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GIORGIO FONTANA - Maschere, Letteratura e Musica
18/12/2008 (4973 letture)
Il recente articolo su Novalis di Giorgio Fontana ha confermato ancora una volta la maturità dei lettori di questa testata ed il loro interesse verso i temi culturali, anche per quelli che esulano dal settore Metal & dintorni.
Eccovi allora una intervista con l’autore che spazia dalla letteratura ai nostri territori preferiti.

1 – Allora Giorgio, mi descrivi intanto della genesi del libro? So che ti trovavi all’estero quando lo hai scritto.
Esatto. Il libro è stato scritto a Dublino fra il gennaio e il maggio del 2006: soltanto le ultime dieci-quindici pagine sono targate Italia, agosto dello stesso anno. Ma prima di darlo alle stampe ci sono tornato sopra, lavorando molto allo stile e dando una quadratura più musicale alle frasi. Cerco di essere più attento che posso alla lingua, e il romanzo così com'era pagava inevitabilmente un po' di immaturità.

2 – NOVALIS è un titolo di per sé stesso molto musicale, ma è anche un poeta tedesco del 700 che evidentemente ti ha influenzato, che ruolo ha avuto nella fase di scrittura del testo? E’ stato solo uno spunto o l’opera nel suo complesso risente del suo lavoro?
In una prima fase è stato soltanto uno spunto iniziale, ma poi è diventato qualcosa di più. Leggendo e rileggendo i Frammenti filosofici, mi sono accorto che in tutto l'idealismo magico e il cristianesimo spiritualista di Novalis c'era come qualcosa che non tornava. Qualcosa di irrisolto e di segno contrario al modo in cui generalmente ci viene trasmesso. (Il fatto proprio che il suo pensiero sia frammentario, è evidente, può aiutare questo tipo di interpretazioni). In un certo senso, Novalis mi appariva come un nodo di contraddizioni: e furono queste contraddizioni a ispirarmi. Di certo non mi interessava l'aura "preromantica" da bassa lega che gli si può attribuire. Più che altro, ho visto una comunanza fra alcuni tratti del suo pensiero e quello del "cattivo" del romanzo. Una fonte ispiratrice che comunque rimane nel vago, e anzi si nutre di questa sua vaghezza.

3 – Molti dei dialoghi mi hanno dato l’idea di un qualcosa di vissuto in prima persona, Alex sei in parte anche tu?
Ho attinto senz'altro a una parte della mia esperienza nel costruire Alex e gli altri personaggi, e anch'io ho suonato la chitarra in un gruppo rock anni fa. Ma a differenza di Alex non ho vissuto la musica in modo così totalizzante — o meglio, ho fatto la scelta radicale di vivere in questo modo la scrittura. Il vantaggio di aver descritto un ambiente che conoscevo bene ha aumentato la verosimiglianza, ma ho dovuto fare attenzione a non scadere nella macchietta. Occorreva tenere sempre il distacco giusto. Un che di algido che spero sia rimasto anche sotto il calor bianco di certe parti.

4 - In particolare le atmosfere musicali sono descritte in un modo che ci è vicino, che tu sia o sia stato un musicista mi pare scontato, cosa ascolti? C’è qualcosa che ti avvicina ai lettori di questa webzine?
Oh, sì, sono sempre stato un grande appassionato di thrash e death metal, oltre che più in generale di rock alternativo. Ora ho perso un po' il passo sulle ultime novità, e ho fatto in qualche modo marcia indietro. Ascolto parecchio post-rock e grunge, cantautorato d'oltreoceano, e la mia vecchia passione: il jazz modale. (Ma mentre ti scrivo queste righe, il mio i-Tunes sta facendo girare l'ultimo degli In Flames... Schizofrenia, schizofrenia).

