Cimentarsi in un articolo della serie Cryptic Writings sui Deathspell Omega, lo ammetto, non è una scelta molto intelligente. Perché è un terreno estremamente insidioso, quello sul quale la band francese pianta i semi della propria filosofia. Partendo da questo presupposto, chiedo ora a voi che state leggendo: quanto può essere poco intelligente scrivere un Cryptic Writings su Apokatastasis Pantôn? Immagino che la vostra risposta sia “è una follia!”. E come darvi torto? La discografia dei Deathspell Omega è costellata di canzoni i cui testi meriterebbero un approfondimento, di essere sviscerati alla ricerca dei più intimi dettagli. Avrei potuto scegliere, per esempio, Sola Fide I, da Si Monumentum Requires, Circumspice; oppure The Scars of Abandon and Election, contenuta inFas – Ite, Maledicti, in Ignem Aeternum; o, ancora, The Synarchy of Molten Bones, dall’omonimo EP del 2016. Avrei potuto ma non l’ho fatto. Perché? Perché Apokatastasis Pantôn, nella sua brevità e nel suo ermetismo, racchiude in sé un universo contorto e complesso che, più di molti altri testi densi di parole, necessita di un’analisi approfondita.>
Come si può parlare, dunque, di una canzone il cui testo conta precisamente ventidue parole, articoli inclusi? Tanto brevi sono le lyrics del brano: ventidue parole, articoli inclusi. Eppure, offrono così tanto su cui scrivere. Sin dal titolo, Apokatastasis Pantôn. Di derivazione greca, esso è pressappoco traducibile come “il ritorno del tutto al proprio stato originario” o “la restaurazione del tutto”. L’apocatastasi (in greco, ἀποκατάστασις) è un concetto di origine filosofica la cui genesi può esser ricondotta allo stoicismo, secondo il quale questo sarebbe il momento che precede la palingenesi, ovvero la rinascita dell’universo in un nuovo ciclo. È possibile così già stabilire un primo spunto d’analisi della canzone: la dottrina dell’eterno ritorno, già delineata da Eraclito e poi ripresa da Friedrich Nietzsche. Questa visione ciclica del tempo si è anche infiltrata in una parte del pensiero cristiano, principalmente in Origene di Alessandria (le cui dottrine e i cui successori son stati ripudiati e condannati dalla Chiesa nel 543), secondo il quale, riecheggiando l’apocatastasi neoplatonica del ritorno all’Uno, alla fine dei tempi avrà luogo una redenzione universale nella quale tutto l’esistente verrà assunto in Dio, non prima, però, che siano trascorsi «tempi indefiniti in cui si verrà ripetendo […] l’alternativa vicenda del peccato e della salvezza» [Apocatastasi in Dizionario di filosofia Treccani]. Ecco che si delinea, già nel titolo, la profondità della canzone. Non è la prima volta, infatti, che i Deathspell Omega riprendono concetti, iconografie o citazioni biblico-evangeliche. “Lasciate che i bambini vengano a me”, ad esempio, è la celebre espressione di Cristo ripresa in Sola Fide II ed inserita in una strofa fortemente anticlericale circa l’annosa questione degli abusi su minori da parte di preti ed altre personalità della Chiesa:
Some rejoice of the children’s innocence and smiles
Others of their shameful defloration by the ministers of Christ,
Swollen by arrogance and lust.
Jesus spoke words of wisdom:
"Let the children come to me".
Alcuni gioiscono per l’innocenza ed i sorrisi dei bambini
Altri per la loro vergognosa deflorazione da parte dei ministri di Cristo,
Gonfi di arroganza e lussuria.
Gesù disse parole sagge:
"Lasciate che i bambini vengano a me".
