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METALLIZED CHARTS 2019 - Doom e dintorni...
12/01/2020 (2803 letture)
Anno ricchissimo e importante il passato 2019 in casa doom, stoner e sludge. Una caterva di uscite di livello che ci ha messo in seria difficoltà, tanto che numerosi album che troverete nella lista non hanno ancora avuto una giusta e meritata recensione. Cercheremo naturalmente di recuperare tutto il possibile, nella convinzione che probabilmente questo 2020 sarà ancora più ricco. Sono in particolare i comparti doom, nelle sue più lugubri derivazioni e stoner a dare le maggiori soddisfazioni ai propri ascoltatori. Generi che comunque si confermano fortemente votati all’underground, che davvero si rivela brulicante di ottimi album praticamente di continuo, rendendo molto difficile il seguire tutto e quindi anche l’emersione dei più meritevoli. Diverso il caso dello sludge che, come già visibile negli anni passati, perde di gran lunga vigore nel proprio alveo principale, mentre contamina di fatto quasi tutti i sottogeneri affini, grazie all’opera di band trasversali, che di fatto donano spore di sludge ovunque e grazie alla grande diffusione del post metal che sempre più sta diventando genere di riferimento per gli ascoltatori in cerca di nuove emozioni. Cominciamo quindi la lunga carrellata con la precisazione che non si tratta di una classifica: gli album, divisi per sottogenere, sono in ordine di uscita…

DOOM E HEAVY/DOOM

Candlemass – The Door to Doom (22.02)
Il sorprendente –in tutti i sensi- ritorno di Johan Längquist è motivo sufficiente per spingere The Door to Doom nelle classifiche di fine anno di tutti gli addetti ai lavori, ma la verità è che il disco non suscita particolari entusiasmi al di fuori di questo. Un album medio, mediocre se rapportato alla qualità potenziale della band, che si salva perché comunque di fuoriclasse stiamo parlando e che porta a casa il risultato senza brillare se non in qualche episodio. Certo, quella voce da sola vale l’acquisto.

Witchers Creed – Awakened from the Tomb (22.02)
Il doom classico ha trovato dei nuovi campioni? Sarebbe una ottima notizia e gli svedesi Witchers Creed, al debutto sulla lunga distanza, ce la mettono tutta per dire la loro in un settore affollato e se vogliamo carico di stereotipi, ma che non finisce di ammaliare se trattato con amore e ispirazione. E’ proprio questo il caso di Awakened from the Tomb disco di ottima fattura che lancia il giovanissimo gruppo nel gioco dei Grandi.

Lord Vicar – Black Powder (03.05)
Uno dei dischi più attesi del 2019 in ambito doom, Black Powder è un nerissimo monolite che rende merito al chitarrista Kimi Karki (ex Reverend Bizarre) e alla bella prestazione del singer Chritus (ex Count Raven). L’accoglienza anche in questo caso non è stata eccelsa: si rimprovera in sostanza ai Lord Vicar poco coraggio e qualche passaggio decisamente a vuoto. Mai come in questo caso, la parola passi al pubblico.

Saint Vitus – Saint Vitus (17.05)
Il ritorno di uno Scott Reagers in grande spolvero sembra mettere la parola "fine" definitiva al ritorno di Wino nelle fila dei doom master americani. Saint Vitus ha avuto un’accoglienza non proprio trionfale per il momento, pagando probabilmente per demeriti non suoi. In realtà, pur nell’alveo dello stile consolidato di Chandler e soci, si tratta di un album decisamente godibile e perfino aggressivo, che consigliamo quanto meno di ascoltare.

Crypt Sermon – The Ruins of Fading Light (13.09)
Se avete già deciso che gli Atlantean Kodex abbiano sfornato l’album di epic doom dell’anno, probabilmente non cambierete idea, ma un ascolto ai Crypt Sermon datelo. Secondo album e una decisa crescita in termini di songwriting, con influenze heavy più marcate ad innervare e impreziosire il riffing di scuola Solitude Aeturnus.

Monolord – No Comfort (20.09)
Il trio svedese, giunto al quarto album in sei anni di esistenza, confeziona l’ennesima ottima prova di doom classico, con forti influenze stoner, capace di saturare le vostre casse. Sei brani per 47 minuti di grande musica. Menzione poi per la bellissima copertina. Da non perdere.

Bretus – Aion Tetra (27.09)
Orrori cosmici e doom classico quanto sepolcrale. Un abbinamento che in tanti cercano di creare, ma che in pochi sanno rendere con la stessa efficacia degli italiani Bretus. Aion Tetra è uno di quei dischi che sanno sequestrare emotivamente l’ascoltatore e trasportarlo in una dimensione a parte. E’ un pregio di pochi, in un ambito così codificato e stereotipato come quello del doom. Il che rende i Bretus una delle band più interessanti del momento.

