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BANCO DEL MUTUO SOCCORSO - La storia di un gruppo unico
10/10/2021 (1374 letture)
Come già esplicitato nel sottotitolo, Nati Liberi non è l’autobiografia di Vittorio Nocenzi, ma la storia del Banco del Mutuo Soccorso raccontata dal musicista, da sempre leader e principale compositore della band, con l’aiuto del giornalista Francesco Villari. Un percorso lungo oltre cinquanta anni, che giustamente oggi Nocenzi ritiene sia arrivato il momento di mettere su carta, a distanza di qualche anno dal doloroso addio ai compagni di viaggio Francesco di Giacomoo e Rodolfo Maltese e dopo il se vogliamo clamoroso ritorno con Transiberiana, primo disco di inediti dopo venticinque anni di silenzio discografico. Un disco inatteso, come inattesa la nuova formazione che gli ha dato sostanza e che sta accompagnando la band nelle sue uscite live, appuntamento che in realtà non si è mai del tutto interrotto e che è rimasto focus primario dell’attività del Banco per molto tempo.

DA GABRIELLA FERRI A DARWIN
Non è facile, per chi ha amato questa leggenda del rock internazionale, accettare che il tempo sia trascorso e che il nome del Banco non sia più associato a musicisti che ne hanno fatto la storia e che apparivano così indissolubilmente legati alla sua identità come Di Giacomo e Maltese. Eppure, seguendo il racconto di Nocenzi e Villari, apparirà sempre più chiaro come la strada del Banco abbia seriamente rischiato di interrompersi per sempre in maniera triste e drammatica e quanto invece sia un regalo enorme il poter continuare ad ascoltare nuova musica da parte di questo straordinario ensemble. La storia che inizia sul finale degli anni Sessanta, infatti, vede sempre come motore di partenza lo stesso Nocenzi, che inizia giovanissimo come autore per la splendida e oggi dimenticata Gabriella Ferri, la quale riesce a riscuotere l’attenzione della propria casa discografica per lanciare questo giovanissimo talento, il quale si vede costretto a mettere in piedi una band in pochi giorni per sostenere il provino che avrebbe condotto al contratto discografico. Certo quello di cui parliamo è un Banco del Mutuo Soccorso che quasi niente ha a che vedere con quello che arriverà al proprio debutto con una formazione rivoluzionata, della quale resterà solo il nucleo composto dai due fratelli Nocenzi, ma l’afflato ideale è già quello definitivo. Il Banco nasce infatti sull’onda delle suggestioni musicali provenienti dalla Gran Bretagna e dagli States e sarà in particolare il fondamentale Sgt. Pepper’s Lonely Hert Club Band dei Beatles, con la sua rivoluzionaria idea di concept album a scatenare la fantasia e l’ispirazione del giovane Nocenzi. L’idea stessa di un disco concepito come racconto di una storia, nel quale i brani sono tutti collegati tra loro tematicamente, si riconduce perfettamente infatti agli studi classici compiuti da Nocenzi e consentono al musicista di trovare fin da subito una propria via a quel rock sinfonico e progressivo che sarà per lungo tempo il marchio di fabbrica del Banco del Mutuo Soccorso. Se il primo disco, ancora ampiamente imbevuto delle sonorità beat del periodo, rimarrà nel cassetto di una casa discografica che dopo la firma del contratto non sembra minimamente interessata in realtà a seguire la band di Marino e sarà pubblicato solo venti anni dopo col titolo Donna Plautilla, è con l’arrivo di Francesco Di Giacomo e Marcello Todaro e con l’assestamento della sezione ritmica che finalmente il gruppo trova la propria dimensione. Nascono così tutti gli elementi che andranno a costituire il Mito del Banco, dalla Stalla di Marino trasformata in studio e presto meta del pellegrinaggio degli appassionati e fans del gruppo, a quella particolare via espressiva che prende sì dal prog e dalla musica sinfonica, ma ricerca al contempo di far propria la lezione del cantautorato, così forte e significativa in Italia, cogliendo in questo modo non solo le suggestioni musicali, ma anche l’avvertita necessità di rappresentare il proprio tempo e di portare avanti con la musica istanze sociali e perfino politiche che avessero una loro rilevanza. Aggiungiamo infine, grazie alle doti vocali e liriche di Di Giacomo, anche una vena poetica di spessore, che riconduce non solo alla tradizione del Bel canto, ma anche a quella della grande poesia nazionale, non a caso tributata fin dal primo fondamentale passaggio di In Volo, primo pezzo, con il riferimento all’Orlando Furioso e al volo di Astolfo.