5 – A parte le descrizioni geografiche tipicamente nordiche, quelle che invece vertono sulle persone sembrano essere universali, applicabili a qualsiasi contesto sociale e trovo la cosa per alcuni versi inquietante, credi che il contesto in cui si muove il protagonista sia comune a tutte le nostre metropoli?
Sì e no. Nel senso: in moltissime metropoli occidentali e non ci sono queste aree degradate, periferiche, fortemente industrializzate e per molti versi irredente. Ma non sono tutte uguali. L'idea della periferia sempre identica e replicabile, come non-lieux alla Augé, mi è sempre parsa un po' troppo limitante. Quanto al paesaggio fisico del romanzo, mi sono ispirato in particolar modo alla periferia milanese, ma aggiungendovi inserti collinari e "nordici" (come dici bene tu) fino a creare un ibrido immaginario ma, spero, molto concreto.

6 – Alex da l’idea di essere comunque vinto dal contesto in cui si muove, la decisione che prende alla fine del racconto fa di lui un uomo comunque in grado di reagire, forse di “salvarsi”, o al contrario hai inteso descrivere un personaggio vinto dalla storia che descrivi?
Bella domanda. La verità è che non lo so neanch'io. So che Alex si muove in una spirale discendente in stile tragico, ma che il finale lo riscatti o meno non è chiaro. Ho voluto lasciare questa sorta di incertezza conclusiva come marchio unificante del romanzo. Niente risposte precise. Altre domande.

7 – Sara è un personaggio “peculiare” , anche lei paradigmatica di una certa condizione in cui vivono certe persone nella società contemporanea. E’ un personaggio “costruito” in funzione dello sviluppo della trama o esiste davvero?
Del tutto immaginario. Anche se non è difficile immaginare una sua controparte reale, soprattutto in un ambiente metropolitano, per certi versi molto solitario, e fortemente intriso da controculture legate alla sessualità e alla perversione.

8 – In generale mi hai dato l’idea di descrivere i personaggi e l’ambiente in cui si muovono in maniera quasi distaccata, senza voler dare giudizi morali o indicare vie d’uscita per loro, insomma: niente moralismo o ritratto generazionale, quasi una semplice presa d’atto della realtà.
Precisamente. Quando scrivo mi lascio sempre guidare dalla storia e dall'idea di fondo che la muove — diciamo dal suo principio ispiratore, dal suo senso, dalla filosofia che fa da cornice. Ma giudicare i propri personaggi è l'atto peggiore che un narratore possa fare. Un narratore deve essere impietoso con essi, ma anche amarli incondizionatamente. E sapere sempre che a un certo punto saranno loro a decidere per te, e non viceversa.

9– E parlando di personaggi…. quello del coordinatore – se mi passi la definizione – del gruppo Novalis, Maschera Nera, mi sembra sempre descritto volutamente in maniera vaga, sembra quasi un fumetto, già a partire dal nome.
Sì, ottima osservazione. Maschera Nera è un “cattivo” abbastanza irrealistico. Fin dal nome che gli dà Alex, viene come depotenziato: Maschera Nera è un epiteto da fumettaccio, da pulp becero. Non viene fatto alcuno sforzo per capire cosa ci sia sotto quella maschera o chi sia davvero quell’uomo — e le uniche indicazioni al riguardo ci vengono dai suoi "Fogli in un cassetto". Questa banalizzazione è voluta. L’idea era quella proprio di creare una figura vuota e di mantenerne intatto, per quanto possibile e nonostante alcune necessarie spiegazioni finali, il mistero. Inoltre, come fai a combattere con un nemico del genere?

10 – Un altro elemento che torna spesso ed a vari livelli nel libro è il palco, sia per la musica che per le “esibizioni” del gruppo Novalis, e le sensazioni che comunica da e per il pubblico, mi sembra uno dei punti focali del libro.
Il palco è un elemento chiave di tutto il libro. Sul palco ottieni potere, tracci una linea, sei in grado di dominare molto più che virtualmente un intero gruppo di persone. Basta pensare a un qualsiasi concerto di musica metal. Si finisce in uno stato assoluto di estasi: la sospensione della mente: l’orgasmica volontà di essere lì ed esserci interamente: il senso perfetto di liberazione da quotidianità e normale condotta. Si tratta certo di un’estasi molto materiale, dove il corpo non viene mortificato ma al contrario vissuto al massimo. È anche su questo che gioca Maschera Nera, e il tema ritorna di sottofondo anche per quanto riguarda l'esperienza musicale di Alex.

