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CLAUDIO SIMONETTI’S GOBLIN + RITO PAGANO + STEREOKIMONO + ALDI DALLO SPAZIO - Alchemica Club, Bologna (BO), 28/01/2022
02/02/2023 (611 letture)
Bologna si tinge di progressive rock tricolore in una fredda sera di fine gennaio: è questo il clima che si respira una volta varcata la soglia dell’Alchemica Club, realtà locale che regala sempre esperienze degne di nota con proposte musicali che variano dal metal estremo alle clinic di musicisti celebri (tra le più recenti citiamo quella di Kiko Loureiro). Il 28 gennaio tocca invece alle sonorità più complesse del prog scaldare l’atmosfera di un club che, al momento del nostro arrivo, si rivela già decisamente popolato. All’ingresso, tra le varie postazioni dedicate al merch, spiccano le meraviglie da bazar di Roberto Attanasio, noto collezionista di materiale relativo ai Goblin e creatore del sito Terra di Goblin, da cui mi concederò un super regalo prima di rincasare… Purtroppo io e Luca non riusciamo ad assistere all’esibizione degli Aldi dallo Spazio – che consigliamo di recuperare su disco – ma ci posizioniamo sotto il palco in tempo per l’inizio del set dei bolognesi Stereokimono.

STEREOKIMONO
L’evento di stasera porta il nome Prog Legacy e da questo punto di vista, avendoli ascoltati su disco, gli Aldi dallo Spazio hanno mantenuto fede alle atmosfere che ci si potevano aspettare. Senza dubbio possiamo confermare questa affermazione parlando del trio di Bologna Stereokimono, sulle scene dal 1995 con il loro cosiddetto “rock psicofonico obliquo”; la band può vantare la collaborazione con l’etichetta Immaginifica, fondata da Franz di Cioccio, per la pubblicazione del secondo album Prismosfera (2003), ma ciò che si fa apprezzare davvero è la musica proposta dal trio, che si presenta sul palco nell’anonimato più totale – non aiuta di certo un’interazione con il pubblico ridotta all’osso – e lascia che siano le note a parlare per loro. Gli occhi sono puntati soprattutto sul chitarrista Antonio Severi, il quale si destreggia anche al synth suonando in certi momenti i due strumenti contemporaneamente, con il compagno Alex Vittorio al basso capace di regalare ugualmente spettacolo grazie all’utilizzo frequente del tapping a due mani. Meno virtuosa la batterista Cristina Atzori, la quale però regge sulle sue spalle gli altri due musicisti donando un apporto ritmico solidissimo. La musica dei bolognesi è totalmente strumentale e si possono riconoscere le influenze dei più recenti King Crimson così come la ricerca di atmosfere più cinematografiche che ben si legano agli headliner della serata. Si capisce come buona parte del pubblico in prima fila sia composto da conoscenti e amici del gruppo e guardandosi intorno ci si rende conto che l’età media delle persone presenti nel locale è piuttosto alta, facendo sentire me e Luca quasi come pesci fuor d’acqua. Un elemento davvero fastidioso e purtroppo ricorrente è poi l’impiego costante dei cellulari per riprendere praticamente qualunque cosa: certo, parliamo dell’ovvio, ma il sottoscritto non aveva mai visto una selva di telefonini alzati sopra le teste così fitta come quella di stasera; porterò pazienza quasi fino a fine serata, prima di perdere le staffe con una signora durante l’ultimo set. Al di là di questo fastidio ricorrente gli Stereokimono proseguono con un concerto godibilissimo, che fa sì sfoggio di tecnicismi invidiabili, ma all’insegna di una musicalità sempre presente anche nei passaggi più dissonanti. Brani come Salamandra offrono uno spaccato esaustivo sulle caratteristiche della band e quando Vittorio saluta il pubblico si vorrebbe ascoltare almeno un altro brano, per fare in modo che il gruppo possa suonare altri dieci minuti. Andate a scoprire questi tre bolognesi se non li conoscete, potranno stupirvi!

