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ROB HALFORD - L'analisi della sua autobiografia
24/08/2021 (2013 letture)
Un uomo di una certa età si avvicina al proprio scrittoio. Lo ha fatto spesso negli ultimi mesi: è arrivato il momento di mettere su carta le proprie memorie. Una cosa che forse non si fa più tanto e che rivela l’eccezionalità della persona impegnata in questa impresa: Rob Halford, cantante, musicista e compositore, icona dell’heavy metal e frontman leggendario dei Judas Priest, la band che ha dato un senso e un’immagine definitiva all’intero genere, scrivendone alcuni dei maggiori capolavori. Il testo è lungo, ma scorrevole e familiare. Non il racconto di un nonno e neanche quello di un personaggio qualunque: questo è il racconto di un protagonista assoluto, di un Mito e di una persona che si mette a nudo, rivelandosi come mai prima…

TEMPO DI CONFESSARE
Oggi, 25 agosto 2021, Robert John Arthur "Rob" Halford compie settanta anni. Un bel traguardo per un uomo che, come tanti altri protagonisti dell’epopea musicale del rock (e non solo), ha vissuto pericolosamente la sua giovinezza, arrivando quasi al punto di perdersi per sempre. Sarà l’approssimarsi di questa data, saranno la pandemia, il lockdown e le conseguenti ristrettezze da Covid-19 che hanno letteralmente congelato l’attività del mondo dello spettacolo ovunque, sarà che forse era semplicemente arrivato il momento giusto, ma ecco che il Metal God ha finalmente trovato il tempo per mettere mano a un progetto rinviato da anni: la propria autobiografia. Per il cantante dei Judas Priest, un titolo come Confesso, appare decisamente appropriato, ma come lo stesso Rob specifica, la sua non è solo una scelta “a effetto”, in quanto corrisponde esattamente al contenuto del libro stesso: una lunga confessione, per un uomo che ha vissuto la maggior parte della propria vita nascondendo se stesso e negandosi la possibilità di vivere liberamente la propria identità. In anni e in giorni nei quali l’argomento è particolarmente sentito, vuoi per il mutare delle opinioni e delle convenzioni sociali, vuoi per l’ostinata radicalizzazione di chi invece continua a voler negare ad altri le stesse libertà che riconosce a se stesso, un libro come Confesso potrebbe essere una vera e propria bomba a mano, buttata in mezzo a un ambiente che si proclama libero e selvaggio, ma che nasconde spesso un’anima piuttosto conservatrice. Chissà che il carisma e la grandezza dell’icona Rob Halford, non siano invece un ottimo viatico per quella che resta semplicemente una storia ricchissima e davvero interessante da leggere, a prescindere da ogni altra considerazione.

FORGED IN FIRE
Il libro si apre con la spiegazione del titolo e con un brevissimo riassunto del contenuto, per poi andare all’inizio della storia. Quella di Robert John Arthur Halford inizia a Walsall, cittadina che oggi conta quasi settantamila abitanti, situata nella cosiddetta Black Country, ovverosia un’area di campagna limitrofa alla città di Birmingham, caratterizzata dalla presenza di grandi concentrazioni di industria pesante. Una particolarità che incide in maniera totale sul paesaggio e sulla vita dei suoi abitanti, ormai abituati e rassegnati all’idea di condurre la propria esistenza in un ambiente tossico, nel quale fiumi, pioggia, aria e terra sono impregnati dei residui e soprattutto del nero pulviscolo prodotti dall’industria. Una vita operaia e molto dura quella che si conduce nella Black Country, che inevitabilmente porta con sé una mentalità altrettanto dura, ma a suo modo anche orgogliosa e forte, poco appariscente e molto concreta, che Halford sintetizza nel modo di dire della zona, ritornello che si ripete spesso nel libro: “se devi fare una cosa, falla”. Niente scuse, niente rinvii, niente chiacchiere. Una mentalità che il cantante sente di aver fatto propria e che tutti i membri dei Judas Priest hanno sempre avuto. In questo ambiente Robert cresce in maniera tutto sommato normale e serena, con una famiglia operaia semplice e unita (anche se qualche scheletro nel racconto viene comunque fuori), alla quale rimarrà sempre legato e affezionato e dalla quale riceverà comunque sempre appoggio e amore. Non poco per un bimbo che fin dalla preadolescenza aveva capito che il proprio orientamento sessuale non andava nella direzione della maggioranza. Confesso parla anche di questo e ne parla in maniera chiara, schietta e diretta, senza giri di parole e con le sole omissioni necessarie a tutelare la privacy di chi non è ancora pronto a fare la stessa chiarezza. D’altra parte, la vita di Robert è assolutamente normale e finché durerà la scuola di fatto uguale a quella di ogni altro suo coetaneo, salvo appunto questo aspetto che fin da subito comincerà a incuriosire e in una certa misura tormentare il ragazzo.
