Il ruolo di opener per la serata che ha visto i Backyard Babies come attesi protagonisti, è stato affidato ad una giovane e carismatica band formata da cinque membri, anche loro svedesi. Il gruppo si chiama Bullet, ed è composto da Hell Hofer alla voce, Hampus Klang ed Erik Almström alle chitarre, Gustav Hjortsjö alla batteria e Adam Hector al basso. La proposta musicale dei cinque, è a 360 gradi orientata verso i classici del metal, riprendendo attitudine e sound da nomi come Judas Priest e AC/DC. Un vero must per i nostalgici e per i sostenitori più fervidi della old school, grazie a riff diretti e taglienti, un convincente lavoro di basso e batteria, e alla scelta vocale di Hell Hofer.
Inoltre, ultima ma non per importanza, la grande sorpresa nel vedere una band come i Bullet, alzare alta la bandiera del vecchio heavy metal, seppur nati in una Svezia che ormai, musicalmente parlando, e rare eccezioni a parte, per quanto riguarda il mercato underground o semi-emergente, sembra avere orecchie solo per affini allo sleazy e al glam.
Non si fanno attendere troppo, piuttosto si propongono al pubblico in tutto il loro (marcio) splendore: sono Nicke Borg, voce e chitarra, Dregen ad impugnare un’altra Les Paul, Johan Blomquist al basso e Peder Carlsson dietro le pelli.
Il quartetto punk rock si è formato in Svezia ben ventuno anni fa, senza dimostrarli affatto.
Sei album all’attivo, l’ultimo, omonimo, appena uscito. Ed è proprio con una traccia dal nuovo lavoro, “Backyard Babies” che si aprono le danze; la canzone in questione è The Ship, seguita da Come Undone, stesso album, stesso entusiasmo del pubblico, seppur di fronte a pezzi nuovi. Velocissimi scivolano verso un altro pezzo di recente uscita, Dysfunctional Professional. Tutto quasi normale finora, delirio totale però col primo singolo di “Backyard Babies”, presentato dopo la precedente triade di tracce : FUCK OFF AND DIE. Quattro minuti molto movimentati, tra la folla scalciante e impaziente ad avere ancora ancora e ancora dimostrazione ed esempio dal gruppo protagonista della serata. Brand New Hate spezza decisamente l’atmosfera, riportandoci al 2001, l’anno di “Makin’ Enemies is Good” . Breve ma intenso il flashback a sette anni fa, mentre si fa subito ritorno al nuovo album con Degenerated, a seguire una piccola pausa con The Clash, da “Makin’ Enemies is Good” e di nuovo sulla promozione dell’ultima uscita, con Back on The Juice e Idiots. Star War a seguire come ultima canzone da “Makin Enemies..” e grande salto all’indietro (un salto lungo dieci anni!), con Highlights e Look at You del perfettamente riuscito e tanto discusso “Total 13” , il secondo album che ha delineato ancora con più precisione l’identità sonora del combo svedese. A seguire, Nomadic e Saved by the Bell, sempre dal nuovo album, e coppia vincente per il volgersi al termine dello show, affidata a Minus Celsius da “The Stockholm Syndrome”, canzone suonata e strasuonata come bonus track anche in “Guitar Hero III: Legends of Rock”, e gran finale con Bombed da “Total 13”.
Nel complesso, possiamo descrivere il tutto, come caratterizzato da uno spettacolo coinvolgente e fluido: ognuno ha potuto ritagliare il proprio spazio di divertimento, senza annoiarsi mai, dal momento che –purtroppo- non di rado capita che i gruppi spalla non riescano a distrarre eccellentemente coloro che sono lì per vedere lo show di qualcun altro, e questo non è di certo stato il caso dell’opener della serata.
I Bullet sono riusciti nell’impresa, attirando l’attenzione e risultando perfettamente credibili, cosa non ovvia per una band così giovane, per di più, di spalla a un gruppo così “atteso”.
Una nota va anche alla forte la personalità di Dregen, sia off che on stage, e di grande aiuto l’entusiasmo e il calore dimostrato dalla folla di presenti: che si voglia o no, se un concerto riesce, al 50% è anche merito del “fan”. Peccato solo per quel pizzico di “divismo” emerso dal famoso trio svedese, e che, all’unisono, ognuno ha notato.
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