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25/04/24
MARDUK + ORIGIN + DOODSWENS
AUDIODROME, STR. MONGINA 9 - MONCALIERI (TO)
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Devin Townsend - Ocean Machine: Biomech
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( 5604 letture )
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Normalmente, nella maggior parte dei dischi dei gruppi che siamo soliti ascoltare, vi è un'impostazione ricorrente della forma e della composizione dei brani che è accostabile, in maniera più o meno fedele, a certi canoni stilistici. Forse perché, una volta consolidate, certe forme sono in grado di garantire un consenso rapido e sicuro da parte del pubblico. Semplificando, se ti piace lo speed ti aspetti come minimo assoli a trecento chilometri orari, se sei per il drone il chitarrista deve produrre suoni di almeno un'ottava sotto la soglia delle frequenze udibili dall'orecchio umano, e così via. Ogni tanto però assistiamo a qualcosa d'insolito, d'imprevisto e di diverso, parto della mente di musicisti particolari. Qualcuno li chiama "geni", altri li definiscono "alieni", altri ancora, i più devoti, si appellano a loro chiamandoli "Dei". Insomma, comunque vogliate chiamarli, sono quelli che non hanno bisogno di alcun riferimento da cui partire, perché sono loro il riferimento. Lo plasmano, lo applicano e ne diffondono il verbo quasi a voler dire "provate pure a imitarci, ma sappiamo tutti che certe cose le possiamo fare solo noi". E se magari passa abbastanza tempo, si rimangiano tutto e creano qualcos'altro, ancora più spiazzante e lontano da quanto udito prima. Ecco, Devin Townsend è questo, nel senso più assoluto dei termini utilizzati. In vent'anni e passa di attività ne ha fatte di tutti i colori, nella musica come nella vita. Se, da una parte, la sua bipolarità e l'abuso di droghe l'hanno reso una persona instabile, segnata dalle esagerazioni della vita, dall'altra a cavallo tra i due millenni ci hanno regalato delle perle musicali di rara bellezza, canzoni che se fossero state fatte di legno e di ferro oggi starebbero in una teca di un museo, con un cartello sopra con scritto "per favore non toccare".
Ma partiamo dall'inizio: era il 1994 e in quel periodo Devin, appena reduce dalla collaborazione con Steve Vai, si apprestava a mettere per iscritto (si fa per dire) alcune canzoni, di genere sparso, che rientreranno nei due anni successivi in due dei suoi album più influenti, ossia questo e il debutto degli Strapping Young Lad, Heavy as a Really Heavy Thing. Sebbene il materiale scritto per Biomech fosse già pronto sul finire del 1995, le fasi di mixaggio tardarono a compiersi e, l'anno dopo, ne fu realizzata una versione pressoché definitiva. È inutile dire che Townsend non fu assolutamente soddisfatto del risultato ottenuto e non ci pensò due volte a bollare quella prima versione come "pura immondizia". Così, altro giro, altra corsa: di buona leva si mise a mixare autonomamente tutto il suo materiale e approfittò dell'occasione per fondare la sua casa discografica, la HeavyDevy Records che, nel 1997, pubblicò finalmente Ocean Machine: Biomech. In seguito, nelle edizioni europee, sarà l'Inside Out a prendere le redini della distribuzione dei suoi lavori.