Veniamo così a conoscenza delle prime esperienze lavorative di Halford e della sua passione per il teatro, primo vero grande amore, come anche della precoce passione per il canto e per lo stare al centro dell’attenzione, quando si esibisce, per poi tornare nell’ombra della propria vita, non appena possibile. Scopriamo anche la precoce passione per l’alcol e per tirare tardi, attaccando bottone con chiunque, salvo poi essere timido e riservato con persone di carisma e forte personalità. Un dualismo molto particolare e che torna per tutto il libro: tanto estroso e sfacciato in determinate circostanze, quanto timido e impacciato in altre, tanto deciso e inarrestabile da far apparire tutto semplice, quanto tormentato e sfuggente anche in decisioni all’apparenza scontate. Le prime band non incidono più di tanto nella sua vita, finché il ragazzo della sorella, un bassista di nome Ian Hill, non viene da lei convinto a concedere una prova a Robert, quando il primo cantante dei Judas Priest, Al Atkins, sarà costretto ad abbandonare per dedicarsi alla famiglia. Inizia così la grande avventura di un gruppo leggendario, col primo nucleo composto da Halford, KK Downing, Ian Hill e John Hinch. Inutile dire che questa parte del libro è davvero interessante, oltre a chiarire tanti aspetti sulla formazione, sui cambiamenti, sull’arrivo poi decisivo di Glenn Tipton e sulle prime mosse nell’industria discografica, con la firma per un piccolo agente discografico che li porterà alla Gull Records, la quale pubblicherà i primi due album. Sono pagine che restituiscono un’immagine forte e vivida di quegli anni e della venerazione che il gruppo aveva nei confronti delle band a loro immediatamente precedenti: Led Zeppelin, Black Sabbath, Deep Purple, Uriah Heep, Queen. Una venerazione genuina e che rimarrà intatta, come conferma la gioia con la quale Halford descrive la conoscenza dei suoi idoli e ad esempio la possibilità di sostituire Ronnie James Dio nei Black Sabbath per la data di chiusura del “No More Tours” di Ozzy Osbourne del 1992 o gli incontri con Jimmy Page e Freddie Mercury. Sono anche gli anni nei quali il gruppo crea la propria identità, con la scelta della doppia chitarra solista presa in blocco dai Wishbone Ash, con la moto condotta sul palco durante Hell Bent for Leather (gustosissimi gli aneddoti legati a questo momento topico dello show dei Priest negli anni) e con l’approdo appunto all’abbigliamento denim&leather che da lì in avanti li avrebbe caratterizzati e avrebbe caratterizzato tutto il genere heavy metal, bandiera alla quale i Judas Priest hanno inteso aderire da subito e in maniera fortissima, proprio per via del legame tra musica dura e violenta e substrato sociale di provenienza.
