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IMPACT - Parla Diego
25/02/2008 (3566 letture)
Riprende il viaggio di Metallized nella vecchia scena Hardcore italiana, questa volta dando spazio agli Impact di Ferrara. La parola a Diego (basso & voce).

Salve Diego, ti va di fare chiarezza sulla storia degli Impact?

Diego: "Io sono entrato a far parte degli Impact nel 1983, già li conoscevo bene da circa due anni. Bistek, il bassista del primo EP condiviso con Eu’s Arse, suonava anche la batteria nel mio precedente gruppo: i Disarmo Totale. Poi ho preso il suo posto negli Impact al basso mentre lui ha sostituito il cantante che se n’era andato di sua volontà. Nel frattempo sia io che Janz stavamo portando faticosamente a termine il servizio di leva, motivo per cui, tra l’altro, mi persi il concerto degli MDC a Ferrara (la nostra città). Dopo qualche mese siamo partiti per Bari dove abbiamo registrato “Solo Odio”."

Cosa ti manca e cosa ti è rimasto maggiormente impresso nella mente di quegli anni?
Diego: "Le cose vissute intensamente “nel posto giusto al momento giusto”, lasciano un bagaglio che molto difficilmente sbiadisce nel tempo. Gran bei ricordi nonostante le difficoltà ambientali e gli ostacoli. L’hardcore bruciava con tutta la sua potenza, e noi ci siamo trovati, forse per caso forse no, a far parte di quella scena italiana molto viva e creativa che ancora oggi viene riconosciuta in tutto il mondo. Allora nessuno di noi l’avrebbe immaginato. Gruppi come Circle Jerks, Minor Threat, Bad Brains, Black Flag ci piacevano da morire ma più che idoli (concetto inesistente, e anche questa era la bellezza dell’ HC) erano per noi dei fortunati e speciali compari d’oltreoceano. Noi del gruppo e tanti nostri amici stavamo praticamente insieme tutto il tempo. Eravamo spesso in giro per l’italia a suonare o vedere concerti nei centri occupati o semplicemente per incontrare amici, ricordo lunghissimi autostop soprattutto con Gigo o viaggi abusivi in treno da cui ogni tanto venivamo sbattuti giù. Senza una lira in tasca, ma ben poche ce ne servivano per divertirci. A Ferrara avevamo un buco autogestito dove organizzavamo concerti ed era la nostra base operativa, di lì ci son passati quasi tutti i gruppi hardcore punx italiani del periodo e qualcuno straniero."

Cosa invece non ti piaceva o non ti piace di quella scena ed avresti voluto cambiare?
Diego: "Assolutamente nulla, non che tutto fosse rose e fiori, ma puro e sincero quanto difficilmente controllabile. Così come la musica stessa che ne scaturiva. Metterlo in discussione oggi sarebbe come se vent’anni dopo un pittore volesse ritoccare il suo più bel dipinto."

Hai qualche rimpianto?
Diego: "Potrei dire che è durato poco, una storia di 3-4 anni di vita, ma sbaglierei. Così per noi, come per tutte le altre bands dell’epoca, si è trattato di un corso naturale degli eventi. Breve quanto intenso. Ricordo le sensazioni di smarrimento quando sentivo che pian piano l’hardcore iniziava a contaminarsi con l’heavy metal o l’hard rock. Contaminazione letale secondo me (anche se non mi dispiacevano i primi Metallica e gli Anthrax). Ma non era più lui, me ne staccai e dopo qualche anno di limbo entrai a far parte nell’ 89 di un altro gruppo della mia città: gli Strike, erano gli anni della patchanka dei Mano Negra (tra le cose che preferivo in quel momento). Tornando agli Impact, l’unico rimpianto forse è di non aver suonato abbastanza all’estero, a parte qualche data in Germania e Olanda in compagnia di gruppi come Negazione, Indigesti, BGK, Scream."

