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20/04/24
THE OSSUARY
CENTRO STORICO, VIA VITTORIO VENETO - LEVERANO (LE)
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Axel Rudi Pell - Into the Storm
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( 4116 letture )
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Nome di punta della scena heavy mondiale ormai da molti anni, Axel Rudi Pell è un artista tra i più prolifici attualmente in circolazione: sedici studio album ufficiali con la propria band dal 1989 ad oggi, ai quali vanno aggiunti i quattro dischi degli Steeler, sua prima formazione che lo vide al microfono dal 1984 al 1988, per un totale di venti full length pubblicati nel giro di trent’anni. Anni gloriosi, ma ultimamente privi della lucentezza di un tempo. Il qui presente Into the Storm esce a quarant’anni esatti di distanza dal primo vagito degli Steeler e vuole innanzitutto dimostrare al mondo intero che il buon Axel c’è ancora, non ha certo perso la voglia di far musica né di mettersi ulteriormente in gioco. Dopo i numerosi cambi di formazione avvenuti specialmente nei primissimi anni Novanta, la band sembrava aver raggiunto una certa stabilità ormai da parecchio tempo, ma è notizia recente l’abbandono di Mike Terrana dopo ben quindici anni trascorsi dietro le pelli di questa formazione a cui subentra una vera e propria leggenda, Bobby Rondinelli, famoso per il suo passato nelle fila di Rainbow, Black Sabbath e Blue Oyster Cult. La line-up è completata dal cantante Johnny Gioeli, dotato di una voce molto acuta e distinguibile, ma non certo indimenticabile, il tastierista Ferdy Doernberg ed il bassista Volker Krawczak, con quest’ultimo ormai pilastro insostituibile nel comparto ritmico della band tedesca. A fronte di un artwork di copertina davvero molto apprezzabile e che ricorda vagamente certe cover dei Manilla Road (come quelle di Open the Gates e The Deluge, ma anche del più recente Voyager), andiamo ora a vedere più da vicino punti di forza e debolezze di questo Into the Storm.
L’album prende il via con l’intro sinfonica The Inquisitorial Procedure, cui segue il primo brano vero e proprio, un up-tempo che ha l’unico scopo di catturare la nostra attenzione grazie al suo andamento sostenuto, ma il risultato non è dei migliori e c’è bisogno di un altro brano per convincersi che qualcosa di buono potremmo anche trovarlo. E così è: Long Way to Go e Burning Chains, pur non essendo due pezzi indimenticabili, riescono a trasmettere le prime sensazioni positive, a partire dalla voce di Gioeli, molto melodica ma capace sempre di graffiare, senza dimenticare ovviamente l’ottimo operato di Pell alle sei corde, con la sezione chitarristica che finirà col risultare proprio l’elemento più di spicco dell’intero lavoro. La bellissima ballad When Truth Hurts esalta fortemente la prova dei singoli ed in particolare il cantato di Gioeli ed il virtuosismo di Pell, dilungandosi in oltre sei minuti di grande musica, preludio ad un altro brano molto riuscito che è Changing Times, up-tempo qualitativamente differente dall’iniziale Tower of Lies che ci fa capire quanto alla band tedesca non dispiaccia spingere sull’acceleratore e, nonostante la presenza di un batterista “classico” come Rondinelli, la sezione ritmica è molto vicina ai fasti del power metal. La poco ispirata Touching Heaven ci fa tornare coi piedi per terra, mentre la pur buona High Above trasmette ben poco ed è tra i momenti più stancanti del disco. Notevole invece la cover di Neil Young Hey Hey My My, con una prova vocale di Gioeli sopra le righe ed un’atmosfera generale davvero molto toccante. A chiudere troviamo la lunga titletrack, un pezzo dalle tinte epiche e che risulta tra i migliori del lotto, possente e fortemente ispirato. Punto di forza le tastiere di Ferdy Doernberg, che donano quel tocco magico e folkloristico che è la vera anima del brano.
