Ci sono certi brani che sembrano nascere proprio con l'intento di sconvolgere emozioni e sentimenti. Melodie avvolgenti e testi profondi concepiti per scaraventare chi li ascolta in un vortice di sensazioni da cui è davvero difficile uscire. Affascinano, seducono, catturano. E quando sferzano il loro destro dritto nello stomaco, è ormai troppo tardi per restare indifferenti. The Night Before è esattamente una di queste canzoni, un connubio di voce e suoni capace di lasciare un segno indelebile già dopo una manciata di secondi. La struttura semplice e la sua brevità sono la sottile lastra di ghiaccio sotto cui si estende un abisso di significati, esperienze e possibilità. Quella dei Riverside è una nenia tanto dolce quanto tetra, capace di mostrare il buio e la luce dell'essenza umana in un perpetuo gioco di ombre. Ed è proprio questo incessante e fioco specchiarsi di yin e yang, di bene e male, di esplicito e implicito, che conferisce forza tanto al testo quanto al brano in sè, marchiando a fuoco l'animo.
THE NIGHT BEFORE
Close your eyes Don't be afraid I'm with you This place is safe We found a camp We have supplies They will let us stay the night
Chiudi gli occhi Non aver paura Sono qui con te Questo posto è sicuro Abbiamo trovato un accampamento Abbiamo delle provviste Ci faranno rimanere per la notte
Il morbido ondeggiare delle dita di Michał Łapaj sulla tastiera fa strada all'ascoltatore accompagnandolo silenziosamente in un'atmosfera che, dietro la pacatezza di facciata, nasconde malinconia e preoccupazione. Pur sembrando distesa e rassicurante, la situazione in cui si è catapultati è tutt'altro che semplice: grazie alle poche parole di Mariusz Duda, soavi quanto taglienti, lo spettatore riesce a guardare attraverso il buio e a scorgere i confini del luogo in cui si trova, comprendendolo a poco a poco per quello che realmente è: si tratta di un accampamento, un piccolo rifugio ricavato nel grande contesto della guerra. È in questa apparente oasi di tranquillità che la vicenda prende forma in tutto il suo spessore. Il cantato evocativo rende tangibile in tutto il suo calore il dialogo-monologo tra queste due figure familiari, che esse siano intese come padre e figlio, fratello maggiore e fratello minore, o fratello e sorella. Il tono è rassicurante in ogni frase pronunciata e si articola in una sorta di climax di conforto accompagnato implicitamente da carezze, lacrime e abbracci. La voce narrante convince l'interlocutore a non aver paura di quanto sta succedendo all'esterno: quelle quattro mura, seppur estranee, sono sicure, e saranno casa almeno fino all'indomani. È tempo, quindi, di chiudere gli occhi e di abbandonarsi ad un sonno profondo e senza timori.
Close your eyes I'll tuck you in Mum will sing To make you sleep Don't mind the noise They're just the bombs A part of music for this song
Chiudi gli occhi Ti rimbocco le coperte La mamma canterà Per farti dormire Non dar retta al rumore Sono soltanto le bombe Parte della musica di questa canzone
La melodia si fa incalzante e con essa anche le rassicurazioni della voce narrante, accorta e melliflua in ogni passaggio. Il rasserenamento delle lyrics è trasmesso pienamente dal ripetersi ciclico della melodia, anch'esso confortante. Lo scambio di attenzioni del protagonista nei confronti della persona cara accudita prosegue e si rafforza per contrastare con tutte le proprie risorse il boato delle bombe e le paure agghiaccianti che ne conseguono. In questo passaggio risulta evidente la dicotomia tra l'interno e l'esterno: da un lato tenerezza, cura e silenzio, dall'altro distruzione, disinteresse e caos. L'uno è umano, accogliente, palpitante, l'altro è spersonalizzato, inospitale, gelido. La forza d'animo del protagonista (di cui non viene specificata la natura: potrebbe essere la madre stessa a parlare in prima persona, così come potrebbe trattarsi di un terzo componente familiare) è incredibile: la rassicurazione della persona amata è al primo posto a tal punto da arrivare a sminuire a parole le concrete esplosioni vicine, descritte semplicemente come accompagnamento alla ninna nanna cantata, quasi come fossero banali colpi di grancassa. È proprio per mezzo delle parole che si cerca una via di fuga che, per quanto apparente, può davvero essere sinonimo di salvezza. Tra queste quattro mura, le parole rappresentano l'unico forte appiglio affinché la speranza per il futuro prevalga sul terrore del presente.
When the night Begins to fall You and I In a safety zone The former world Shall not return But we'll survive intact Again
Quando la notte Incomincia a scendere Tu ed io In una zona protetta Il mondo passato Non ritornerà Ma noi sopravviveremo intatti Ancora
I minuti passano e i bombardamenti non cessano, alimentando i pensieri di morte e distruzione che, per quanto fermamente respinti, sono sempre lì, in un angolo remoto della consapevolezza. La ninna nanna prosegue e la voce di Duda allieta un sonno ancora livido, incapace di abbandonarsi totalmente all'incombere della notte. La speranza continua a riecheggiare in ogni singola parola, attingendo avidamente forza dalle paure dell'oggi e dall'incertezza di quello che verrà. L'oscurità lascia intravedere un bagliore di fiducia nel futuro, una fiammella accesa timidamente nell'abisso: un moto di riscatto e di rivincita sulle difficoltà che la vita ha obbligato a ingurgitare per del tempo ormai incalcolabile, che si tratti di minuti, ore o giorni. Per quanto retoriche, le parole di conforto ripetute in ogni strofa servono a rafforzare le pareti del rifugio, con la consapevolezza che prima o poi non sarà più necessario correre al riparo dal mondo esterno. Prima o poi, la guerra e l'inferno cesseranno: il passato lascerà spazio alla sopravvivenza, ad un noi che potrà dire di avercela fatta grazie alla propria forza d'animo e al proprio coraggio, e a poco altro. Quel mondo ovattato, quel falso rifugio, è solo una riproduzione in miniatura di quanto il futuro offrirà là fuori, lontano anni luce dagli spari.
The Night Before dell'ultimissimo Wasteland (InsideOut Music) è un brano che lascia irrimediabilmente un senso di vuoto. Il testo fa leva su una logica dello show, don't tell! architettata alla perfezione: ciò che non viene detto esplicitamente resta sospeso in aria e trasportato da una melodia che vale più di mille altre strofe descrittive. Non è importante sapere quale sia il conflitto che fa da cornice alla vicenda, così come non è rilevante esplicitare se si tratti di una battaglia realmente intesa o, metaforicamente, di una guerra quotidiana che l'individuo è chiamato a combattere contro se stesso, gli altri o le avversità. Al contrario: ciò che passa prepotentemente sia dal testo che dalla musica è il dolore, una fitta lancinante su cui bisogna trovare la forza di intervenire. E i Riverside lo sanno bene: le bombe possono scoppiare da un momento all'altro mietendo vittime senza il minimo preavviso, talvolta troppo presto. Da qualche parte, però, arde nascosta la volontà di prendere per mano i superstiti e ricominciare.
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