La mentalità forgiata dalla classe operaia resterà fortissima nel gruppo, portando tutti a mantenere sempre un profilo basso, non da primadonna e a lavorare durissimo negli anni, con una routine disco/tour/disco/tour praticamente continua e che porterà però anche al primo vero colpo a vuoto della loro discografia, dopo il non fortunato esordio: è il 1981 e il gruppo ha avuto il primo vero successo mondiale con British Steel, la NWOBHM è alle porte e decine di nuove band premono per imporre la propria supremazia. I veterani Judas Priest sono chiamati a pubblicare il disco che li lancerà definitivamente come nuova top band dell’heavy metal mondiale e invece il gruppo si affloscia a Ibiza, tra feste, sesso e poca voglia di concentrarsi sull’album, col risultato che Point of Entry si rivelerà un mezzo fiasco, musicalmente e da un punto di vista di impatto sulla scena. È forse l’unico disco (in parte anche Rocka Rolla) che Halford critica senza mezzi termini, tanto da un punto di vista compositivo, quanto in merito ai testi, alla copertina, al titolo stesso. Un giudizio tranchant che risalta in particolare, perché una caratteristica piuttosto evidente del libro e probabilmente del carattere stesso del suo autore, è quella di mantenere sempre un approccio molto positivo e molto terra terra, semplice e umile. A volte ci si dimentica quasi che a scrivere queste parole sia una vera e propria leggenda dell’heavy metal e che quello che accade sia del tutto straordinario e unico. Quasi come se l’approccio lavorativo “testa bassa e pedalare” della band si riflettesse anche nel modo in cui Halford racconta tutto.
Naturalmente, come sappiamo, il riscatto dei Priest arriverà a stretto giro, con l’imprescindibile doppietta Screaming for Vengeance e Defenders of the Faith, nei quali tutto funziona, dalle iconiche copertine, per proseguire con l’esplosione di metallo contenuta negli album. Non manca poi una lunga e dettagliata parte legata alla successiva e particolare fase, con le scelte legate al controverso progetto Twin Turbos con la band che azzarda un netto cambio stilistico che sembra premiare negli States, ma si porta dietro una scia di proteste. Il risultato sono due dischi non imprescindibili e un live che non sfonda. La voglia di osare di quegli anni è confermata anche dalla rivelazione di una collaborazione con i produttori/compositori di Kylie Minogue per dei brani che sono rimasti a tutt’oggi inediti. È ovvio che l’attenzione va però a concentrarsi proprio sull’uscita di Painkiller e sulla successiva e clamorosa uscita di Rob dai Priest e sulla sua avventura da solista. Sono pagine interessanti, nelle quali il cantante narra la sua versione dei fatti sul “divorzio” e che rivelano, se prese per buone, il carattere in qualche modo chiuso, orgoglioso e difficile di quasi tutti i membri della band, che finiscono per separarsi perché nessuno ha la forza, la lucidità e forse il coraggio di alzare il telefono e parlare con gli altri, lasciando che le cose vadano avanti finché è troppo tardi. Da qui inizia il viaggio con i Fight e i 2wo, band a cui Rob dà senz’altro il proprio entusiasmo, almeno nella fase iniziale di entrambe, salvo poi ritrovarsi a fare i conti con il duro passaggio dalle arene piene dei Priest ai piccoli club, come gruppo di supporto e con gli scarsi ritorni, che portano prima i Fight a cambiare formazione e direzione musicale, per poi sciogliersi e dopo i 2wo a naufragare nello scarso interesse e nei dubbi sulla scelta musicale intrapresa. Sono anche gli anni dell’ormai irrinunciabile coming out del cantante, che proprio durante un’intervista per i 2wo conferma finalmente a un giornalista di MTV la propria omosessualità, liberandosi di un peso portato troppo a lungo. Arriva infine la volontà chiara e schietta di voler rientrare nei Judas Priest e di volersi riappropriare della propria identità di Metal God: nascono gli Halford e quindi Resurrection, album che, come lo stesso Rob conferma, non aveva altro scopo che quello di gridare al mondo il suo ritorno all’heavy metal e di attirare l’attenzione degli ex compagni di band, con canzoni che avessero il marchio priestiano fino nelle ossa. Missione che va in porto: prima con KK e poi con Glenn, Rob riesce a ricostruire in pochi minuti un rapporto fermo da undici anni. Si arriva così alla reunion, ad Angel of Retribution e, poi, all’avventura di Nostradamus, finché l’età e gli abusi di anni cominciano a presentare il conto e inizia a circolare, dapprima per scherzo e poi sempre più seriamente, l’intenzione di un tour d’addio. E’ un altro dei momenti topici e più controversi per i Judas Priest e anche uno dei più forieri di conseguenze. Ritiro dalle scene? No, nelle parole di Halford era chiaro fin da subito che si sarebbe dovuto trattare unicamente di una forte riduzione degli impegni dal vivo, con la fine dei lunghi tour mondiali e la partecipazione solo ad alcuni festival. Tutto qua. Ma qualcosa si rompe: gli screzi tra KK e Glenn Tipton sono stati una costante della carriera del gruppo e gli anni di separazione, nei quali Halford sperava che qualcosa fosse cambiato, non sono serviti a niente. A un certo punto, all’alba dell’Epitaph Tour, i Priest ricevono la mail con la quale Downing annuncia le proprie dimissioni, senza altre spiegazioni. Arriviamo così all’ultima parte del libro, con l’ingresso di Richie Faulkner, l’uscita di Redeemer of Souls prima e di Firepower poi, con la scoperta di Tipton di essere affetto dal morbo di Parkinson e quindi l’impossibilità per lui di seguire la band dal vivo. Un momento difficile e toccante, nel quale Halford lascia spazio alle emozioni, per poi tornare al racconto, con l’ingresso di Andy Sneap nella band, i concerti e i lavori preparatori per il nuovo album, interrotti appunto dalla pandemia.

