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IRON MAIDEN - Le Origini Del Mito - Lettura, analisi e critica
07/01/2011 (7941 letture)
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La vera storia degli Iron Maiden inizia e finisce laddove iniziano e finiscono i sogni di un uomo: Steve Harris. E’ lui che ha inventato il nome, ed è lui che ha tirato fuori le idee, le canzoni e l’attitudine della band. E tocca da sempre a lui assicurarsi che gli Iron Maiden rimangano fedeli alla loro missione originaria, costi quel che costi. Senza ‘Arry e senza la sua dedizione non ci sarebbe alcuna storia da raccontare.
Capitano degli undici in campo, sergente maggiore dell’esercito al fronte, il capo della banda.
Leggendo questo libro capirete che è soprattutto merito di Steve se tutto ciò è ancora possibile.
Edita dalla Edizioni BD, arriva in Italia una versione non completa della prima biografia ufficiale degli Iron Maiden, titolo originale Iron Maiden – Run To The Hills. L’opera è stata scritta da Mick Wall, giornalista della storica rivista inglese Sounds e poi di Kerrang!, ed è giunta ormai alla terza edizione nel 2004. La versione originale, in inglese, consta di quasi quattrocento pagine contro le trecentotrenta di questa edizione italiana, il cui ultimo capitolo è stato ottenuto tramite una riscrittura del testo di Wall, integrato da alcune note del traduttore Michele Bisceglia. Il primo focus va quindi sul biografo ufficiale, che non è solo un giornalista a cui gli artisti si confidano. E’ uno di quelli che c’erano quando tutto accadeva, uno dei protagonisti di quella stagione memorabile. E’, soprattutto, un amico di Steve Harris sin da quei giorni, uno di cui il bassista si fida. Credetemi, non è un caso che sia lui a scrivere questa biografia, come avrete intuito leggendo le citazioni che ho voluto intenzionalmente mettere al principio di questa recensione.
Se siete fanatici della band o magari tra coloro che come me hanno goduto della visione del precedente DVD Iron Maiden – The Early Days, probabilmente molte delle cose qui raccontate saranno già di vostra conoscenza. Eppure voglio precisare che l’approccio del libro è qualcosa di più e di diverso da quello del video e costituisce comunque un documento prezioso ed interessante, che vi consiglio di far vostro da subito. Merito innanzitutto proprio di Mick Wall e dell’ottimo lavoro di preparazione svolto. Il libro, infatti, è davvero ben scritto e si legge con molto piacere. Divertente senza essere troppo leggero, approfondito senza annoiare, a volte critico nei confronti della band e della sua produzione. A dire il vero, alcuni dei giudizi espressi faranno drizzare letteralmente i capelli in testa a molti, oppure (come è successo al vostro recensore) vi ritroverete a prorompere in urla di disappunto, rabbia e sconcerto di fronte ad affermazioni che definire azzardate o discutibili è poco. Ovviamente questo fa parte del gioco che rende uscite del genere interessanti. Il libro ha inoltre il pregio di essere strutturato molto bene: le varie fasi di vita del gruppo vengono esaminate con ottimo approfondimento e perizia, in ordine cronologico, coinvolgendo in questo processo praticamente quasi tutti i membri del gruppo, almeno fino al 1993. A tutti viene concesso di offrire la propria versione dei fatti, anche se la prima e l’ultima parola restano sempre saldamente nelle mani di Steve Harris o di Rod Smallwood, manager e “padrino” del gruppo, il vero artefice del suo successo. Harris assicura che il biografo ha la stima di tutti gli altri membri del gruppo e che la biografia non è stata in alcun modo censurata e noi siamo sicuri che le cose stiano esattamente così, vero?
Come dicevo, il libro è strutturato cronologicamente, dopodiché ogni capitolo è dedicato ad uno dei ragazzi -compreso uno sulla mascotte Eddie-, man mano che il loro ingresso nella formazione si lega agli eventi. Il primo capitolo è ovviamente dedicato a Steve Harris, il secondo a Dave Murray, il terzo a Paul Di’Anno e così via, fino all’ingresso di Janick Gers e all’uscita di Bruce Dickinson, punto nel quale il libro si interrompe bruscamente, riservando al povero Blaze Bayley a malapena sette righe frettolose. Una ulteriore paginetta aggiunta nella versione italiana dal traduttore Michele Bisceglia ha l’ingrato compito di chiudere un discorso evidentemente rimasto a metà e chiuso fin troppo repentinamente rispetto alla capillarità con cui è stato affrontato tutto il resto. Un aspetto questo che mi sento in dovere di sottolineare e del quale parlerò approfonditamente in seguito.
Restiamo al libro, per adesso. Probabilmente, quasi tutti voi saprete la storia degli Iron Maiden e i numerosi cambi di formazione a cui il gruppo ha dovuto far fronte. Il merito della biografia, anche rispetto al DVD già citato, è proprio quello di approfondire le biografie individuali dei singoli musicisti. Una scelta che ci permette di entrare nello sfondo sociale comune di questi ragazzi, di capire da dove provengono e quale clima si respirasse nei quartieri popolari dell’East End londinese. Il libro getta una luce anche su cose forse scomode come il passato di skinheads di alcuni membri del gruppo, poi diventati hyppies e infine metallari, a testimonianza di usi e costumi che erano talmente diffusi da essere assorbiti e replicati senza una reale appartenenza o convinzione. Veniamo edotti sul difficile rapporto con le istituzioni scolastiche inglesi di tutti i ragazzi che provenivano da classi sociali evidentemente non agiate. Particolarmente approfondita in questo senso la storia di Bruce Dickinson, unico laureato del gruppo. Arriviamo a capire, insomma, quale fantastico ascensore sociale costituisse la musica per queste persone. Un sogno e allo stesso tempo una realtà difficile e durissima, fatta di immani sacrifici, pance vuote, risse, incertezze economiche di ogni tipo, furgoncini trasformati in improbabili tour bus senza riscaldamento, birra e intere giornate dedicate allo strumento. In questo senso si può ben dire che senza la tenacia di Steve Harris il gruppo non sarebbe mai esistito. E’ lui a credere in questo sogno prima e più di ogni altro. Le sue idee sono chiare, chiarissime fin dall’inizio. Così come la sua determinazione a riuscire, una volta capito che il calcio –sua prima passione- non lo eccitava quanto suonare. Una determinazione che lo porta via via a intuire quando i compagni di viaggio cominciano a non essere più convinti o coinvolti dal “suo” gruppo e dalle sue idee, quando non sono più all’altezza di una situazione che andava progredendo di mese in mese, quando semplicemente si ritrova da solo a dover ricominciare tutto da capo. Nel libro si dice che Harris “è” gli Iron Maiden e questa affermazione, per quanto forte, trova conferma nella narrazione, per quanto di parte essa sia e debba essere considerata.