11 – So che hai fatto delle ricerche sulle forme d’arte estreme che ti hanno portato ad Hirst e Stockhausen, quanto sei vicino al loro punto di vista in questo campo?
In realtà condivido ben poco della loro visione. Anzi, quasi nulla. Paradossalmente, non sono molto attratto dall'arte estrema. È stato solo uno spunto che ho sviluppato funzionalmente alla storia. Lo stesso vale per le ricerche. In fondo sono piuttosto monotematico: libri e musica, libri e musica. E alcool. La mia vita si riduce a poche coordinate. :)

12– La recensione su metallized.it è stata ben accolta, ti aspettavi una risposta positiva da un portale che si muove in ambito prettamente metal?
Ne sono veramente lieto. È incredibile come dopo quasi trent'anni di storia del genere metal si pensi ancora a questo mondo come a un universo fondamentalmente "becero" o con una scarsa consapevolezza di sé. Per evocare determinate atmosfere, mi sono state più d'aiuto alcune canzoni dei Katatonia o dei Killswitch Engage rispetto a certe letture. Il metal è una lente di percezione del reale molto interessante, e che ha avuto grande influsso sulla mia formazione, anche se non sono mai stato un metallaro in senso stretto.

13 – Oltre ad alcuni commenti (alcuni abbastanza particolari), addirittura il romanzo acquistato in seguito alla lettura della stessa da parte di un nostro redattore – Giasse, NdR - ha ispirato una sua ottima recensione musicale, te lo aspettavi?
Be', diciamo che è quanto ogni autore sogna di notte. Sono davvero lieto dell'impatto suscitato: in effetti pensavo che il libro potesse stimolare le corde giuste nell'ambiente giusto, ma sono comunque - e felicemente - sorpreso. Il fatto di aver ispirato addirittura una recensione mi dà nuova linfa. Vuol dire che dopotutto certe parole, certe immagini, certe scelte hanno colpito nel segno. Quindi, che posso dire? Grazie a tutti,davvero.

14 – Come sei arrivato a pubblicare con Marsilio, non è affatto semplice arrivare in libreria per uno scrittore, qual è stato il tuo cammino e cosa puoi dire ad un potenziale scrittore in difficoltà?
Be', io sono stato fortunato: ho pubblicato il mio primo romanzo per Mondadori e questo sicuramente mi ha spianato un po' la strada. A un aspirante scrittore consiglierei di cominciare a pubblicare dei racconti su fanzine e riviste; se poi ha un romanzo nel cassetto, può spedirlo con fiducia a un po' di case editrici. Non è vero che i dattiloscritti degli esordienti non vengono mai letti: questo è un luogo comune da sfatare. Al momento, inoltre, c'è grande fame di nuovi nomi nel mercato italiano. Due punti essenziali da ricordare, però: non spedite il vostro libro a caso, e siate ferocemente autocritici. Leggete ottimi scrittori e cercate di guardarli come maestri e pietre di paragone: puntate in alto: non accontentatevi mai: non fatelo per denaro o fama: accogliete con coscienza le critiche. Scrivere non è cosa facile e ahimé — più si va avanti, peggio diventa...