Quali sono secondo te i motivi per i quali si è consolidata una scena hardcore così forte in Italia?
Diego: "Non dobbiamo dimenticare il momento storico in cui si è sviluppata: anni di piombo, di grandi fermenti sociali, di dissenso (e conseguente inasprimento della repressione da parte della polizia), la guerra fredda, la minaccia nucleare, la piaga dell’eroina al suo massimo splendore. Lo spirito che portava molta gente a scendere in piazza, organizzarsi, diffondere controinformazione con i poveri mezzi di allora (che però affinavano l’ingegno e la creatività), il desiderio di crearsi un proprio spazio in cui realizzarsi emotivamente più che economicamente. Il bisogno di far fronte ad un appiattimento esterno silenzioso ed obbediente (sebbene ancora abbastanza immune dagli effetti alienanti della televisione di oggi), cercando il contatto e il confronto con chi ne voleva uscire e dire la sua o semplicemente aggregarsi. Poi consideriamo la nostra “privilegiata” condizione (ancora oggi immutata) di paese servo come nessun altro di Mafia e Chiesa. Le alternative erano: fare i bravi ragazzi e seguire le orme del papà, non pensare ai problemi e gettarsi in pista come dei John Travolta sculettanti, dedicarsi al super potenziamento del proprio motorino, farsi di eroina e altre attività formative simili. La nostra generazione credo avesse come diffusa caratteristica la rottura con il mondo e i clichè dei propri genitori, con tutti i dissidi che ne seguivano ma anche con prese di coscienza forti e “originali”. Voglia di incazzarsi, rifiutando le comodità del buonismo e gli ideali del perbenismo che fiorivano nell’ipocrisia. Stava già passando di moda il nichilismo trasmesso dalla prima ondata punk spille&borchie modello Sid Vicious, con tutta la sua sterile platealità. E In italia, forse più che altrove, il messaggio contenuto nella musica HC era molto politicizzato, anticonformista, duro e diretto. Il terreno ostile e l’ispirazione tratta da altre realtà di protesta del nostro paese fecero la loro parte. Musicalmente parlando, l’impatto era adeguato ai testi. Noi Impact, avevamo ascoltato molto (oltre naturalmente ai nostri connazionali) gruppi inglesi come Crass, Discharge, GBH e Disorder (specie i primi anni) ed eravamo poi passati alla insaziabile scoperta dei gruppi americani (in sala prove capitava di suonare per scaldarci e divertirci “Group Sex” dei Circle Jerks, tutto l’ellepi così com’era!). Questo miscuglio di stili differenti probabilmente ed inconsapevolmente ha fatto sì che ciò che usciva era diverso sia dagli uni che dagli altri, era nostro. Poi le doti “artistiche” sono innate, ognuno di noi partecipava alla realizzazione comune di musica, testi, grafiche, etc… Non male se vuoi fare un qualsiasi tipo di gruppo. Eravamo e siamo amici. Credo che i risultati parlino chiaro, anche il fatto che nel 2006 ci siamo riformati per il TVOR Tour ed ancora non riusciamo a smettere."

Com’erano i rapporti con le altre band?
Diego: "Ottimi rapporti anche se non così assidui, visto che Ferrara era una piccola realtà di provincia e noi eravamo l’unico gruppo nel nostro genere. Appena c’era l’occasione però si partiva per Milano, Torino, Pisa, Bari, etc… e Bologna che era più a portata di mano, prima meta degli esordi per sfuggire al nulla ed alla caccia di novità che ci interessavano. So già che facendo nomi rischio di dimenticarne qualcuno, perché bene o male ci conoscevamo tutti. Poi magari capitava di suonare più spesso con questo o quello ma era una felice coincidenza."

Se ti dico Virus cosa mi dici?
Diego: "A parte l’indiscutibile valore socio-culturale che ebbe e che fu d’esempio per tanti altri, era come per un americano suonare al CBGB’s. Ci si radunava un po’ da tutta la penisola in certe occasioni. Ricordo di averci suonato anche con la mia prima formazione dei Disarmo Totale, quasi al debutto, una certa emozione…"

Il vostro LP “Tutto tace” uscì per T.V.O.R, una realtà importante per la scena punk/HC nostrana.
Diego: "Ero e sono un grande ammiratore della TVOR fanzine e soprattutto amico di Stiv, ma quando venne inciso e distribuito “Tutto Tace” io ero già uscito dal gruppo. Me ne andai qualche mese dopo l’uscita di “Attraverso l’Involucro” distribuito dalla BluBus dei Kina, verso la fine dell’ 86."

Nel 2005 è uscita la compilation doppia “Hate/Love”: com’è stato il responso del pubblico, soprattutto quello che per motivi anagrafici non vi conosceva?
Diego: "Per saperlo dovremmo chiedere ai nostri amici di LoveHate80.it, che hanno ideato e prodotto il doppio cd. Sicuramente una bella operazione per far conoscere, anche se con un solo brano, buona parte della scena HC 80 ai più giovani estimatori del genere. Di sicuro posso dire che, dopo svariati anni in cui l’hardcore sembrava sepolto, oggi mi stupisco sempre di quanto i giovinastri ascoltino e stimino i gruppi della scena originale come il nostro. Questo grazie anche a internet. Ad ogni nostro concerto dalla reunion del maggio 2006 in poi ho visto sempre un sacco di gente cantare i nostri pezzi sotto e sopra il palco. Addirittura ragazzi del posto in Repubblica Ceca! Moltissimi messaggi di stima ci arrivano anche da giovanissimi da ogni parte del globo attraverso il nostro sito ( www.impact-hc80.com ) e myspace ( www.myspace.com/impact1980 )."

Come ti sembra il lavoro delle labels e dei mezzi di comunicazioni di oggi?
Diego: "Le etichette indipendenti mi pare resistano nonostante il mercato sia cambiato parecchio, crisi nera di vendite dei cd ma nuove forme di diffusioni online della musica e della sua promozione. Certo l’ambiente li è un tantino intasato. Tutto ora è a portata di mano: più semplice ed economico incidere, facile stampare, contatti potenzialmente aperti con tutto il mondo. Ma ciò non basta se non si ha veramente qualcosa da dire. Il panorama musicale underground non produce cose eclatanti mi pare, si aspetta una di quelle magiche scintille che faccia esplodere qualcosa di nuovo. Veniamo da un bel decennio di rivisitazioni, cover bands, ritorni di moda e spero sinceramente che anche l’interesse che ha resistito o che si è rinnovato per l’HC non si riduca solo a questo. Comunque non sono molto informato sulle nuove tendenze, anche perché quando provo a curiosare faccio molta fatica a scorgere qualcosa di veramente interessante."