RAW DEAL
Fin qui la biografia della band, che più o meno tutti conoscono. C’è però un racconto nel racconto sul quale conviene soffermarsi brevemente, senza voler togliere il gusto della lettura o rivelare particolari che è giusto conservare per chi vorrà acquistare Confesso. Il metaracconto, ovverosia il racconto che raccoglie tutto il resto, è in effetti la vita di Rob Halford, un aspetto questo al quale il cantante vuole dare la stessa importanza e lo stesso spazio che dedica all’epopea dei Priest e che appunto dà senso al titolo del libro. Sono in queste pagine, inevitabilmente intrecciate al resto, che traspare la vera storia che sta dietro e accanto all’Halford musicista. C’è la storia di un uomo solo, prigioniero di una identità che non può e non deve essere rivelata, per timore che possa travolgere la band e distruggerne il crescente successo e la credibilità heavy metal. C’è un uomo disperatamente alla ricerca di quello che per gli altri è la norma: divertimento, sesso e, se possibile, complicità e amore, ma che è costretto a fare tutto questo di nascosto, anche dagli altri membri del gruppo. Un uomo quindi costretto a mentire continuamente, a ricercare soddisfazione nei posti e nei momenti più improbabili e squallidi, col rischio di essere identificato e scoperto, se non direttamente picchiato o di mettere a repentaglio la propria salute, già minata dagli abusi. E’ una vita disperata quella condotta da Halford e sulla quale occorre riflettere. La chiarezza e apparente naturalezza con la quale il cantante parla di se stesso e di questi momenti, sono quelle di un uomo ormai prossimo alla propria vecchiaia, che non ha più motivo né voglia di nascondere alcunché e che è riuscito col tempo a fare pace con la propria storia, ma non deve far sottostimare il vuoto orribile che ha dovuto affrontare fino ai propri quarantasette anni di età. Anni fatti di incontri furtivi e insoddisfacenti e di cocenti delusioni amorose, la prima delle quali lo porta a trasferirsi a Phoenix, che diventerà rifugio e seconda casa, alternandosi con Walsall, nella quale il cantante continuerà ad avere casa e condurre la propria vita, fino alla tragedia occorsa a Philadelphia e di cui è giusto non anticipare altro. Sarà certo dura per qualcuno leggere certi particolari e certi aneddoti, come anche scoprire cosa nascondono i testi di alcune canzoni, ma è da ammirare il fatto che Halford abbia infine deciso di uscire allo scoperto in tutti i sensi, parlando sì della propria dipendenza da alcol e droga, che ha minacciato di ucciderlo e che è riuscito a lasciarsi alle spalle traendo forza dalla mentalità dura della Black Country, ma parlando anche dell’epatite contratta a causa di un rapporto sessuale durante le sessioni di Turbo e, infine, di quanto tutto questo silenzio possa aver distrutto la sua vita, mentre il gruppo, i Judas Priest continuavano la propria ascesa all’Olimpo del metal. Quanto tutto questo possa aver influito sulla decisione di avviare una carriera solista e, inconsciamente, abbia poi portato all’uscita dalla band non è dato saperlo e Halford stesso non lo dice, ma in questo senso non ce n’è gran bisogno: per quanto tempo si può rinunciare a vivere liberamente la propria vita nascondendo se stessi nel privato, rimanendo al contempo costantemente sulla ribalta in pubblico? Anche su questa contraddizione sono state costruire intere carriere, spesso sfociate nella tragedia o nella dipendenza, inutile essere ipocriti.
