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RONNIE ATKINS - Credere e lottare, fin quando possibile
03/04/2022 (1149 letture)
Come si reagisce di fronte alla più amara delle condanne? Probabilmente non c’è una singola risposta adatta, e di certo non è lo scopo di questa intervista fornirne una. Ma portare un esempio, un modo di vincere la paura e l’afflizione, quello sì. Ronnie Atkins, storica voce dei danesi Pretty Maids, alle prese con un tumore dal 2019, ha deciso ancora una volta di affidare alla musica i propri bisogni espressivi, lanciandosi in una carriera solista già arrivata al secondo capitolo con l’ultimo, eloquente fin dal titolo, Make It Count, del quale abbiamo avuto il piacere di discutere nella chiacchierata che segue.

McCallon: Ciao Ronnie, benvenuto su Metallized! Spero tu stia bene! Innanzitutto, volevo farti i complimenti per il nuovo album, Make It Count.
Ronnie Atkins: Ciao! Beh, grazie mille; devo dire che al momento mi sento davvero bene!

McCallon: Sono felice di sentirtelo dire! Veniamo allora alla prima domanda: quando è uscito One Shot, ho letto una tua dichiarazione in cui spiegavi che originariamente non avessi intenzione di pubblicare un disco solista; dopo One Shot è uscito invece un EP, 4 More Shots, e ora il nuovo Make It Count. Come è hai preso la decisione di aprire e poi proseguire questo nuovo capitolo della tua carriera musicale?
Ronnie: Allora… Sostanzialmente avevo un po’ di idee in testa e le ho usate per pormi dei nuovi orizzonti da raggiungere. All’inizio è nato tutto così. E poi, la scrittura delle canzoni mi è servita come una sorta di terapia: avevo bisogno di qualcosa di positivo, di creativo, su cui concentrarmi. Inoltre, va anche detto che non potessi poi fare molto a parte quello, avendo iniziato mentre tutte le attività dal vivo erano impedite a causa delle restrizioni e del lockdown.

McCallon: La storia di Ronnie Atkins parte da lontano, prima con gli storici Pretty Maids e più recentemente con i Nordic Union. Quali elementi della tua lunga carriera ti hanno accompagnato nei tuoi dischi solisti? Ci sono stati aspetti invece sono stati anche per te una novità?
Ronnie: Beh, penso che non sia in realtà così distante da quello che ho fatto in precedenza. Ti dirò, scrivo con la sola intenzione di registrare dei bei pezzi, come puoi immaginare; solo, in questo caso la melodia è la parte che mi interessa di più al momento. E siccome sto scrivendo da solo, non ho nessuno con cui litigare se il pezzo è un po’ troppo “pop” o qualcosa del genere! Sono il capo di me stesso in questa avventura.

McCallon: Il primo album era stato registrato nel pieno delle restrizioni dovute alla pandemia; la possibilità di lavorare incontrando dal vivo gli altri musicisti – diciamo “alla vecchia maniera” - ha influenzato il modo in cui il nuovo disco è stato realizzato?
Ronnie: Mmm, per niente in realtà! È stato registrato esattamente allo stesso modo del precedente. Anche se, devo dire, è stato bello incontrare Chris [Laney, chitarrista e produttore, ndr] a Stoccolma la scorsa estate e lavorare a stretto contatto con lui. Mentre eravamo lì abbiamo completato un pezzo insieme, Blood Cries Out.

McCallon: One Shot è uscito appena un anno fa: guardando indietro su quello specifico disco, cambieresti qualcosa o Make It Count è il seguito perfetto di quell’album? Personalmente, l’ho trovato musicalmente più vario e se già One Shot mi era piaciuto, questo mi ha sorpreso ancor di più.
Ronnie: Non cambierei nulla del primo album: vedi, è la fotografia di chi ero, dal punto di vista della musica, dei testi, in quell’esatto momento in cui l’ho scritto e registrato. E non ho dubbi a riguardo, lo stesso posso dire di Make It Count. Quindi in questo senso sì, è il seguito naturale di One Shot.