Se potessimo trovare un minimo comune denominatore nella vasta e oltremodo prolifica carriera del "mad Canadian", questo disco potrebbe esserne il risultato. In esso, ritroviamo tutti i fattori che hanno contribuito a rendere grande questo personaggio in tutte le sue trasformazioni: suoni pieni, corposi ed esagerati, con un gusto già allora ricercatissimo per la potenza melodica avente un occhio di riguardo verso le sonorità ambient (che troveranno un ruolo da protagoniste nel decennio successivo in album come The Hammer e Ghost). Certo, l'album non raggiunge ancora quella raffinatezza e quei picchi acutissimi di scrittura mista a follia, presente ad esempio nei successivi Infinity e Terria, ma sarebbe riduttivo sminuirne l'importanza e negare la bellezza, seppur ancora grezza, di tracce come Sister o delle strofe finali di Voices in the Fan o, ancora, della sottile atmosfera dei lidi trip-hop di The Death of Music. Ci sono ancora una certa compostezza e una certa linearità di fondo nell'approccio e nello stile (cosa che da lì a poco si provvederà ad annientare progressivamente in favore di soluzioni sempre più assurde e cacofoniche), ma l'album riesce a mantenere ugualmente vivo l'interesse per tutti i suoi settantaquattro minuti di durata, grazie a una buona varietà d'insieme e di stili sapientemente alternati ed amalgamati. Questo, a mio avviso, è uno dei tanti aspetti che distinguono un comune artista da un grande artista: se la formula è buona e quindi non annoia, scrivere un album di venti o di novanta minuti diventa la stessa cosa. Potrebbe essere una banalità e forse lo è, ma quanti lavori così carichi ed esaustivi come quelli di Devin possono lasciare la voglia nell'ascoltatore di rimandare tutto da capo e ascoltare l'opera per una seconda volta?
In definitiva, Ocean Machine: Biomech non è il suo lavoro migliore, ma semplicemente un passo fondamentale se si vuole capire appieno il senso profondo del percorso stilistico e intellettuale di Devin Townsend, un artista che non ti consente mai emozioni di sola superficie, capace di raccogliere in sé tutta la saggezza, tutta la cultura e tutto lo spirito della musica leggera; un coraggioso, nato per fare tutto quello che continuerà a fare per il resto della sua vita, indipendentemente da tutto e da tutti. Torno quindi a riascoltare questo album e, ancora una volta, a riflettere sul fatto che per quanti sforzi possa fare, per quante volte voglia ripetere l'ascolto, troverò sfumature sempre nuove mai notate prima, restando incapace di coglierne l'essenza fino in fondo. Come tutti i suoi album, del resto, anche questo è tanto pieno nella forma, quanto inafferrabile nelle sensazioni.
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21
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62 il voto dei lettori? Per me sarebbe sufficiente Thing Beyond Things per giudicare questo album un capolavoro |
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20
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Comunque concordo con chi dice che questa musica non é Progressive... al massimo é Metal Melodico anche se in molti pezzi é Hard Rock. |
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Ecco... un raro esempio di roba definita "Prog Metal" che mi piace... in questo Ocean Machine (che era una band ma poi é stato degradato ad album solista) io ci sento ancora il Devin Townsend melodico di Sex & Religion, quella parte della sua carriera che una volta terminata per lungo tempo lui ne ha sempre parlato poco volentieri nonostante avesse cantato da dio su quel disco.
Poi questo é uno di quei dischi che meritava sicuramente di più anche a livello contrattuale (solamente in Giappone uscì per una Major) |
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18
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Ps: in diverse canzoni sono inserite delle voci di sottofondo. Non urla strazianti o lamenti, semplicemente un chiaccherio tra due o più persone. Una semplice conversazione. Trovata a dir poco geniale poiché rendono il tutto più "urbano", tutto più futuristico, quest'album potrebbe essere la colonna sonora di un qualsiasi individuo che vive in una metropoli (insieme all'insuperabile e leggendario "Perdition city"). Non a caso all'inizio degli anni 2000 si è diffuso nella letteratura svedese, e in generale nella letteratura scandinava (geograficamente, e non linguisticamente, parlando) la figura del "camminatore urbano". Un saluto a tutti come sempre! |
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17
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Personalmente apprezzo la semplicità, la spontaneità e l'immediatezza che ha questo lavoro, rispetto ai lavori successivi di questo folle, soprattutto gli ultimi 3/4. Certo, è il lavoro meno maturo da un punto visto prettamente compositivo ma, come rovescio della medaglia, è da questa RELATIVA semplicità fondata su giri di chitarra e batteria piuttosto banali, considerando ciò che è venuto dopo, e una buona dose di elettronica e altra effettistica che come per magia generano un'opera d'arte di assoluto valore, non troppo inferiore all'amatissimo Terria, cantata con un'espressività unica. Io alzo l'asticella a 95: Seventh wave, Life, Night, Hide nowhere, 3 A.M. (COMMOVENTE), Bastard e The Death of Music patrimoni dell'umanità!! Se Devin fosse rimasto così, ora sarebbe tra i miei tre artisti preferiti sicuramente... ma mille volte grazie lo stesso! E lunga vita ai 90's per questi gioielli eterei e non etichettabili! |
