare paragoni con gli storici debutti dei primi anni ’80.

Converge – The Dusk is in Us: The Dusk in Us conferma che i Converge sono ormai una band unica nel suo genere, che spazia tra hardcore, metalcore, heavy e quant'altro, permettendosi il lusso di alternare momenti di pura furia ad altri di riflessione crepuscolare e caliginosa, in un'alternanza di colori e suggestioni che confermano la loro statura di fuoriclasse.

RISERVE MA NON TROPPO
Scorrendo assieme i titoli rimasti fuori dalle classifiche, che come sempre non saranno mai complete e condivise da tutti e servono anzi proprio per discutere di chi potremmo aver dimenticato, ecco qua qualche prezioso nome da non perdere. Ad esempio, in ambito thrash abbiamo dovuto fare una severa cernita, ma tra i citati sarebbe grave dimenticare gli ottimi Ancient Dome, il grande ritorno degli Shrapnel, dei Galactic Cowboys e degli Act of Defiance, come i Panikk e ancora, Droid, Vexovoid, Mason, Terrifier, Panzer, Condor, Holycide, In.Si.Dia, Iron Reagan, Heart Attack, Amken, Thrash Bombz, Bad Karma, i ritrovati Sepultura, oltre ai sempre amati Trivium e alla cocente delusione partorita dagli Annihilator e i parzialmente deludenti Prong. Altrettanto dura è stata la scelta in ambito hard rock, con una grande quantità di ottimi album, a partire da Royal Blood, Danko Jones, The Night Flight Orchestra, Nothing More, The Wild!, Wolfpakk, Snakecharmer, Houston, Freight Train, il ritorno dei Pretty Boy Floyd, dei Vain, degli Steelheart e dei Pink Cream 69, Inglorious, Dirty Thrills, One Desire, Eclipse, House of Lords, i nostrani Lionville e, ancora, i mai troppo lodati Riverdogs, Gotthard, Autograph, Thunder, Stephen Pearcy, Pride of Lions, Jack Russel's Great White, Unruly Child, Night Ranger, Harem Scarem, Shameless, Sleazy Roxxx, Royal Hunt, Warrant, Dobermann, Mark Slaughter, Radiation Romeos, Graham Bonnet Band, EZoo, Ten, Mr. Big, Tainted Lady, gli italiani Damn Freaks, i Kee of Hearts, gli H.e.a.t, Phantom 5 e infine gli Steel Panther, che forse stavolta hanno però un po' deluso i propri fan, così come il confuso Jorn, il non eccelso album di Rex Brown e i Darkness. In ambito heavy, numerose le ottime uscite: segnaliamo prima di tutto Rage, Grave Digger, Ravage, RAM, Ancient Empire, Evil Invaders, Satan's Hallow, Lyzzard, Enzo & The Glory Ensemble, Necrytis, Duel, i ritrovati Iced Earth, Dark Avenger, Orden Ogan, Blaze Bayley, i live diAccept e Primal Fear, i Vis, Crystal Viper, Dark Ages, DragonForce, Astral Doors, The Ferrymen, Edguy, il debutto di Phil Campbell, i Trial, gli interessanti Imperivm e Chronomancy, Unreal Terror, Crohm, Madam X, Nocturnal Rites, Taberah, OZ e, tra gli autoprodotti, i Wicked Machine, i sorprendenti Witherfall e l'ottimo debutto solista di Alessio Forlani , mentre molto deludente la prova dei Masterplan alle prese col repertorio degli Helloween e dei Venom Inc.. Il settore alternative mostra invece qualche delusione che è rimasta fuori classifica, come l'ultimo Stone Sour, i Prophets of Rage, i Foo Fighters e gli Adrenaline Mob, tutte band dalle quali ci si attendeva qualcosa di più, mentre ottima la prova degli Anewrage, Rhumornero, Zenden San, Jumpscare, Conclusion of an Age, Bool e per il documentario degli X-Japan. Menzione infine in ambito hardcore per Malevolence, Cock Sparrer, Carnero, Flogging Molly, Dr. Living Dead! e i ritornanti The Professionals. Insomma, in conclusione non possiamo davvero dire che questo 2017 sia stato avaro di soddisfazioni e, anzi, a ben guardare, c'è di che leccarsi i baffi.