La proposta musicale della band di Axel Rudi Pell non si erge certo a caposaldo dell’innovazione di un genere, ma anzi sembra volere a tutti i costi essere accolta per ciò che è: un doveroso tributo alla decade settantiana cui appartengono i vari Rainbow, Black Sabbath e Ronnie James Dio, i nomi che più stanno a cuore al nostro buon chitarrista tedesco. Ovviamente non si deve intendere tale affermazione come un assoluto né tantomeno pensare che possa o debba sminuire l’operato di questa formazione, perché i suoi meriti sono ben evidenti e contribuiscono a tenere alto il nome di Axel Rudi Pell nel panorama metallico attuale. Ciò di cui bisogna prendere atto, però, è che il disco in sé non riesce ad incidere quanto vorrebbe e in più di un’occasione parrebbe ristagnare in una mediocrità che ormai coglie gran parte delle band in circolazione. Se associata ad un moniker tanto importante, poi, questa mediocrità finisce per abbattere ancor più il giudizio sull’intero lavoro, col risultato di metterci di fronte alla realtà dei fatti e cioè che Into the Storm non è niente di più che un (l’ennesimo) buon album di heavy metal, ben suonato e ben prodotto, ma che difficilmente resterà a lungo ancorato ai cuori degli appassionati.
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Questa nuova uscita mi ha coinvolto al primo ascolto.Gli assoli sono pieni di pathos.Ottima la cover.Voto della recensione un po' basso.Io alzo a 75 |
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Da giovane ne ho fumata , ma qui qualcuno mi sa che ce l'ha incorporata , questo ultimo lavoro di Axel mi è piaciuto parecchio e lo ritengo nettamente superiore al lavoro precedente, un 77 e non aggiungo altro |
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Commento senza aver sentito il lavoro, con il sig. Pell sono fermo a due tre/album fa, l'ho sempre ritenuto una garanzia, ma un po' troppa staticità compositiva mi ha stancato, nel senso che ormai si sa da subito anche a che numero metterà una canzone d'un certo tipo rispetto ad un'altra. Immutabile! C'è a chi piace, un mio amico una quindicina di giorni orsono è volato fin su a Stoccarda per vederselo, si vede che va ben così! |
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Radamanthis@ dici il vero. ARP è una sicurezza. Al contrario di molti big che fanno un album ogni 10 anni sfornando o albums "discreti" o cagate fenomenali, senza vie di mezzo, con lui possiamo dire che stiamo sempre sul buono in generale e con punte anche di ottimo in alcuni pezzi che sono stratosferici. Mai capita la cosa che uno "deve" inventare. Lui la sua formula l'ha trovata e funziona a meraviglia. Poi se c'è gente che vuole ascoltare chissà quali virtuosismi o il nome grosso per forza nella speranza che faccia qualcosa di bello allora si rivolgesse altrove perché c'è l'imbarazzo della scelta. ARP ha un seguito invidiabile all'estero che purtroppo (come al solito) in Italia non è mai stato eguagliato, non ce lo ascoltiamo in 4 scemi ma quasi... |
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12
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Axel Rudi Pell è un artista di ottimo livello che non ha mai inventato nulla ma in merito a ciò mi esce uno spontaneo chissenefrega! Heavy metal, a tratti power, a tratti hard rock, ballads (già han precisato tutto qui sotto...in maniera egregia tra l'altro) di qualità sopraffina, una serie di cantanti al suo cospetto di invidiabile fattura per poi trovare Gioleli: voce perfetta per ARP. E' dal 98 che da voce alle canzoni di ARP e ormai questo duo è un vero marchio di fabbrica sopraffino. Non ho sentito questo disco ma so già come suonerà...e ciò è un bene, decisamente! |
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Grande Sandro70@! Sempre contentissimo di incontrare persone che li conoscono e ancora se li ricordano! Parlando di ballads e Capricorn anche l'altra che sta sull'album d'esordio (Lonely Is The World) è magnifica! |
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10
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Sambalzalzal@. Ok, chiaro. Tanto di cappello per la citazione dei Capricorn. Inferno ( grande album ) ce l'ho anch'io, devo andare a rispolverarlo perchè è da un bel pò di tempo che non lo ascolto . Hail. |
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9
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Sandro70@ aspetta, non sono da intendersi ballads solo le canzoni lente che trattano d'amore eh. Se conosci Forever Angel di Axel Rudi Pell per esempio, è una ballad straordinaria ma non parla d'amore, parla degli Hells Angels!!! Stessa cosa per Eternal Prisoner che è una power ballad. I Capricorn (vecchia band tedesca purtroppo non più in attività) con Moonstruck scrisse una delle ballads più emblematiche in questo senso. Un licantropo che parla della sua metamorfosi. Ma ce ne sono tanti di altri esempi. La "ballata" come definizione stilistica assolutamente non è da tradursi come canzone a soggetto sentimentale. Quello che la fa diventare tale è la tematica trattata. |