Fvneral Fvkk – Carnal Confessions (27.09)
Un concept interamente incentrato sui peggiori peccati carnali commessi da chi si nasconde dietro una liturgia e paramenti sacrali, innestato su una musica debitrice al massimo livello delle atmosfere epic doom tipiche di Solitude Aeturnus e Candlemass. I tedeschi Fvneral Fvkk non scherzano affatto e Carnal Confessions è un disco morboso quanto magniloquente e maestoso. Merita senz’altro attenzione e ascolti ripetuti.

Kelly Carmichael – Heavy Heart (11.10)
Il gran disco del musicista di "secondo piano". Kelly Carmichael nella sua carriera è stato leader degli Internal Void e poi sostituto di Joe Hasselvander alla chitarra nei Pentagram, realizzando anche album da solista con la propria etichetta. Heavy Heart è il terzo album che pubblica in questa veste ed è un gran bel disco che unisce doom, folk, prog, rock vintage, psichedelia e tanta libertà d’espressione. Un felice connubio che regala un album che non sarà nelle classifiche di fine anno perché non fa abbastanza chic, ma regala tanta sostanza e qualità a chi sa apprezzare.

Avatarium – The Fire I Long For (22.11)
Il disco col quale Marcus Jidell e Jennie-Ann Smith diventano adulti e prendono definitivamente le redini degli Avatarium, pur senza rinunciare ad un prezioso quanto utile contributo da parte del fondatore, Leif Edling. La commistione di doom, influenze settantiane e produzione moderna, rende il disco affascinante e appetibile per qualunque ascoltatore e la prestazione di qualità superiore di Jennie-Ann Smith è capace di azzerare qualunque concorrenza. Uno dei dischi dell’anno.

Spidergawd – V (08.01)
Gli Spidergawd sono essenzialmente un gruppo heavy/hard rock settantiano, con brani che da quando Bent Sæther (Motorpsycho) ha lasciato il gruppo hanno perso qualcosa delle influenze prog originarie, per guadagnare in concretezza, senza perdere in personalità, grazie all’uso del sassofono e ad influenze a la Mastodon e doom. Questo V è un gran bel disco, tutto da scoprire.

Green Lung – Woodland Rites (20.03)
Entusiasmi unanimi per questo album di debutto che risulta presente in praticamente qualunque classifica di settore. Il che forse non vuol dire nulla, ma può essere senz’altro un segnale. Un eccellente heavy rock con influenze settantiane doom e psichedeliche, oltre al folk, per un coacervo musicale che sulla carta non potrebbe essere più "banale" nel contesto odierno e che invece per qualità compositive si innalza sui concorrenti facendosi largo con le proprie forze, rimanendo saldamente fino in fondo tra le migliori uscite del 2019.

Blood Thirsty Demons - …In Death We Trust (01.05)
Non propriamente rientrante nei canoni del doom, l’horror metal degli italiani Blood Thirsty Demons resta comunque fortemente affine per tematiche e atmosfera dannata e maledetta. L’album merita attenzione e almeno una segnalazione per la buona qualità delle canzoni e per la capacità di Mustaine di evocare atmosfere cimiteriali e cariche di suggestioni. Un po’ King Diamond, un po’ thrash, un po’ Death SS, un po’ doom, …In Death We Trust è un disco se vogliamo underground che può regalare grandi soddisfazioni.

Year of the Goat – Novis Orbis Terrarum Ordinis (06.09)
Il terzo album è quello che di solito stabilisce le ambizioni di una band e Novis Orbis Terrarum Ordinis è un disco di fattura superiore che lancia giustamente gli Year of the Goat tra i più credibili alchimisti di suoni settantiani ed esoterici. Capaci di utilizzare in maniera piuttosto personale tutto il calderone di hard rock, doom, psichedelia con brani lunghi e "magici" piuttosto che con sonore sfuriate hard rock, gli Year of the Goat dimostrano quanto un bel mellotron nel 2019 faccia ancora la sua bella figura di evocatore ancestrale. Gruppo da seguire con attenzione.

Kadavar – For the Dead Travel Fast (11.10)
Tutti gli appassionati e gli addetti ai lavori sapevano che i tedeschi Kadavar sono tra le band più talentuose del circuito retro-rock e tutti aspettavano che prima o poi decidessero di fare "sul serio" e alzare l’asticella, dopo quattro album di ottimo livello che mostravano però ampi margini di crescita da sfruttare. For the Dead Travel Fast è esattamente quello che tutti aspettavano dal trio: una maturazione che fosse anche crescita di ambizione artistica. Lo scenario horror, doom e legato al prog oscuro degli anni Settanta è fonte di ispirazione per un disco che lascia davvero il segno. C’è da aspettarsi ancora grandi cose da questi ragazzi, poco ma sicuro.