Dell’uomo Rob Halford scopriamo in realtà anche tante altre cose: dal rapporto con la famiglia a quello con la Regina (ebbene sì), fino al suo essere, alla fine, un uomo tutto sommato piuttosto normale, tanto nella vita fuori dal palco quanto negli interessi, con una insopprimibile propensione per il pop e per le entrate “a effetto” sul palco e con una curiosa quanto apprezzabile attenzione ad avvalersi di un dizionario di sinonimi e contrari per scrivere i testi delle canzoni e che sicuramente gli sarà stato utile anche nella stesura di Confesso. Tanto di Rob Halford viene fuori da questo libro ed è giusto che sia così: talmente tanto che, per trovare infine una critica, tutto il racconto è direttamente incentrato su di lui e tutti gli altri attori non sono che meri comprimari, figure bidimensionali che spesso non lasciano traccia di sé, con l’esclusione degli eventi legati alla suddetta tragedia di Philadelphia. Persino i membri dei Judas Priest, amici e compagni per anni, sono tratteggiati solo negli eventi e quasi mai come persone, rimanendo costantemente sullo sfondo e, tanto per dire, Ian Hill è stato cognato di Rob per quasi vent’anni, quindi oltre che compagno di band era anche membro della famiglia a tutti gli effetti. Ma chissà, forse per una forma di pudore nei loro confronti, forse per precisa volontà di lasciare che fossero loro stessi a rappresentare la propria vita e la propria visione delle cose, è difficilissimo cavare dalle parole del cantante una immagine a tutto tondo degli altri e perfino una loro precisa caratterizzazione individuale. Ci sono, ma è come fossero figure ferme sullo sfondo. Un aspetto piuttosto curioso del libro, in effetti, che in pochissimi frangenti si interrompe (come, ad esempio, parlando della malattia di Tipton o della morte di Lemmy, Ronnie James Dio o, ancora, dei suoi genitori) e che Halford segue comunque per quasi tutto: volete sapere cosa pensa di Tim “Ripper” Owens e dei dischi realizzati dai Priest con lui o dell’uscita di KK e del suo imminente ritorno discografico? Beh, allora dovrete andare a Walsall e chiederglielo di persona, perché quello che troverete nel libro difficilmente soddisferà la vostra curiosità, come se il cantante non volesse in alcun modo parlare di qualcosa di non suo, di cui non può rispondere in prima persona ed essere unico responsabile. Una scelta che probabilmente discende appunto dalla famosa mentalità della Black Country e che rivela infine la natura di vero gentleman di Rob Halford, uomo con i piedi per terra, amico e compagno di molte star, leggenda a sua volta senza per questo mai diventare una stupida e vuota rockstar, persona vera, tenera e irresistibile, cantante straordinario, performer tra i migliori, il Metal God per acclamazione.

::: ::: ::: RIFERIMENTI ::: ::: :::
AUTORE: Rob Halford
TITOLO: Confesso
PRIMA EDIZIONE: Luglio 2021
EDITORE ITALIANO: Tsunami Edizioni
COLLANA: I Cicloni 40
COPERTINA: Flessibile
PAGINE: 379
ISBN: 978-88-94859-49-2
PREZZO: € 24,90



Philosopher3185
Sabato 18 Settembre 2021, 12.34.04
30
Halford non e' solo una delle piu' grandi voci del genere,ottimo interprete con un carisma immenso,ma anche una persona-a mio parere-molto intelligente,arguto,simpatico e umile..come Dio,un vero professionista e un signore,il tipo che non ti negherebbe mai un autografo o una foto.