Da quel primo e fondamentale album, particolare anche nella forma, con l’iconico salvadanaio che da subito contribuirà a sua volta all’immagine della band, il racconto si snoda lungo gli anni del grande successo nazionale e internazionale, forte di uno spessore musicale e lirico che ha rari riscontri al mondo e che consente al Banco del Mutuo Soccorso di giocare un ruolo di prima grandezza, assieme ad altri protagonisti come PFM, Ar(e)a, Le Orme, New Trolls, Balletto di Bronzo, Rovescio della Medaglia, Osanna, Museo Rosenbach, Raccomandata con Ricevuta di Ritorno, Perigeo, Goblin e via elencando, in quella che è stata la migliore stagione del rock nazionale, proprio perché così fortemente ancorata a una tradizione musicale propria, che ha consentito finalmente all’Italia di non essere più solo una cassa di risonanza dell’altrui grandezza, ma di giocare un ruolo di primo piano con originalità, portando una qualità diffusa che forse solo in Gran Bretagna ha avuto un tale spessore e pregnanza artistica. Si noterà come il racconto impostato voglia in effetti slegare fin da subito l’immagine del Banco del Mutuo Soccorso a quello del prog rock propriamente detto, insistendo molto sulla definizione di prog che Nocenzi vorrà fare propria, ossia quella del genere che contiene tutti i generi e che non si fossilizza quindi sull’espressione sinfonica tipica del primo periodo. Una precisazione che più che per orgoglio identitario rispetto al filone britannico, sembra utile per trovare casa e nobiltà a quella che sarà la trasformazione che già dalla fine degli anni Settanta e poi per tutti gli anni Ottanta porterà il Banco prima ad accorciare le proprie composizioni, sempre più classicamente vicine alla forma canzone e poi anche il proprio nome. L'ennesima conferma che dopo il live Capolinea, fosse arrivato il momento di cambiare pelle e adattarsi al mutamento che avveniva attorno alla musica, imparando a rimanere se stessi in un’altra forma, per non rimanere rimchiusi in un genere che appariva ormai già vecchio e superato.

