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TOTAL METAL FESTIVAL 2008 - Unbreakable
28/09/2008 (6580 letture)

TESTI: Giuseppe Abbinante "Il Mentalista"
FOTO: Valeria Di Chiaro "§tarchild"


Sarà una banalità, ma è proprio vero che ciò che non ti uccide ti rende più forte. Il disastro economico della scorsa edizione, la necessità di abbandonare la cornice dell'open air, le critiche e dulcis in fundo il tentativo di caccia alle streghe messo in piedi da un gruppo politico di ispirazione cattolica locale che nella settimana precedente al festival ha fatto più notizia del festival stesso sono cose che possono far saltare i nervi e la voglia di fare a chiunque. A quanto pare però, non alla Vivo Management e al tenace Luigi Pisanello, che nonostante le avversità riesce a mettere in piedi la sesta edizione del Total Metal Festival, sottotitolato appunto "Unbreakable". Caratterizzata da un'atmosfera deliziosamente intima e raccolta, da un'organizzazione impeccabile e dalla qualità media piuttosto elevata delle band in cartellone, la più grande creatura metallica pugliese ha presentato come uniche note stonate l'acustica non proprio perfetta della location e la defezione all'ultimo momento degli Shank, band locale incaricata di aprire le ostilità, a causa di ritardi non meglio precisati. Per il resto, un locale (il New Demodè di Modugno, in provincia di Bari) colmo di un numero impossibile da quantificare di persone e gli attestati di stima durante e dopo il festival da parte di pubblico, artisti e addetti ai lavori hanno decretato il successo di una manifestazione che continua a crescere anno dopo anno.
Che sarà una giornata speciale, il sottoscritto lo percepisce non appena mette piede nel locale: un raggio di luce penetra da un punto imprecisato del soffitto e va a cadere esattamente nel mezzo del pavimento. La scena fa tanto Indiana Jones e i Predatori dell'Arca Perduta (dov'è l'asta di Ra quando serve?) ma è bello interpretarla come segno d'approvazione divina alla faccia del bigottismo, l'ignoranza, l'ottusaggine e i pregiudizi che un piccolo gruppo di persone ha scagliato contro il festival: il monito per tutti è quello di vivere nel presente...

MEMORIES OF PAIN
Trampolino di lancio del festival e banco di prova per tutto ciò che riguarda suoni ed acustica, a calcare il palco per primi sono i baresi Memories Of Pain. Giovanissimi ed emozionatissimi, i quattro ragazzi suonano tre pezzi (uno dei quali una cover degli Agathodaimon) che sinceramente non lasciano una grande impressione; il loro black metal sinfonico risente di suoni ovattati (tutto è sovrastato da basso e tastiera) e una certa contrattura dovuta all'emozione del momento. La band comunque è valida e s'ha da fare, per ora sono urgentemente da rivedere il songwriting, un pò blando, e la postura del bassista tendente al torcicollo.

CLINICAMENTE MORTI
Certo che ammazzare il tempo nell'attesa che i "Clinicamente Morti" salgano finalmente sul palco ha del paradossale... I leccesi infatti si presentano con un consistente ritardo e conseguente riduzione temporale del set che comunque non impedisce alla band -soprattutto al singer- di sudare come se avesse suonato per due ore di fila. L'ancora esiguo pubblico apprezza il death-hardcore fortemente "panterizzato" dei salentini e lo sottolinea col primo pogo della giornata -immortalato da un'esigente cameraman- nelle prime file, e con un ondeggiamento cranico a metà tra l'headbanging e un cenno di assenso nelle file più arretrate.
Buona prova dunque per i Clinicamente Morti, che con la loro Appetito Carnale mi ricordano che sono passate le 17:00 e sono ancora a stomaco vuoto.

