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JUCIFER - Parla Amber Valentine
07/08/2008 (4570 letture)
Raccontarvi un disco dei Jucifer non è compito semplice, ma ancor più complicato è descrivere questa band. Lontana da clichè pseudo-femministi e dalla trappola del vero showbiz, ecco a voi Amber Valentine, una frontwoman con attributi da vendere.

WildChild: Prima di tutto grazie per il prezioso tempo concesso. Per chi non vi conosce ancora, puoi raccontarci la storia dei Jucifer?
Amber Valentine: Ciao Seba, grazie a te! Ci siamo incontrati e abbiamo formato la band nel 1993, inizialmente in tre, ma fin dall’inizio del 1994 siamo rimasti in due. La prima registrazione risale al 1995, mentre nel 1998 abbiamo pubblicato il nostro primo album “Calling all Cars on the Vegas Strip”, che fu scelto dalla major Capricorn (con la quale abbiamo firmato un contratto nel 1999) e ripubblicato da loro nel 2000. Dal 1997 ad oggi abbiamo girato tutto il nord America e dal 2001 siamo saliti sul nostro tour bus per cominciare a suonare in giro per il continente a tempo pieno. Abbiamo pubblicato un altro album e due EP con la nostra vecchia etichetta (che sfortunatamente si è sciolta in una casa indipendente con una scarsa distribuzione) prima di firmare con la Relapse nel 2006. La Relapse ha pubblicato “If Thine Enemy Hunger” (che avevamo registrato nel 2004) nell’autunno del 2006. Adesso è appena uscito il nostro sesto disco, “L’Autrichienne”, e stiamo per partire alla volta dell’Europa per un tour di quasi due mesi.

W: Cosa puoi dirci della risposta di pubblico e media per il nuovo album?
AV: Molto positiva. Non leggiamo molte interviste, ma quelle che abbiamo visto e gli intervistatori con cui ho parlato sembrano concordare sul fatto che si tratta di un ottimo album. E cosa più importante, i nostri fan lo adorano e noi ne siamo entusiasti!

W: Se dovessi descrivere “L’Autrichienne” in poche parole, quali sarebbero?
AV: E’ eterogeneo, ricco in cambiamenti di sonorità e stati d’animo. A volte devastante, a volte leggero come l’aria. Suppongo che la maggior parte delle persone troverà almeno una canzone da amare ed una da odiare su questo disco.

W: Quali ragioni ci sono dietro la decisione di scegliere Maria Antonietta come personaggio ideologico di questo album? Ti vedi in qualche modo riflessa nella sua immagine?
AV: Credo che chiunque possa rispecchiarsi in quello che ha passato Maria Antonietta.. Personalmente, mi sono accorta che, essendo un personaggio pubblico (anche se a livello di underground), a volte, come Maria Antonietta ed altre “celebrità”, sono fraintesa e giudicata in maniera ingiusta. Invenzioni da parte dei media o false citazioni di altre persone vengono trattate come verità. Trovo che ci sia un profondo astio nei confronti delle donne forti, in particolare quando utilizzano i loro attributi femminili come loro forza. E viene dato davvero troppo valore all’aspetto esteriore di una donna. Le donne che riescono ad avere successo in professioni quotate sono ancora spesso ricordate principalmente come oggetti sessuali o icone fashion. Il pubblico adora stare a guardare quelle donne definite “belle”, ma adora altrettanto criticare ogni difetto trovato o immaginato in loro. Il pubblico adora anche accusare le donne per gli errori commessi dai loro mariti: alle donne è data una grande responsabilità e poco credito. Questo è vero oggi quanto lo era 200 o 1200 anni fa!

W: Che genere di relazioni hanno i Jucifer con i media (riviste, webzine, TV, radio)? Si tratta di qualcosa di cui fareste tranquillamente a meno, o di un aiuto fondamentale per fare in modo di essere conosciuti nel mondo?
AV: Non credo che potrebbe esistere alcun genere di band senza una forma di pubblicità. Il potere dei media è facilmente provato da “American Idol”… Si tratta di uno show televisivo che prende persone sconosciute e le rende in grado di sfondare nel campo musicale. Funziona perché è pubblicizzato in TV. Credo che qualsiasi band, inclusa la nostra, aumenterebbe drammaticamente il numero dei propri fan con quel genere di esposizione mediatica. Ma non può essere mantenuta senza continuare la pubblicità, perché a quel punto la gente comincia ad ascoltarti solo perché sei pubblicizzato. È il motivo per cui alcune celebrità si sposano, divorziano, fanno figli o vengono arrestate in continuazione… Per rimanere sulle riviste!!