Un altro aspetto assolutamente significativo del libro è la descrizione quasi “impressionista” della Londra dei locali e dei concerti. Una cosa che molti sottovalutano, infatti, è proprio la fame di gruppi metal che si scatena tra i giovani proletari inglesi a fine degli anni Settanta. Una vera e propria ondata che coglie tutti di sorpresa: critici musicali, talent scout e case discografiche in primis, ancora presi dal fenomeno punk in realtà appena esploso e convinti che il rock fosse ormai morto e sepolto dopo i grandi gruppi di fine anni Sessanta e l’ondata progressive. Si può dire che siano questi fans il vero propellente dell’esplosione della New Wave of British Heavy Metal, una scena che fino al giorno prima non esisteva e che sarà accomunata e inventata proprio dalla rivista Sounds nel 1979. Sarà questa la grancassa mediatica del movimento: una rivista che coraggiosamente dedica articoli ed interviste a questi giovani gruppi, mentre un piccolo evento notturno di una piccola discoteca, il Soundhouse del dj Neal Kay, diventa l’appuntamento fisso di tutti i nuovi metallari in cerca di musica. Sarà infatti questa sorta di “santone” del movimento a scovare i demo e le registrazioni dei vari gruppi inglesi e a convogliarli nelle serate del suo club, attirando così centinaia di giovani che non avevano altro posto dove sbattere le chiome e suonare le “air guitars”. Sarà sempre il Soundhouse ad ospitare i primi concerti nei quartieri “bene” dell’ovest londinese dei gruppi dell’East End come gli Iron Maiden, consentendo loro di uscire dal ghetto e di approdare poi ai grandi templi della musica: il Marquee, l’Hammersmith Odeon, il Rainbow. Sarà durante queste serate che gli Iron Maiden e i Praying Mantis registreranno i loro leggendari Soundhouse Tapes e sarà, ancora, Neal Kay a promuovere la registrazione della raccolta Metal For Muthas che costituirà l’atto ufficiale di nascita del movimento. Per chi non c’era e non ha vissuto la concorrenza tra gruppi in quei giorni, sarà un piccolo shock leggere il modo altezzoso e tutto sommato antipatico con cui i Maiden liquidano gli altri eroi della NWOBHM. In particolare Saxon, Samson e Praying Mantis vengono praticamente derisi, i Def Leppard sistematicamente ignorati, gli Angelwitch trattati come dilettanti volenterosi e poco più di “una copia dei Black Sabbath”, mentre per i soli Diamond Head si spendono parole di elogio.
E’ in questo contesto che entra in scena l’uomo che fa la differenza tra gli Iron Maiden e tutti gli altri gruppi -Def Leppard esclusi-, l’uomo che trasforma un piccolo complesso di successo locale nella più grande heavy metal band del mondo: Rod Smallwood. Se Steve Harris è il comandante assoluto del gruppo, Rod è il cervello. Sue le conoscenze nel settore musicale che contano: casa discografica, avvocato, publishers, booking agents, tutte figure che fanno la differenza tra un gruppo amatoriale e un gruppo professionista. Sue, assieme ad Harris, tutte le decisioni su chi entra e chi esce dal gruppo, dove e quanto si sta in tour, quando esce l’album, come si gestiscono i soldi. Aspetti questi che hanno chiuso la carriera di centinaia di bands e che vengono gestiti da Smallwood con il massimo rigore e la massima trasparenza: il manager è infatti uno dei primi a credere ciecamente nel successo del gruppo e a difendere i ragazzi a spada tratta contro tutti i pescecani dell’ambiente, volgendo a loro favore ogni stop e ogni delusione, sostenendoli e spronandoli con entusiasmo. Tutte cose che chi fa musica o ci ha anche solo provato, sa benissimo essere fondamentali quanto e più del talento nel destino di un gruppo. Tutte cose che imparerete e approfondirete direttamente dalle parole dei protagonisti.
Non vengono invece approfonditi quasi per niente i lati scabrosi della triade sesso, droga & rock’n’roll, ovvero il sesso e la droga. Approfondimenti che invece costituivano il nerbo dell’autobiografia dei Motley Crue, tanto per dirne una –sarà che in quel caso di musica ce n’era pochina?-. Si tratta evidentemente di una scelta ben precisa, che restituisce l’immagine della formazione “dura e pura” e tutto sommato “operaia”, a cui il gruppo tiene molto (Harris perlomeno sicuramente ci tiene!). Non che vengano taciuti il consumo di droga o gli immancabili quantitativi industriali di alcool. Semplicemente vengono affermati, mai descritti. Mai messi in evidenza: il tutto resta lì, non ci sono riferimenti espliciti ad episodi. Intendiamoci, uno se ne può anche fregare e il libro comunque non ne risente. Però, tra una cosa e l’altra, non sarebbe stato male farsi due risate leggendo di un Paul Di’Anno talmente ubriaco da volare giù da un palco o di una qualche groupie impazzita che assalta il gruppo, piuttosto che di un party selvaggio nella villa del tizio alle Bahamas. Ripeto: tutte cose di contorno, anche inutili se vogliamo. Ma la vita di una rock band è anche questo, o i signori vogliono farci credere che dopo i concerti andavano sempre e tutti di corsa a letto con un buon libro, tranne i bambini cattivi che sono stati poi allontanati dal gruppo?
