Settembre 2019:
In the Raw - Tarja
Premessa personale: considerando che, a mio parere, The Shadow Self è il capolavoro di Tarja, ero partita con l'idea che raggiungere o superare tale disco sarebbe stato arduo; poi ho sentito i singoli e ... va bene, non male ... ma niente di sorprendente. Alla fine mi sono trovata a rivedere il disco al rialzo (rispetto a quanto i singoli mi facevano presagire), pur rimanendo il fatto che The Shadow Self si è rivelato effettivamente inarrivabile. In the Raw è un disco bello, ma che si può dividere in due parti: la prima metà è la classica combo di canzoni "alla Tarja", cioè belle, dai riff accattivanti, ben studiate e con la sua voce che spazia in vari stili e dà energia a tutto. Bello sì, ma niente di sorprendente (anche se Railroads alza un po' il tiro e si è dimostrata in grado di crescere con gli ascolti). La seconda metà è, invece, il vero tripudio musicale del disco: The Golden Chamber dalle tinte ambient, Spirits of the Sea oscura e con riff di chitarra cupi accompagnati dal cantato drammatico di Tarja, Silent Masquerade tragica e accorata (grazie anche ed un Tommy Karevik che, poteva essere utilizzato meglio, ma di certo aggiunge drammaticità con la sua bellissima voce), Serene luminosa e con delle melodie ben curate, Shadow Play altro pezzo tragico con dei bellissimi cori che richiamano la tradizione nightwishana e la formazione classica di Tarja, con il risultato di rendere il pezzo epico. Insomma, un album in ascesa (parte su un livello medio, ma poi si alza fino ad uno zenit veramente sorprendente): non eccelso, non ai livelli di The Shadow Self, ma indubbiamente bello.
Riflessione personale: in alcuni punti Tarja esagera troppo con quella voce nasale che fa da un po' di anni per cercare di risultare più aggressiva ... su disco non è male, aggiunge varietà, ma in sede live mi chiedo cosa salterà fuori. Victim of Ritual è da un sacco di tempo che la rovina sulla parte "Hysterical, Critical, Tragical, Cynical", temo che Silent Masquerade farà la stessa fine