W: Mi piace immaginare “L’autrichienne” come una sorta di opera teatrale nella quale tu interpreti diversi personaggi in modo da sviluppare la trama che avevate in testa componendo l’album. Credi che sia una interpretazione adatta?
AV: Sì!! É un modo perfetto di spiegarlo.

W: Una parola che è in qualche modo affascinante: strano. Cos’è “strano” secondo la tua opinione?
AV: Questo è divertente perchè so che per molte persone io stessa potrei sembrare strana. Per me, personalmente, non sono affatto strana, sono estremamente logica! Le caratteristiche più strane che trovo negli esseri umani sono il desiderio di uccidere ed il desiderio di conformarsi. Anche il desiderio di essere sempre superiore agli altri.

W: Ti consideri un’artista? E cosa distingue un artista da una persona che semplicemente fa musica?
AV: Sì, mi considero un’artista. Credo che ci sia differenza tra essere un artista ed un intrattenitore. Una persona può intrattenere attraverso la sua arte e può essere artistica attraverso il suo intrattenimento. Ma lo scopo finale è differente. Per me, la mia intera vita ha lo scopo di raggiungere la bellezza personale. Non parlo di quella esteriore, ma di esprimere le mie emozioni e le mie idee con sincerità e dignità. Fare musica, testi, il modo in cui costruiamo i nostri spettacoli, per noi è tutto parte di quel processo. Nessuna ricerca di riscatto in termini di denaro o successo. Per un intrattenitore lo scopo finale è di essere popolare. E non credo che quell’approccio sia sbagliato, semplicemente non è il mio.

W: La tua ispirazione ha bisogno di essere alimentata in qualche maniera?
AV: Sì, ma sembra venire da molte direzioni diverse. Reagisco ad esperienze emozionali facendo musica, dipingendo o scrivendo.

W: La vostra musica è inusuale (per l’uso che fate delle atmosfere, cambiando da uno stile all’altro). Non credi che uscire da una realtà underground e firmare un contratto con una major possa cambiare il vostro approccio alla musica?
AV: Se fossimo dei ricercatori di denaro, ci limiteremmo ad un genere di suono, qualcosa che abbia già successo, e copieremmo lo stile di altre band. Questo è quello che sembra funzionare nella cultura moderna. Ma sarebbe falso. Faremo sempre ciò che pensiamo sia giusto, che per noi significa fare solo musica che amiamo ed in cui crediamo. Siamo fortunati ad aver già creato un struttura di lavoro piuttosto diversificata, così le persone che hanno familiarità con il nostro sound sanno che avremo sempre una vasta area all’interno della quale esprimerci. Non la cambieremo!

W: Cosa sceglieresti tra: venderti, fare musica che detesti e raggiungere il successo, oppure continuare fare cose in cui credi per rimanere in questa realtà underground?
AV: È deprimente dover fare questo genere di scelte. Sarebbe bello poter credere che essere originali e sinceri sia in grado di ripagarti con il successo, non il contrario!! Ma da parte nostra la risposta a questa domanda è arrivata molto tempo fa… Sarebbe stato facile venderci musicalmente con il nostro primo contratto discografico, facile vendermi personalmente quando mi venne offerto un servizio su Playboy, facile creare una band “normale” fin dall’inizio. Data la scelta tra essere ben pagati, amati e falsi o fare qualcosa di vero nell’oscurità… Rimarremo nell’underground.

W: Il vostro stile è reso particolare anche dal contrasto continuo tra suoni moderni ed altri più “antichi”. Quanta importanza concedete ai dettagli tecnici della costruzione del vostro suono in studio? Vi considerate una band molto pignola sotto questo aspetto?
AV: Sì. Sappiamo esattamente come ogni cosa debba suonare. Suoniamo e arrangiamo tutto della nostra musica… Non capiamo le band che reclutano un produttore che dica loro come dovrebbero essere le loro canzoni!