Veniamo adesso al capitolo “note dolenti” e non mi riferisco all’accordatura del basso su The X Factor! Innanzitutto, la visione Steve Harris-centrica dell’intero libro è assolutamente totalizzante. In effetti, la biografia avrebbe potuto benissimo intitolarsi Iron Maiden – La versione di Steve, oppure Iron Maiden – Il pallone è mio e ci gioco io o ancora Iron Maiden – Steve e Rod hanno sempre ragione. Come ho già scritto, a tutti è stata data l’opportunità di dire la propria e in effetti l’unico che non ha voluto partecipare al libro con un intervento diretto è Clive Burr, ma la verità che il biografo sceglie è sempre quella del duo dominante. Man mano che le pagine scorrono e si avvicendano i componenti, leggerete fino all’esaurimento il motto di Harris: “se sei dentro lo sei al 110%, altrimenti nessuno ti obbliga a restare”. Se all’inizio questo atteggiamento è non solo comprensibile ma necessario, impossibile non notare che alla lunga il motto suoni come “se non sei d’accordo con me, quella è la porta”. Ed è su questo punto che mi permetto la critica più dura alla intenzione con cui questo libro è stato concepito: i motivi per cui le “bombe” all’interno del gruppo esplodono vengono fuori molto bene dalla lettura. Quello che invece non viene fuori mai, è il minimo dubbio da parte del biografo sulla giustezza dell’operato della coppia Harris/Smallwood. Si arriva così a leggere che Seventh Son of a Seventh Son è il miglior album degli Iron Maiden, che la svolta “integralista” di No Prayer For The Dying ha fruttato un album “buono” e un grande successo (e pazienza per il povero Adrian Smith messo alla porta perché non convinto e tutto sommato artisticamente svuotato), mentre l’uscita di Bruce Dickinson viene liquidata con queste parole pochi mesi dopo la seconda esibizione dei Maiden a Donington in compagnia dello storico chitarrista, infatti, i fan hanno assistito a un’altra dolorosa separazione: Bruce Dickinson ha lasciato la band per seguire una propria carriera solista. Ma anche in questo caso, non si è trattato di un addio perché a fine anni Novanta il cantante è rientrato nel gruppo proprio assieme a Smith. Tutto qui: tarallucci e vino e tutti amici come prima. Seguono le sette-righe-sette dedicate a Bayley e il libro si chiude con un’altra esaltata lode a Steve Harris. Non una-parola-una sul fatto che mettendo alla porta i due principali compositori del gruppo dopo di lui e con il solo apporto di Janick Gers, il gruppo sia sprofondato in una mediocrità compositiva da cui non si è più ripreso. Non una parola sulle scelte operate da Harris in merito all’assunzione di Blaze Bayley: un bravissimo ragazzo ma cantante evidentemente non all’altezza -suo malgrado-, passato in pochi anni dal sogno all’incubo e divenuto bersaglio non colpevole di tutte le critiche. Non una parola sui due album pubblicati con lui, né sul modo in cui è stato defenestrato, sul crollo dell’immagine del gruppo nei live, sul successo calante o sulle precise condizioni che Dickinson ha dettato per il ritorno all’ovile. Non una parola sui quattro dischi pubblicati dal 1999 ad oggi, se non lo sterile e inutile commiato del traduttore Michele Bisceglia. Non tragga in inganno in questo senso il titolo italiano dell’opera Le Origini Del Mito che serve a giustificare a mo’ di foglia di fico questo taglio netto alla fine dell’epoca d’oro del gruppo. Il libro viene infatti venduto dall’editore italiano come “la prima e unica biografia ufficiale” ma non si hanno notizie degli aggiornamenti fatti al testo originale del 1998 nelle successive edizioni. Una scelta che avrà sicuramente le sue motivazioni, che provoca però una certa stizza. Innanzitutto, perché non si tratta di una biografia completa ma solo di un “primo atto”. Di conseguenza, non è chiaro se uscirà un altro libro –con conseguente altro esborso economico- che arrivi fino ai giorni nostri o se questa resterà l’unica biografia reperibile in italiano. In secondo luogo, vi assicuro che è molto fastidiosa questa interruzione improvvisa al termine di una lettura estremamente dettagliata e precisa. Si avverte proprio la superficialità con cui le vicende vengono chiuse rispetto invece alla puntuale analisi di tutto il resto del libro. Infine, resta l’amaro in bocca per un motivo che non è di puro “completismo”. In fondo, ci si potrebbe anche accontentare visto che gli anni fondamentali ci sono, mentre gli ultimi, chi più chi meno, li abbiamo vissuti direttamente. Il problema però, è fondamentalmente un altro. Mi spiego meglio: mancando tutti gli eventi dal 1993 in poi, viene meno un approfondimento critico su quella che è stata la fase di crisi degli Iron Maiden. Un periodo, a mio avviso, su cui non si è detto ancora abbastanza nonostante la sua contemporaneità. Una fase, detto fuori di metafora, della quale Steve Harris è in qualche modo direttamente responsabile. Si tratta cioè del momento in cui tutta la sua tenacia, la sua caparbietà e la non trattabilità delle sue decisioni rischiano di trasformare il gruppo in una dittatura e si rivelano dannose per la sua stessa esistenza, dato che le scelte operate si dimostreranno del tutto errate. Senza questo approfondimento, viene a mancare quindi tutta la fase di ripensamento della strategia interna che ha poi portato al ritorno di Dickinson e Smith e ha permesso al gruppo di restare a galla e anzi tornare in parte ai fasti commerciali del passato. Una fase insomma, che trasforma tutta quella che è stata l’organizzazione del gruppo fino a quel punto. Non è una mancanza da poco, per un lettore appassionato della band. Si ha proprio l’impressione che nel ricco e pomposo affresco messo in opera, manchi tutta una sezione, lasciata in bianco. E parliamo di diciassette anni su trentacinque di carriera! Ecco quindi, che questa rischia di apparire come la biografia ufficiale di Steve Harris più che quella degli Iron Maiden, con gli altri protagonisti ridotti a comparse, a coro dell'epopea di un singolo. Ripeto: non si tratta di togliere qualcosa a Steve Harris, ma di riconoscere, in una biografia collettiva, che in questi trentacinque anni non è stato il solo a tirare la carretta del gruppo e che qualche errore l’ha fatto anche lui. Riconoscere infine, che anche gli altri membri del gruppo hanno contato e contano qualcosa ai fini del successo e dell’affermazione della “leggenda” Iron Maiden. Sinceramente, non possiedo la versione inglese e non so se in effetti tutto questo sia poi desumibile dalle pagine mancanti o se invece si continui a sostenere che tutto è andato nel migliore dei modi e che “il capo ha sempre ragione”. In questo caso, l’intera impostazione del libro sarebbe criticabile, secondo il mio punto di vista. Quello che è certo, è che si rimane col dubbio e con il fiato troncato in gola, come dopo una lunga corsa interrotta d’improvviso.