PLASTER CASTERS
Una delle poche verità assolute in un mondo governato dalla soggettività come quello della musica dovrebbe essere che la qualità paga, in qualsiasi contesto. Lo sa la direzione artistica del festival, che ha inserito una band hard rock in un bill fortemente dominato dal metal estremo, e lo sanno anche i Plaster Casters, la band di cui sopra, che tuttavia non manca di ricorrere a qualche astuzia per ribadirlo ad un pubblico che si ostina a far finta di non saperlo. I rockers baresi infatti si presentano sul palco con una carica fortemente metallica, indotta da un sound duro ed elettrico e veicolata da un paio di cover che rispondono al nome di Cowboys From Hell e Children Of The Damned. La reazione in platea è piuttosto variegata: qualcuno si scioglie, qualcuno si era già sciolto sin dai primi secondi (le scalmanate "Plaster Groupies"), a qualcuno si scioglie qualcosa e decide di uscire dal locale. Noi scegliamo di rimanere e goderci lo spettacolo, che prevede anche quattro pezzi originali piuttosto notevoli, un'ottima esecuzione da parte della band e una dialettica col pubblico all'insegna dell'apertura mentale e del civile scambio di idee, che si può riassumere tutta in questo brevissimo stralcio di conversazione:
SINGER: "Sono metallaro da un sacco di tempo..."
PUBBLICO: "Ma che ca**o dici!"

REALITY GREY
Giunge quindi il momento di uno dei gruppi locali più attesi, i Reality Grey, che stanno accompagnando Hatesphere e Deicide in giro per l'Italia. L'occasione è quella giusta per la consacrazione del nuovo e giovane singer Antonio Caggese davanti al grande pubblico e il ragazzo non se la lascia sfuggire sfoderando una versatilità e una potenza impressionante, soprattutto nel growl. Peccato che il resto della band (soprattutto le due chitarre) sia penalizzato da suoni non all'altezza che ne scalfiscono sensibilmente la prestazione, che rimane comunque sopra le righe. Ottima la tecnica e notevole la potenza espressa, soprattutto nell'esecuzione di due nuovi pezzi e della cover di Praise The Lord dei Dying Fetus, che mostra quanto a suo agio la band si trovi con la sua anima più brutale (e stiamo parlando di un gruppo che nasce all'insegna del death metal melodico) e quanto a suo agio si trovi a gambe all'aria un individuo tra la folla, dato che ci rimane per diversi minuti. Simpatici i siparietti tra una canzone e l'altra, che vedono il singer lanciare urli a caso (tanto da guadagnarsi un "vai maiale!"), il bassista intimare più volte il silenzio alla platea e l'intera band inneggiare all'organizzatore del festival (retaggio di un'altra band di culto dell'underground barese, i Machullo) accompagnata a gran voce dal pubblico: "Gi-gi-gomma! Gi-gi-gomma!".

ROSAE CRUCIS
Tocca adesso ai Rosae Crucis, unici alfieri dell'"acciaio puro" previsti in una giornata all'insegna di colleghi molto più rumorosi e brutalloni. Confesso di essermi accostato all'esibizione dei capitolini in maniera piuttosto superficiale, forse perchè a mio modo di vedere (chiamatelo tranquillamente "preconcetto") rimangono attaccati ad un modo di fare ed essere metal ancorato al passato e a tutta una scena tipicamente ottantiana che non rispecchia più le mie preferenze. E bastano pochi secondi per averne conferma, grazie ad una scenografia (l'unica di tutto il festival) tipicamente medievaleggiante fatta di simboli mistici, tonache cavalleresche ed un individuo incappucciato sul palco la cui utilità rimane misteriosa fino a quando non si tratta di fare linguacce ai fotografi e fungere da portaoggetti ed appendiabiti.
Beh, sapete cosa? Mi è bastato ancor meno per cambiare idea. "Nel nome della rosa e della croce, questo è il nostro manifesto": parole che preludono ad una performance assolutamente emozionante, capace di coinvolgere i presenti in virtù di un sound epico e massiccio, guidato dalle chitarre e dagli acuti spaventosi di un Giuseppe Cialone che attualmente non teme il confronto con un Eric Adams qualsiasi, sia a livello vocale che di abbigliamento (guardare le foto per credere).
La messa dei nostri procede senza indugi per cinque lunghi pezzi che raggiungono il picco di epicità e pathos con Il re del mondo, che guadagna la partecipazione del pubblico con un caloroso battimano e qualche timido tentativo di sing-along durante il quale, e lo dico con un brivido di vergogna che mi percorre la schiena, mi sono trovato ad immaginarmi come il protagonista della copertina di Noble Savage dei Virgin Steele (CLICCA QUI per vederla).
Dimmi se c'è! Dimmi dov'è! Dimmi se esiste il Re Del Mondo! Il Re dei Re! Il Re dei Re! Governati dal profondo!
Ehm...

