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PARTY SAN OPEN AIR - # 1 - A.D. 2010, day one
28/08/2010 (4562 letture)
PREMESSA
A causa del corposo bill del Party San Open Air 2010 il live report che state per leggere consiste in una introduzione al festival e alla recensione del primo dei tre giorni di concerti tenutisi dal 12 al 14 Agosto in quel di Bad Berka. La seconda parte dell’articolo sarà pubblicata a breve. Buona lettura.

HELL IS HERE
L’inferno nell’immaginario religioso cristiano viene descritto come un luogo sotterraneo, abitato da fuochi e fiamme eterni, dove i peccatori sono destinati alla sofferenza ed al tormento di bagni di lava, cremazioni, bolliture in pentoloni fumanti eccetera eccetera. Anche se non sono un credente, fa specie ritrovarsi a leggere sul frontespizio del palco del leggendario festival estremo tedesco che l’inferno, in realtà, è sulla terra e si chiama Party San. Dopo l’esperienza che ho avuto nei tre giorni di campeggio a Bad Berka devo ammettere che quel monito è letteralmente azzeccato.

Raggiunto il loco del festival la mattina presto, intorno alle 7 di Giovedì 12, dopo una nottata di autostrade, birre, kafee e dolciumi teutonici, la nebbia e l’umidità pungente della piccola località che risponde al nome di Bad Berka (quattro case, quattro strade, una chiesa e una linea ferroviaria) mi accolgono in tutto il loro grigiore. Piove, fa freschetto, la terra beve avidamente l’acqua piovana fino alle proprie capacità massime e l’unica ragione per la quale ci si può indaffarare a piantare una tenda in mezzo al fango è quella di assistere ad un festival ospitante band leggendarie e non che meritano di essere supportate. L’immane campo allestito a campeggio del festival viene occupato col passare delle ore da centinaia di auto, camper e camioncini pittoreschi: una quantità smisurata degli stessi è targato 666, adesivi e scritte ricoprono le lamiere, energumeni capelloni biondi sporgono timidamente la testa fuori dal finestrino per lavare la stanchezza accumulata durante il tragitto a suon di acqua piovana. Il prato, inizialmente di un verde acceso, viene via via triturato sotto il peso dei pneumatici, degli scarponi, disfacendosi e devastandosi, mutando in una poltiglia marrone e nera che non farà che aumentare di profondità col passare del tempo. Se non sapete cosa significhi camminare o restare semplicemente in piedi in mezzo ad una melma di questo genere per giornate intere, vi giuro, non sapete che cosa significhi veramente la parola inferno. Altrochè fuochi e fiamme: pioggia torrenziale, fango melmoso a vista d’occhio ed umidità penetrante sono i veri tormenti di noi peccatori metallari, giunti ignari alle porte dell’Ade, ma pronti come sempre a non piegarci alle intemperie. Va detto che ha piovuto massicciamente i primi due giorni del festival, ma al terzo, ovviamente, il mare di fango non è sparito. L’organizzazione del Party San si è dimostrata dinnanzi a questa prevedibile situazione climatica (meteo docet) decisamente incapace di gestire la faccenda. Pochissimo truciolato è stato sparso dinnanzi alle sole zone “altamente calpestate” quali l’ingresso dell’area palchi, dei bagni e degli stand: il resto è stato ighiottito dal sudiciume marrone dalla testa ai piedi (spettatori compresi). Come se non bastasse, i posti a sedere sparsi nell’area del concerto erano ridicolmente miseri in confronto al numero dei fruitori paganti (circa 12000 persone): una ventina di tavoli dove mangiare e altrettante panche per sedersi hanno costretto i metalheads a starsene in piedi per la maggiorparte dei giorni, e a lottare per quaranta centimetri di umido legno dove far riposare il proprio, regale, fondoschiena.

L’inferno che mi accingo a descrivervi dunque, è, come tutti gli inferni, una creazione umana, frutto dell’immaginazione sulla carta, quanto della disorganizzazione nei fatti. Mi scuso con i lettori se sono riuscito a scattare pochissime foto (anche se ne ho reperite alcune di ottima fattura -leggere i ringraziamenti finali-) e se non parlerò di tutte le band che hanno partecipato alla tre giorni, ma le condizioni igeniche e psicofisiche adatte per compiere il mio lavoro come avrei voluto erano molto al di sotto della decenza.