Chiusa la sezione “lamentele personali”, passiamo alle conclusioni. Se state pensando che vi ho anticipato tutto il libro, sappiate che mi sono limitato a quanto già di dominio pubblico, all’ossatura. Il bello, la “carne” della biografia, la scoprirete solo leggendo le sue pagine. So che molti avranno già deciso se comprarla o meno e non saranno le mie parole a cambiare questo orientamento, ma se vi state domandando se valga la pena spendere venti ricchissimi euro per comprare questa biografia, allora la risposta è assolutamente affermativa. Vale la pena. Innanzitutto, perché è un libro. In secondo luogo perché è un libro scritto bene. In terzo luogo, perché è maledettamente interessante e nelle sue parti offre una visione a 360° sul mondo della musica, sul music business e anche sulle biografie di musicisti che hanno segnato una intera epoca e almeno tre generazioni di metalheads. In effetti, sorpassato lo scoglio “ideologico” dell’angolo di visuale ristretta alla “versione di Steve”, il vero difetto di questo libro è che finisce troppo presto!! Anche la sezione fotografica avrebbe potuto e dovuto essere più ampia e rappresentativa a dirla tutta ma… Insomma, tirate fuori il portafogli a cuor leggero e portatevi a casa questo pezzo di storia metallica. Se poi siete ben rodati con l’inglese e volete farvi un giretto su internet, troverete la versione originale completa, che resta sicuramente preferibile. In ogni caso, lo zio Steve ve ne sarà grato e il buon Eddie non dovrà venire a tirarvi i piedi mentre dormite.
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buon libro sulla parte iniziale della storia Maiden che infatti è trattata bene, ovviamente poi i lresto viene sbrigato velocemente, ma come dice il titolo si parla dei primi giorni della band, Lo trovo migliore dei libri di Popof usciti su tsunami.Forse perche' non mi piace Popof di cui ho letto altri deludenti libri (cvedi bi oWhitesnake) |
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Infatti è il classico libro per tutti quei fans che di critico verso la banda non hanno niente. Basta dire Maiden e tutti si riempiono la testa di buffonate. Le palline da golf, la birra, i vari the best che non fanno che propinarci le solite songs da decenni. Rimangono un ottimo gruppo in sede live, con energia e motivazione che bands piu' giovani non possiedono, ma per carita' come Musica ormai sono finiti. Nel nuovo disco Book of Souls ci sara' una canzone da ben 18 minuti...credo siano finiti i tempi di Powersalve!! |
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Riprendendo in mano,ora dopo tanto tempo,porcaputtana se si vede che l'autore è amico di Harris,le critiche sono pochissime,quasi avesse paura di offendere Harris..non è cosi' che dovrebbe essere una biografia..ci vuole distacco e imparzialita'..mille volte meglio la biografia degli ac\dc,una delle migliori che abbia mai letto..il periodo Bon scott e' completo,e anche quello con Jhonson,è analizzato in modo certosino e preciso,ma ci sono anche critiche(costruttive)quando la band,pubblicava album scadenti e prendeva decisioni sbagliate... |
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Riprendendo in mano,ora dopo tanto tempo,porcaputtana se si vede che l'autore è amico di Harris,le critiche sono pochissime,quasi avesse paura di offendere Harris..non è cosi' che dovrebbe essere una biografia..ci vuole distacco e imparzialita'..mille volte meglio la biografia degli ac\dc,una delle migliori che abbia mai letto..il periodo Bon scott e' completo,e anche quello con Jhonson,è analizzato in modo certosino e preciso,ma ci sono anche critiche(costruttive)quando la band,pubblicava album scadenti e prendeva decisioni sbagliate... |
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Non male come biografia,ma sinceramente avrei preferito una cosa piu' completa,come quella degli ac\dc! quest'ultima è stupenda..non manca nulla,viene analizzata tanto la storia con bon scott che quella con brian Jhonson...invece su questa dei maiden,per me ci si è concentrati troppo sul periodo di anno.. |
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Matteo temo che tu non abbia colto esattamente il senso di quello che ho scritto, che non è assolutamente contradditorio rispetto a quello che scrivi tu. |
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Smith messo alla porta perché "artisticamente svuotato"? Ma in che universo? Smith se n'è andato perché dopo Seventh son decise di sperimentare qualcosa di nuovo, difatti se ne uscì con Silver and Gold, disco progressive rock che con i Maiden non aveva nulla a che fare. Il discorso della mancanza di ispirazione sta in piedi come uno zoppo, dato che fu proprio a causa della mancanza di H e dell'impossibilità di registrare un eventuale materiale di Janick che NPFTD uscì come uscì |
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Veramente quello salito sul palco a duettare era Adrian Smith all'epoca fuori dai Maiden. Preso dal rimpianto, imbraccio' la chitarra e con i suoi vecchi compagni suono' Running Free. Potete guardare su youtube... I rapporti con Clive ripresero solo dopo aver saputo che il batterista soffriva di sclerosi multipla, nel 2001. |
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Ma davvero era a Donnington? Non sono riuscito a vederlo! Cmq per mia informazione Clive e i Maiden si sono ritrovati dopo il 2001,quando il gruppo ha saputo della sua malattia.. se avete letto l'articolo sopra viene ben specificato e non solo ,è presente sia in un intervista fatta ad Adrian e Janick in cui i due ex-compagni parlano proprio di questa cosa, che sul sito ufficiale della band. |
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Natostanco@ si riferivano a Steve Harris, proprio per tutti quelli che lo criticavano accusandolo di essersi comportato male con Burr. |
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Scusa ma chi era il testa di caz..? Io voglio saperlo....! |
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Tanto da come si gira la cosa, è sempre chi vince che racconta la storia! |
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Di Maiden qulachecosina ne so... il buon Steve, persona assolutamente integerrima, non ha mai fatto cenno alle abitudini extra musicali dei suoi compagni in maniera esplicita, ma, parlando di Di'Anno e Burr, ha sempre dichiarato che avevano comportamenti e stili di vita non consoni alla band e al suo modo di vivere la musica; infatti prima è stato silurato Paul e poi Clive. Parlando di Burr ha pure aggiunto che dal vivo era spesso ingestibile. |
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Natostanco@ al Donington del 1992 io c'ero e c'era pure Burr salito sul palco per quella canzone. Se seguivi HM c'è ancora il reportage con tanto di citazione a Clive Burr con qualcosa tipo "uno non si comporta da testa di cazzo solo perché è headliner al Monsters O R di Donington" proprio a sottolineare il rapporto della band verso un ex compagno di avventura sfortunato. Poi che facesse uso di droghe o no a me personalmente non importa poi tanto, in quegli anni ci davano dentro tutti quanti, c'è chi ha saputo gestirsi e chi no, l'importante è che abbiano fatto la musica che ancora ci resta, anche quella del povero Clive! |