Meglio le webzine o le fanzine?
Diego: "Beh, se devo scegliere non c’è dubbio che sono legato affettivamente alla fanzine, visto che anch’io mi ero cimentato all’epoca. Io e Fabio, il chitarrista dei Disarmo Totale, ne producemmo un unico primo numero (poche copie ma molto gradite, ricordo) dal titolo “Fanghiglia Cristiana”. Sono sempre stato un appassionato di grafica, e di computer-grafica. Quindi apprezzo molto anche la webzine, vista la facilità con cui la puoi aggiornare, leggere e diffondere."

Nella line up è stato presente anche Neffa. Poi lui se ne andò nei Negazione, prima di sfondare in un campo molto lontano dall’hardcore. Cosa hai provato quando l'hai rivisto in questa nuova veste? Te lo aspettavi?
Diego: "Neffa, allora da noi noto come Jeff, è capitato negli Impact dopo la mia fuoriuscita. Ma dopo un periodo di prove (ad una delle quali ricordo suonai anch’io) se ne andò con i Negazione. Lo rincontrai anni dopo suonando con gli Strike, dividemmo il palco a Rimini (lui era con i Sangue Misto credo) e saltò poi sul nostro furgone per uno strappo fino a Bologna tra svariate canne di circostanza. Non mi ha stupito più di tanto vedere la carriera di trasformista che ha fatto… Non giudico chi non conosco bene, ma la sua musica non mi interessa come non mi interessa tutto ciò che ronza per le grandi radio, MTV, classifiche, etc.... Per me è tutta la stessa cacca…"

Segui la scena HC attuale italiana?
Diego: "Non molto, conosco solo i gruppi che hanno suonato ai nostri concerti in questo ultimo periodo. Molti dei quali niente male, tra loro mi sono particolarmente piaciuti i NoWhiteRag di Modena."

Quali sono le maggiori differenze tra la scena attuale e quella degli anni 80?
Diego: "Questa domanda fatta a me non può avere una risposta parziale, allora vivevo intensamente una storia completamente nuova, da dividere con tutti gli altri in tutti i suoi aspetti, oggi il piacere enorme di fare ancora i nostri pezzi è vissuto più intimamente e, almeno io, non sono in grado di dare giudizi sulla scena attuale. Sulle t-shirts e i giubbotti dei ragazzi ai concerti trionfano oggi esattamente ed esclusivamente le stesse stampe dei gruppi Hc-punk che vedevo e portavo anch’io allora, solo che allora erano attualità… che altro dire…."

Quali sono i tuoi gruppi musicali preferiti?
Diego: "Ne ho avuti veramente tanti. Partendo da dodicenne con gli Ac-Dc e i Ramones, poi i Dead Kennedys, tutto l’HC soprattutto americano, poi passioni passeggere per garage e psycobilly, dosi massicce di Public Enemy e Beastie Boys, poi i Mano Negra, gli Urban Dance Squad, i Rage Against The Machine, l’elettronica dei primi Chemical Brothers e Prodigy, via via cercando novità che mi soddisfacessero. Ora penso che ripartirò da capo, visto quello che gira."

5 album da avere assolutamente.
AC/DC - “Highway To Hell”
Ramones - “It’s Alive”
Dead Kennedys - “Fresh Fruit For Rotten Vegetables”
Circle Jerks - “Group Sex”
Bad Brains - “Rock For Light”

Ti ringrazio per la disponibilità. Chiudi pure come vuoi.
Diego: "Anche da parte di Janz e Gigo, un saluto speciale a tutti i ragazzi e ragazze che abbiamo conosciuto negli ultimi concerti e grazie a te per averci ospitato."



Hobbit_74
Giovedì 9 Aprile 2009, 21.18.22
5
Sono di Roma e sono fondamentalmente metallaro, ma gli IMPACTt sono stati tra i miei gruppi preferiti e grande fonte d'ispirazione, in particolare "Attraverso l'involucro" lo ritengo un capolavoro. Adoro le linee di basso di Diego...In bocca al lupo per il futuro!!!
pincheloco
Martedì 7 Aprile 2009, 16.05.32
4
Che tempi per chi come me li ha vissuti. Grande band.
Yossarian
Domenica 2 Marzo 2008, 12.10.15
3
grandi...Processo di vita rimane il mio pezzo preferito...
raven
Martedì 26 Febbraio 2008, 8.47.59
2
Inoltre molti dei gruppi citati nell'intervista sono già nel nostro data-base.
raven
Martedì 26 Febbraio 2008, 8.16.06
1
Belle storie....
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Impact
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25/02/2008
Intervista
IMPACT
Parla Diego
 
 
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