La strategia poetica della band francese è scaltra e, ricorrendo a paradigmi ed espressioni cattolico-cristiane, li fa compenetrare con il proprio pensiero anticristiano. Insomma, usano le armi della religione contro la religione stessa. Il titolo dello stesso album è una chiara dimostrazione di ciò: Paracletus, la trascrizione latina di παράκλητος (in italiano, Paraclito), significa “consolatore” o “difensore” ed è un termine biblico che, mentre nell’Antico Testamento era riferito agli angeli, nel Vangelo secondo Giovanni è l’appellativo attribuito allo Spirito Santo, il “secondo paraclito” che sostituirà Gesù Cristo (il primo paraclito) e che consolerà i discepoli. La scelta di impiegare questo termine come titolo di un disco così violento e radicalmente anticristiano è riprova dell’acume della band, che non si limita ad insultare il nemico -come sovente capita in ambito black metal, ove ci si limita spesso e volentieri a della blanda blasfemia- ma lo usa contro sé stesso.
Chiariti, così, l’origine della canzone e lo stratagemma dei Deathspell Omega, è giunto il momento di addentrarci in Apokatastasis Pantôn. Il brano parte con un riff dissonante che è già apparso in precedenza in Paracletus e, più precisamente, nel brano Epiklesis II (per arricchire il precedente discorso sulla strategia della band è bene precisare che l’epiclesi è, nel rituale cristiano, il momento nel quale il sacerdote invoca lo Spirito Santo), collocata a circa metà del disco. Non si tratta di un semplice riciclo di idee già usate, un riutilizzo dettato da mancanza di estro ma, anzi, è l’esatto opposto. Accennavamo, più sopra, al significato di apocatastasi, ovvero la restaurazione, un ritorno all’origine dell’Universo e, dunque, una ciclicità. In questo “ritorno dell’uguale” -dal quale viene elisa l’eternità per il semplice motivo che strutturalmente il medium musicale non contempla l’eventualità dell’eterno- si installa un testo estremamente breve che, come accennato più sopra, conta ventidue parole. Questo breve componimento è la chiusa di un lungo percorso intrapreso con Si Monumentum…, proseguito con Fas… e concluso con Paracletus. La trilogia che ha affrontato il rapporto uomo-Dio-Satana vede con queste ventidue parole la sintesi delle quasi tre ore di discussione filosofica e religiosa che la compongono.
You were seeking strenght, justice, splendour!
Stavi cercando forza, giustizia, splendore!
La voce profonda di Mikko Aspa pronuncia queste parole non più con il suo caratteristico scream acido e corrosivo ma parlando, quasi sussurrando, in modo suadente e liturgico insieme. Questa prima parte del testo menziona forza, giustizia e splendore, che ovviamente rimanda all’idea di luce e, ancor di più, di luce divina. Confrontiamoli con questa strofa:
O Oriens, splendor lucis aeternae, et sol justitiae: veni, et illumina sedentes in tenebris, et umbra mortis
O Astro Nascente, splendore della luce eterna, e sole della giustizia: vieni, e illumina chi siede nelle tenebre, e nell’ombra della morte
Queste parole sono tratte dalle antifone maggiori dell’Avvento ed anche in queste ritroviamo i concetti di giustizia, di splendore e, in generale, di luce. La luce divina è quella che illumina chi “siede […] nell’ombra della morte”; nuovamente troviamo un atteggiamento anti-cristiano nella misura in cui la band francese non si pone semplicemente come avversaria del Cristianesimo ma come suo negativo, come sua ombra, come suo doppio. Perché la morte, identificata nella figura salvifica di Satana, è l’oggetto del culto dei Deathspell Omega, si confrontino, a tal proposito, le parole che aprono Sola Fide I:
O Satan, I acknowledge you as the Great Destroyer of the Universe.
All that has been created you will corrupt and destroy.
Exercise upon me all your rights.
O Satana, ti riconosco come il Grande Distruttore dell’Universo.
Tutto ciò che è stato creato tu corromperai e distruggerai.
Esercita su di me tutti i tuoi diritti.
I Deathspell Omega, dunque, fanno appello all’essere umano, la cui esistenza è votata alla ricerca di un bene e di un benessere superiori, guidata dall’impulso alla salvaguardia di sé stesso e della propria specie:You were seeking love! br>
Stavi cercando l’amore!