RITO PAGANO
Con un rapido cambio palco sale sul palco un altro nome storico del rock bolognese, ovvero i Rito Pagano. Il quartetto è attivo dal 1996 e ha calcato palchi importanti nel corso degli anni, legando il proprio nome a quell’esperienza hard rock con accenni alternative figlia degli anni ’90. Con un curriculum che annovera un’apertura a Ligabue allo stadio Dall’Ara nel 2010 e condivisioni di palco con il Banco del Mutuo Soccorso, i Rito Pagano sono accolti con grande entusiasmo da un pubblico che, nelle prime file, è ancora una volta composto da famigliari e amici. Ora, sicuramente portare un gruppo del genere ha fatto in modo che la folla fosse più nutrita, ma bastano un paio di brani per chiedersi cosa ci faccia una band del genere in una serata come questa. Non mi permetto di discutere i successi e la carriera dei bolognesi, ma il set a cui ho assistito è stato qualcosa di molto vicino al dilettantismo provinciale, con una scaletta di un’ora che alle mie orecchie è risultata – oltre che infinita – pure particolarmente tediosa. Emanuele Mandaglio alla voce attira su di sé tutte le attenzioni con il suo look da rocker e la camicia sbottonata che lascia intravedere i tatuaggi sul petto e gli dà man forte il chitarrista Massimiliano Scalorbi, il cui strumento mi risulta leggermente scordato per tutta la durata del set. Buono il lavoro del bassista Giancarlo Laera così come quello di Simone Marani alla batteria, anche se entrambi non spiccano granché all’interno delle trame puramente pop-rock della band. E sia chiaro, non critico l’approccio pop dei quattro – anche se lo ritengo non in linea con l’evento, dal momento che di prog nella proposta dei Rito Pagano non c’è assolutamente nulla – ma le canzoni proposte stasera hanno davvero poco di stimolante. Immaginate un mix tra gli accordi aperti di Ligabue e una continua ricerca di melodie particolari à la Timoria per farvi un’idea. Senza dubbio musica del genere sul calare degli anni ’90 poteva avere una sua validità, oggi – per me che la ascolto per la prima volta dal vivo – risulta un bel po’ anacronistica. I quattro tengono il palco con disinvoltura, non c’è che dire, e a differenza degli Stereokimono cercano di coinvolgere continuamente il pubblico che si divide tra chi, adorante, riprende dal cellulare senza sosta e chi invece si dimostra più scettico come me. La maggior parte dei brani presenta strutture che si ripetono sempre uguali a se stesse ed anche armonicamente non ci si discosta praticamente mai da quelle soluzioni hard rock giocate sulle tonalità di Mi minore e La minore incredibilmente prevedibili. Ironico infine che la canzone più interessante e riuscita risulti, a mio parere, quella peggio presentata dalla band, che avrebbe dovuto portarla a Sanremo. Non voglio che questa sezione dell’articolo passi per una bocciatura in toto dei Rito Pagano, che hanno un passato di tutto rispetto, ma l’esibizione di stasera mi è risultata per fuori luogo e noiosa. A riprova del fatto che il gruppo giocasse in casa poi, la maggior parte della prima fila si sposterà fuori o nelle retrovie una volta concluso il set dei bolognesi.