NEURASTHENIA
E quando la voglia chiama, il buon vecchio thrash metal risponde. Dopo i Rosae Crucis, tocca ai Neurasthenia continuare a riempire di anni '80 il Total Metal Festival con un modo di fare musica che rifiuta di perdersi nel tempo e anzi, oggi più che mai, torna di grande attualità. Guidati da un singer-chitarrista nato da un incrocio tra Schmier dei Destruction e Gerre dei Tankard, questi incorruttibili virgulti del metallo che fu non perdono tempo a conquistarsi la simpatia di tutta la platea grazie ad un approccio incandescente ed un'energia che sprizza da tutti i pori. Il sound dei bolognesi difetta leggermente di potenza e precisione (soprattutto nelle parti vocali) ma di fronte ad un'attitudine live così genuina ed una perfetta tenuta del palco, mutuata da anni di esperienza e supporto a diversi pezzi grossi del genere, passa la voglia di stare a spaccare il capello in quattro. Pubblico gasato e pogante, sette pezzi martellanti (tra cui una buona cover di Low dei Testament), un frontman che prende alla lettera i concetti di "sputare sangue sul palco" e "lick di chitarra", cosa chiedere di più?

METHEDRAS
Un giorno qualcuno mi dovrà spiegare per quale motivo una band italiana, davanti ad un pubblico italiano, si debba rivolgere allo stesso IN INGLESE. Jet-Lag? Bus-Lag? Alcool-Lag? Non importa, fatto sta che va decisamente meglio quando il singer (che per l'occasione è Ruggero degli Inallsenses, in sostituzione del cantante originale Claude F.) si lascia scappare un italianissimo e veracissimo "non sento un ca**o!", contraccambiato da un rumoroso vociare della folla: va bene annichilire il pubblico con una potenza sonora sorprendente, va benissimo riuscire a sprigionare un sound personale che prende il meglio del thrash metal della bay area e il death svedese e ne crea una mescola esplosiva, ma riuscire a comunicare con chi ti ascolta è sempre meglio. E' comunque ufficiale: i Methedras ci hanno profondamente colpiti. Sovente abbiamo udito meraviglie a proposito dei loro live, quale migliore occasione di questa per appurarlo? Ebbene, abituatevi all'idea di avere una nuova macchina da guerra in Italia e non lasciatevela sfuggire se passa dalle vostre parti. Inarrestabili, tecnici e devastanti, i milanesi distribuiscono trenta minuti di legnate senza colpo ferire e a giudicare dai larghi sorrisi del cantante, ci provano anche particolarmente gusto. Ottima la cover di Davidian dei Machine Head proposta e impeccabile lo stile con cui Ruggero si esibisce nello stage diving a fine esibizione. Chapeau.

SCHIZO
Se i Methedras rappresentano il presente (e probabilmente il futuro) del thrash metal italiano, gli Schizo ne personificano senza dubbio il glorioso passato. Atipico il loro ingresso in scena avventuto talmente tanto in sordina che sorprende buona parte degli astanti, impegnati a fumare e prendere freddo fuori dal locale, e soprattutto il sottoscritto, intento a discutere di massimi sistemi, tuffi carpiati e prezzo delle crocchette allo stand gastronomico con la nostra infaticabile fotografa Valeria. Non si capisce esattamente se i primi accordi suonati dalla chitarra stiano annunciando l'inizio dell'esibizione o quello del soundcheck fino a quando un losco figuro ornato di passamontagna inizia a vomitare odio nel microfono, cercando, senza riuscirci, di impiccarcisi nel filo. Parte così una performance che crea un'atmosfera a dir poco particolare sin dalle primissime battute: un sound crudo, tagliente e spietato, l'abbondanza di ghiaccio secco (fumo scenico, per i profani), le luci che si mantengono su sanguinarie tonalità rosso spento e una presenza sul palco ingessata eppur ingombrante creano una sensazione di male antico, cristallizzato nel tempo, eppure sempre letale e pericoloso. La band sicula è fautrice di una prestazione praticamente perfetta che si sonda su una setlist che rappresenta una sorta di best of della propria carriera (e per assonanza, della scena estrema italiana che fu), con tanto di dediche al "vero thrash italiano" e a "tutti i drughi della scena estrema di quegli anni". Esperienza, cattiveria e una voglia di suonare mai doma tengono incollati sotto il palco i presenti che come il sottoscritto, ammirano in estasi le gesta dei catanesi. Particolare impressione, oltre alla carica che l'urlatore-terrorista Nicola Accurso è in grado di trasmettere, fà la vista del chitarrista S.B. Reder: un tipo glaciale, pacato come un agnellino e rassicurante come una pistola puntata alla tempia.