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@Natostanco, io non ho detto che è stato allontanato dalla band per questioni di droga, ma solo che anche lui all'epoca ne faceva uso come il resto della band (eccetto Steve), poi lui non l'avrà mai detto, ma non lo ha neanche negato quando i vari Bruce o Dave lo ammettevano candidamente.Poi se ti riferisci all'intervista del 2011, dove viene riportato che fu licenziato dopo il rientro dal funerale di suo padre, il discorso è appena accennato dicendo che al suo ritorno c'erano delle "tensioni all'interno della band", ma delle dichiarazioni più esaustive si possono trovare in alcune interviste post-split sempre da parte di Clive che nel lanciare la sua nuova band (Stratus) dice:"Quando ero negli Iron Maiden eravamo in tournee per 9 mesi alla volta. Era dura e non pensavo che mi sarebbe mancata.Volevo anche abbandonare il business musicale. Pensavo sarei diventato un uomo da pipa e ciabatte, ma la mia nuova band è così brava che non vedo l’ ora di andare in tournee". Quindi è stata sicuramente una decisione "dura", ma non una "carognata" come la si vuole far passare. |
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E' stato "semplicemente" rimpiazzato ( in modo brutale) a causa dell'assenza dal tour per la perdita del padre......Non credo ci sia da fare mille telenovelas a riguardo. Poi con gli anni i bocconi amari si mandano giù, anche Burr si sarà reso conto della situazione (?), un po di soldini con i maiden gli ha fatti anche lui, poi la raccolta fondi ecc. gli anni sono passati e amici come prima. Questa è la vita..... |
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Vedete che vi sbagliate perchè non c'è nessun Clive a Donnongton!! Loro non si sono piu' parlati fino al 2001 quando la band scopre dalle riprese del Classic Album TNOTB che Clive è malato e decidono di aiutarlo. Se avete letto la biografia ufficiale Le origini del mito, non c'era nessuna parola detta da Clive a riguardo e quindi sembra difficile che possa aver partecipato al concerto( leggete su). Cmq perchè fate sempre polemiche su fatti che non conoscete ma che riportate per sentito dire? Ognuno è libero di dire quello che pensa. e io lo dico come GRANDISSIMO FAN dei mitici Maiden!! Sono uno che li ha visti almeno 50 volte l'ultima a Berlino. Sono 33 anni che li ascolto e all'epoca si è sempre detto che fu per una sua volonta', cosa poi smentita da i suoi stessi ex compagni anni piu' tardi..! E se permettete i soldi fanni le persone st..è cosi ed io giudico i Maiden per Grandissimi artisti questo si ma non per grandissimi uomini!! |
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Le fonti da me citate sono proprio quelle di Nicko! Leggetevi la sua intervista su Maiden France e capirete che vi state sbagliando! Clive non ha mai detto di aver fatto uso di droghe, questa è una cazzata riportata da piu' persone senza avere pero' nessuna validita'. E' piu' fico dire che uno si droga piuttosto che dire che per il loro nuovo corso c'era bisogno di un batterista differente.. |
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Inoltre hanno fatto concerti e un sito per raccogliere fondi, e lo hanno ricordato più volte con stima ed affetto, quindi certe affermazioni mi sembrano campate in aria |
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Per onor di cronaca vorrei ricordare che nel 1992 al Monsters Of Rock di Donington Clive Burr salì sul palco per i cori di heaven can wait; quindi i rapporti dopo la rottura non dovevano essere così malvagi, comunque Burr sicuramente non ce l'aveva a morte con gli ex compagni e viceversa. |
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Vorrei saper quali sono le tue fonti per sapere come sono andate "veramente" le cose. Per stessa ammissione di Clive, faceva uso pesante di droghe ( e non solo lui), per sua stessa ammissione stava vivendo un momento di crisi nell'affrontare i tour. Poi vorrei sapere se sono degli str... perchè ci hai avuto a che fare o solo perchè l'equazione Soldi=Stronzi è vera a priori. |
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Io ho comprato la biografia non ufficiale "30 years of the beast", è anche quella credetemi è una ga.....ta! La verita' la conoscono solamente loro e ovvio pero' mi sento di dire che tanti soldi poi fanno le persone un po' str... e in questi anni loro di soldi ne hanno fatti a palate! Preferisco i cari vecchi Maiden, quelli con Di Anno... e la cazzata di Clive che era drogato è stata messa in giro a copertura del fatto che Nicko aveva gia' chiesto lavoro ai Maiden ( il padre di Clive muore nel maggio del 82, e Kalamazoo è l'ultima data fatta da Burr) e che in quel momento non poteva essere toccato...successivamente verra' poi raccontato dei suoi problemi durante il Beast on the road, problemi del tutto infondati, basti guardare le foto su internet del periodo. Clive non aveva il "look " del drogato anzi era capace caratteralmente di suonare in maniera identica sera per sera come se fosse un robot! Ed è strano che dopo tanti anni e sopratutto dopo la sua scomparsa nessuno altro membro abbia poi accennato a qualche ricordo. |
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@tonikgin se hai tempo e voglia vai su YouTube a vederti il loro ultimo DVD dal vivo "Quebec Magnetic" (dell'anno scorso), c'è sia in versione integrale, sia frammentato nelle singole canzoni, e' un gran bel live, credimi! Nonostante siano passati gli anni, e loro non sono più dei ragazzini, Hetfield è in forma smagliante, e gli altri gli vanno dietro bene: persino Ulrich sembra un buon batterista, e nonostante tutto devo dire che insieme ancora spaccano. Io li ho visti al Big4 a Rho e ho avuto la stessa sensazione, di aver assistito a un bel concerto di una grande band (detto senza nessun fanatismo) |
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Io i Metallica li ho visti 4 volte dal 1987 al 1992,erano in palla e spaccavano il culo,però non ricordo tutto benissimo,perchè in quel periodo cazzo ero messo peggio di Hetfield eheheheh! |
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Sambalzalzal@ cercherò sicuramente il live che hai menzionato, ma mi sembra che dopo il tour del Black album con i vari Load e Reload non si siano visti molto in giro, soprattutto in Europa, o mi sbaglio? |
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Il periodo è coinciso con Saint Anger e con la sua decisione volontaria di mettersi in clinica di riabilitazione. Se dai uno sguardo al documentario Some Kind Of Monster vedrai come è andata più o meno tutta la trafila legata ai problemi di alcohol di Hetfield... Aspetta, se posso consigliarti: non so tu che live abbia visto ma io penso che uno come Live Shit, Binge and Purge del 1993 con i due concerti di Mexico City del Nowhere Else To Roam e di Seattle del Damaged Justice Tour non è che sia un live, io penso che sia il LIVE per eccellenza! Te lo dico da fan dei Metallica ma penso che anche chi non li segue ma che lo ha visto possa facilmente dire la stessa cosa. ovviamente parlo di persone che non hanno pregiudizi e che non attaccano la solita pippa dei Metallica traditori del par di palle. Forma smagliante, pubblico coinvolto al 100% (ancora oggi quando guardo la versione di Creeping Death di quel dvd mi vengono i brividi!), tutto ciò con Hetfiel in pieno vortice di alcolismo. Continuo a chiedermi ancora come faceva! |