DAY ONE: 12.08.2010

KETZER
Ore sette della sera: i giovani Ketzer aprono il Party San con il loro modesto ed innoquo thrash\black che mi lascia indifferente e un po’ impressionato per il calore con il quale il pubblico tedesco accoglie la musica dei propri connazionali. Ma il Party San non è un festival di proporzioni internazionali: la maggiorparte degli spettatori è tedesca ed è apprezzabile ed invidiabile il legame indissolubile che questo popolo stringe con le proprie band. La grinta della giovane formazione comunque è un buon benvenuto, ma il thrash\ black proposto non fa infervorare gli animi di tutti, me compreso.
Myspace ufficiale dei Ketzer

MERRIMACK
Senza stupire quindi i Ketzer lasciano il palco ai blackster francesi Merrimack una delle belle sorprese che il Party San mi ha riservato. Forti di quattro full length dal 1995 ad oggi il combo mi aveva già incuriosito con il recente Grey Rigorism ma, sinceramente, non mi aspettavo chissà quale show. Invece i cinque parigini si sono rivelati tra i migliori blackster a calcare il palco in quel di Bad Berka riesumando brani dai vecchi album più furiosi e fedeli all’old school scandinava senza tralasciare però hit quali In the Halls of Withe Death (baluardo del loro odierno sound decisamente influenzato dai moderni Satyricon).
Myspace ufficiale dei Merrimack

DEVOURMENT
Cala il buio ed è il momento di un po’ di (mal)sano brutal death metal con la leggenda americana che risponde al nome di Devourment. Non sono mai stato un grande estimatore del genere, ma devo dire che assistere al concerto dei brutaldeathster dalla prima fila è un’esperienza veramente unica. La presenza scenica del combo statunitense è impressionante: i grugniti di Mike Majewski hanno aizzato i presenti al primo pogo nel fango, mentre la sezione ritmica ha seguito perennemente le incredibili scale nevrotiche di Chris Andrews, un bassista che definire talentuoso è riduttivo. La componente demenziale della band ha accompagnato l’esecuzione dei brani del mitico album Molesting The Deacapitated con un Andrews imperturbabile anche con addosso una maschera da cavallo.

Si ringrazia l’utente di youtube HuldreHammerman.
Myspace ufficiale dei Devourment

MONSTROSITY
Segue un’altra leggenda made in U.S.A.: i Monstrosity. Dire che ho deciso di andarmene in pieno agosto nella sperduta campagna tedesca per assistere solo al concerto di questi mostri sacri del death metal non si allontana molto dalla verità: il combo floridiano raramente giunge sino al nostro continente per allietarci con il loro annichilente sound e devo spezzare una lancia per gli organizzatori del Party San che hanno reso possibile questo raro evento. I suoni dalla prima fila non sono stati un granchè, bisogna ammetterlo: la chitarra solista di Mark English era decisamente troppo alta in confronto a quella del compagno Poggione, ma ciò non ha fatto che sottolineare la bravura del chitarrista. Lee Harrison, come da copione, si è dimostrato una macchina da guerra dietro le pelli conducendo il susseguirsi delle canzoni con una disinvoltura ed una professionalità inumane: non una rullata, né una accellerazione è stata eseguita in modo diverso da ciò che si può sentire nei capolavori quali Imperial Doom o Millennium. L’attitudine del nuovo acquisto Mike Hrubovcak è stata inequivocabilmente sopra le righe, tanto da non rimpiangere di vedere dietro al microfono l’originario vocalist dei primi album (un certo George "Corpsegrinder" Fisher di cui parlerò nel prossimo articolo). La scaletta non poteva essere migliore: Remnants of Divination, Destroying Divinity, The Angel’s Venom, Imperial Doom, Definitive Inquisition, The Exordium, Manic, Dream Messiah e Final Creamation sono quelle che ricordo con esattezza. Credo che con una setlist del genere, altre parole in merito siano superflue, tranne due: letteralmente mostruosi.

Si ringrazia l’utente di Youtube HuldreHammerman.
Myspace ufficiale dei Monstrosity

THE DEVIL’S BLOOD
Dopo una frugale cena (consumata in piedi) a base di pollo arrosto, patatine e birra ad un modico prezzo presso le bancarelle sparse nell’area del festival, riesco a piazzarmi davanti al mixer ed assistere alla band “più fuori luogo” del Party San. Avendo già curiosato su internet so cosa mi aspetta: i The Devil’s Blood sono una di quelle mosche bianche che ancora si aggirano nel panorama heavy mondiale proponendo un sound a base di hammond, liriche esoteriche ed atmosfere occulte che tanto devono ai leggendari anni ‘70. L’ottimo debutto The Time Of No Time Evermore degli olandesi è consigliato a tutti i nostalgici del vintage rock psichedelico alla Roky Erickson, Black Widow, Coven e Black Sabbath, ma non solo: c’è molto di heavy metal nel sound del gruppo e questo è il motivo principale per il quale lo stesso sta calcando dall’anno scorso i maggiori festival europei. Meritatamente. Il palco si tinge di un rosso fuoco: tre coriste nell’angolo sinistro, tre chitarristi in riga a riempire le seconde fila, batterista e bassista in retroguardia ed infine l’avvenente singer davanti a tutti, ad attirare gli occhi dei presenti con un magnetismo luciferino, tutti –ovviamente- ricoperti dal sangue del Diavolo: questa la formazione del gruppo on stage. La proposta dei The Devil’s Blood è quantomai fuori dalle righe dopo le performance dei Devourment e Monstrosity ma, incrediblmente, le atmosfere psichedeliche ed affascinanti convincono anche i deathster più incalliti che, impassibili, rimangono ad ascoltare in silenzio ogni canzone applaudendo copiosamente al termine delle esecuzioni, dimostrando, oltre ad un’apertura mentale non comune, buon gusto. Un gruppo emergente da ascoltare e, possibilmente, da vedere in sede live.