McCallon: Capito! Make It Count è il secondo disco solista per Frontiers Records, ma ci avevi già collaborato sia con i Maids che con i Nordic Union. È evidente che il tuo rapporto con loro sia buono, ma ci potresti dire qualcosa di più su come ti trovi?
Ronnie: Beh, per quel che mi riguarda, io e la Frontiers abbiamo una relazione stabile! [ride] Ho cominciato a lavorare con loro a partire dal 2005, quando mi contattò Serafino in persona [Perugino, fondatore della casa discografica, ndr]; ci sentiamo ancora regolarmente e non solo per parlare di “affari”! A questo proposito, devo riconoscere il loro incondizionato supporto e la loro comprensione una volta saputa della mia diagnosi, cosa che non ho potuto far altro che apprezzare, parlando seriamente. Tornando sul tema musica e lavoro… Sanno che finché proporrò loro qualcosa, sarà qualcosa in cui credo, perché li rispetto e mi aspetto lo stesso da loro. Quindi tutto alla grande!

McCallon: Molto bene direi! Ho letto, e ne sono molto contento, che mentre hai registrato questo album ti sentivi bene fisicamente e - lasciamelo dire – si sente! Hai una carica pazzesca e non c’è un singolo pezzo in cui tu ti sia tirato indietro. A livello vocale, il tuo modo di approcciarti al canto è cambiato nel tempo rispetto a quando eri più giovane? Come mantieni in forma il tuo “strumento”?
Ronnie: Assolutamente sì, mi sentivo molto meglio questa volta… Credo di aver imparato ad adattarmi alla situazione. Per ovvie ragioni, mentre registravo One Shot mi trovavo sospeso tra uno stato di shock e di afflizione. Ogni tanto mi trovavo nel panico anche solo a parlare. Ora, fortunatamente, la mia voce è buona come sempre, se non migliore per certi versi. Non è una cosa che davo per scontata, vista la mole di trattamenti a cui mi sono sottoposto negli ultimi due anni, due anni e mezzo. Certo, con tutta probabilità risentirò soprattutto dal vivo del fatto di aver perso circa il venti percento della mia capacità polmonare, ma credo di dover imparare da ciò e di starci al passo. Per tenermi in forma ed adattarmi, non rinuncio a circa un’ora e mezza di esercizio, camminata o jogging al giorno.

McCallon: Hai detto che, come in occasione di One Shot, la parte più difficile della scrittura del disco si è rivelata quella relativa ai testi. Ogni brano è motivante e tratta temi di un certo peso. Quello che volevo chiederti è, quindi, quanto sia importante per te che l’artista, attraverso la sua musica, offra – oltre al divertimento – del materiale su cui far riflettere chi ascolta. Pensi che l’artista debba rivestire un ruolo nel “cambiare le cose”?
Ronnie: Dunque, dal mio punto di vista è una cosa molto personale, e la scelta spetta al singolo artista. Per quel che mi riguarda, ho sempre cercato di trattare temi che interessassero tutti noi come umani, in cui potesse riconoscersi quello che possiamo definire l’“uomo qualunque”. L’ho sempre fatto. Certo, tendo a essere molto più personale e riflessivo su questi due album solisti, e c’è ovviamente una ragione. Mi interesso molto di storia, di politica; guardo molti documentari, a volte mi immergo completamente nella lettura e poi sono un maniaco dell’informazione e dell’attualità! Tutto ciò mi dà molta ispirazione, davvero. Non sono mai stato uno interessato a scrivere [testi] fantasy o alla Dungeons&Dragons, banalmente perché credo che ci sia gente ben più capace e ispirata di me nel farlo.