AL
Sabato 20 Gennaio 2018, 11.15.50
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Insidia meritano più visibilità. Alte che warbringer o tankard...
Silvia
Venerdì 19 Gennaio 2018, 23.53.42
22
@fasanez, non so, a me invece il cantante piace tantissimo, trovo che abbia un timbro unico e nelle cover di Midnight, Dio e Halford rispettivamente mi ha lasciato senza fiato, cosa che mi succede di rado perche’ non amo le cover.... Ma ha anche un bel growling, un graffiato stupendo e dei bei colori, insomma sono innamorata della sua voce . Sicuramente x me è stata la rivelazione dell’anno e si parlava con insistenza di un suo passaggio ai Crimson Glory (anche Drenning ha postato una sua cover nel sito ufficiale dei CG un anno fa), ma spero di no, ha troppa personalita’ x restare nell’ombra di un gigante come Midnight! Comunque le voci sono cosi’, o ti emozionano o no, non importa la tecnica alla fine... E poi ci sono certi cantanti cui siamo molto affezionati e magari ci sembrano inarrivabili e insostituibili
fasanez
Venerdì 19 Gennaio 2018, 22.22.52
21
@Silvia e @Lux. Devo dire che invece a me in Beast in Black non hanno detto moltissimo... Trovo le canzoni un po' tutte uguali e il cantante... niente da dire sull'estensione e sulla tecnica, ma a me sembra troppo clone di halford o midnight per certi versi... e quando uno si vuole avvicinare all'inavvicinabile (midnight) non mi va giu', ma sicuramente è un mio limite
Figalord
Mercoledì 10 Gennaio 2018, 16.04.57
20
Io voto Berlusconi!!
Carmine
Mercoledì 10 Gennaio 2018, 13.36.57
19
I Power Trip hanno distrutto tutti.
ObscureSolstice
Mercoledì 10 Gennaio 2018, 11.26.43
18
Ancora con questi Beast in Black, aridaje. Silvia ma vai ad ascoltarti gli Holy Martyr che sono pure sardi
Lizard
Mercoledì 10 Gennaio 2018, 11.03.52
17
@SOM: sarà dura, ma ce ne faremo una ragione prima o poi.
SOM
Mercoledì 10 Gennaio 2018, 7.47.22
16
Maaa chi le fa ste classifiche......in base a cosa a i gusti? Non miei allora.
lux chaos
Giovedì 4 Gennaio 2018, 19.45.52
15
Approfondirò! Grazie Silvia!
Silvia
Giovedì 4 Gennaio 2018, 13.53.56
14
@lux chaos, condivido tutto al 100% ! Anche x me il cantante Yannis Papadopoulos è stato un’incredibile scoperta, ti consiglio il suo canale YouTube perche’ fa delle cover pazzesche di vari generi (ne parlo sul forum in Off Topic!).... molto carino anche l’altro gruppo in cui canta un power piu’ canonico, i Wardrum. Scusate l’OT
lux chaos
Giovedì 4 Gennaio 2018, 4.09.43
13
Bellissimo report, andrò a recuperare le uscite che mi sono sfuggite per problemi di tempo. Però concordo con @Silvia, imperdonabile l'assenza del debutto eccezionale dei Beast In Black in area power, uno dei dischi piu divertenti e ispirati dell'anno anche grazie alla presenza del miglior cantante che abbia sentito da anni a questa parte...super!
lux chaos
Giovedì 4 Gennaio 2018, 4.09.42
12
Bellissimo report, andrò a recuperare le uscite che mi sono sfuggite per problemi di tempo. Però concordo con @Silvia, imperdonabile l'assenza del debutto eccezionale dei Beast In Black in area power, uno dei dischi piu divertenti e ispirati dell'anno anche grazie alla presenza del miglior cantante che abbia sentito da anni a questa parte...super!
Silvia
Mercoledì 3 Gennaio 2018, 17.06.06
11
Complimenti x il grande lavoro! Mi permetto di segnalarvi i Beast in Black che stanno ricevendo molti consensi in ambito power e inoltre credo che il live dei Primal Fear meritasse più spazio rispetto al (x me) troppo levigato album dei miei pur amati Blind Guardian.
Le Marquis de Fremont
Mercoledì 3 Gennaio 2018, 9.54.21
10
Bonne année à tous! Bella disamina, complimenti. Non sono generi che ascolto molto ma sottolineo nel genere "Heavy" in assoluto la prova dei White Skull, band che da quando è ritornata Federica De Boni, ha sfornato due album ottimi. Non vedo la presenza dei Mastercastle di Wine of Heaven e l'ultimo degli Elvenking. Da citare, peur moi, anche l'inossidabile Axel Rudi Pell con le sue ballad. Invece considero un po' prolisso il live dei Blind Guardian che ho fatto fatica a finire e poi ascoltato molto poco. Vedo dopo per la seconda parte. Au revoir.
Deathland
Martedì 2 Gennaio 2018, 22.25.03
9
Per me i Sepultura sono stati i migliori quest'anno, A-lex e DanteXXI erano degli ottimi dischi ma non al livello dell'ultimo
Mauroe20
Martedì 2 Gennaio 2018, 22.09.44
8
8 communic 9 kreator 10 soen
Mauroe20
Martedì 2 Gennaio 2018, 22.00.18
7
Personale Classifica Dischi 2017: 1 Pain_of_Salvation 2 mors principium est/ 3 the doomsday kingdom\ 4 dead cross 5 Steve Hackett 6 Septic flesh 7 ufomammut
Giaxomo
Martedì 2 Gennaio 2018, 21.14.01
6
Giusto così, ogni rivista / webzine deve palesare i punti di riferimento dell’anno appena trascorso. Bravi, bravi, bravi. Complimenti! (clap clap clap) 😉
fasanez
Martedì 2 Gennaio 2018, 19.42.12
5
Bell'articolo, complimenti!. Per me tra i top, body count, Revolution saints e BCC.
rik bay area thrash
Martedì 2 Gennaio 2018, 17.15.34
4
Sono sempre molto interessanti questi report che fanno un sunto (best of) di quanto è stato realizzato nell' anno appena trascorso. Complimenti allo staff.
lisablack
Martedì 2 Gennaio 2018, 14.29.17
3
Molto interessante per qualcuno che ha dimenticato qualche uscita..io aspetto la seconda parte con "area death" che l'anno appena finito, ci ha dato dentro di brutto!! Ehehe
Aceshigh
Martedì 2 Gennaio 2018, 10.54.48
2
Bella e utile (e pure ciclopica) iniziativa! Diversi album citati me li sono persi... ma almeno adesso mi sarà più facile affrontare gli "esami di riparazione". Aspetto la seconda parte per potermi esprimere, ma intanto... grazie!
ayreon
Martedì 2 Gennaio 2018, 9.06.38
1
nella prima parte di ayreon neanche l'ombra ,aspetto la seconda .
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