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Sambalzalzal@premetto che i Metallica non li ho mai seguiti molto, ma se non sbaglio sono stati un lungo periodo senza fare tour degni di tal nome, e quel periodo dovrebbe aver coinciso proprio con i problemi di Hetfield. Mi permetto inoltre di dire che i live dei Metallica che ho visto io non mi sembrano un granchè, ma ripeto che non li ho mai seguiti molto non essendo un loro fan. |
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Si, si , di Hetfield infatti non parlavo della tecnica ma del suo essere un bravissimo frontman nonostante l'alcohol (anche se in un'intervista parlò chiaramente che non c'era solo quello...) Lui era uno di quelli che saliva sul palco con una bottiglia di jagermeister in corpo e poi birra a fiumi sul palco per "rinfrescarsi" ma la sua parte la faceva eccome! Stesso discorso vale per quel pazzo di Slash dei tempi d'oro! Mustaine ma come del resto Lou Reed dei vecchi tempi sono dei misteri viventi a livello di biologia secondo me. nel loro caso non si parla né di cocaina e né di anfetamnine, erano persone da droga in vena direttamente! ora è ovvio che avendo disponibilità economica pressoché illimitata negli 80' avessero accesso a droga "pura" e non tagliata con chissà cosa ma l'assurdo rimane! Come cazzo facevano!?!?!? |
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Samba@è vero quello che dici ,specialmente se ci troviamo di fronte a dei geniacci come Mustaine ecc. Quello che dico è che alcuni rasentano la perfezione in un mix di animali da palco e tecnica, vedi Iron, altri come i Metallica sebbene siano all'altezza hanno molte lacune....Chi mi ha sempre impressionato nei live è Mustaine che nonostante fosse un fattone con quella jackson non sbagliava un colpo....ma qui siamo difronte ad un genio pazzoide e le 2 chitarre dei metallica non ci arrivano, tecnicamente..... parlo di prestazioni Live. |
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*perché merita veramente* mi ero dimenticato di scriverlo... per fortuna che è Venerdì!!!!! |
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Guarda, se ti capita cerca di dargli una letta perché merita veramente! La capisci che più che drogati erano degli esperti di chimica a tutti gli effetti!!! So che nella versione in italiano alcune parti mancano quindi ti consiglio vivamente quella in inglese perché merita veramente! |
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No Samba@ non l'ho letto il libro che hai menzionato. vedo di provvedere certamente. |
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Immaginate il megacarrozzone dei Maiden, con decine e decine di persone dello staff, manager e altro, una piccola industria itinerante che fattura milioni, ma con un membro che si spacca dalla mattina alla sera rovinando il concerto e quindi l'immagine di un azienda. Ovvio che se uno non ha equilibrio e scantona lo fanno fuori. Ve lo immaginate Dickinson biascicare come la buon anima di Amy Winehouse? Ho ancora negli occhi l' occhiataccia che Harris lancio a Dickinson al palazzetto di Genova nel Maggio 1993, il tour d'addio del cantante.; Dickinson si permise di non cantare tutta la seconda parte di Clairvoyant, preferendo cazzeggiare con il robot di Eddie, chi c'era e si ricorda la serata forse lo avrà notato. Quindi Harris non ha mai tollerato uscire dai binari, se non gli è andato giu un cazzeggio sul palco figuriamoci l'abuso di droghe a penalizzare uno show. |
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Andy71@ si certo, magari sono stato sfortunato io ad imbattermi in certa gente. Comunque aldilà del fatto che ho raccontato era certamente un bel posto |
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Lui era l'unico della band che adorava gli spostamenti in bus quindi in teoria non dovevano pesargli e comunque le sue sbronze di birra se le faceva pure lui! Non hanno mai detto di essere dei santarellini, ma la loro bravura è stata quella di trovare l'equilibrio per non compromettere le loro performance e più volte nelle loro parole si capisce il senso di responsabilità che avevano nei confronti dei loro fans:"sapevamo che non potevamo deludere tanto affetto e dedizione senza dare ogni sera il 100%". Cosa molto rara. |
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Arraya@ si, sotto quel punto di vista è come dici tu. Io intendevo x scoppiati il discorso che non sono riusciti a rimanere al passo con l'icona che erano, ma appunto poi non so come sarebbe andata a finire... Lo hai letto The Dirt!?!? Vitadathrasher@ ricorda però che anche James Hetfield è stato alcolizzato per anni e per anni dal vivo ha spaccato il culo comunque... ce ne sono esempi di musicisti che sono drogati da sempre e che cmq ogni volta che suonano offrono spettacoli grandiosi. Iggy Pop, Lemmy, Steven Tyler, Dave Mustaine (che per assurdo ha peggiorato come musicista proprio da quando si è disintossicato!) voglio dire... non possiamo giudicare alcune cose dalle prestazioni che uno ha su palco. Io appunto parlavo di gente che fa uso di droga o altre sostanze a livello "stimolante" ed altri che invece le usano per sfasciarsi. Uno come Peter Steel purtroppo è uno degli esempi di quelli che hanno esagerato. Tonikgin@ se fosse come dice lui sarebbe uno su un miliardo veramente! |
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Ci credo quando dice di non aver assunto droghe, per suonare a certi livelli per anni e nello specifico nei live, devi essere lucido! e le volte che gli ho visti hanno suonato sempre bene...Fare questa musica non è come brancolare sul palco come fa vasco..... |
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Sambalzalzal@ non è proprio così; non ha mai detto di essere contro gli abusi, ma che a lui non gliene frega niente di quello che fanno e che si fanno gli altri, basta che il tutto non influisca negativamente sulla band! Nel senso che se uno tira dalla mattina alla sera e si scola tre bottiglie di Jack al giorno, ma la resa e gli impegni del gruppo non ne risentono a lui sta bene così. E' poi ovvio che questa è una prospettiva assai improbabile ma tant'è! Ha poi detto di non aver mai assunto droghe in quanto non ne ha mai sentito la necessità. |
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Arraya@anch'io adoro e preferisco i Maiden del periodo Di Anno e Burr,cmq fino a Sevent Son galattici|Dipende in che anni sei stato al Mid,cmq fidati il locale era fighissimo,prima di questo a milano,il buio,poi come dire,di imbecilli che giudicano nè è pieno il mondo che vuoi farci........ |