DAL SUCCESSO AL SILENZIO DISCOGRAFICO
Tutto sommato, per chi aveva avuto la sfrontatezza di portare in un concept album la Teoria dell’Evoluzione di Charles Darwin, poteva anche semplicemente trattarsi appunto di un adattamento inevitabile, dettato dalla volontà di sopravvivere e di trovare nuove forme. Eppure, dopo i grandi successi artistici e musicali del decennio precedente, gli anni Ottanta sono stati difficili e anche se nel testo questo affiora in maniera latente, la verità è che il gruppo non si è mai veramente ripreso da una lunga serie di piccoli shock, che alla fine ne hanno minato fondamentalmente il percorso. Se è vero che brani come Paolo Pa e Moby Dick sono stati i più grandi successi riscossi in termini di vendite e penetrazione nell’immaginario "popolare" nazionale, è inevitabile che i continui cambi di formazione, culminati con il mai del tutto rimarginato addio di Gianni Nocenzi e la crescente emarginazione sofferta dal gruppo, che tenterà il tutto per tutto presentandosi anche a Sanremo, solo per esserne inevitabilmente snobbati, costituiranno una delusione troppo grande. L’essersi adattati al nuovo decennio e il ritrovarsi a scrivere canzoni, rinunciando quasi in toto alla dimensione delle suite, per quanto celebrata da Nocenzi e Villari come passaggio tutto sommato poco traumatico, nasconde il fatto che il gruppo suo malgrado non riuscisse più ad attirare in maniera stabile un nuovo pubblico, affidandosi in realtà allo zoccolo duro dei fan, capace di accettare il nuovo corso, senza che le vendite si traducessero in popolarità e quindi finendo per diventare "pesanti" per la casa discografica: troppo "grandi" per essere semplicemente scaricati, ma non più band di prima linea e forse discograficamente parlando neanche di seconda. Così, il progetto …. E via, che doveva costituire il grande rilancio internazionale, andando a rompere questo lento declino, fu bloccato senza spiegazioni dalla stessa casa discografica che lo aveva proposto, lasciando il gruppo con un disco musicalmente lontano dall’identità della band e quasi interamente cantato in inglese, proprio in ottica del mercato internazionale, che non si vendeva in Italia e che non ebbe alcuna distribuzione e rilievo fuori, rivelandosi il flop clamoroso che dette il colpo di grazia alla motivazione dei musicisti. Feriti e rancorosi nei confronti dell’industria discografica, infatti, Nocenzi e compagni si ritirarono sdegnosamente nella dimensione live, abbandonando lo studio di registrazione per nove anni, una vera eternità. Eppure, quel poco di speranza residua legata alle logiche di mercato avrebbe dovuto essere ulteriormente frustrata quando nel 1994 finalmente la EMI sembrò essere il giusto approdo per il ritrovato Banco del Mutuo Soccorso. Incredibilmente, dopo le premesse iniziali, Il 13, l’album del ritorno, fu nuovamente dimenticato e affatto promosso dalla casa discografica, finendo per non lasciare segno di sé e distruggendo così il lavoro, l’impegno e il sacrificio compiuto dalla band che, a questo punto, tornò al proprio esilio. Resteranno le esibizioni dal vivo, mai interrotte e però sempre più sporadiche e al tempo stesso condannate ad essere una nostalgica visione del proprio passato, in funzione celebrativa.

L’ANNO ORRIBILE E UN BENVENUTO RITORNO
Venti anni dividono da Il 13 da quello che sarà l’anno terribile, che porterà via con sé Francesco di Giacomo e Rodolfo Maltese e che vedrà lo stesso Vittorio Nocenzi in ospedale a lottare tra la vita e la morte, per quella che sarebbe stata davvero una fine tragica e insopportabile. E’ fondamentalmente in queste pagine che davvero il racconto perde un po’ dell’ingessatura sofferta fino a quel momento dal testo e torna a essere qualcosa di forte ed emotivamente coinvolgente, preparandoci al finale e al ritorno discografico con Transiberiana e chissà, con ulteriori sorprese date dal disco mai finito e che avrebbe dovuto essere pubblicato ancora prima, se gli eventi del 2014/15 non avessero interrotto la sua lavorazione. Sono pagine amare e dolorose queste, ma forse anche le più belle e necessarie, atteso che la storia del Banco fosse in gran parte ormai ampiamente fotografata, raccontata e documentata. La particolare scelta narrativa compiuta, con Francesco Villari a dare quasi sempre il via ai vari capitoli, poi completati dalla voce di Nocenzi, in un duetto che sembra sia un dialogo che un racconto a più voci, costituisce una peculiarità del libro, andando a dare un formato forse un po’ freddo al testo. Se infatti può essere inteso come atto di umiltà da parte di Nocenzi l’aver lasciato a un giornalista il compito di inquadrare il periodo storico e la nascita dei vari album del gruppo, così come i cambiamenti di scenario, per poi intervenire fornendo i particolari autobiografici e che danno profondità umana e professionale al racconto, in effetti il testo suona un po’ distante e celebrativo, con l’accorato tentativo da parte di Villari di rendere giustizia e merito alla grandezza compositiva e identitaria del Banco. Si potrebbe dire che non manca niente, eppure è davvero solo nella parte finale, nella quale la voce di Vittorio Nocenzi diventa quella dell’uomo e non più solo quella del musicista, che si apprezza davvero la lettura, fino ad allora forse troppo legata alla semplice sequenza di avvenimenti ed eventi e alla spiegazione dei retroscena legati alla lavorazione dei dischi.