15 – Sei attivo anche con altri progetti , ad esempio con Eleanore Rigby, di cosa si tratta? Parlami anche di Babele 56, che trovo molto interessante.
Eleanore Rigby è una rivista online e cartacea che pubblica autori giovani italiani e nordamericani, diretta da me e quattro amici del settore. È una realtà abbastanza pop e cazzona, molto libera e del tutto indipendente (e pertanto squattrinata). Nonostante la nostra attitudine autodistruttiva, è un pamphlet che finora ha riscosso grande attenzione anche ad alti livelli. Babele 56 invece è il mio ultimo libro, uscito qualche settimana fa: non un romanzo, ma una sorta di reportage narrativo. Sono otto storie vere di immigrati a Milano, raccolte fra l'inverno e la primavera di quest'anno: storie dei loro viaggi, dei loro lavori, dei loro sogni, del modo in cui si rapportano alla città e nel contempo la rimappano. A fare da cornice al libro, ho messo la trascrizione lirica di un viaggio sulla 56, il "bus degli immigrati". L'idea era quella di non fare il solito libro cronachistico o piatto sull'immigrazione, ma di restituirne la vitalità nel modo più diretto e letterario possibile. Dando insieme il quadro di una città, Milano, che cambia e si evolve lungo nuove arterie fisiche e concettuali.

16 – Un libro da leggere ed un disco da ascoltare assolutamente.
Gesù, questa domanda mi mette sempre in soggezione. Dunque, vediamo... Per il libro direi "Il maestro e Margherita" di Bulgakov — a detta di molti e con la dovuta esagerazione, il più bel romanzo del Novecento. Un disco: sembrerò un eretico, ma fra i tanti che mi vengono in mente sceglierò "Achtung baby" degli U2. Nonostante la fine pietosa che hanno fatto da una decina d'anni a questa parte, "Acthung baby" rimane una pietra miliare. Crepuscolare, intimo, visionario: non a caso registrato nella Berlino post-1989, un lavoro che tiene i piedi in bilico fra rock, pop, immaginario dark e ballate di grande ispirazione. Uno dei dischi più importanti per la mia formazione.

Ok, è tutto , grazie per la tua disponibilità.
Grazie a te di cuore e un salutone a Metallized.it!