Importante è la scelta della band di separare l’amore dai tre elementi precedenti, così da investirlo di una maggior importanza e da donargli un maggior risalto. L’amore è, secondo un’ampia parte dell’umanità e del pensiero, motore immobile dell’uomo, stimolo della vita stessa. Ricordiamo l’ultimo verso del Paradiso, la terza cantica della Commedia di Dante Alighieri:
L’amor che move il sole e l’altre stelle.
L’amore come forza onnipervasiva ed onnipotente. Non solo, l’amore è una resistenza alla morte, è il tentativo di sottrarvisi. Ma, di nuovo, la morte è, nell’universo deathspelliano, il fondamento della realtà e la verità che viene svelata dalla corruzione perpetrata da Satana. La citazione di Dante testé riportata non è casuale. La band, infatti, conosce il lavoro del Sommo Poeta, tanto da affermare, in un’intervista a Bardo Methodology che il proprio motto, all’inizio della lavorazione alla trilogia principiata con Si Monumentum…, era l’incisione descritta da Dante sulla porta dell’Inferno: “Lasciate ogne speranza, voi ch’intrate”. Non solo ma nella medesima intervista si è detto che il ruolo -autoimposto- dei Deathspell Omega fosse quello di Virgilio e di accompagnare l’ascoltatore dalla “mente curiosa e intrepida” in un “viaggio attraverso i nove gironi dell’Inferno” alla ricerca della “radix malorum”, della radice di ogni male. Giunti al termine di questa esplorazione, all’alba dell’apocatastasi, tuttavia, non si trova l’Empireo ma una fossa:
Here is the pit, here is your pit!
Ecco la fossa, ecco la tua fossa!
L’apocatastasi è, qui, definita nella sua ultima forma. Scrive Ilaria L. E. Ramelli a proposito del concetto di Origene: «Il Cristo-Logos, che è Dio, avendo creato tutte le creature, potrà guarirle tutte dalla malattia del male» (“The Debate on Apokatastasis in Pagan and Christian Platonists: Martianus, Macrobius, Origen, Gregory of Nyssa, and Augustine”, Ilaria L. E. Ramelli, in Illinois Classical Studies No. 33, p. 220). Nel brano dei Deathspell Omega, tuttavia, non v’è salvezza: Dio non è onnipotente (fondamento sul quale la teologia origeniana si basava per descrivere l’apocatastasi). Anzi, Dio non è. Se l’apocatastasi, infatti, è un ritorno all’Uno, a Dio e nella canzone il ritorno è ad una fossa -immagine che trasmette l’idea di profondità, di oscurità-, allora essa diviene, qui, uno sprofondare nell’abisso. Questo abisso ha un nome:
Its name is SILENCE.
Il suo nome è SILENZIO.
Ecco la pietra tombale che sigilla in via definitiva e finale la fine di Dio. Il Silenzio qui potrebbe essere visto come il negativo della Parola, del Verbo, ovvero come l’anti-Dio: non tanto come Satana, che comunque, in quanto angelo caduto, è creato dallo stesso Dio ma come un’entità esattamente antitetica alla divinità ebraico-cristiana. Così si apre la Sacra Bibbia:
Ἐν ἀρχῇ ἦν ὁ λόγος,
καὶ ὁ λόγος ἦν πρὸς τὸν θεόν,
καὶ θεὸς ἦν ὁ λόγος.
In principio era il Verbo
E il verbo era presso Dio
E il verbo era Dio.Il compimento dell’apocatastasi deathspelliana, dunque, è il ritorno nel Silenzio, nell’anti-Verbo, nell’anti-Dio, nella dissoluzione dell’uomo nella corruzione, nella distruzione. Il Silenzio è il grembo al quale l’essere umano, superato Dio e la Trinità, accettata la corruzione, accolta la verità, finalmente ritorna: per cominciare una nuova esistenza votata alla morte? Per abbandonarsi definitivamente al nulla?
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