SLOWMOTION APOCALYPSE
Ricordate queste parole: la misura della riuscita di un concerto non è data dal grado di esaltazione della gente in platea, ma dal grado di esaltazione della band sul palco. L'odierna esibizione degli Slowmotion Apocalypse è stata illuminante in tal senso: già dalla premessa fatta dal singer Albi, che dice "il 50% lo facciamo noi, ma l'altro 50% lo fate voi, perchè senza di voi non siamo un ca**o", si capisce che il sudore, il sangue e i traumi riportati fino a questo momento tra la folla sono destinati ad aumentare a dismisura, ed ogni promessa è debito! Entrambe le parti infatti si impegnano al massimo per dar vita a quaranta intensissimi minuti dominati dall'adrenalina, l'esaltazione e la follia; corna, urla e pogo da una parte, corna, urla e musica dall'altra in un costante scambio di energia che rende questa una delle migliori performance della giornata. La band di Pordenone suona, pesta e scalpita con una carica esplosiva tale da rendere le proprie canzoni in sede live mille volte più potenti delle già fantastiche versioni in studio, palesando una chiara attitudine da animali da palco. Più volte si è parlato degli Slowmotion Apocalypse come portabandiera del metalcore italiano ma sinceramente qui di "core" non se ne sente la minima traccia, se non in qualche break cadenzato presente qua e là; a dominare sono le sfuriate in pieno stile thrash-death svedese proposto con piglio granitico e moderno che incontra il favore di praticamente tutto il pubblico, che si diverte e si esalta, anche grazie a dichiarazioni che richiamano la recente attualità che ha coinvolto l'evento: "tenetevelo stretto 'sto festival, non fatevi rompere il ca**o da nessuno!". Parole sagge caro Albi e anzi, vista la situazione, direi "parole sante"...

SLOWMOTION APOCALYPSE SETLIST
Fuel for my hatred
Portrait of a lie
More horror is to come
Daydream addiction
The blessing
Burial
The way you want to die
Back from the grave

HATESPHERE
Gli Hatesphere lo fanno meglio.
Se è lecito riconoscere l'esistenza di un metalcore di stampo europeo, allora questo dovrebbe essere un marchio registrato Hatesphere. A vederli sul palco si capisce perchè siano considerati punto di riferimento e guida di un genere in un intero continente: semplicemente perchè lo fanno meglio. Devastanti nelle parti più veloci e thrash-oriented, inarrivabili in quelle più cadenzate e groovy, i cinque danesi sono padroni di un sound spettacolare per potenza, precisione, coesione e un feeling che trasuda da ogni nota suonata. Poche altre volte ho visto una band stare sul palco e "riempirlo" come hanno fatto gli Hatesphere, e poche altre volte ho assistito ad un'interazione col pubblico così continua e calorosa fatta di incitazioni (memorabile il wall of death con tanto di raccomandazione a non farsi male richiesto dal singer), dichiarazioni d'amore (si va dal classico "Total Metal Festival, you rule!" ai ripetuti abbracci che il bassista Mixen Lindberg dedica al pubblico - tanto che Valeria ha ribattezzato la band "Lovesphere"), sorrisi, boccacce ed un maldestro ed esilarante tentativo di inneggiamento al demonio ("è possibile avere luci un pò più sataniche? così sono troppo cristiane! evil is good!"). Anche questo, gli Hatesphere lo fanno meglio.
Orfana di Jacob Bredahl, la band trova nel giovanissimo Jonathan Albrechtsen un degno sostituto che qualcuno tra il pubblico non esita a definire "piccolo mostro" in virtù di una prestazione grintosa fatta di growls, screams e latrati vari urlati con una personalità che non ti aspetti da un ragazzo che avrà pure vent'anni, ma ne dimostra quindici. Il resto della band dal canto suo non perde un colpo ed esegue alla perfezione una setlist che pesca da tutta la propria breve (ma intensa) discografia e presenta anche un nuovo estratto dal prossimo album in preparazione; inutile dire che il pubblico non manca di sottolineare il proprio gradimento con poghi, circle pit e wall of death, locuzioni inquietanti che significano tanto divertimento e in qualche sfortunato caso anche tanto dolore, a giudicare dal buon numero di persone che si tengono un cubetto di ghiaccio premuto contro varie parti del cranio. Anche quando si tratta di provocare reazioni esagerate, gli Hatesphere lo fanno meglio.
PS: ancora oggi non mi spiego come sia possibile scapocciare e sbavare con una sincronia così perfetta come quella esibita dal buon Mixen Lindberg. Anche questo, gli Hatesphere lo fanno meglio.
PPS: dopo un colloquio "fotografico" con la nostra addetta Valeria, ho scoperto che i cinque danesi sono la band più fotogenica che lei abbia mai avuto modo di immortalare on stage, e che questo ha reso particolarmente problematica la selezione delle foto da pubblicare. Anche questo, gli Hatesphere lo fanno meglio.