Vampyria
Venerdì 3 Settembre 2021, 14.16.45
29
Ottima disamina. Libro fantastico e Halford unico.
Ezra
Sabato 28 Agosto 2021, 15.22.36
28
L'articolo lo hai scritto te, quindi ho commentato l'argomento dell'articolo e il suo autore (che ben si è fatto conoscere anche in passato), a meno che non ci sia un generatore automatico di recensioni. Quindi dove sta il problema? Non dovrebbe esserci nessun problema. Questa è democrazia, non solo quando piace a voi. Arriciao
Lizard
Sabato 28 Agosto 2021, 7.16.12
27
A dire il vero ho già risposto due volte e per due volte ti ho fatto notare che non hai capito quello che hai letto. Prova a fare i conti con questo invece di distribuire giudizi personali.
Ezra
Sabato 28 Agosto 2021, 0.06.27
26
Questa è una critica sensata e fondata, ed è per questo che non sai rispondere...a meno che tu non intenda per critiche quella serie di slinguazzate senza senso che la gente si scambia su internet. Le critiche sono critiche, non sono attestati di benemerenza. O rispondi o incassi, e tu non sai fare ne uno ne l'altro. Arrivedooorci
Lizard
Venerdì 27 Agosto 2021, 21.51.19
25
Quando esprimerai una critica sensata e fondata, risponderò con piacere.
Ezra
Venerdì 27 Agosto 2021, 21.34.28
24
Se scrivi un articolo in una web'zine ti devi aspettare le eventuali critiche senza troppa permalosità. Ciao
Lizard
Venerdì 27 Agosto 2021, 21.22.17
23
Ho già precisato che il riferimento non è da intendersi in senso generale, ma con specifico riferimento alla condizione personale di Rob Halford e che questa era la sua sensazione a riguardo. Lui temeva di dire quale fossero i suoi orientamenti perché temeva che questo avrebbe danneggiato i Judas Priest. Il senso dell'articolo è abbastanza chiaro, ma vedo che occorre specificarlo ulteriormente, forse la fretta di giudicare gli altri impedisce di capire il senso delle frasi. Si legge e si commenta quello che si è voluto capire e non quello che c'è scritto. Un caro saluto.
Ezra
Venerdì 27 Agosto 2021, 21.05.10
22
Ovviamente sono d'accordo con il primo commento di Fabio. Del resto il Lizard lo conosciamo, ma come lui ce ne sono tanti. Ecco, Lizard è un Graham Hartmann che non ce l'ha fatta, stessa tipologia di equivoco. Discutere di "Valore" nel metal per lui è un argomento scivoloso, ha paura che gli scappi di mano per il semplice fatto che non lo comprende, allora relativizza il tutto, anche dove non è il caso. La relativizzazione però scompare quando criticano e osteggiano gli stilemi, un certo stile di vita non conforme ad allargare le chiappe al "cambiamento", li non c'è discussione che tenga, li vanno dritti e sicuri, il relativo in quel caso non esiste. Forse c'è chi non ha nessuna intenzione di "contaminare" e lasciarsi "influenzare" (notare le accezioni negative che comportano questi termini usati spessissimo per descrivere la loro idea di LIBERTA) da situazioni, scene, nuove mentalità, perché ha capito benissimo il tipo di cancrena che potrebbe svilupparsi successivamente, e la società odierna esibisce ampi esempi in tal senso, anche dove non sembra. Frank Zappa conosceva bene, molto bene, questa tipologia di persone. Ma adesso non è che voglio prendermela con il Lizard, semplicemente è meglio mettere in chiaro certe cose. Chiamiamoli gli Hartmanniani.
