Testo integrale di un articolo di oggi:
NUOVI DISCHI IN VINILE – Non è oro tutto quello che luccica
7 ottobre 2019
La rinascita del vinile, seppure non così massiccia in termini numerici, è uno dei fenomeni che più ha fatto discutere in ambito musicale i media in questi ultimi anni. Con il declino del CD, il 33 giri ha rialzato la testa, anche se spesso ciò è dovuto alla moda e non realmente al desiderio di ascolto. Negli ambienti hipster e indie il vinile è diventato un feticcio da esibire nelle librerie, oppure la copertina viene inquadrata ed appesa al muro e chi lo acquista in molti casi non possiede nemmeno un giradischi. Nel metal il vinile non è mai uscito di scena, con le edizioni limitate, i box set, i picture disc e le edizioni colorate, non come negli anni 80 dove dominava il mercato. Al di là delle considerazioni sociologiche e musicali, è interessante invece analizzare il discorso tecnico, per capire se il nuovo vinile suona meglio, peggio o come quello vecchio.
01. Grammatura e stampa
In passato il peso standard di un 33 giri era tra i 120 e i 140 grammi, oggi viene stampato a 180 e a volte 200 grammi. La pressa che stampa fa fatica già con i 120, figurarsi il 200, quindi l’incisione risulta meno precisa e i solchi sono meno definiti. Di logica suonano peggio di quelli degli anni 70 e 80.
02. Incisione della Lacca o Cutting
La ‘lacca’ è il disco originale da cui si otterrà la matrice per la duplicazione, la cui creazione parte dalla fonte sonora, che va ottimizzata per la registrazione su vinile. Il tecnico specializzato deve seguire continuamente con un microscopio l‘andamento dell‘incisione, avvicinando e allontanando i solchi a spirale a mano, mentre scorre la musica. I solchi sono avvicinati od allontanati a seconda dell’intensità e della complessità della composizione musicale e devono rientrare perfettamente nel limite fisico del vinile. Una testina da taglio arriva a costare anche centinaia di migliaia di euro, quindi anche il più piccolo errore è fatale, con una perdita economica incredibile. I ‘maestri di cutting’ amavano firmare il loro lavoro con un simbolo o una sigla in quello spazio nero tra i solchi e il tondino del disco stampato. Nel mercato collezionistico un cutting non vale l’altro e la caccia all’edizione di questo o quell’ingegnere significa una valutazione diversa.
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03. Fonte sonora, mastering e mixing
La fonte sonora digitale usata per un CD, anche se taglia alcune frequenze che difficilmente l’orecchio umano potrà cogliere, non va per niente bene per un vinile. Usare la stessa per tutti e due, come fanno molte etichette discografiche, significa produrre un nuovo disco dal suono inadeguato. Abbiamo così dinamiche sballate, compressioni estreme che in certi casi distorcono il suono, bassi monofonici piatti e sopratutto nel vinile i solchi delle incisioni esterne suonano peggio di quelle interne. Per un vinile perfetto ci vorrebbe una fonte analogica da nastro magnetico, con un mix calibrato ad hoc. Oggi invece un unico master digitale si usa per tutti i supporti, magari anche per la cassetta, che necessita anch’essa di un altro tipo di master. Funziona bene per un CD, male per un 33 giri odierno.
04. Diatriba sul suono del vinile rispetto a quello del CD
Va smentito subito il mito che il vinile suona meglio del CD. A parte il fruscio, che a lungo termine inficia la nitidezza e la purezza dell’emissione rispetto al digitale, nessuna fabbrica oggi ricava le matrici dei vinili dai nastri originali, ma usa le stesse che pari pari va nel dischetto ottico. Se la fonte è uguale, il nuovo vinile per motivi di fisica si deteriora prima, ha un master non adatto, ha solchi pressati peggio. Il CD resta nell’home system ancora la migliore scelta, a livello di supporto fisico. Quando si sostiene che il suono del vinile è comunque più bello, più morbido, più caldo, si ricade nelle sensazioni soggettive e non nella fisica del suono oggettiva. Le mescole viniliche di oggi, fatte in polivinilcloruro, a differenza degli anni 70 e 80, sono qualitativamente peggiori, e danno vita a difetti di suono riconducibili a soffi, scoppiettii e piccoli rombi, che disturbano una resa continua e pura di flusso sonoro.
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05. Analisi costi e benefici tra vinile nuovo, vecchio e CD
I prezzi commerciali dei vinili nuovi sono esageratamente alti se comparati – con le conversioni lira + euro e l’analisi dei periodi storico – economici differenti – con i corrispondenti di trenta o quarant’anni fa. Cifre come 30, 40 o 50 euro non sono rari da trovare, rispetto al prezzo sia del Cd che dei vinili dell’epoca – salvo pezzi da collezione – è un salasso non giustificato. Orientarsi su vinili usati e tenuti bene, si trovano anche a pochissimi euro nei mercatini delle pulci, è la scelta migliore per i vecchi titoli, per i nuovi assolutamente CD.
Naturalmente ognuno sceglie cosa comprare in base a tanti fattori, non solo tecnici e le fazioni tra analogico e digitale sono spesso in contrasto. Il piacere di una copertina grande, un libretto dei testi e inserti artistici per qualcuno è tutto, per altri avere anche solo il titolo del brano su un CD è più che sufficiente. Non meno importante è anche l’impianto hi fi o la fonte meccanica da cui si effettua l’ascolto. Un impianto di alto livello è diverso da un giradischi con chiave USB regalato con il vino, una cuffia professionale diversa da un auricolare cinese da 2 euro. Nel digitale poi c’è un abisso tra formati WAV. MP3, AIFF e FLAC ma la differenza finale, come sempre, la fa l’ascoltatore, che alla musica può dare un diverso valore. Tra un adolescente che ascolta distratto l’ultima hit sullo smartphone e un audiofilo che ascolta classica analizzando anche le pause e i silenzi c’è tutta la gamma intermedia a cui noi spesso apparteniamo. Il valore vero, l’essenza, è avere tra le mani buona musica evitando quella pessima, comandamento indispensabile per tutti noi.
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