Un difetto compensato naturalmente proprio dalla qualità del testo sotto questi aspetti, che oggi rischiano di essere dimenticati o dati per scontati, lontani e poco compresi da chi non ha vissuto quegli anni e non può forse immedesimarsi nella grandezza del lascito del Banco del Mutuo Soccorso, un gruppo unico, che si è distinto sempre per una qualità complessiva probabilmente non eguagliata da nessuno. Giusto non fermarsi al tributo per gli amici salutati troppo presto, giusto quindi trovare la forza di cominciare di nuovo e di rompere un silenzio discografico lunghissimo, riportando il nome della band sotto i riflettori. Giusto quindi cercare un nuovo album e tornare a raccontare questa storia, perché non resti un lontano affresco di grandezza, ormai impolverato, al quale sempre più distrattamente si fa riferimento, senza più provare a immergersi e capire cosa fu. Giusto anche raccontare e mettere in gioco le proprie emozioni e la propria storia personale, non per vanteria e non per battere cassa, ma per dare merito alla propria visione, alla propria ambizione e a quella di chi ha per così tanto tempo completato il percorso di Nocenzi, rendendo grande il Banco del Mutuo Soccorso.
Buona lettura.

::: ::: ::: RIFERIMENTI ::: ::: :::
AUTORE: Vittorio Nocenzi con Francesco Villari
TITOLO: Nati Liberi – La storia del Banco del Mutuo Soccorso raccontata da Vittorio Nocenzi
PRIMA EDIZIONE: Agosto 2021
EDITORE ITALIANO: Tsunami Edizioni
COLLANA: Gli Uragani 46
COPERTINA: Flessibile
PAGINE: 224
ISBN: 978-88-94859-51-5
PREZZO: € 20,00



progster78
Venerdì 15 Ottobre 2021, 16.03.21
6
Quando avevo 13 anni ascoltai Darwin...quel disco lo ho nel cuore da allora. Fino a Canto di Primavera perfezione assoluta! Musica immortale!
No Fun
Venerdì 15 Ottobre 2021, 15.00.21
5
Ahaha, povero Francesco di Martino!
Lizard
Venerdì 15 Ottobre 2021, 14.20.36
4
Francesco di Martino è la personificazione dell'incubo di ogni redattore: è l'errore reiterato, la minchiata camuffata di plausibilita' che sfugge alla revisione, il gremlin della Redazione... scusate, ho corretto...
No Fun
Venerdì 15 Ottobre 2021, 14.05.17
3
Ops, le citoyen Fremont mi ha preceduto, chiedo venia
No Fun
Venerdì 15 Ottobre 2021, 14.02.46
2
Probabilmente tra dieci anni ascolterò prog. Nel senso che in passato non mi ci sono mai messo seriamente (nonostante abbia amici che ne sono appassionati e che mi hanno prestato diversi dischi, Banco, Area e Osanna soprattutto) e adesso ascolto tutt'altro. Tanto non è musica con una data di scadenza, nonostante sia completamente legata a un periodo storico ben preciso dell'Italia e al suo fermento sociale e culturale. E intanto prendo appunti su metallized. @Lizard, ma chi è Francesco Di Martino è chiamato così sia nella presentazione in alto che diverse volte nell'articolo.
Le Marquis de Fremont
Venerdì 15 Ottobre 2021, 13.47.28
1
Juste une question, Monsieur Lizard: chi è Francesco Di Martino? Merci.
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