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16
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una perla di rara bellezza. prog, dark, grunge, ambient, rock. THE DEATH IN MUSIC STUPENDAAAAA. Meglio in live alla royal albert hall. |
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15
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bel disco,ma personalmente lo ritengo un tantino acerbo! il buon Devin avrà modo di migliorarsi nelle uscite future! |
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14
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Terrrrribile, ma come si fa a definire sta roba progressive? Allora anche gli Smaching Pumpkins di Oceania lo sono.... mahhh |
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13
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Personalmente, il miglior album mai sentito. Impossibile non rimanere estasiati dal duo Seventh Wave-Life e tutto il resto dell album incanta davvero. Fenomenale |
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12
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Oltre che essere un grande album, personalmente penso che sia uno dei suoi migliori lavori in studio. L'atmosfera a tratti rarefatta e sognante, ora energica e arrabbiata, lo rendono un concentrato di emozioni. L'elemento chiave attraverso cui ascoltare l'album è indubbiamente l'acqua e le distese oceaniche in cui è bagnata ogni singola nota di questo capolavoro. |
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10
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Credo che alla fin fine si tratti del suo lavoro migliore. Album che mantiene una certa linearità risoetto ad altri troppo eterogenei. The death of music è un capolavoro da brividi.... |
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9
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Grazie grazie grazie x le quotazioni...ora 10 euro ogni quoto e così divento ricco!!! |
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8
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inteso che adori radamanthis???? o adori devin townsend???? |
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7
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Io non quoto Radamanthis , lo adoro |
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6
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quotone a radamanthis. lo voglio come redattore per metallized!!!!!! |
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5
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Pure io lo trovo molto noioso, caotico e privo di attrattive. Quoto Radamanthis. |
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4
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Anche per me vale l'idea di rada. ci ho provato tante volte , con quasi tutti i suoi dischi, spinto da recensioni sempre entusiastiche. Questo cd l'ho pure preso orginale. Ma a me non dice nulla. non lo trovo geniale, ma solo caotico. Non fa per me. |
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3
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AL di là della figura storica, del grande musicista, della sua importanza nel prog e della sua carriera invidiabile dico la solita cosa in riferimento a DT: non mi piace, mi annoia...non è per me! Peccato. |
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2
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Bella recensione, un artista che rispetto e stimo moltissimo, ma che purtroppo, riferendomi alla domanda di Carlo, non mi ha mai emozionato più di tanto nei suoi lavori solisti, diciamo proprio che spesso mi annoia. Un genio che secondo me non riesce a scrivere canzoni realmente "grandi", se non a tratti o sparse in vari album. Ho adorato solo City anche se comunque ascolto sempre tutto di questo pazzo ....de gustibus, evidentemente non fa per me |
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1
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adoro questo disco! da sempre il mio preferito insieme a "accelerated evolution" (dove si respira una simil-atmosfera) |
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INFORMAZIONI |
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Tracklist
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1. Seventh Wave 2. Life 3. Night 4. Hide Nowhere 5. Sister 6. 3 A.M. 7. Voices in the Fan 8. Greetings 9. Regulator 10. Bastard 11. The Death of Music 12. Thing Beyond Things
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Line Up
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Devin Townsend (Voce, Chitarra e Tastiere) JR Harder (Basso) Marty Chapman (Batteria)
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RECENSIONI |
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