CLAUDIO SIMONETTI’S GOBLIN
Finalmente si arriva ai tanto attesi headliner: è ovvio che stasera il locale sia pieno per vedere la reincarnazione dei Goblin messa insieme dal fondatore originale della band Claudio Simonetti, attiva con questo nome dal 2014 e con l’attuale line-up stabile dal 2020. La storia del gruppo nato negli anni ’70 ha avuto un triste epilogo, con la separazione in due band distinte di volta in volta rinominate con moniker diversi fino alla situazione odierna che vede il solo Simonetti portare in giro quella musica che ha spaventato e ammaliato così tanti fan nel corso di quasi cinquant’anni! Diverso è anche l’approccio che il leader ha voluto fornire a quei brani storici, proposti in una veste sempre più metal che ha avvicinato ulteriori appassionati. L’ultimo arrivato in formazione è il chitarrista Daniele Amador, mentre alla sezione ritmica troviamo lo scatenato Federico Maragoni alla batteria e la compagna Cecilia Nappo al basso, con Simonetti barricato dietro una trincea di tastiere, sintetizzatori e computer, con i quali gestisce le sequenze e i video che scorrono alle spalle dei musicisti. La band la sera prima si è esibita al Druso di Bergamo e la data di stasera a Bologna è la seconda tenuta in Italia dopo il lungo tour che ha tenuto i Goblin impegnati negli Stati Uniti per il quarantacinquesimo anniversario di Suspiria, uno dei due album più celebri del gruppo. Anche per questo motivo nell’aria si respira un’atmosfera particolarmente elettrica e quando le prime note (preregistrate) escono dalle casse dell’Alchemica tutti sono pronti a godere della meraviglia horror-prog dei quattro musicisti sul palco. Questa sera non c’è una scaletta a tema e perciò si spazia attraverso la discografia della band alternando classici intramontabili e brani più recenti estratti dall’unico album di inediti pubblicato a nome Claudio Simonetti’s Goblin, quel The Devil is Back uscito senza grossi entusiasmi nel 2019. Vero è che una proposta come questa rimane per forza di cose legata agli anni in cui divenne celebre, ma i pezzi estratti da quel disco non sono affatto male dal vivo, con la titletrack che si muove tra funk e heavy metal e la più maestosa Agnus Dei che si difende bene a sua volta. Simonetti funge da narratore per raccontare la sua carriera a chi non la conosce in maniera approfondita, con gustosi aneddoti e storie ben note: molto apprezzato l’omaggio allo scomparso regista George Romero, del cui Zombi – Dawn of the Dead (1978) i Goblin curarono la colonna sonora; proprio da quel disco vengono proposte la titletrack, L’Alba dei Morti Viventi e Zaratozom, tutte arricchite da un groove heavy che rende il sound vicino a un certo doom metal, soprattutto nel basso cadenzato del secondo brano. Per il sottoscritto i momenti particolarmente emozionanti sono quelli dedicati a Roller (1976), il mio album preferito dei Goblin: vengono suonati il brano omonimo e la psichedelica Aquaman, che si traduce in un momento intimo tra le tastiere di Simonetti e la chitarra di Amador prima che il resto della band faccia il suo ingresso in scena. Non abbiamo ancora menzionato i suoni di stasera, ottimi per tutte e tre le band, ma in particolare perfettamente bilanciati per i Goblin: il volume è alto, ma non eccessivo, se non per i momenti in cui Maragoni si concede qualche blast-beat e tutti gli strumenti trovano un piacevolissimo equilibrio nel mix globale. Sebbene la mania di riprendere pedissequamente tutto con i cellulari – un signore davanti a me ha ripreso ininterrottamente per venti minuti e non ha mai smesso per tutto il concerto – non cessi nemmeno per un attimo e lo stesso Simonetti alimenti il tutto riprendendo a sua volta il pubblico a più riprese (con un siparietto al limite dell’imbarazzo dove ci fa cantare School at Night presentandoci come il coro dell’Antoniano), riesco a stare in prima fila per tutta l’esibizione, potendo così vedere bene tutti i filmati alle spalle della band: tra le immagini vengono proiettati stralci dei film di Dario Argento e fotografie d’epoca del gruppo originale mescolate a quelle della formazione attuale; un’aggiunta gradita, ma in realtà nemmeno così necessaria dal momento che il palco dell’Alchemica non offre una gran visibilità. Si prosegue spediti con il sentito tributo da parte del tastierista al padre Enrico Simonetti, del quale viene eseguito il brano Gamma, che introduceva l’omonimo sceneggiato Rai del 1975. Nonostante le parti di sax siano preregistrate il pezzo viene apprezzato molto dal pubblico, che evidentemente ha ascoltato quelle musiche “in diretta”. non possono mancare i classici, dunque spazio ad una versione metal di Suspiria, con un gran bell’assolo di Amador, e ancora Phenomena, Tenebre e le non prima citate Il Cartaio, E Suono Rock, Opera. Il gran finale è prevedibilmente affidato a Profondo Rosso, eseguita in maniera rispettosa e molto vicina all’originale anche nei suoni, sebbene sia sempre percepibile l’essenza metal del sound del gruppo. Evidentemente i presenti non sono abituati alle dinamiche dei concerti rock, infatti quando i quattro salutano il pubblico la sala inizia velocemente a svuotarsi, perciò la band si ripresenta sul palco per l’encore senza essere stata richiamata a dovere. Il saluto definitivo giunge con la ritmata Demon e a quel punto i visuals si interrompono e anche noi usciamo; dentro l’Alchemica stasera si muore di caldo, ma è sempre una sensazione piacevole quando è derivata da un bel concerto.