FUNERAL E DRONE

Abyssic – High the Memory (22.02)
Lento, oppressivo, violento, melodrammatico. Il secondo album di casa Abyssic vede qualche aggiustamento di line up e una generale crescita di personalità e di complessità degli arrangiamenti, pur senza perdere niente del loro soffocante funeral doom. Disco che ha fatto la felicità o la disperazione, se preferite, di molti, quest’anno.

Ataraxie - Résignés (08.03)
Difficile, molto difficile togliere agli Esoteric lo scettro e il trono del funeral doom per questo 2019. Ciò non toglie che i veterani Ataraxie giungano dalla Francia con un disco di alto livello come Résignés a realizzare un’altra uscita decisamente interessante per gli appassionati del genere. Soffocanti, ma non statici, capaci di rilasciare un doppio disco di quaranta minuti per lato senza apparire pretenziosi e dando invece un senso all’annichilimento sonoro di cui sono profeti, gli Ataraxie meritano grande attenzione.

Esoteric – A Pyrrhic Existence (08.11)
Otto anni si sono fatti attendere gli Esoteric prima di tornare, ma il loro funeral doom non invecchia mai e Greg Chandler e soci coniugano come di consueto brani dalla lunghezza e dalla pesantezza all’apparenza esasperante, con la capacità di evocare emozioni forti, scarnificando l’anima e il dolore fino a renderlo vivo nella sua essenza. Se esiste una voce del dolore, gli Esoteric se ne sanno servire come pochi altri al mondo.

Earth – Fall Upon Her Burning Lips (24.05)
Dylan Carlson e Adrienne Davis, fieramente fotografati sulla copertina del nuovo album, prendono in mano gli Earth ancora una volta e li conducono verso un nuovo splendente episodio della loro discografia. L’ossessione riff-centrica di Carlson raggiunge nuovi picchi di desertica catarsi, lasciando spazio ai suoni naturali degli strumenti e alla loro maestosa quanto sfibrante reiterazione.

Sunn O))) – Pyroclasts (25.10)
Due le uscite legate al nome dei Sunn O))) nel corso del 2019, Life Metal (in umoristica contrapposizione col death metal) uscito ad aprile, che si lega concettualmente ad un periodo felice nella vita del leader Greg Anderson, il quale ha portato il compare Stephen O’Malley, alcuni collaboratori e il ritrovato produttore Steve Albini in studio per delle veloci quanto prolifiche sessioni, che hanno dato vita poi anche a Pyroclasts, pubblicato invece ad ottobre. Si tratta peraltro del primo album interamente registrato e prodotto in analogico dalla band.

DEATH DOOM/GOTHIC

Swallow the Sun – When A Shadow Is Forced into the Light (25.01)
Album sofferto e profondamente personale questo When a Shadow Is Forced into the Light, che inevitabilmente parla del percorso necessario compiuto per uscire dall’ombra della perdita di una persona amata alla luce di un ritorno alla vita che appare sempre difficile e tormentato. Musicalmente il disco si sposta verso una maggiore canonicità e linearità della proposta, con un incremento di elementi atmosferici e di voci pulite, ma questo non significa una mutazione genetica degli Swallow the Sun, quanto probabilmente la necessità di utilizzare chiavi interpretative e compositive diverse. Non è il loro miglior album, ma forse un passaggio necessario per ricominciare a vivere.

Helevorn – Aamamata (23.01)
La crescita compiuta dagli spagnoli Helevorn con Aamamata è stordente. Disco di una bellezza assoluta, tanto musicalmente quanto per il concept affrontato e forse non poteva che essere un popolo mediterraneo nell’anima a narrare il terrore e la disperazione di chi muore per mare. Melodic death, gothic, doom e strumentazione folk mediterranea, la bella voce di Julia Colom e un affresco musicale enorme ed emozionante, che parla di attualità attraverso gli occhi di chi conosce la Storia del Mediterraneo e delle sue genti. Siamo su livelli altissimi, dove pochi arrivano davvero.

Seer – Vol. 6 (08.02)
Nuovo capitolo nelle uscite di questa importante e mai troppo lodata band. Il legame dei Seer con un ritualismo magico e con la selvaggia bellezza del natio Canada si rivela ancora una volta suggestivo e capace di emozionare profondamente l’ascoltatore. L’approccio doomish e le influenze death, come l’uso di cantati puliti alternati al growl, contribuiscono ad arricchire la proposta. Non secondarie le influenze sludge che ben si prestano ad un approccio piuttosto libero nella composizione e nello sviluppo dei brani -non diremo prog, ma il senso è quello-, che contribuisce alla sensazione di star ascoltando un’opera con vari movimenti, più che un semplice album. Molto affascinanti.