Giasse
Sabato 27 Dicembre 2008, 17.53.28
15
Concordo su moltissimi punti e comprendo bene cosa intendi quando dici che la staticità apatica di un certo Doom è ben lontana dal tuo "desiderata" per il testo. Temo proprio che sia la RASSEGNAZIONE la chiave di questa discussione: del Doom, del tuo Novalis e pure della mia recensione. Nel Doom la rassegnazione è lo status quo! Nulla può e nulla deve. Tutto (la collettività, l'individuo, ecc...) si concilia in un canto del cigno, abbandonato a se stesso, ma consapevole di esserlo. Un po' come la lucida deriva di Sara, no? Non vuole essere salvata perchè in fondo sa bene (crede?) di non poterlo essere? Alex è solo un agente esterno, esogeno, che infatti non ha successo nella missione... Comunque richiamando quanto dici, lo stimolo iniziale leggendo Novalis fu effettivamente quello di rivolgermi verso forme di metal più brutali, tanto che nei commenti all'articolo recensorio citavo gli INNER SHRINE e i DEATH, se non vado errato. Ma come immaginerai bene la convergenza tra musica, libro e lettore è stata possibile solamente cercando quale base l'elemento comune che ho voluto (per l'occasione) trovare: la RASSEGNAZIONE di cui si parlava all'inizio. Ed infatti il paragone con la tua storia volge più verso gli eventi "contingenti" di cui faccio velatamente nota, che non verso la musica dei Forest Of Shadows vera e propria, che comunque ha fatto da valido elemento catalizzante. E' tutto un po' complicato... ma è questa l'essenza dell'arte: utilizzarla a proprio favore quando è necessario toccare i tasti dell'emotività...
giorgio fontana
Venerdì 26 Dicembre 2008, 1.02.08
14
dunque. ascoltati e riascoltati. sì, effettivamente parecchio tristi e piuttosto bravi: nel complesso concordo appieno con la recensione di giasse (davvero bella, fra l'altro: io non ho tutta quest'esperienza e conoscenza musicale, purtroppo). aggiungo che ho trovato piacevole il "piattume" dell'album, che è mi è parso quasi una suite più che una raccolta di pezzi distinti. in relazione a "novalis", però, devo dire che questo gruppo non c'entra molto. mi spiego: nel melodic doom o simili c'è sempre una nota di epicità, di sacralità quasi, come se la tristezza fosse la categoria fondamentale dell'essere e andasse onorata in ogni caso. la sacralità (anche vocale) coincide con la rassegnazione - che, per quanto ne so io (non molto) è un po' la cifra del doom e dei suoi derivati. il punto è che in "novalis" la tristezza non è una coltre densa e nera o una categoria da cantare. c'è molta più ferocia che tristezza, molta più ansia, molta più inquietudine: nessuno stato rassegnato, nessun canto ai limiti del compiaciuto. al limite, condivide con il doom l'idea che il mondo sia condannato. ma alex prova comunque a salvarlo, a spaccarlo in due, a spezzare la condanna. di qui il movimento tragico, mentre il doom, mi è sempre sembrato privo di movimento alcuno, privo di anche di tragedia. in tutte le sue forme, mi ha sempre dato l'impressione di essere un genere estremamente statico - fin dalla sua famosa "lentezza". il che può produrre dischi molto belli, non se ne discute: ma è molto lontano da quanto avevo in mente io.
Giasse
Giovedì 25 Dicembre 2008, 19.38.15
13
va bene... puoi reggere il moccolo, se vuoi...
Raven
Giovedì 25 Dicembre 2008, 18.39.32
12
Si, ma per vedere cosa ne viene fuori devo esserci anch'io, o volete tradirmi ed iniziare una relazione privata ? Dopo tutto quello che ho fatto per voi............
Giasse
Giovedì 25 Dicembre 2008, 11.16.19
11
Ottimo. Allora magari ci si becca in rete, se hai un MSN (e voglia di farlo), per 2 chiacchere sull'argomento. il mio lo trovi sul profilo nella pagina RDAZIONE. Buon (triste) ascolto...
giorgio fontana
Mercoledì 24 Dicembre 2008, 22.26.39
10
ci sto. ti farò sapere quanto prima. per grazia di dio, passo il natale da solo.
Raven
Martedì 23 Dicembre 2008, 8.13.59
9
Sono curiosissimo di vedere cosa ne esce fuori.
Giasse
Lunedì 22 Dicembre 2008, 21.18.43
8
Immaginavo! Parliamo di un solo-project davvero poco commerciale. Esperimento interartistico: io ho letto il tuo libro e mi sono ispirato per una recensione, tu ascolti la musica che ha ispirato la mia recensione e vediamo che succede... cmq tanti complimenti ancora per NOVALIS.
giorgio fontana
Lunedì 22 Dicembre 2008, 17.22.13
7
@ giasse. banalmente, non ho mai ascoltato i forest of shadows... ascolterò!
Raven
Lunedì 22 Dicembre 2008, 8.16.21
6
Chiederò
Giasse
Domenica 21 Dicembre 2008, 22.55.15
5
Complimentoni per l'interview. Atipica e molto interessante. Mi piacerebbe sapere che pensa Giorgio dei Forest Of Shadows e se lui li ritiene accostabili ai personaggi ed alle atmosfere di Novalis...
mimi
Venerdì 19 Dicembre 2008, 19.08.50
4
Ottima intervista. Il libro lo sto leggendo in questi giorni, come ha detto Giasse un po' forte, ma ne vale la pena. Sono a due terzi dalla fine, di certo al termine mi sentirò più che felice della mia così detta "normalità". Complimenti allo scrittore che ti tiene ancorato alla lettura e, a parte l'ansia , ti invoglia a continuare.
valentina
Venerdì 19 Dicembre 2008, 13.38.00
3
Grande intervista, mi ricorda quanto sia bello scrivere. Interessantissimo parlare con un autore.
Raven
Venerdì 19 Dicembre 2008, 8.43.15
2
Thanx
pincheloco
Venerdì 19 Dicembre 2008, 8.32.33
1
Davvero ottima questa intervista. Complimenti a intervistatore e intervistato.
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Giorgio Fontana
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18/12/2008
Intervista
GIORGIO FONTANA
Maschere, Letteratura e Musica
 
 
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