CONCLUSIONI
Non mi aspettavo che gli headliner suonassero così tanto, ma ridendo e scherzando il set dei Claudio Simonetti’s Goblin è durato due ore piene e la mezzanotte è superata da parecchio. La formazione che si sta facendo portabandiera del sound iconico del prog-horror italiano nel mondo ha dimostrato di sapere il fatto suo offrendo uno show praticamente impeccabile sotto tutti i punti di vista. Certo, se si volesse puntare il dito su un aspetto che potrebbe far storcere il naso questo potrebbe riguardare la costante “ricerca del metal” in tutti i brani della band: l’approccio heavy si sposa bene con la musica dei Goblin, ma talvolta sembra che venga adottato per forza anche su pezzi che non sono affatto nati con questa impostazione e questo potrebbe intaccarne la magia. È un’osservazione che comunque non toglie nulla all’efficacia del concerto, che spero anzi di rivedere presto. Dato l’orario tardo non riusciamo ad aspettare Simonetti per salutarlo, ma questo non mi impedisce di regalarmi una prima stampa in vinile di Profondo Rosso adocchiata tra le meraviglie di Roberto Attanasio. Felice dell’acquisto rincaso con la soddisfazione di essere riuscito ad ascoltare dal vivo uno dei miei personali pilastri della musica italiana a cui auguro ancora tantissimi anni di carriera. La band è ancora in giro per l’Italia in questi mesi, se ne avete occasione non perdeteveli!



Awake
Mercoledì 15 Febbraio 2023, 16.49.00
6
Può essere cmq che Akerfeldt si sia ispirato al pavone di Suspiria per l\'artwork di Sorceress... molto probabile direi...
progster78
Lunedì 13 Febbraio 2023, 14.29.42
5
Secondo me si sono ispirati al cosmo pavone di Calendar man...a parte gli scherzi i Goblin avranno sempre il mio rispetto,grande Simonetti.
McCallon
Lunedì 13 Febbraio 2023, 12.10.47
4
Quello che dice Duke è vero, ma mi fa pensare se non possa esserlo anche la copertina di Sorceress. Alla fine gli Opeth sono sicuramente fan dei Goblin, con tanto di dichiarazione d\'amore messa in musica esplicitamente su Pale Communion, e magari li avranno conosciuti proprio tramite i film di Argento.
duke
Lunedì 13 Febbraio 2023, 10.58.36
3
...il pavone e\' una citazione...del fim di dario argento...suspiria....da cui anche gli opeth...hanno preso ispirazione....vedi scena finale.....
Awake
Sabato 11 Febbraio 2023, 15.31.47
2
Molto opethiana la locandina... sorceressiana direi...
N�esis
Martedì 7 Febbraio 2023, 9.33.38
1
Visti a Verona l\'anno scorso, tra l\'altro in quello che più che un locale era una taverna privata convertita in locale, praticamente un buco che però ha contribuito a creare un\'atmosfera del tutto consona alla musica suonata. Mi spiace non aver mai visto i Goblin veri, però agli appassionati di soundtrack lo consiglio vivamente.
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CLAUDIO SIMONETTI’S GOBLIN + RITO PAGANO + STEREOKIMONO + ALDI DALLO SPAZIO
Alchemica Club, Bologna (BO), 28/01/2022
 
 
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