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Arraya@anch'io adoro e preferisco i Maiden del periodo Di Anno e Burr,cmq fino a Sevent Son galattici|Dipende in che anni sei stato al Mid,cmq fidati il locale era fighissimo,prima di questo a milano,il buio,poi come dire,di imbecilli che giudicano nè è pieno il mondo che vuoi farci........ |
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Samba@ c'è da dire che comunque i Motley crue , nonostante tutto, non sono scoppiati. sono dei sopravvissuti , escludendo Vince Neil, che era gia incapace all' epoca, il resto della band ha saputo galleggiare come poche altre, nonostante gli stravizi.Certo , non avrebbero potuto rimanere ai vertici ma forse proprio questo alla fine li ha salvati. Comunque sarà un caso, ma per me i Maiden migliori rimangono i primi con Burr e Di Anno. Ps: al midnight ci son stato il periodo in cui vivevo a Milano. Non so se ho sbagliato valutazione o che, ma rimasi deluso da alcuni frequentatori, piu propensi al lato estetico e iconografico che altro. magari coloro che criticarono le mie normalissime scarpe basse da operaio (non erano abbastanza metal), ora sono assidui frequentatori di discoteche et simili. |
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Ahahahahhahahahahha!E' si il Midnight dal 1990 al 1994 era veramente il top a Milano,locale leggendario!Poi quel dì fù pazzesco!Cmq,concordo,droghe ed alcool ci stanno dai,soprattutto da giovani l'abuso può starci,se penso ai miei 18/20 e quante cazzo nè ho combinate,ora che ho una figlia di 5 anni rabbrividisco ahahahahahha |
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@Andy: sono stato una volta al Midnight, dopo il concerto dei Soulfly a Milano, davvero bel pub, però non ho avuto la tua stessa fortuna, mi son trovato a parlare con un tipo sosia di Manson....-non capivo se Charles o Marilyn, va beh...- @Samba: ...e speriamo che almeno Dickinson non ci vada giù pesante quando guida gli aerei...mo mama..... |
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Cazzo, Andy@ bella esperienza!!! Harris come del resto gli altri dei Maiden non sono certamente dei drogati. Lo stesso Dickinson, conosciuto per essere un vero sportivo e praticante scherma da sempre, ha cmq detto tranquillamente di aver fatto uso di cannabis ed altre droghe. Hanno avuto la testa per sapersi gestire e continuano a farlo. Io penso che in definitiva ad un certo livello tutte le bands grandi hanno/fanno uso di droghe. la differenza è che alcune le usavano soprattutto per sballarsi (e chiaramente sono tutte le scoppiate come Motley Crue, Guns n Roses dove per assurdo l'unico che ne fece uso "moderatamente" fu Axl, ecc ecc) altre (Maiden, Metallica, AC/DC....) per "reggere" i ritmi. Cmq, l'importante è che abbiano fatto cose storiche, fattori come droga e alcohol sono trascurabili, per come la vedo io. magari qualcuno potrà storcere il naso a sentirsi dire che i propri idoli di gioventù usano droghe ma anche loro sono persone normali con tutti i pregi e tutti i difetti che può avere il vicino di casa... |
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Nel 1991/92 ho avuto la fortuna di passare un paio d'ore in un mitico Pub di Milano,e chi ci abita sa bene di cosa parlo,il Midnight,col grande Steve Harris,e trà una birra una foto,una birra ed un altra birra,si parlava di tutto,e mi diceva che alcool di brutto fin dagli esordi,però droghe zero.Ora,ovviamente questo non prova nulla,però.....Cmq sia,a quasi 60 anni Tour del genere da sopportare "normali"sembra veramente dura,anche quì però,non si può sapere con certezza..... |
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Vabè, c'è pure gente che lavora in ufficio (e ne conosco tanta) che tira abitualmente di naso altrimenti non riesce a reggere allo stress, e quelli fanno lavoro di scrivania! Lo stesso Agnelli non mi pare fosse esattamente Axl Rose però il naso rivestito di titanio lui ce l'aveva ma Axl no ahahahahahah! Che poi non esiste solo la cocaina eh, ci sono le anfetamine ed altre migliaia di droghe sintetiche con rispettivi "antidoti" per smaltirle. Se uno ha soldi, e i Maiden come tutte le bands che sono sopravvissute agli 80' ce ne hanno a palate, riesce a fare tutto. I Motley Crue a fine tour abitualmente si facevano ricoverare in clinica x farsi filtrare il sangue per esempio... i Maiden ovvio che non stavano a quel livello di sbando ma qualche aiutino ce l'hanno avuto pure loro! |
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@Samba: interessante il tuo punto di vista, ma scusa, allora se una persona, per un anno di tour, dovesse tirar coca tutte le sere, poi prendere altre droghe o medicinali per "smaltire" il tutto, non sarebbe un abuso, questo? Alla fine del tour -se ci arrivi- come ci arrivi? HEHE..... |
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Occhio che Steve Harris ha sempre detto di essere contro gli ABUSI, non di essere contro le droghe! Un anno e passa di tour continuato con concerti da circa due ore a serata, sfacchinate in bus e voli intercontinentali non riesci a reggerli con il Gatorade, questo è sicuro. |
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Rispondo a "il leccese": tutti a parte Steve hanno avuto a che fare con le droghe, dalla cannabis alla coca e naturalmente l'alcool(quello anche Steve). |
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Mamma mia!! Ma a voi non va bene niente!? "Dovevano parlare di questo invece di quello..." "mancano risposte alle domande..." ecc. Siete TRISTI!!!! |
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Dopo averlo letto con attenzione, tornando spesso indietro per non perdermi dei dettagli, non posso che concordare al 100% con Lizard. Bellissimo affresco della Londra operaia, tanti aneddoti e informazioni sul come fosse dura emergere e come sia nato il mito dei Maiden nell'east end e come si sia poi propagato ad ovest grazie a Rod Smallwood ed al successo del Soundhouse, ma tante, troppe e VOLUTE omissioni, tanti, troppi elogi ad Harris e fango su altri gruppi. Senza Steve certamente i Maiden non ssarebbero mai esistiti ma come scrivevo nel primo post manca ... tutto!!! Mancano le RISPOSTE alle tante domande, aneddoti di vita on the road e dietro alle quinte non filtrati...è un racconto di maniera, filtrato, edulcorato, irrispettoso verso gliex-membri, le bands concorrenti, i fans. Una delusione. |
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Ottimo articolo , il libro me lo faccio di sicuro . Grazie del consiglio a tutti. |
