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SnakeyeS - Welcome to the Snake Pit
( 1300 letture )
Gli SnakeyeS, gruppo spagnolo/rumeno, si formano in principio come progetto solista del bassista José Pineda, diventando poi una vera e propria band quando quest’ultimo fa la conoscenza di Cosmin Aionita, originario di Bucarest. I due hanno subito una buona intesa, anche grazie a influenze comuni, come vedremo successivamente. Formato il nucleo completo inizia così il processo di scrittura del primo EP della band, che anticipa a quanto detto un futuro album che dovrebbe uscire sempre entro quest’anno.

Il disco, per quanto poco si possa capire in tre canzoni (la quarta traccia è un medley di tre diversi pezzi dei Judas Priest), risulta colmo di disparate influenze, si possono sentire fin da subito tutte le sonorità più care alla band, la quale propone un sound spesso, compatto e aggressivo, di chiara matrice priestiana con diversi spunti volgenti quasi al power. Un evidente esempio è la traccia che apre l’EP, Time Of Dismay, che fonde sonorità di matrice power con gli acuti vocali di Aionita, che ricordano in tutta la loro potenza il buon vecchio Halford, il quale in questo campo ha fatto scuola, risultando graffianti e potenti al momento giusto e non estremizzati più del dovuto, rientrando così nelle corde vocali del cantante e non scadendo in una mera scopiazzatura. Anche la parte strumentale risulta di pregevole fattura, con buoni riff, molto serrati. Sicuramente nulla di nuovo ma di piacevole ascolto, anche grazie al refrain molto azzeccato e una vena abbastanza solenne che tende ad entrare subito in testa. Notevole invece risulta la parte di batteria, che in tutto l’EP tenderà a mettersi molto in mostra, con stacchi magistrali e ritmiche degne di nota. Il secondo pezzo, Snake Pit, abbandona gli spunti power per innestarsi su un filone più heavy di stampo classico. Anche qui non riesce ad emergere completamente il vero spirito del gruppo che rimane incatenato a influenze da parte di altre band. Nonostante tutto il pezzo è ben costruito, sia la parte strumentale che vocale risultano ben fatte, segno anche di un discreto lavoro di songwriting. Shadow Warriors, ultimo pezzo del platter scritto dalla band, risulta essere il più veloce e pesante dei tre, incappando però sempre negli stessi problemi dei precendenti. Ritroviamo di nuovo un buon refrain che aiuta molto il brano, lasciando una più areata parte centrale che poi sfocia in diversi virtuosismi solisti. Da notare che è stato realizzato anche un videoclip promozionale per il brano, di cui a dirla tutta avremmo potuto fare decisamente a meno visto il risultato finale.
In tutta la recensione si è parlato di come l’ombra dei Judas Priest fosse presente e anche abbastanza ingombrante in tutti i tre pezzi, proprio a sottolineare questo troviamo come quarta traccia un omaggio al gruppo di Birmingham. Il pezzo si intitola Riding The Sentinel Into Hell e da qui si può subito intuire che ci si trova di fronte ad un medley di tre diversi pezzi della band, rispettivamente Riding On The Wind, The Sentinel e Burn In Hell. A livello vocale l’imitazione è spudorata, tanto che sembra di sentire una (buonissima) cover band per come viene riprodotta fedelmente sia la voce di Halford che quella di Tim ‘Ripper’ Owens ed anche a livello strumentale troviamo un’estrema fedeltà all’originale, che in questo caso risulta positiva, in quanto va a formare davvero un bel medley, il quale però più che mai pecca di personalità.

L’EP risulta quindi ascoltabile; sarebbe un buon prodotto se realizzato in modo personale anziché sotto la troppa “contaminatio” di band ben più grandi. In definitiva il gruppo potrebbe promettere molto bene, in quanto troviamo un buon songwriting e buon apporto strumentale; si dovrebbe però rivedere, come già detto, la personalità e lo stile in quanto non si può cercare di creare qualcosa di nuovo andando a pescare a piene mani dal modo di suonare di qualcun altro, anche se si tratta del artista che più ci ha influenzato. Questo punto lo ritroviamo anche per quanto riguarda l’aspetto vocale, infatti si capisce sin da subito che Aionita ha tutti i presupposti per essere un gran vocalist ma (anche qui) deve cercare di creare uno stile tutto suo e non imitare spudoratamente gli acuti di Halford e Owens, nonostante l’operazione riesca bene. Speriamo in una risoluzione dei suddetti punti nel primo disco in modo da vedere l’effettiva validità della band.



VOTO RECENSORE
62
VOTO LETTORI
85 su 1 voti [ VOTA]
INFORMAZIONI
2013
Autoprodotto
Heavy
Tracklist
1.Time Of Dismay
2.Snake Pit
3.Shadow Warriors
4.Riding The Sentinel Into Hell
Line Up
Cosmin Aionita (Voce)
Justi Bala (Chitarra Solista)
José Pineda (Basso, Chitarra Ritmica)
Carlos Delgado (Batteria)

Musicisti Ospiti:
Santi Suarez (Chitarra nelle tracce 1, 2, 3)
 
RECENSIONI
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