Nick Drake – Pink Moon (1972)1. “Pink Moon†(2:00)
2. “Place to Be†(2:39)
3. “Radio†(1:58)
4. “Which Will†(2:56)
5. “Horn†(1:19)
6. “Things Behind the Sun†(3:23)
7. “Know†(2:23)
8. “Parasite†(3:30)
9. “Ride†(2:57)
10. “Harvest Breed†(1:00)
11. “From the Morning†(2:25)
Etichetta: Island RecordsAlto, magro, capelli lunghi e fascino da poeta maledetto… Se questa vi può sembrare la perfetta descrizione di Jim Morrison, siete fuori strada.
Non è del “re lucertola†che stiamo trattando, bensì di un certo
Nick Drake, giovane cantautore inglese attivo tra la fine degli anni ’60 e l’inizio dei ’70, epoca in cui il folk-rock si diffondeva in tutte le stazioni radio, aprendo le porte della fama a nomi quali
Roy Harper e
Neil Young.
Quest’oggi vorrei concentrare l’attenzione su una piccola perla per molti appassionati del genere:
Pink Moon, ultimo sforzo psicologico – nonché fisico dell’artista, ma prima credo sia doveroso fare un breve excursus biografico del personaggio.
Ci troviamo all’università di Cambridge, in Inghilterra, ed è qui che un giovane visionario dal corpo esile e dalla voce tiepida come il tè delle cinque fonda le basi della propria cultura letteraria e musicale.
Infatti dopo aver assaporato le note di maestri come
Van Morrison e
Buckley, Drake dà il via alla propria autoformazione, passando dal blues melancolico di
Leadbelly, al folk dolce e smielato di
Cat Stevens, uniti all’amore incondizionato per i poeti romantici, tra cui William Blake.
Trascorsi gli anni di studio, ma soprattutto di prime composizioni, fu durante un concerto per la pace nel ‘69 che Drake venne notato per la prima volta. Un produttore discografico di nome Joe Boyd, affascinato dal suo lirismo e dalle sue capacità melodiche, gli propone un futuro nell’ambiente rock, dando alla luce, sotto l’etichetta Island Records, due dischi di inestimabile valore:
Five Leaves Left (1969) e
Bryter Layter (1970).
Ma Drake non si è mai interessato al mero successo commerciale.
Ciò che cercava non era la popolarità o un posto nella hall of fame, solo qualcuno che lo compatisse. Qualcuno che provasse le sue stesse emozioni, le stesse sofferenze.
Drake è il classico ragazzotto di provincia. Troppo timido e incapace di confrontarsi con il mondo esterno, trova il sostegno fra le corde della sua chitarra, aiutandolo ad esprimere ciò che prova nella sua anima inquieta. La passione, il tormento e il bisogno irrefrenabile di compagnia lo portarono a molteplici crisi di nervi, incidendo pesantemente sulla sua breve ma intensa carriera.
Tuttavia Drake non è ricordato esclusivamente per il suo mal di vivere. Ha anche apportato delle novità in termini tecnico-stilistici, prendendo spunto da vari artisti, tra cui l’uso personale del
cluster chords per dare un senso di cromatismo poetico negli arrangiamenti, facendo percepire nell’ascoltatore l’idea di una circolarità e armonia pacifica. Musica del sentimento, appunto.
Passiamo ora all’oggetto della recensione.
Pink Moon è il terzo ed ultimo lavoro di Drake, concepito durante un soggiorno in Spagna nel ’71, e registrato in due sole ore notturne assieme al tecnico del suono John Wood.
L’autore esausto della solitudine - ma più probabilmente della vita stessa, decide di lasciare ai postumi un simbolico testamento di note, in omaggio a tutti coloro che hanno tentato, inutilmente, di aiutarlo a superare quella brutta malattia chiamata depressione. Una raccolta di pezzi struggenti e di gioie andate in frantumi.
Anche la cover di Michael Trevithick è aperta a molteplici interpretazioni. Di stampo surrealista-metafisica, una luna rossa domina il centro dell’artwork, segno di malaugurio secondo molteplici tradizioni antiche. Nella parte mediana spiccano dei semplici oggetti d’uso comune, la più inquietante tra queste è la maschera di un clown in lenta agonia, probabilmente l’immagine dello stesso Drake: un
ridi pagliaccio senza speranza.
Dopo aver esposto in sintesi l’involucro esterno, concentriamoci sul suo interno.
L’album apre con l’omonima “Pink Moonâ€, unica traccia realizzata in base piano sovrainciso .Tutti i pezzi sono molto semplici e lineari nel descrivere lo status psichico dell’autore, miscelando il proprio vissuto con l’autorassegnazione. Non c’è bisogno di tanti giri di parole per catturarne il disagio esistenziale:
I saw it written and I saw it say,
pink moon is on its way.
And none of you stand so tall,
pink moon gonna get you all…Chiunque può avere una “luna rosaâ€; chiunque può essere afflitto da brutti periodi, e nessuno vi può scampare.
Altra particolarità sta nella seconda traccia, “Place to Beâ€, quasi ad anticipare la triste fine dell’artista. Un addio all’infanzia e a tutto ciò che di bello non è mai riuscito ad assaporare appieno:
I was green, greener than the hill,
where the flowers grew and the sun shone still…
Now I'm darker than the deepest sea,
just hand me down, give me a place to be…Il richiamo ad una natura amica si trasforma in un’agonia senza riscatto. Un mare byroniano “
profondo e oscuro†dove il naufragar non è poi così dolce.
Successivi all’intermezzo strumentale “Hornâ€, vi si ritrovano pezzi già noti ai più, come ad esempio “Free Ride†e “Know†– con un giro di chitarra molto simile a quello di “Roadhouse Bluesâ€, fino all’ultimo scorcio d’alba di “From the Morningâ€:
And now we rise,
and now we are everywhere,
and now we rise from the ground…Dopo il rilascio avvenuto l’anno successivo, Drake non inciderà più un disco e il 25 Novembre del 1974 morirà nel suo letto a causa di un’eccessiva dose di antidepressivi, mentre nell’aria della sua stanza riecheggiano i
Concerti Brandeburghesi di Bach, e tra le sue dita scorrono le pagine de’
Il Mito di Sisifo di Albert Camus...
Be’, questo di certo non è un disco per “true metallersâ€, ma ho ritenuto comunque opportuno recensirlo, in primo luogo per ampliare le proprie conoscenze musicali – visto che sempre di musica si tratta, in secondo luogo perché ritengo sia un disco stupendo e di forte impatto emotivo, specialmente per quanto riguarda la storia dell’autore.
In sostanza, ideale per gli inguaribili sognatori:
pink moon gonna get you all...