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L'ho letto ben due volte... Si capisce però che l'autore è molto amico di Steve Harris. Preferisco molto di più Joey McIver e la sua biografia dei Metallica (Justice For All: la verità sui Metallica, Tsunami) o quella sugli Slayer. Quando c'è da esaltare il gruppo è giusto esaltarlo, ma qnd c'è da criticare le critiche sono sempre costruttive. basti vedere le analisi frettolose per "The X Factor" e per "Virtual IX". Al posto di analizzare i due album per spiegare come mai furono un fiasco, dato che il vocalist era Blaze Bayley si affretta il tutto in sole 6-7 righe. Poi, per due album come "Iron Maiden" e "Killer" il libro entra in dettagli puntigliosi, mentre per capolavori come "Piece of Mind" e "Powerslave", Mick Wall schematizza eccessivamente (non parliamo poi di un album come "Seventh Son of a Seventh Son", di cui si dice solo come mai non piacque al pubblico statunitense... ma chi se ne frega! Perchè non analizzare le innovazioni di quell'album? Perchè non soffermarsi sul fatto che era una concept - la prima - e che venne suonato con un sound condizionato dal progressive?). Buio totale poi per gli album partoriti dopo il rientro di Dickinson ("Brave New World", "Dance of Death", A Metter of Life and Death" e "The Final Frontier") eccellenti ma condizionati molto dal sound degli anni '90. Ho preferito molto di più le due biografie di McIver perchè più obbiettive, e, x qnt riguarda i Metallica, capace di parlare bene di capolavori, ma capace di stroncare delle cagate (parlo di "Load" e "ReLoad"). E', insomma, un buon libro con qlche difetto. |
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Bel libro l'ho letto tutto di una fiato. Consigliatissimo!!! |
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...non lo sapremo... mai.. mai... MAI!! |
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hellvis, parla!!! perchè venne sbattuto fuori??? |
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Ho finito di leggerlo oggi. Ebbene, seguo gli IM dal 1989 per cui potete immaginare quante cose ho letto su di essi e quanto abbia cercato di documentarmi il più possibile sui miei idoli sin dai tempi dell'infanzia, eppure su questa biografia sono riuscito a trovare tonellate di notizie che non avevo mai saputo nel corso di tutti questi anni di fedele seguito. Io non credo si possano muovere grosse critiche all'autore non tanto per quello che scrive ma più per il fatto che il suo ruolo mi è apparso molto marginale, visto che le pagine sono riempite sopratutto dalle testimonianze dei diretti protagonisti della storia, il che ne fa più una autobiografia che rende la storia più credibile. Dando adirittura voce a personaggi che sono stati presenti o in breve durata quando non facevano parte della formazione ufficiale e anche a personaggi del dietro le quinte molti dei quali sconosciuti anche ai fans più accaniti. In particolar modo ho trovato interessantissimo i modi dettagliati di quando descrive le entrate e dipartite dei tutti i membri della band che si sono avvicendati e anche di come venivano concepiti album e singoli. Quello che trovo un vero peccato è che il racconto si interrompe troppo presto salvo metterci una pezza nel cap. finale per stirarlo ad una conclusione tant'è che non menziona neppure un accenno a BNW, RIR, DOD e AMOLAD altri passaggi a mio avviso fondamentali della loro carriera, io spero che l'autore ci pensi su e faccia un sequel perchè sarebbe molto interessante scoprire cosa è successo veramente riguardo ai cambi Dickinson/Bayley/Dickinson - Smith. |
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Grazie!! Appena ho visto il libro non ci ho pensato neanche 10 secondi e l'ho preso... In neanche tre giorni l'ho finito... E poi... Mi è rimasto qualcosa dentro... Che spero di essere riuscito a comunicare in maniera interessante. |
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Bell'esordio articolistico Lizard! |
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@Nightblast....tu sei il prototipo del fan oggettivo che io ammiro .....bravo...anche il gruppo preferito da una vita va valutato all'interno del contesto del trascorrere inevitabile degli anni... Quoto rigirisamente i tuoi pensieri..sono anche i miei...sia riguardo gli Iron che a proposito delle band preferite di ognuno di noi..... |
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racconta ...... perchè clive mi è sempre piaciuto più di nicko come stile e mi piacerebbe sapere la verità |
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Biografia...questa non è una biografia...Le biografie sono tutt'altra cosa...Non posso che dare ragione a Lizard e complimentarmi per lo spessore di quanto da lui scritto...Adoro i Maiden, pernso che siano IL METAL, la perfezione, li ho amati anche quanto sentii per la prima volta Angel and the Gambler...Continuo ad amarli a dismisura ed a guardare estasiato i miei tattoos di Powerslave e Fear of the dark ...Ma non nego che sono tanto cambiati, davvero tanto...e che l'ultimo disco mi fa pena...Pena perchè è come vedere una persona amata che invecchia, ricordarla potente forte e muscolosa, ma doversi arrendere alla verità...Dover accettare che i Maiden non sono più loro... |
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Nel nuovo numero della rivista inglese Classic Rock c'è un'intervista con Clive. Tristissima per quello che gli sta succedendo ma interessante perchè finalmente spiega perchè fu sbattuto fuori dai Maiden. Diciamo che dopo averla letta la stima per Steve Harris e Rod Smallwood mi è molto scesa. |
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Sì, è una stata una sorpresa anche per me, che comunque aiuta a comprendere meglio la situazione... C'è un episodio molto divertente a proposito, in seguito ad una provocazione degli Iron! In generale, la lista degli aneddoti è notevole!! |
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questa del comportamento altezzoso nei confronti dei colleghi saxon, samson, def leppard ed angel witch mi è nuova; certo sapevo della naturale rivalità fra i gruppi della new wave, però.... |
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Quando se ne andò Clive Burr dissero che pure lui si drogava (una cazzata immane). |
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che cazzo io però voglipo sapere chi dei maiden si drogava..ma credo si riferisse solo a di anno |
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è da una settimana che mi tiene incollato questa biografia.... non l'ho finito perchè me lo voglio gustare per bene... ora sono arrivato al capitolo di Nicko, e stasera prima di dormire due capitoli me li sparo sicuro!!! e cmq è risaputo che nei IM Rod e Steve se la comandano.. La consiglio anch'io di comprarvela è veramente interessante. |
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Nella biografia ufficiale non scriveranno mai tutta la verità. E' normale. |
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Comprerò una loro biografia solo quando avranno appeso gli strumenti e sarà completa. Voglio sapere tutto quello che non è ancora stato detto, sull'abbandono di Smith e Dickinson, sulla scelta dei sostituti (sarà poi vero che Kiske non sia stato preso perchè non inglese?), sul perchè di certe scelte del nuovo corso (scelta di kevin shirley che aveva rovinato l'ottimo lavoro dei Theater su Falling into infinity, suono delle TRE chitarre ridotto al ruolo di comparsa). Sempre che scrivano tutto per davvero e che , quindi, non la scriva Mick Wall...... |
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