Si ringrazia l’utente di Youtube TheFrostland666.
Myspace ufficiale dei The Devil’s Blood

WATAIN
La mezzanotte è ormai passata, la pioggia non cessa di scendere, ma nessuno decide di muoversi dall’area del palco, poiché l’atteso headliner della serata sta per salirvici. Si tratta degli svedesi Watain, autori di un black metal addolcito a dovere da una dose di riff melodici simil-thrash ed heavy che, ad esser sinceri, non mi ha mai convinto. La sceneggiatura messa in piedi per il loro show ha del faraonico: pentacoli, croci storte, bandiere, candelabri e tutto ciò che potete immaginare sia presente sul palco di un gruppo black metal del mainstream nel pieno del proprio successo viene allestito in fretta e furia dagli addetti ai lavori ai quali vanno tutti i miei complimenti. Peccato che la faticaccia sia stata consumata per una band che, tolti gli orpelli, tolta la scenografia, i trucchi, le fiammate eccetera, non ha da dire nulla di nulla. I Watain hanno battuto il record della mia sopportazione: mai in vita mia me ne sono andato dopo quattro canzoni di un headliner, ma, al di là dei gusti personali, ce l’hanno messa tutta per vincere il primato. Un headliner che propina come secondo brano una cover dei Dissection suonata con i piedi e cantata peggio (tanto da non capire di che traccia si trattasse) non merita commenti, se non un muto disprezzo. Le altre song che ho avuto il dispiacere di ascoltare, provenivano dall’ultimo Lawless Darkness, album più che mediocre e giustamente criticato da parecchie ‘zine e cultori del genere. A rincarare la dose, si è dovuto attendere una cosa come cinque minuti tra la terza e la quarta canzone a causa di problemi tecnici al basso. Lungi da me incolpare una band per tali imprevisti, ma doversi sorbire per tutta la durata di questa pausa due accordi arpeggiati da parte del chitarrista perché non sapeva che fare (ma l’intenzione palese era quella di creare suspance) mi ha fatto accapponare la pelle. Dopo due giorni senza dormire, di fronte a uno spettacolo simile (tra l’altro fischiato anche dalla maggiorparte dei presenti nei primi brani) me ne sono tornato alla mia umida tenda sperando, tra me e me, che lo show dei Watain mi scivolasse via come la pioggia dal poncho.

Si ringrazia l’utente di Youtube HuldreHammerman.
Myspace ufficiale dei Watain

RINGRAZIAMENTI
Ringrazio vivamente Brutalfede per le foto e la compagnia. Il fotografo professionista Adrian Schmetz e tutta la redazione di Festivalphoto.net per gli scatti eccelsi gentilmente concessimi. I vari utenti di Youtube sopracitati per i video messi online. Il Myspace ufficiale del Party San per altre, preziose, fotografie. Nedogiuda, Lori e Berna per la compagnia e l’aiuto fondamentale per lo svolgimento del mio lavoro di scribacchino. Infine, un grazie va agli organizzatori del Party San, per aver chiamato praticamente il meglio della scena death metal (e non solo) a suonare a Bad Berka e per avermi fatto conoscere l’inferno in terra. Amen.



BrutalFede
Domenica 29 Agosto 2010, 15.49.38
5
Viste le premesse dell'arrivo (pioggia, freddo, tenda umida e tanta stanchezza) ero veramente preoccupata del buon esito di questo festival. Fortunatamente nessuno dei gruppi che mi interessavano mi ha deluso! Le ottime performance e i suoni sul palco mi hanno fatto tornare il sorriso!
Muzak
Domenica 29 Agosto 2010, 1.47.00
4
chissà perchè anche a me è venuto in mente un certo festival svizzero vissuto in prima persona. Il fango e la pioggia sono proprio un tormento per i metalheads quest'anno
Muzak
Domenica 29 Agosto 2010, 1.46.58
3
chissà perchè anche a me è venuto in mente un certo festival svizzero vissuto in prima persona. Il fango e la pioggia sono proprio un tormento per i metalheads quest'anno
krok
Sabato 28 Agosto 2010, 20.20.43
2
Guardando le foto mi è venuto in mente un certo festival svizzero...
Filippo Festuccia
Sabato 28 Agosto 2010, 17.01.18
1
Io ringrazierei anche i Watain, che sono sempre una garanzia: scarsi da morire!
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