HATESPHERE SETLIST
Heaven is ready to fall
Murderous intent
The Coming chaos
Disbeliever
Oceans of blood
Sickness whitin
Aurora
Damned below judas
500 dead people
Deathtrip
Cloaked in shit
Low life vendetta
Forever war

DEICIDE
Giungiamo così all'ultimo atto del Total Metal Festival 2008, ovvero quel concerto dei Deicide che tanti animi ha acceso sia nel sottobosco metallaro pugliese che in una piccola parte dell'opinione pubblica contraria a questo festival, ovviamente con risultati differenti a seconda dei casi. Sicuro della lettura di almeno una piccola parte di entrambe le fazioni, posso rivolgermi alla seconda a scopo tranquillizzante dato che nessun diavolo o entità maligna/anticristiana è saltata fuori da alcun dove, nessuna anima è stata corrotta dagli anatemi e dalla blasfemia imperante che accompagnerebbero la musica della band, non è stato offerto alcun suicidio sacrificale a nessuno e così via; eppure da un tizio di cui si raccontano oscuri prodigi come l'impallinamento di uno scoiattolo durante un'intervista, sacrifici animali on stage, qualsiasi accostamento a tutto ciò che è anticristiano e -ultimo ma non meno importante- l'avvistamento del Bigfoot, ci si aspettava qualcosa in più di una semplice esibizione musicale. E questo vale anche per i tifosi dell'altra squadra: scenografia inesistente e affidata al solo lavoro delle luci di scena e del ghiaccio secco, presenza scenica che prevede al massimo un passo avanti e uno indietro rispetto alla propria postazione e una loquacità che si limita a qualche frase incomprensibile farfugliata tra un pezzo e l'altro dal redivivo Glen Benton sono un biglietto da visita un pò scarno per una band leggendaria come quella floridiana, che nelle prime battute sembra non andare oltre il proprio compitino quotidiano. Fortunatamente per i presenti, il compitino quotidiano dei Deicide consiste semplicemente nel dare lezioni di death metal: ghermire la morte, darle una dimensione musicale e cospargerla su tutti i presenti. Una violenza bella e buona ai danni dei nostri timpani pepetrata da chi lo fa per professione da oltre vent'anni che nonostante una certa freddezza esecutiva non può certo lasciare indifferenti. Steve Asheim si conferma il solito animale dietro le pelli, Glen Benton quando si concentra su basso e microfono (più sul secondo che sul primo) sa ancora incutere timore & rispetto e Jack Owen, che nonostante sembri alla ricerca di un cuscino (voci di corridoio affermano che ha appena finito di scolarsi una trentina -scarsa- di birre), dimostra tutta la sua classe alle sei corde, ottimamente accompagnato dal session man Kevin Quirion. Poca attitudine quindi ma tanta, tanta sostanza per una band che può permettersi una scaletta stellare composta di classici vecchi e nuovi del proprio repertorio e del death metal tutto, da Once Upon The Cross a Dead But Dreaming, da Bastards of Christ a Serpents of the Light, acclamati a gran voce e suonati con una potenza e una furia che compete solo ai grandi. Ottimi i suoni, compatti e granitici, "enormi" nel caso delle chitarre ed in ogni caso capaci di restituire alla musica del gruppo l'impatto dovuto: possono chiamarla cacofonia, possono chiamarlo rumore, ma per le orecchie degli appassionati quella dei Deicide è stata Musica con la "M" maiuscola, la stessa "M" di Metal, la stessa "M" di Morte. Death metal, appunto.