Asphodelus – Stygian Dreams (15.02)
Altra ottima proposta proveniente dalla Finlandia, gli Asphodelus (prima noti come Cemetery Fog) realizzano un disco di debutto che farà la felicità di tutti gli amanti del primevo gothic death/doom e dei primi Katatonia in particolare. Il songwriting è ottimo, così come la prestazione della band: l’utilizzo di tastiere, parti acustiche e intermezzi vari garantisce varietà e atmosfere decadenti. Peccato per una produzione non impeccabile, per usare un eufemismo, così come il mixaggio, che comunque non riescono a rovinare un album da scoprire.

Lucidity – Oceanum (22.02)
Bastano i primi sessanta secondi di Surface per capire che abbiamo di fronte un grande album. Death doom di spessore, con inserti di tastiera, sintetizzatori e cantato pulito che spingono molto verso il prog metal. In effetti si potrebbe definire un album prog death/doom. Suoni e produzione di alto livello, con un songwriting già maturo e pienamente soddisfacente. Un altro colpo a segno dall’infinita fucina finlandese.

Il Vuoto – Vastness (12.02)
Non apparirà strano vedere numerose band italiane in questo resoconto di fine 2019 in ambito doom. La nostra penisola si segnala infatti come tra le maggiori propugnatrici delle sonorità funeree e maledette e Vastness de Il Vuoto si segnala come una delle release di più ampio interesse, riuscendo ad unire doom, black, folk, influenze atmosferiche e passaggi acustici con profondità ed eleganza. Disco molto bello e suggestivo.

October Tide – In Splendor Below (17.05)
Gradito ritorno quello dei veterani October Tide con questo In Splendor Below. Il loro death/doom non sembra invecchiare mai e la nuova line up ha portato con sé anche una rinnovata linfa, contribuendo all’ottimo sound complessivo nel quale il basso fa la sua importante figura e le consuete perfette melodie chitarristiche ingentiliscono con copiose note di malinconia e oscurità l’aggressività mai troppo sopita del riffing e del cantato. Da avere se li conoscete, da ascoltare se li avete persi finora.

(EchO) – Below the Cover of Clouds (13.09)
I bresciani (EchO) non sono una novità per chi abbia appena intrapreso un approfondimento in merito ad un doom moderno che sappia coniugare melodic death, gothic, psichedelia e costruzioni lunghe e complesse, quasi vicine al prog. Below the Cover of Clouds è un ulteriore segnale di crescita, tanto nella qualità strumentale, quanto nella capacità di toccare a fondo le corde dell’emotività. Un disco bellissimo e ambizioso che sa emozionare come pochi altri. Grande grande ritorno.

Novembers Doom – Nephilim Grove (01.11)
Arrivato proprio sul finire dell’anno, il ritorno dei Novembers Doom non poteva non attirare l’attenzione degli appassionati. Riparleremo di Nephilim Grove in sede di recensione, intanto è corretto segnalarlo nella lista delle uscite del 2019.



Tino
Mercoledì 22 Gennaio 2020, 21.42.38
7
Riascoltato stasera per me un piccolo gioiello non citato è l'album dei nostrani ardours dove la bella Mariangela de murtas fa sfoggio di classe con canzoni bellissime e ispirate, legate alla tradizione dei primi lavori di gathering, lacuna coil e theater of tragedy, ma con un deciso taglio mediterraneo nonostante la malinconia di fondo. Bravi ma evidentemente passati inosservati
Le Marquis de Fremont
Lunedì 13 Gennaio 2020, 13.44.56
6
Metto gli (Echo) tra i migliori dischi dell'anno, senz'altro. Ma mi piace sottolineare anche i bellissimi dischi di Abyssic e Swallow the Sun. Avatarium molto buoni ma mi piacciono meno di quelli menzionati prima. Vedo di ascoltare un po di cose che segnalate (merci!) perché mi sembrano di notevole interesse. Au revoir.
slowhand79
Lunedì 13 Gennaio 2020, 12.42.26
5
Crypt Sermon totale! Bretus una riconfema, gemma italiana da vantare con orgoglio
No Fun
Domenica 12 Gennaio 2020, 17.02.05
4
Ringrazio di avermi fatto conoscere Aamamata.
Griso
Domenica 12 Gennaio 2020, 16.32.58
3
Non sono tanto le mie sonorità, anche se approfitterò degli spunti di questa lista. Ultimamente sto in fissa con Mercy dei Flesh of the Stars, un album underground davvero particolare.
Shock
Domenica 12 Gennaio 2020, 16.12.29
2
Avatarium, Year of the Goat e Kadavar doom? Uhm.....comunque tre grandi dischi, specie i primi due. Comunque gli YOTG mi ricordano più i Blue Oyster Cult.
duke
Domenica 12 Gennaio 2020, 15.35.32
1
.....saint vitus....swallow the sun....kadavar....bretus....
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Copertina di Alberto Silini
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