L'ImBONItore
Venerdì 27 Agosto 2021, 20.58.11
21
Questa interessante discussione mi ghicorda i bei anni 90, nel quale c'era un decisa spaccatura molto politica tra le vecchie guardie metal ottantiane ee quelle dell'innovazione, delle nuove leve (all'epoca eh) delle novità . Chi da true metaller, dava del sinistroide e tossico i nuovi Korn, Deftones , Sepoltura, Manson ....E via discorrendo un po' tutto l'alternative metal e chi, come reazione, dava del fascio nazista viceversa. Nessuna polemica, solo un dolcissimo amarcord il quale mi fa dire ancogha e ancogha di più , grazie ragazzi, mi fate senitghe per una volta sciovane come un tempo. Caghi saluti
Ezra
Venerdì 27 Agosto 2021, 20.43.10
20
PS: poi quale ambiente poi? quale dei tanti? quello mainstream delle soliti stirpi tipo Loudwire di tal Hartman? o quello di Blabbermouth? i DeFilippi del metal commerciale americano? ah bè, allora...
Ezra
Venerdì 27 Agosto 2021, 20.39.26
19
(...buttata in mezzo a un ambiente che si proclama libero e selvaggio, ma che nasconde spesso un’anima piuttosto conservatrice.) ...mah, se il metal si è conservato ancora oggi, in quest' epoca di malati mentali, lo si deve proprio alla sua anima "conservatrice", che non è un difetto come questa frase lascia intendere. Del resto, molti parlano e ascoltano "Metal" senza sapere cos'è stato realmente.
Peppe D.
Venerdì 27 Agosto 2021, 1.06.00
18
L'importante è crederci. Comunque hai sbagliato indirizzo.
Galilee
Venerdì 27 Agosto 2021, 0.34.11
17
Halford non ha emulato nessuno. Piuttosto si è messo in gioco con altri generi. Con i fight riuscendoci, con i Two molto meno. I dischi a nome Halford, sì guardavano al passato, escluso crucible, ma sono pieni zeppi di grandi song. La differenza è che qui le canzoni sono orribili. L' età, lo stile etc sono solo scuse per giustificare i molti consensi negativi. In realtà è pieno di vecchietti che spesso spaccano ancora i culi. A lui secondo me, questa volta è andata male. Molto male.
Peppe D.
Giovedì 26 Agosto 2021, 22.06.40
16
Anche lui è tornato agli stereotipi degli anni 80 dopo che gli è andata male quando si è messo a emulare prima i Pantera e poi Manson.
Maurilio
Giovedì 26 Agosto 2021, 20.29.08
15
Finito di leggere oggi! Interessante e scorrevole, a tratti divertente.Molto incentrato su vicende personali e soprattutto sulla sua omosessualitá, poteva soffermarsi di piú sull´aspetto musicale e sull analisi di dischi e concerti. Buon libro per i fans ma quello di KK lo trovo migliore per una maggiore analisi dell´aspetto musicale.
Galilee
Giovedì 26 Agosto 2021, 15.24.20
14
X Fabio. Le band che cito sono il mio primo approccio. E mi sembra decisamente vario. Visto che nelle proposte musicalmente c'è già di tutto. Metal, hard rock, funky, pop, punk, rap etc..
Lele 13,5 DiAnnṏ
Giovedì 26 Agosto 2021, 15.17.52
13
@Fabio #8 non vorrai negare che la tua fosse una metacitazione...
Fabio
Giovedì 26 Agosto 2021, 15.04.16
12
Galilee dai nomi che fai invece a parte Jane,Faith e Living sei molto sul classico per me
Galilee
Giovedì 26 Agosto 2021, 14.57.22
11
X Fabio. Anche Tony Iommi sulla sua biografia parla di un appiattimento generale del suono metal negli anni 80. La NWOBHM aveva magari dato più personalità al genere, ma anche una certa omogeneità. L'idea che uno ha del classico dipende anche molto da come ci si è arrivati al metal e quale sia stato il suo battesimo. Il mio è avvenuto a fine anni 80 con Guns, Motley, Anthrax, Megadeth, Faith no more, Queensryche, Jane's addction, living color e Judas Priest. Da ciò si può ben capire come la mia idea di metal non possa essere molto classica. Da subito lo spettro musicale al quale ho potuto dedicarmi era molto variegato. Quindi non ho nemmeno mai pensato ad un stile classico predominante. Senza contare che sono nato con la musica nera.
