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Dragonlord - Black Wings of Destiny
( 2541 letture )
I Dragonlord nascono nel 2000 come progetto parallelo di Eric Peterson, conciliati da un periodo di piuttosto travagliato per i Testament tra cambi di line-up e problemi di salute dei vari componenti. Il nucleo della band è inizialmente composto da diversi membri che hanno suonato coi thrashers di Berkley: Steve Di Giorgio al basso, Jon Allen alla batteria e Steve Smyth ad affiancare Peterson alla chitarra, a cui si aggiunge Lyle Livingstone degli Psypheria alle tastiere. Nel giro di un anno i cinque pubblicano il debutto Rapture, che mescola elementi di black sinfonico (evidenti soprattutto nella voce e nelle tastiere) e riff di matrice thrash, seppure in modo ancora acerbo: numerosi i richiami alla band madre nel lavoro delle asce e gli echi di memoria Dimmu Borgir, specialmente da Spiritual Black Dimensions.
Nel giro di pochi anni i Testament tornano in carreggiata con la guarigione di Chuck Billy, Allen e Smyth lasciano la band e per i Dragonlord sembra giunto il tempo dei saluti, eppure Peterson non lascia cadere nel dimenticatoio la propria venefica creatura, dando alla luce insieme ai compagni di un tempo (ad eccezione di Di Giorgio, rimpiazzato da Derrick Ramirez) un secondo album che segna una netta maturazione dal predecessore.

È il 2005 quando Black Wings Of Destiny viene dato alle stampe, eppure a distanza di anni il platter riesce ancora a collocarsi in una dimensione ricca di personalità e piacevoli spunti: l'impronta thrash viene quasi completamente abbandonata a favore di un taglio decisamente symphonic black, una maturazione che si nota a partire dal lavoro delle sei corde, che cominciano ad esprimersi più spesso in linguaggio estremo facendo uso del tremolo picking, ma anche nell'impianto vocale di Peterson, che sfodera uno scream inaspettato e molto più ricco di quello di pochi anni prima; infine, anche le tastiere riescono a trovare una loro collocazione, lavorando a sontuosi tappeti e fraseggiando su cascate di synth.
L'opus si articola in dieci capitoli (di cui un paio di cover, piazzate in fondo alla tracklist) per un totale di tre quarti d'ora, tra passaggi solenni (The Curse Of Woe, Sins Of Allegiance), melodie sinistre (Blood Voyeur, Fallen) e refrain taglienti (Revelations, Mark Of Damnation), mantenendo comunque un piglio catchy ed accessibile per ogni pezzo, ottenuto non solo con l'uso di azzeccate melodie, ma anche con le finezze ritmiche di Allen che infarcisce di giochi sui piatti (specie charleston) i propri pattern. Non solo, nei brani spesso sono presenti assoli che mostrano il Peterson chitarrista in una veste nuova rispetto al passato, con episodi fregiati di buon gusto e arpeggi ben collocati; qualche inserto di voce pulita (come nel memorabile bridge di Sins Of Allegiance, o in Until The End) e l'uso di filtri aggiungono un tocco di varietà al cantato, intervallando lo scream.
Altro aspetto vincente del platter è la costruzione dei brani, i quali risultano ben congegnati e riescono a mantenere alta l'attenzione pur giocando su numerose linee melodiche: l'uso di bridge ad effetto per introdurre i nuovi elementi consente di sviluppare adeguatamente un riff massimizzandone l'effetto, il recupero dei temi nelle battute conclusive crea una piacevole continuità negli episodi in cui il minutaggio è più elevato, senza sfociare in riff fini a se stessi. In tutto questo è ben percepibile un lavoro di arrangiamento dell'intera band, che bilancia il contributo di tutti gli strumenti (persino il basso emerge con qualche linea vincente, come nel crescendo di Sins Of Allegiance) lasciando che si esprimano ed arricchiscano le composizioni. In particolare la batteria riesce a trovare una dimensione che esula dal canonico e quadrato lavoro di blast beat e doppio pedale che tende normalmente ad affliggere il genere, sviluppando incastri, rullate e accenti sui piatti in modo non banale, coinvolgendo l'ascoltatore con ritmiche cadenzate e passaggi in levare, a questo proposito brilla su tutte Mark Of Damnation.
Le otto tracce inedite scorrono fluidamente e le due cover conclusive, Black Funeral dei Mercyful Fate ed Emerald dei Thin Lizzy, mostrano le due facce dei Dragonlord: il lato funereo la prima, quello più epico la seconda, unite dalla passione per gli episodi solisti della coppia d'asce.

In definitiva, se il merito di Black Wings Of Destiny non è certo quello di aver apportato nuova linfa al genere, ai californiani va riconosciuto di aver saputo condensare abilmente molte delle peculiarità del symphonic black aggiungendovi un tocco personale e costruendo brani che funzionano, arricchiti da una certa attenzione per i particolari.
Un album che mostra una maturazione incredibile rispetto al debutto dei Dragonlord e consegna un inaspettato, ma altrettanto abile, Peterson ai fan di lunga data. Viste le premesse, la speranza che un giorno il ruggito di questa band possa tornare a farsi sentire con un terzo disco è ampiamente giustificata, anche se per ora Black Wings Of Destiny continua a reggere al passaggio del tempo.



VOTO RECENSORE
77
VOTO LETTORI
82.66 su 6 voti [ VOTA]
AL
Martedì 4 Marzo 2014, 12.05.19
4
album ottimo! mi sono sempre piaciuti!
Lord Ancalagon
Sabato 1 Marzo 2014, 12.07.07
3
Lavoro più che discreto, quando si riprende in mano per l'ennesima volta Moon in the scorpio e si desidera ascoltare qualcosa di diverso questo disco rappresenta una valida alternativa, pur non essendo nulla di trascendentale. 73/100.
Max
Sabato 1 Marzo 2014, 12.02.45
2
Molto meglio il primo.... questo solo discreto...
CYNIC
Sabato 1 Marzo 2014, 11.50.21
1
C A P O L A V O R O poche storie voto 99~100.
INFORMAZIONI
2005
Escapi Music
Black
Tracklist
1. The Becoming Of
2. The Curse Of Woe
3. Revelations
4. Sins Of Allegiance
5. Until The End
6. Mark Of Damnation
7. Blood Voyeur
8. Fallen
9. Black Funeral
10. Emerald
Line Up
Eric Peterson (Voce, Chitarra)
Steve Smyth (Chitarra)
Lyle Livingstone (Tastiera)
Derrick Ramirez (Basso)
Jon Allen (Batteria)
 
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