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8
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Forse sara' la mia impressione,forse mi sbaglio,ma ho notato delle variazioni e dei piccoli cambiamenti almeno rispetto a Circle of The Oath(a cui do 86),per me i brani(almeno in allcuni un po piu' lunghetti),risultano essere leggermente smorzati sul finale,e il sound e' un po rallentato,cupo e grave,forse per creare nuove ambientazioni e atmosfere? o per abbordare nuove orecchie? Chissa'!,comunque i riff,gli assolo e le "botte sulla batteria" (Terrana era piu' power, Rondinelli piu'" classico"),sono per me meno aggressivi e potenti(se pur di poco),in compenso le linee musicali a me semrano piacevolmete piu' melodiche e orecchiabili.Si parlava di ballads,io amo quelle dei Grave Digger,Manowar,Scorpions e naturalmente queste di A.R.P.Le canzoni da me freferite(gusti personali) qui sono Tower of lies,burning chains,changing times,when truth hurts e high above e il finale title track into the storm.Axel o piace o si odia,chi lo ama da sempre continuera',lui non ama cambiamenti e innovazioni,un po come gli Ac/Dc e i Motorhead, meglio non chiederglieli perche' se lo farebbero siscaverebbero la loro fossa.A me non ha mai deluso,l' ho comprato non ho rimpianti e non me ne pento.Lunga vita ad A.R.P. |
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7
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Il vecchio Axel non ha mai sbagliato un album, nemmeno con gli Steeler. Naturalmente lo acquisterò come ho fatto con tutta la sua discografia. Volevo sapere cosa intendete per ballad ? Non penso che ,ad esempio, master of the wind o heart of steel possono essere considerate tali visto che non sono certo canzoni d'amore. Forse potremmo definirle epic ballads. In ogni caso, a parer mio, questi due pezzi dei manowar sono insuperabili...almeno per ora. |
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6
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Ache io concordo con Le Marquis,chissenefrega della innovativita' Axel e' sempre Axel e non si discute,ottima scrittura dei testi ,musica da Dio,e anche il cambio alle pelli,non mi e'dispiaciuto troppo,bellissima musica,riff chitarristici mozzafiato,e la voce straordinaria di joeli e'garanzia di qualita',professionalita' ed emozioninchenarrivano dritte al cuore.Questa e'musica che tocca le corde dell'anima.Saro' di parte,ma a me e'piaciuto,considerando la monnezza che oggi in giro.Non sara' il massimo della originalita',ma almeno dannomsempre belle emozioni. Voto:80 |
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5
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Axel è il maestro delle ballads!!! Quelle con Soto alla voce poi sono un qualcosa di fenomenale! Nulla togliendo a Gioeli ovviamente! L'album ancora devo finire di ascoltarlo, appena fatto torno a votare. |
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4
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Concordo con Le Marquis (con l eccezione che secondo me la ballad di Axel sono anni luce superiori a quelle dei Manowar) e Entropy e non aggiungo altro. Voto 75. |
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3
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Solito disco, piacevole ben suonato ben cantato. Solo poco longevo., perchè sa tutto di già sentito nei dischi precedenti. Cmq un 75 se lo merita!! |
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grande arp. concordo col marchese qui sotto... |
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Well, fuori da mondo del Black, questa è una delle band che mi piacciono di più. Ottimo songwriting, ottima produzione, suonato e cantato benissimo. Axel Rudi Pell ha poi delle ballad bellissime, solo poco inferiori a quelle dei Manowar. Non mi interessa che sia innovativo. Mi interessa che sia piacevole ed emozionante. Perfetto per l'arrivo della primavera... Au revoir. |
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INFORMAZIONI |
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Tracklist
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1. The Inquisitorial Procedure 2. Tower of Lies 3. Long Way to Go 4. Burning Chains 5. When Truth Hurts 6. Changing Times 7. Touching Heaven 8. High Above 9. Hey Hey My My (Neil Young cover) 10. Into the Storm
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Line Up
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Johnny Gioeli (Voce, Cori) Axel Rudi Pell (Chitarra solista, ritmica e acustica) Ferdy Doernberg (Tastiere) Volker Krawczak (Basso) Bobby Rondinelli (Batteria)
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