McCallon: A questo proposito, tornando a parlare di un singolo pezzo, Unsung Heroes pone al centro quelle persone che mettono in gioco la propria vita per battersi per una causa che lo merita. Quel pezzo, che hai scritto l’anno scorso, ha perfino qualcosa in più da dire in giorni come quelli che stiamo vivendo?
Ronnie: Certo, il senso di quel pezzo è tutto nelle parole del testo di per sé, ma purtroppo è diventato estremamente attuale per tutto quello che sta accadendo al momento in Ucraina. In generale, però, la canzone è un pensiero per tutti coloro che si mettono in gioco per portare un po’ di luce nel mondo, per chi l’ha fatto in passato, per chi lo fa oggi e per chi lo farà in futuro.

McCallon: Uno dei pezzi che ho apprezzato maggiormente è Rising Tide, sia per la sua maggiore “aggressività” sia perché il testo tratta un tema che mi sta a cuore. Credo che i toni di avvertimento e le immagini quasi apocalittiche che hai dipinto nel brano lo rendano un unicum all’interno del disco. Ci spiegheresti come è nato?
Ronnie: Sono pienamente d’accordo con te, è anche una delle mie [canzoni] preferite sul disco! Devo dire che in realtà è stata scritta abbastanza in fretta e in maniera quasi casuale. Stavo passeggiando con il mio cane, un giorno, e di colpo mi è venuto in mente quel ritornello… come faccio sempre, l’ho registrato al volo sul mio cellulare. Solo dopo, a casa, mi sono messo a lavorarci un po’ con la chitarra e rifinendo alcune parti al piano. Il testo è nato dopo, quando la musica era già scritta, ma avendo in mente il ritornello in un certo modo, sapevo di cosa volevo parlare e il titolo di lavorazione è stato da subito Rising Tide.

McCallon: Ultima domanda, anche se mi rendo conto che questa sarà un po’ lunga. Mentre pensavo alle domande da porti, mi ero ripromesso di concentrarmi sulla musica e di evitare il più possibile questioni espressamente rivolte alla tua situazione personale; tuttavia, ovunque mi voltassi sulle pagine relative a te e alla tua musica – il tuo profilo Facebook, il canale YouTube della Frontiers, i commenti sotto le nostre notizie – mi sono accorto che il tuo aprirti a riguardo della malattia non solo abbia generato molte risposte d’affetto da parte dei fan, ma anche moltissimi messaggi di apprezzamento perché hai fornito un esempio di positività e di attaccamento alla vita straordinario, per il quale voglio ringraziarti io stesso. A questo proposito, possiamo dire che il pezzo che chiude e dà il titolo al disco, Make It Count, sia il manifesto del tuo modo di vedere la vita?
Ronnie: Possiamo eccome, e credo che calzi a pennello! Oddio, sai, [esporsi] è sempre una lama a doppio taglio, ma se posso essere d’esempio per qualcuno ed ispirare la gente a non arrendersi, ma a continuare a credere e lottare fino a che ciò sia possibile… beh la cosa mi rende davvero, davvero felice. D’altro canto, devo ammettere che ho ricevuto così tanto affetto, così tanto amore, messaggi di supporto ed incoraggiamento dai fan di tutto il mondo attraverso i social media. Ha significato per me più di quanto sia in grado di esprimere a parole. E sarò sempre grato per questo, non lo potrò mai dimenticare.

McCallon: Ho finito con le domande. Ti ringrazio sentitamente per il tuo tempo e ti voglio rivolgere a nome di tutta la redazione i migliori auguri per il tuo album, per l’imminente tour e, ovviamente, per la tua salute. Ti lascio la parola, se vuoi aggiungere qualcosa per i nostri lettori…
Ronnie: Non c’è di che. Beh, credo di aver già parlato abbastanza! [ride] Ma voglio ringraziare tutti i lettori di Metallized per il sostegno e spero che possiate apprezzare il mio nuovo album. I miei saluti a tutti!



Lizard
Martedì 5 Aprile 2022, 10.25.53
1
Persona straordinaria, per quanto possa essere banale dirlo e musicista che ha sempre portato avanti con coerenza il proprio percorso. Probabilmente i Pretty Maids non sono mai stati un gruppo di primissimo piano, ma anche riascoltati adesso i loro dischi sono sempre piacevoli e ben costruiti. Spero possa continuare a lungo a scrivere musica.
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