Fabio
Giovedì 26 Agosto 2021, 14.05.42
10
Allora sono un caso patologico anni '80, i Black Sabbath? Ma sono i padri dell'heavy blues super amplificato, da cui hanno preso anche i primi Judas. Dai che è stato tutto copiato dagli anni 70/80, almeno che uno guardi solo 'all'epidermide formale' e non alla sostanza. Riffs sempre più 'saturi' e basta. Mi fa piacere per il nuovo album blues, torna agli inizi
Galilee
Giovedì 26 Agosto 2021, 13.37.26
9
Il metal non è mai stato "classico" o statico. Già dai suoi esordi con i Black Sabbath il "metal inglobava di tutto. Dal blues, al folk, al prog etc etc. Questa idea di immobilismo è nata secondo me negli anni 80 ,ma non tanto dalla proposta musicale di quegli anni, ma dall'approccio quasi patologico dei fans,che non riescono a distaccarsi dai loro primi ascolti e ricordi che inevitalmente mitizzano e idolatrano. Il boom del metal poi fece il resto. Halford è proprio poi l'antitesi dell'artista immobile. Il sound dei Priest si è sempre evoluto. Nei suoi progetti solisti poi ha provato di tutto. Anzi ora siamo tutti impazienti di sentire sto benedetto nuovo album blues.
Fabio
Giovedì 26 Agosto 2021, 12.46.11
8
Lele in realtà l'affermazione se hai letto l'articolo è di Saverio, a cui io ho risposto a modo mio. Saverio: rimaniamo, da persone civili, su posizioni diverse, d'altronde il cambiamento ha portato alla più becera delle cose, il pensiero unico, per quello rimango tradizionalista. Tornando a tema mi va di citare Ironfist di Gates of Hell che ha detto:'il metal classico è uno solo. presuppone un suono è un approccio musicale e visivo che è quello degli inizi, quando era puro. Se una cosa cambia, non è più classica'. Va a pennello per Rob
Lizard
Giovedì 26 Agosto 2021, 8.31.29
7
@Fabio: mi permetto di non essere d'accordo con te. Cominciamo col dire che quando si parla di "valori" già siamo su un terreno scivoloso: banalmente, quello che è un valore per te può non esserlo per me o non esserlo nello stesso grado e viceversa. Proseguiamo poi col dire che conservare per conservare è solo un inutile tentativo di inaridire e sterilizzare ciò che è inevitabile: il cambiamento. Si conserva quello che è utile e serve e ha un significato, un'importanza. Il resto è orpello. Uscendo dal generale ed entrando poi nello specifico, sono ancora meno d'accordo, perché nell'articolo, come nel libro, quando si parla di ambiente metal conservatore non lo si fa in senso generale, ma con riferimento a un argomento ben specifico e si parla delle paure di una persona, non di un qualcosa di certo. Grazie mille per il commento
duke
Mercoledì 25 Agosto 2021, 22.34.23
6
...interessante...una leggenda del metal....
Enrico
Mercoledì 25 Agosto 2021, 20.24.05
5
Si da leggere visto dal vivo Halford è da brividi...oggi 25 agosto è anche il compleanno di Gene Simmons ...metal god e god of thunder
McCallon
Mercoledì 25 Agosto 2021, 20.09.27
4
Bellissimo articolo, credo che sarà un acquisto obbligato prima o poi. Avevo letto con molto interesse la biografia di S. Turner di Johnny Cash, poi qualche anno fa Dickinson, e ora tocca al mitico Rob; sono figure immense della musica che amo, che anche sul piano della vita vissuta e delle esperienze fatte hanno qualcosa da dire, specialmente da un punto di vista umano.
Lele 13,5 DiAnnṏ
Mercoledì 25 Agosto 2021, 16.41.01
3
@Fabio "libero e selvaggio" è una bella citazione...
Galilee
Mercoledì 25 Agosto 2021, 13.32.59
2
Questa biografia la leggerò al più presto. Grande Halford.
Fabio
Mercoledì 25 Agosto 2021, 13.23.26
1
Egregio Saverio, il metal è libero e selvaggio proprio perché conservatore ed ha valori che altri non hanno, in un periodo come questo dove il cambiamento ha rotto le palle.chi è anti metallaro vada a quel paese, keep the faith Alive! Auguri a Sua Maestà Rob!
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