DEICIDE SETLIST
Deicide
Dead by dawn
Once upon the cross
Scars of the crucifix
Till death do us part
Death to jesus
Desecration
When satan rules his world
Serpents of the light
Dead but dreaming
Children of the underworld
Bastards of christ
Behind the light thou shall rise
When heaven burns
Homage for satan
Kill the christians
Sacrifical suicide

E' ora di tornare a casa. Sono stanco, mi fischiano le orecchie, mi pulsano le tempie e mi fa male la schiena. Si potrebbe pensare che ho avuto una giornataccia, invece sono felice. Mentre le luci dei lampioni rischiarano i pochi chilometri che mi separano da casa e sfrecciano fuori dai finestrini della mia auto, non posso fare a meno di ripensare alle ore appena trascorse e rivivere in una sequenza veloce e confusa le immagini, i suoni, gli odori e i sapori provati, cercando di dare un'ordine mentale al tutto. E' allora che le mie labbra abbozzano un sorriso. In quel momento so che centinaia di persone stanno tornando a casa e stanno provando le mie stesse sensazioni e se c'è una cosa che accomuna chi ha suonato, chi ha ascoltato e chi ha lavorato, è la soddisfazione di aver passato una giornata tra amici, averne conosciuti di nuovi, essere stato parte di un evento speciale all'insegna del divertimento e della musica: è questa la magia del Total Metal Festival, è questa la magia di tutti i festival e i concerti del mondo. A chi come noi la musica la vive, auguro mille di queste occasioni per farlo.



Uno qualsiasi
Martedì 7 Ottobre 2008, 19.09.17
10
Già solo per i Neurasthenia e i Methedras finisci il concerto con le ossa rotte!!!
NaNexus
Martedì 30 Settembre 2008, 22.55.08
9
Che dire? Un ottimo report, fatto davvero bene. E pensare che quel "vai, maiale!" ad Antonio dei Reality Gray l'ho urlato io. XD
Thomas
Martedì 30 Settembre 2008, 16.47.53
8
Giuseppone for president. L'Uomo Report per definizione. Eeeeh, sarebbe stato bello esserci...
cicciocrik
Lunedì 29 Settembre 2008, 14.35.41
7
Bellissimo report, complimenti a Giuseppe ed alle foto di Valeria. Grande TOTALMETALFESTIVAL!!!
fester
Lunedì 29 Settembre 2008, 13.30.42
6
Grande festival. Deicide immensi. Hatesphere molta pompa dal vivo, ma boh. Neurastenia da paura e complimenti anche ai Rosae Crucis. Coraggiosi ad affrontare a testa alta quel Bill,e ne sono usciti stravincitori.
Raven
Lunedì 29 Settembre 2008, 13.10.06
5
Un grande pezzo corredato da ottime foto e, a quanto ho capito, un grande Festival alla faccia di certi personaggi che evidentemente dispongono di molto, ma molto tempo libero e lo impiegano molto, ma molto male.
Khaine
Lunedì 29 Settembre 2008, 10.31.47
4
Super-report! Complimenti a tutti ragazzi! Alla faccia di chi cercava di boicottare questo festival....
Nikolas
Lunedì 29 Settembre 2008, 0.19.25
3
Bel report, belle foto, sopattutto belle band!! Vi invidio tantissimo.. ps non avete anche la setlist degli Schizo? *_*
Crash
Domenica 28 Settembre 2008, 23.34.48
2
Complimenti ragazzi. Bel report e belle foto. Peccato che quest'anno non abbia "lavorato" insieme a voii. Alla prossima!
Valeria*§tarChilD
Domenica 28 Settembre 2008, 22.33.36
1
come dicevo in altre sedi, Giuseppe tu hai proprio un dono per la scrittura! riesci a rendere vive le parole, leggendo mi sembra di essere ancora li *_____* =)) sempre un gran piacere lavorare co te ^^ e GRANDE TOTAL METAL!!
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