W: Scrivete la vostra musica pensando a come suonerà dal vivo oppure vi preoccupate solo della loro resa su disco?
AV: Facciamo un album perché sia un album. Su ogni disco ci sono canzoni che non verranno suonate in tour, ed alcune che sappiamo verranno suonate. Ma il nostro obiettivo nel registrare un album è creare un’esperienza per qualcuno che si trova a casa o in auto. C’è spazio per piccole sottigliezze in un disco. I nostri concerti sono qualcosa di più selvaggio, feroce. Quando viaggiamo sul nostro continente ci portiamo dietro un enorme muro di amplificatori. Come live band siamo conosciuti per essere pesanti ed intensi: sul palco, nessuna ballata al pianoforte! Si tratta di un riflesso del nostro modo di essere fan. Pensiamo sia piuttosto noioso vedere una band dal vivo semplicemente mimare il loro disco. Oppure ascoltare l’album di un gruppo e scoprire che non c’è differenza dal loro DVD live. Vogliamo ottenere il massimo da ciò che ogni situazione può dare.

W: Non ti chiederò di dare un nome al genere di musica che suonate, ma sicuramente quando eravate ragazzi siete stati ispirati da un particolare genere musicale o da un artista. Esiste una band alla quale ti piacerebbe assomigliare?
AV: Credo che metal sia la definizione che si adatta più di ogni altro genere. Semplicemente perché tutti i sottogeneri del metal sono così diversi. E poi siamo pesanti, ma facciamo ballate, che vanno bene nel metal. La cosa difficile nel metal è l’essere accettati con voci femminili. Ad alcune persone interessa solo musica accompagnata da voci scream o growl, che io utilizzo, ma non esclusivamente. Allo stesso tempo alcuni cantanti maschi al giorno d’oggi raggiungono il successo usando voci altissime in falsetto. É una strana contraddizione. L’altro punto nel metal oggi è che alla gente sembra interessare una certo conformismo all’interno dei vari sottogeneri. Capisco che possa aiutare a formare una certa identità, ma credo che la conformità sia noiosa.

W: C’è una canzone alla quale ti senti più affezionata? Uno stile fra tutti che riflette al meglio ciò che sei in questo momento?
AV: Cambia ogni giorno, a volte ogni ora! A volte la roba più grind è il massimo, a volte roba più lenta, a volte mi va di suonare una canzone rap, a volte una country.

W: Perché i Jucifer suonano? Perchè non stai vivendo una vita diversa? È solo per il denaro ed il successo o c’è qualcosa di più?
AV: Per alcune persone, per noi, è semplicemente una parte di te. Un bisogno fisico. Se non prendo in mano una chitarra per due giorni comincio a sentire un male alle mani ogni volta che ne impugno una! E poi la pubblicazione della tua composizione, la catarsi del suonare per un pubblico, sono come una droga. Abbiamo suonato da quando eravamo bambini e continueremo a suonare quando avremo 80 o 100 anni, se arriveremo così lontano.

W: Avremo la possibilità di vedervi in Italia in futuro?
AV: Sì! Puoi trovare le date sulla nostra pagina di Myspace: WWW.MYSPACE.COM/JUCIFER

W: Ancora grazie per la tua disponibilità, per me questo può bastare. Ti faccio le mie sincere congratulazioni per “L’Autrichienne” e ti auguro tutto il meglio per il futuro. Se c’è qualcosa che vuoi dire ai nostri lettori, questa è la tua chance.
AV: Grazie mille! Ai lettori, grazie per il vostro tempo passato a leggere dei Jucifer. Speriamo di incontrare molti di voi molto presto ai nostri concerti!




Seba
Sabato 9 Agosto 2008, 10.45.35
2
Thnx!
Nikolas
Giovedì 7 Agosto 2008, 19.10.04
1
Bella intervista e belle risposte, molto piacevole e si legge bene nonostante non sia cortissima, bel colpo!
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